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Autore: _hell_inside_    01/01/2018    0 recensioni
"Le lame fendevano l’aria, la aprivano in due, prima di squarciare la carne degli innocenti. Gli ordini dei centurioni risuonavano secchi e truci nella notte, e il rumore di centinaia di armature e sandali chiodati battevano sulla terra del villaggio e delle capanne, mentre si mischiavano agli urli di chi stava venendo bruciato vivo nelle proprie case. Qualcuno pregava che la Dea li salvasse, ma quella notte, era cieca, bendata e oppressa dal dolore, esattamente come lo era il suo popolo. "
L'oppressione romana in Britannia, bardi, sacerdotesse, druidi, guerrieri e clan. Una storia d'amore e una guerra che sembra impossibile vincere
(Cambiamento di titolo: prima era "Resistono i frammenti")
Genere: Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Antichità, Antichità greco/romana
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CAPITOLO SEDICESIMO

due mesi dopo, vigilia di Beltane


 


 

Gwen venne svegliata di colpo da un corpo che si infilava nel letto insieme a lei. Un corpo femminile, il corpo di Arlinna.

-Forza sposa. É giunto il gran giorno- le sorrise la moglie di Idwal. Assieme a lei c’erano quasi tutte le donne del villaggio: Samia, Nora, Lexxy, la donna di Brycen, Edana, e la sorella di Talisien, Caoillin. Avrebbero dovuto lavarla e vestirla, prepararla per quella sera, la notte in cui sarebbe diventata sposa.

La sollevarono quasi di peso e, incuranti delle proteste di Gwen, la portarono al fiume. Lì la spogliarono e si buttarono tutte nell’acqua, attente a riempire di schizzi proprio il capoclan.

-Cara mia, dal tuo stato direi che sotto le coperte il tuo uomo lo soddisfi proprio bene- ammiccò Edana. Era una donna bellissima, dai lunghi capelli castani che incorniciavano il volto dai tratti leggermente spigolosi, mentre il fisico era magro e sodo.

-La vera domanda, Edana, è se lui soddisfa lei- sorrise maliziosa Arlinna, mentre sia Samia che Lexxy diventavano rosse.

-Gwyn mi soddisfa e direi che io soddisfi lui. Tu invece Arlinna? Mi sembrava di sentirti sempre molto partecipe- disse Gwen facendo arrossire di rabbia e imbarazzo l’amica

-Come osi…- le urlò riempiendola di schizzi, che l’altra accettò ridendo, mentre Nora e Caoillin iniziavano a frizionarle in corpo con dei piccoli ramoscelli. Infine, rimasero al pallido sole di maggio ad asciugarsi.

Era quasi calata la sera quando iniziarono a preparare Gwen per il matrimonio. La vestirono di una tunica bianca a cui venne sovrapposto un vestito rosso, che chiusero con una cintura a cui appesero corno e coltello. Tra i capelli le intrecciarono dei fiori con maestria. Ogni sposa deve essere bella il giorno del suo matrimonio.

-Lexxy, vai a prendere la mia spada-ordinò alla più giovane del gruppo

-Non dovresti portare armi il giorno del tuo matrimonio- le sussurrò Nora

-Ho un presentimento, amica mia- disse prendendo tra le proprie le mani della più anziana -E non è un bel presentimento


 

La notte calò in fretta e con essa l’aria divenne frizzante, quella leggera frescura che si fa sentire sotto ai vestiti leggeri. Il villaggio era stato addobbato con ghirlande di fiori primaverili, le stesse ghirlande che impreziosivano il capo delle fanciulle, vestite solo di tuniche leggere quasi trasparenti, e le corna delle giumente. Due pire erano state preparate nello spiazzo centrale, due fuochi gemelli, pronti per essere accesi dalle fiaccole di ogni coppia che si sarebbe formata quella notte: unione considerata sacra.

Gwen era appoggiata alla parete della capanna centrale, osservava distrattamente la vita andare avanti nel villaggio. La mente vagava, lasciava spazio all’immaginazione… L’immagine poco chiara di sua madre, poche estati più grande di lei, ma così forte e risoluta da scegliere di venerare la Madre diventando lei stessa Dea per il suo Dio, che aveva il corpo e il nome di un bardo. Una lacrima solcò il suo viso, ma prima che riuscisse a asciugarla, lo sentì fare da una mano ben più rude della sua, ma a suo modo dolce.

-Idwal?- sussurrò sperando di aver visto bene, nonostante gli occhi velati dal pianto

-Sì, Gwen. Stai bene?- chiese preoccupato

-Sì… Tranquillo- per risposta Idwal grugnì

-Vieni- disse prendendole la mano e accompagnandola dentro la capanna

-Cosa ti succede?- le chiese

-Pensieri… Pensavo a mia madre e a quello che si dice no?, che a Beltane, quando le coppie giacciono insieme, si è come il Dio e la Dea. Non proverò mai tutto questo, io avevo sempre sognato la mia prima volta in questo giorno invece… invece la mia verginità mi è stata strappata via- sussurrò tra i singhiozzi mentre Idwal la stringeva al suo petto

-Non è detto che tu non lo possa provare mai… con Gwyn?-

-É solo passione… probabilmente mi sposa solo per pietà- sputò con rabbia

-Non dire così, credo di conoscerlo abbastanza bene per affermare il contrario. Ti vuole bene-

-Credi?- Gwen lo osservò con uno sguardo da cucciolo bastonato

-Sì. Ti vogliamo tutti bene- sussurrò Idwal mentre la ragazza nascondeva il viso rigato dalle lacrime nel suo petto -Sei così giovane… Hai ancora tutta la vita davanti-

-Vorrei riuscire a essere più forte… Fare di più per il mio popolo-

-Più di quello che già fai? Guardati. Hai diciassette inverni, sei sopravvissuta a una ferita al fianco e a una alla gamba che avrebbero stroncato qualsiasi uomo, hai perdonato l’uomo che ti ha stuprato, sei il nostro capoclan acclamato senza assemblea e ti stai per sposare… Io… non sono nemmeno lontanamente forte come lo sei tu-

-Non ho ancora vendicato mia madre- sputò con rabbia Gwen uscendo dalla capanna seguito dallo sguardo interrogativo dell’amico.


 

Il cielo si faceva via via più scuro e dal villaggio salivano i canti festosi e le risate delle ragazze che avevano avuto il permesso di festeggiare per la prima volta Beltane, profondo spartiacque tra l’infanzia e la vita adulta: era in quel momento che si smetteva di essere bambine e si iniziava a essere donne. I volti delle più giovani erano gioia pura nelle loro vesti leggere mentre danzavano vorticosamente attorno al fuoco in attesa che uno dei ragazzi le scegliesse come sua Dea per quella notte. Solo insieme, mano nella mano, avrebbero saltato il fuoco che li avrebbe legittimati a giacere insieme quella notte.

-Tutto bene donna?- chiese Gwyn cingendo con un braccio la vita di Gwen e attirandola a se

-Sto bene. In quanto a te, sei ancora certo di volerlo fare?-

-E perché non dovrei piccolina? Il figlio che porti in grembo è mio- le sorrise

-Sappiamo entrambi che non è…- non riuscì a finire la frase che Gwyn le baciò le labbra

-É mio figlio e non permetterò a nessuno di osare dire che non è sangue del mio sangue. Vogliamo andare moglie?- Gwyn le prese la mano e la guidò tra i due fuochi, fino all’altare di pietra che veniva usato per celebrare.

Il villaggio taceva, avvolto in un innaturale silenzio. I canti e i balli si erano fermati e si udiva solo lo screpitio del fuoco. Aodh sorrise alla coppia, poi alzò la coppa verso il cielo: -questa è la Dea, la nostra amata Madre. In questo modo, lei è presente tra noi-

Prese poi un pugnale e alzò anch’esso al cielo: -questo è il Dio, virile e potente. Io lo invito a assistere a questa unione-

Aodh prese un lembo di tessuto con i colori del Clan, grigio e blu, e iniziò a legare insieme le mani dei due sposi.

-Tu non mi possiedi, io appartengo a me stesso, ma perché entrambi lo vogliamo io dono a te quello che è mio da donare- Gwen e Gwyn avevano appena iniziato a recitare i voti matrimoniali, quando vennero interrotti da un urlo.

-I romani! Attaccano!- la voce si diradò in tutto il villaggio e nella mente di Gwen ci fu solo un interminabile attimo prima di disfare il nodo che teneva imprigionata la sua mano destra e sguainare la spada.

-Forza! Muro di scudi, veloci veloci!- nel villaggio regnava il caos, uomini che correvano a prendere le armi, donne e bambini che scappavano spaventati e l’attacco della cavalleria romana già in atto, che falciava chiunque trovasse a tiro di spada.

-Gwen, non puoi combattere. Pensa a tuo figlio, è troppo rischioso- Gwyn la scosse per una spalla

-Io devo farlo, che capoclan sarei?-

-Un capoclan che si preoccupa della propria salute. Ci penseremo noi a guidare l’attacco-

-Io devo combattere-

-Allora per la Dea, resta nelle retrovie- la pregò Gwyn, baciandola e correndo a occupare il suo posto tra Idwal e Myrddin. Posto, quello alla sua destra che di solito era occupato da Gwen.

-Muro di scudi!- ordinò Idwal. Era formato da pochi uomini, abbastanza solo per impedire il passaggio della cavalleria romana e a frenarne l’urto.

-Lance in avanti!- ordinò il gigante vedendo arrivare il primo assalto, respinto facilmente. Ne seguirono pochi altri prima dell’attacco della fanteria

-Fermi… Resistete!- il cozzo degli scudi era qualcosa di assordante. Ci furono colpi di taglio e punta, colpi portati alla testa e alle caviglie, insulti tra i denti e sputi in faccia. Le prime due linee romane caddero senza troppi problemi e dopo aver abbattuto la terza linea, il campo di battaglia si aprì. Gwyn piantò la lancia nella gola di un romano e si girò a cercare Gwen, la quale riuscì a vedere un romano attaccare alla schiena il suo uomo. Attacco che non venne mai portato a termine perché l’uomo cadde sotto l’ascia di Gwen. Ancora una volta, rimase sorpreso dalla donna che aveva scelto di sposare.

La battaglia si placò solo alle prime luci dell’alba, quando il battaglione romano, decimato, si ritirò disperdendosi nei boschi. Gwen piantò la spada a terra borbottando insulti e appoggiandosi sopra sfinita. Poi, alzò gli occhi al cielo e gridò. E chiunque avrebbe potuto giurare che quello fosse il grido più terrificante che avessero mai udito.


 

-Non può essere, per la Dea, non può essere… è troppo presto- le lacrime solcavano le guance di Gwen, mentre due donne le scioglievano i capelli e la facevano sdraiare sul pagliericcio. Il sangue le imbrattava il vestito da sposa e era difficile definire quale fosse il suo e quale quello dei nemici uccisi in battaglia.

-Stai calma, Gwen. Respira, concentrati solo su quello- le disse Arwyn spogliandola del vestito

-Ti prego, fai qualsiasi cosa, ma salva mio figlio. Non importa se io muoio-

-Non dire così. Forza ora, spingi. Di nuovo, ce la puoi fare. Ancora. Respira forza…


 

Il sole era appena sorto nel cielo di Britannia quando si udì un vagito, un bambino. Un maschio dai capelli rossi come il sangue da cui era nato. Diniwed.

   
 
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