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Autore: Blue Eich    02/01/2018    2 recensioni
La coetanea si scansò con un mugugno, indietreggiando. «Non toccarmi, sei tutto sporco!»
Fu allora che la sua timidezza volò via: le sorrise birbante e si alzò in piedi, con l’intenzione di far l’esatto contrario di ciò che gli aveva imposto.
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ino Yamanaka, Inojin Yamanaka, Sakura Haruno, Sarada Uchiha
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
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Sarada si era sporta con curiosità per spiare dalla porta scorrevole, quatta quatta come un gatto. La mamma e la zia Ino ridevano fino alle lacrime e si spingevano anche scherzosamente, chiacchierando a voce alta. Sembrava che mamma si divertisse di più così rispetto a quando le leggeva una favola con voce soave, o quando giocavano insieme all’ospedale delle bambole. Perciò, in tutta la saggezza dei suoi quattro anni, decise di tornare di sopra.
Nella prima camera c’era ancora Inojin che finiva il suo disegno. I muri ne erano tappezzati, da scarabocchi di pastelli fino alle prime forme e poi un sacco di casette, fiori e ritratti. Dipingeva liberamente con le dita, intingendole nella tavolozza di plastica, tutto soddisfatto.
La moretta si avvicinò e fece un verso di meraviglia. «Che bello! Sei molto bravo, Inojin-kun» gli disse con un sorriso.
Anche lui sorrise, perché aveva già sentito quella frase almeno mille volte. «Grazie… Questo è il fiore preferito della mamma. E alla tua che fiore piace?»

«Mmmh… Quelli dei ciliegi!»
«Allora ti serve il rosa! Guarda, si fa così.»
Rubò prima un po’ di bianco per metterlo in un incavo vuoto e poi raccolse del rosso con l’indice, mescolandoli. Quando ottenne un accenno di rosa, afferrò un polso alla bimba che lo aveva scrutato curiosa per tutta la durata dell’operazione e lo strattonò leggermente, per invitarla a sedersi.
La coetanea si scansò con un mugugno, indietreggiando. «Non toccarmi, sei tutto sporco!»
Fu allora che la sua timidezza volò via: le sorrise birbante e si alzò in piedi, con l’intenzione di far l’esatto contrario di ciò che gli aveva imposto.
Lei fece un urletto e scappò fuori. Come previsto venne inseguita dal proprietario di quelle mani imbrattate di tempere fresche, che finse anche di ruggire come un mostro. I passi dei loro piedini scalzi risuonavano sul parquet del corridoio come se ci fosse un terremoto in arrivo. La sua paura presto svanì, perché in fondo era divertente rincorrersi. Rideva e ogni tanto lanciava altri strilli, finché si ritrovò intrappolata in un angolo, con le guancette un po’ arrossate per la corsa.
«Buh!» gridò il biondo all’improvviso, afferrando le sue manine che inevitabilmente si macchiarono di melma appiccicosa. «Ho vinto.»
La bambina strinse la presa e ridacchiò. «Mi insegni a disegnare, Inojin-kun?»
Lui arrossì, stregato dal suo sorriso candido e dalle dita che stringevano delicatamente le sue. Fece un cenno d’assenso e la trascinò di nuovo nel suo umile regno dell’arte.

Più tardi i bimbi scesero al piano di sotto. Mentre entrarono in soggiorno Sakura stava bofonchiando qualcosa alla migliore amica, che le sorrideva maliziosa. Al vedere i figli si ricomposero entrambe, afferrando di nuovo le tazzine di tè alla vaniglia abbandonate sul tavolo.
Il primo a farsi avanti fu Inojin. «Mamma, tieni, l’ho fatto per te.»
Ino prese il foglio che le stava porgendo, osservandolo. C’erano dei fiori di un viola vivo con una sorta di pistilli, i cui gambi terminavano in un prato verde scurito da un po’ di blu. «Oh, hai fatto degli specchi di Venere! È stupendo, amore» lo elogiò, scompigliandogli la testolina, mentre lui sorrideva felice. «Guarda come ti sei ridotto… Dai, adesso andiamo a pulirci.»
Sarada li osservò dirigersi verso il bagno, poi si fece coraggio e diede il proprio lavoro a Sakura. Raffigurava un fiore di ciliegio, dipinto usando solo un indice come pennello, con cinque petali di dimensioni differenti e sullo sfondo un pasticcio di accidentali chiazze che aveva goffamente cercato di coprire dopo con il bianco. «Wow! Davvero l’hai fatto tu, tesoro?»
Lei annuì, prima di ricevere un amorevole bacino sul naso, insieme alla promessa che arrivate a casa l’avrebbero appeso come un preziosissimo tesoro da mostrare a tutti i futuri ospiti. Da quando ne aveva memoria da parte sua non c’era mai stata una promessa non mantenuta, salvo quella sul ritorno di papà.
Quando poco dopo Inojin ricomparve le sue manine profumavano di sapone e indossava una salopette appena uscita dal cassetto, a differenza della precedente senza macchie secche di tempere sopra. La madre, ormai diventata una maga della lavatrice, sospirò pensando che non sarebbe rimasto così per più di un’ora al massimo. Poi avrebbe dovuto di nuovo accompagnarlo al lavandino per sciacquare via i colori sporchi che coprivano la chiarezza della sua carnagione e asciugarlo pazientemente. Appena si sedette lui si strofinò gli occhietti e aprì le braccia per farsi prendere, chiamandola sottovoce. Lei lo trasse a sé e gli accarezzò dolcemente i capelli, lasciando che le si assopisse piano piano contro il petto. Lo preferiva ai cuscini perché amava respirare il profumo floreale della sua pelle, tenue e rilassante, sempre capace di calmare ogni pianto.
«Tu non hai sonno, Sarada-chan?» domandò la donna con un sorriso gentile.
La piccola Uchiha scosse timidamente la testa. Non immaginava proprio che lui fosse così affettuoso.
La conversazione proseguì pacatamente. Ogni volta che Sakura pronunciava il suo nome per dire quanto fosse responsabile ed educata, Sarada arrossiva un po’. Invece Ino cullava il bambino che le stringeva la maglia ribadendo con vanità quanto fosse tranquillo e intelligente, già in grado di usare la tecnica combattiva del padre.
Quando venne il momento di salutarsi le amiche d’infanzia si abbracciarono e fecero scontrare con grinta i pugni, in segno di restare sempre forti.
«Tieni d’occhio quell’impiastra della tua mamma, okay?»
La moretta non ebbe il tempo di aprire bocca, perché venne trascinata via con fretta.
Qualche ora più tardi, infilzò con decisione uno dei gamberetti fritti nel suo piatto e mentre lo mangiava disse: «Mi sono divertita tanto a casa della zia.» Poi lanciò uno sguardo alla sua opera ormai asciutta, che troneggiava sul frigorifero.
«La prossima volta li inviteremo noi qui, va bene?»
Alla proposta della madre annuì energicamente. Le sarebbe piaciuto stare di nuovo con Inojin-kun, magari avrebbe potuto insegnargli a giocare con le bambole. Di sicuro non era capace, perché nella sua cameretta non ce n’era neanche una, perciò gli avrebbe insegnato così come lui le aveva insegnato a disegnare. Infilzò un altro gamberetto, pensando a cosa stessero mangiando per cena in casa Yamanaka.

 

 

Angolo Autrice
Salve. Ho da poco iniziato Boruto e mi sono lasciata guidare dall’ispirazione.
Siccome Ino e Sakura sono migliori amiche mi sembra scontato che Inojin e Sarada siano cresciuti insieme, o perlomeno abbiano giocato insieme più di una volta. Poi crescendo e smettendo di vedersi la loro amicizia potrebbe essersi spenta, ecco perché all’Accademia non hanno parlato nemmeno una volta.
Sakura è un ninja medico, quindi mi sembrava carino far giocare Sarada “all’ospedale” con le bambole, per imitare la mamma. Invece Inojin disegna fiori perché immagino che Ino se lo sia portato in negozio tutti i giorni quand’era piccolo.
A proposito: come fiore preferito di Ino ho scelto lo specchio di Venere perché è viola e perché mi sembrava adatto a un’amante della bellezza come lei.
Riguardo ai caratteri, ho immaginato Inojin molto dolce e timido come appare in un flashback, mentre Sarada più ingenua.
Beh, spero che la storia vi sia piaciuta. Buon 2018 a tutti e alla prossima!
-H.H.-

 

   
 
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