Indil rilesse
lo scritto, poi emise un lungo fischio che richiamò un grande falco; la ragazza lo
fece accomodare sul braccio.
“Meneldor*,
vola più che veloce che puoi e consegna questo a mio
padre.” Il falco emise un verso gutturale e l’elfa
consegnò il biglietto alla creatura,
che volò via.
Rimase
per un attimo a guardare il cielo dalla voliera, poi notò una
presenza alle sue spalle e
si voltò, vedendo la Dama del Vespro che la fissava con un
mezzo sorriso.
“Arwen. Venite anche
voi qui?”
“Mia giovane amica, vengo qui quando voglio trovare pace e
chiacchierare con gli animali. So che partirete pure voi per
Mordor.” La figlia di Erlond si accomodò sul
tronco di un albero e fissò la più giovane, che
annuì.
“Sì, Arwen, devo seguire mio fratello e
aiutarlo.” Si fermò mordendosi il labbro.
“Venite con me.” La Dama del Vespro prese per mano
Indil e la portò nella propria camera: anch'essa, come
quella del ramingo, era una grande stanza circolare, con un grande letto
a baldacchino posto al centro e un grossoarmadio posto sulla parete di
fronte al letto.
Arwen si avvicinò all’armadio e prese una
boccettina dorata contenente un cordiale rosso fuoco; una cotta di
maglia di mithril bianca, leggera come l’acqua; e una spada
dall'elsa di legno intarsiato con motivi dorati, sulla cui lama erano
incise delle rune.
“La boccettina contiene un cordiale
magico* preparato con i fiori di fuoco, gli unici fiori che crescono
ancora a Mordor: fate bere questo elisir alla persona ferita e
guarirà subito. Attenzione, però…
questa poca quantità è l'unica che esiste, di
questo cordiale”
spiegò, senza giri di parole, la bruna.
“La cotta di mithril fu forgiata da mio padre in persona,
poiché noi elfi possiamo morire per le ferite inferte da una
lama. La spada si chiama Hadhafang, che
vuol dire “fendifolle””
spiegò l'elfa. Indil protestò brevemente ma Arwen
la interruppe. “Sono doni per te, Indil figlia di Thranduil,
da parte mia, poiché nel luogo in cui andrò non
mi serviranno, mentre per te saranno sicuramente di grande
aiuto.”
Allora
la bionda così parlò: “Ti ringrazio
Arwen, Stella del Vespro. Che il tuo cammino verso Valinor sia segnato
sempre da eventi piacevoli.”
Arwen si chinò verso la giovane in segno di rispetto e
l’altra fece altrettanto.
Diversi giorni passarono e i
preparativi per la triste partenza furono ultimati. Aragorn, Boromir, Gandalf e
Legolas avevano a lungo discusso con Elrond delle tappe da
seguire; Indil si
vedeva molto raramente: trascorreva il suo tempo parlando
con Arwen e le altre elfe; gli hobbit, infine, passavano le loro
giornate con Bilbo e con Gimli e, qualche volta, con Aragorn e Boromir.
Infine, arrivò la mattina della partenza: il tempo era mite
e il bel sole riscaldava i membri della compagnia.
In molti li guardarono partire: non vi furono canti di gioia,
schiamazzi o risa… solo il silenzio regnava sovrano.
“Allora
signori, direi che sia ora di partire.” Tutti guardarono
verso sire Elrond che aveva preso la parola. “Addio e che la
benedizione degli elfi, nani, hobbit e uomini ricada su di voi. Ogni
popolo libero pregherà per voi. E ora andate.” Con
quelle parole l’elfo salutò la compagnia
dell’anello per sempre, perché presto avrebbe
lasciato lui stesso quelle terre, come aveva detto ai membri della
compagnia qualche giorno prima.
La bella principessa Arwen si appoggiò al padre, afflitta
nel vedere tre dei suoi più cari amici partire per avventure
che non la riguardavano affatto.
“Padre, che succederà?”
domandò con la voce rotta dal pianto e tutti stettero ad
ascoltare le parole di Elrond.
“Due destini sono in agguato, figliola. Tutto dipende da
ciò che la compagnia deciderà. Adesso tutto
è nelle loro mani” rispose, lo sguardo estraniato
da quello che avveniva intorno a lui. “Adesso
rientriamo.” Tutti rientrarono nella dimora accogliente e
così incominciò l’avventura per i dieci
compagni.
***
“Mia signora, sapete
combattere?” Boromir di Gondor pose questa domanda a Indil, e
la giovane si fermò.
Erano in viaggio da quattordici giorni ed avevano acceso un bel
fuocherello per cenare. Samvise cucinava dei conigli che avevano
catturato Boromir e Aragorn; gli altri hobbit chiacchieravano del
più e del meno seduti a terra mentre Gimli rideva alle loro
battute. Aragorn faceva il primo turno di guardia, Legolas e Gandalf
chiacchieravano e l’uomo di Gondor osservava pensoso
l’elfa che stava scrivendo.
“Messer Boromir, so tirare con l'arco e usare la lancia, ed
ho appreso di recente anche come usare la spada” disse la
giovane figlia di Thraundil con un sorrisetto sul volto.
“È pur vero che la mia specialità
è la medicina e l'uso delle piante officinali, ma so
comunque combattere.”
“Vogliamo provare?” domandò
l’uomo alzandosi e portando la mano alla vita, dove teneva la
lunga spada.
Gli occhi di tutti si puntarono sull’elfa e
sull’uomo.
“Se volete perdere...” disse Indil infine,
alzandosi a sua volta. “Ma direi di provare a combattere con
dei pezzi di legno.”
“Ebbene, mia signora, sarà fatto.”
Boromir si chinò, staccando un ramo da un albero
lì caduto e lo stesso fece Indil. A fare da arbitro fu
scelto Frodo, per l’imparzialità che legava il
piccolo hobbit ai due. “Io dico… Via!”
disse il mezz’uomo dopo che i due contendenti ebbero fatto
l’inchino.
Tesa e all'erta, Indil puntò il bastone verso
l’avversario. Si avvicinò all’addome di
Boromir e con un salto in avanti spinse il pezzo di legno sulla veste
dell’uomo, che emise un basso ringhio. Benché
sbilanciato, Boromir riuscì a calare il proprio bastone e
per poco non colpì i capelli biondi di Indil, che
riuscì a parare la stoccata con il suo ramo.
L'elfa tornò alla carica e colpì la spalla di
Boromir di striscio. L’uomo ricambiò il colpo
assestandogliene uno fra le gambe. Grazie alla sua agilità
l’elfa riuscì a saltare e a non farsi colpire, ma
perse l’equilibro e rotolò a terra, ansimando nel
vedere il bastone di Boromir vicino al suo viso.
“Dovrete allenarvi di più, mia signora.”
L’uomo di Gondor porse la mano a Indil, che la
accettò e si fece sollevare, per ritrovarsi a due centimetri
dalle labbra piene del gondoriano.
In quell’istante Merry, che pure aveva osservato - come tutti
del resto - il
combattimento fra i due, si volse e osservò il cielo.
“Che cosa sono quelle nubi che vagano verso di
noi?” domandò il giovane hobbit.
Anche Gimli guardò verso il cielo. “Sono solo
nuvolette.”
“No! Sono il nemico.” Legolas si
avvicinò a Aragorn parlando in elfico e osservando a sua
volta la nuvola. “Sono stormi di uccelli.
Nascondiamoci!”
Ci fu un parapiglia ma i membri della compagnia riuscirono in qualche
modo a nascondersi e a spegnere il fuoco che prima avevano acceso.
Aragorn si nascose contro una roccia con Legolas accanto a
lui. L'uomo osservò il bel profilo dell’elfo,
desiderando ardentemente che il contatto della mano che Legolas aveva
posato sulla sua spalla non finisse mai.
L’elfo, infine, interruppe il contatto e si alzò
repentinamente per assicurarsi che il nemico se ne fosse andato. Nel
farlo si guardò intorno notando, grazie alla vista da elfo,
che Indil e Boromir erano entrambi nascosti da un tronco
d’albero, gli hobbit e Gimli si erano nascosti dietro un
cespuglio e Gandalf contro una roccia. Sospirò di sollievo
notando anche che gli uccelli se n’erano andati.
“Cos’era, secondo te?” domandò
Aragorn poco dopo, uscendo anche lui dal rifugio e facendo cenno agli
altri membri della compagnia di avvicinarsi.
“Uccelli,
del nemico. Sauron possiede anche loro. Ringraziamo Legolas: se non fosse stato per lui ci
avrebbero scoperto e chiamato gli orchetti.” Gandalf fece un
cenno di ringraziamento verso l’elfo. “Siamo stati
troppo distratti: dobbiamo concentrarci di più sulla
missione; dobbiamo esser più prudenti. E ora andiamo a
riprendere quello che stavamo facendo, ché domani
raggiungeremo il passo di Caradhras” concluse lo stregone.
“Il passo di Caradhras? Sei sicuro, Gandalf? Non vogliamo
andare, piuttosto, nelle miniere di Moria? Ci saranno Balin e gli altri
nani, che ci daranno sicuramente un benvenuto regale” disse
Gimli, gli occhi sognanti all’idea di rivedere i suoi parenti.
Sia
Indil che Legolas storsero il naso: agli elfi le oscurità
non piacevano molto.
“No, Gimli,
troppo a lungo i nani hanno scavato nelle miniere di Moria e non
sappiamo cosa hanno svegliato. Ho deciso: valicheremo il passo di
Caradhras.” Con queste parole lo stregone grigio pose fine
alla conversazione e tutti tornarono a svolgere i loro compiti in
silenzio.