Film > Thor
Segui la storia  |       
Autore: Fueati    07/01/2018    2 recensioni
Ricorda sempre Loki", gli aveva confidato una volta di molti anni prima la donna che lo aveva messo al mondo, che si era fatta sua maestra e protettrice, dopo un lungo e intenso allenamento durato fino allo scoccare dell'età adolescenziale del minore dei suoi figli, quando aveva capito che il suo compito era giunto al termine: "la magia non serve solo ad ingannare e a mostrare ciò che non c'è. Può farsi tuo scudo e alleato. Può diventare tua amica e compagna ma non farti mai sopraffare da ciò che può offrirti con false promesse. Non concederle il privilegio di farti diventare cieco davanti alla realtà. Non permetterle di fare della tua vita mera menzogna e illusione.È vero, rispetto a Thor non sei bravo a menare le mani e a cacciarti nei guai. Se ti conosco bene non sei il tipo di uomo capace di accontentarsi di quel che di semplice la vita gli può offrire, ma sei un ragazzo sveglio e brillante. Questa sarà la tua arma più potente. Non desiderare mai di essere diverso da ciò che sei, Loki , nemmeno quando la vita e le sue difficoltà cercheranno di farti del male, di farti imboccare sentieri sbagliati.
Genere: Erotico, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi, Slash | Personaggi: Loki, Nuovo personaggio, Odino, Thor, Un po' tutti
Note: Lemon, Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: Contenuti forti, Incest, Violenza
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
I

My Everything

"Una settimana prima".

"Indosserai quel ridicolo elmo da cervo proprio questa sera, fratello?", chiese divertito il giovane dalla folta chioma dorata al ragazzo sedutogli accanto, puntando il dito contro l'oggetto in questione, accuratamente disposto fra le gambe del proprietario che, senza degnare della ben che minima attenzione il suo interlocutore, continuò imperterrito a lucidare con delicatezza il copricapo che aveva suscitato il sarcasmo del fratello maggiore, Thor.

"È una festa formale quella che si terrà per il tuo compleanno", rispose serio Loki, cercando di individuare eventuali zone opache sulla superficie metallica dalle sfumature dorate, ben salda fra le sue mani.

"Non voglio certo mancare di rispetto a te e a nostro padre".

Soddisfatto del risultato si apprestò a ripiegare con cura il fazzoletto di seta merlato di verde servitogli da strofinaccio fino a pochi secondi prima, infilandoselo nella tasca della casacca del colore medesimo.

"E se vogliamo dirla tutta", aggiunse: "il tuo elmo non passerà di certo meno inosservato del mio, con quelle adorabili ali da fringuello".

Le labbra di Loki si incurvarono in un'espressione divertita, svelando la dentatura perfettamente bianca, lasciando che una risata guizzasse fuori da quella bocca birichina, il più delle volte votata al silenzio.

Era un pomeriggio assai diverso da quelli che la pacifica gente di Asgard era abituata a trascorrere.

Quel giorno tutto il regno era in fermento per il compleanno del primo figlio di Odino. Una reazione tutto sommato prevedibile, scontata, se si era consci della considerazione e del rispetto che la città e il suo re nutrivano per quel giovane che, sotto ogni aspetto, sembrava concentrare su di se tutte quelle caratteristiche necessarie a un futuro sovrano.

La sfarzosa festa che il padre aveva fatto preparare in suo onore si sarebbe consumata fra le mura del palazzo dorato.

Tutti coloro che rivestivano un ruolo a corte, anche il più umile, erano impegnati in un frenetico via vai lungo gli immensi corridoi che collegavano le aree della reggia fra loro, in una vera corsa contro il tempo. Domestici, ancelle, cuochi, sarti e giardinieri facevano a gara a chi avrebbe adempiuto per primo al proprio incarico: chi si assicurava della lucidatura della mobilia o dello stato dei marmi che rivestivano gli ampi pavimenti di ogni stanza; chi si preoccupava dell'impeccabile qualità delle porcellane dell'argenteria, chi si accingeva a sostituire i tendaggi in finissima seta con meravigliosi broccati d'oro e argento. Un simile trambusto non si era più visto dal giorno delle nozze di Odino con la regina Frigga e se qualcuno avesse potuto assistere alla situazione dall'alto avrebbe facilmente scambiato il palazzo di Asgard per un affollato e turbolento formicaio, colto nel disperato tentativo di mettere al riparo le ultime provviste dal freddo imminente.

Era stato per sfuggire al caos che imperversava anche nei più remoti angoli delle sale reali (ed evitare che a Thor venisse la nausea a furia di vedere gente fare avanti e indietro come una trottola) che i due principi si erano letteralmente barricati nella sala della lettura, luogo accessibile su richiesta della regina solo ai membri della propria famiglia. Uno dei nascondigli preferiti di Loki quando desiderava un po' di silenzio, tempo per riflettere e studiare. Quando la vita di palazzo, per un ragazzo introverso come lui, diventava insostenibile, a tratti pure soffocante.

La stanza era avvolta da una piacevole penombra, rischiarata da poche e fioche candele, ormai quasi del tutto consumate, collocate rispettivamente ai lati del camino in pietra, recante al centro lo stemma della famiglia reale.

La stanza non presentava dettagli particolari: era stata fatta costruire con mura insonorizzate, proprio per conservare il religioso silenzio che contraddistingueva un luogo destinato alla ricerca, alla consultazione e al nutrimento dell'anima.

Il tremolio delle fiammelle, seppur debole, proiettava ombre guizzanti sulle immense librerie che ne percorrevano in circolare il perimetro. Era un ambiente oggettivamente semplice se paragonato al lusso che imperversava al di fuori di quelle quattro mura. I due fratelli potevano sfruttarla a loro piacimento, rimanervi finché lo desideravano, aveva spiegato loro Frigga sin da piccini, purché non arrecassero danno ai preziosi volumi custoditi al suo interno.

Seduti al centro della stanza, sul morbido tappeto di pelliccia adagiato ai piedi delle poltrone sulle quali erano abituati a sedere i loro genitori, eccoli lì, Thor e Loki. Non più i figli del temuto padre degli dei. Semplicemente due adolescenti intenti a godersi un po' di relax, celati agli occhi di un mondo che li voleva introdurre prima del tempo necessario in una realtà fatta di soli doveri e responsabilità. Se uno spettatore esterno avesse potuto assistere a quella scena così semplice e ordinaria non avrebbe mai riscontrato in loro le figure di due principi il cui destino li avrebbe, presto o tardi, investiti del peso di una regalità non indifferente. Un privilegio orribile, che avrebbe finito inevitabilmente col mettere in luce uno e in ombra l'altro.

Era questa la natura dei pensieri che, sempre più di frequente, affollavano la mente del secondo principe di Asgard, velando il suo cuore di un sottile strato di tristezza, rendendo il suo animo inquieto e ansioso. Lo sapeva, nessuno meglio di lui poteva comprendere la natura della situazione, del proprio ruolo all'interno di un gioco che lo voleva, già in partenza, perdente. Non era importante quante energie avrebbe dovuto impiegare, quante lacrime era disposto a versare: sarebbe stato sempre e soltanto Thor il favorito fra i due. A Loki non serviva certo una scuola per capire di non avere scelta, di essere senza appello.

Thor il giorno, Loki la notte. Due facce della medesima medaglia.

Thor, un ragazzo prestante, forse troppo per la sua giovane età. Sicuro di se, amante del combattimento e bramoso di vittorie. Un conquistatore, che sin da piccolo aveva dimostrato una forte propensione alla guerra e che col tempo, con il giusto allenamento, si era rivelato per quello che era: la punta di diamante dell'esercito di suo padre.

Thor, dall'indole solare e bonaria, cocciuto e arrogante al limite del sopportabile, ma non abbastanza da renderlo cieco davanti ai propri errori.

Thor, il principe dorato che tutta Asgard aspettava impaziente di vedere sul trono a capo dei Nove Regni ... e poi c'era Loki, il suo contrario, la sua “nemesi”, se così volevano chiamarlo.

Taciturno e solitario, poco incline al divertimento, tanto da essere diventato una vittima degli scherzi e delle frecciatine del fratello stesso e dei suoi compagni di scorribande, invisibile agli occhi del popolo che lo aveva etichettato come “pecora nera”. Si erano arrogati il diritto di scegliere per lui sulla base delle apparenze, negandogli qualsiasi possibilità di redenzione. Se Loki era menzogna, come soleva definirsi il resto del mondo?

Detestava dal profondo del cuore i momenti in cui gli veniva rinfacciata la sua scarsa capacità fisica, un modo come un altro per metterlo davanti a una verità che, anno dopo anno, aveva messo radici nel suo cuore e infettato il sangue col suo nettare venefico: era stato un errore. La sua intera esistenza si riduceva a quello.

"Codardia", avevano osato definire i suoi progressi con il seiðr e forse era stata questa la ragione che lo aveva spinto, in gran segreto, a dedicare parte del suo tempo libero all'uso dell'unica arma che aveva riconosciuto e sentito come propria: il pugnale (1). Facile da maneggiare, da nascondere in caso di un attacco a sorpresa, pronto a ferire e, se il caso lo avesse richiesto, a tradire. Loki ne aveva fatto la sua ultima chance di redenzione, una chiara testimonianza del proprio rancore e cinismo verso un mondo che sembrava avergli giurato unicamente dolore e umiliazione. Il grido disperato di un guerriero che mai avrebbe smesso di lottare per ciò che desiderava. Nel caso del giovane principe il rispetto.

Celato dal velo impercettibile del suo potere magico, Loki aveva preso l'abitudine di girare armato. La prudenza non era mai troppa. Nemmeno durante il sonno.

Un pesante rumore di passi lo riportò alla realtà: mancavano, ormai, poche ore all'inizio dei festeggiamenti. Il moro sbuffò rassegnato, attirando l'attenzione di Thor che, annoiato, gli si sdraiò accanto, adagiando la testa sulle ginocchia sottili del minore, proprio come faceva da piccolo su quelle di Frigga dopo aver giocato fino allo sfinimento. D'istinto, come avrebbe fatto la loro amorevole madre in momenti simili, Loki prese a carezzare la testa bionda sotto di lui, dolcemente.

“Nervoso?”.

" Solo curioso di sapere che regalo hai preparato per me , fratellino", rispose ironico il maggiore, con il solito cipiglio allegro seguito a ruota da un ampio sorriso. Con le dita robuste della mano, aveva cominciato a giocherellare con una delle ciocche corvine che si erano scostate dalla capigliatura del più giovane.

Il moro accennò un mezzo sorriso, scuotendo la testa con finta rassegnazione:" Oh Thor, non siamo un po' troppo grandi per queste cose?".

Questi sollevò lo sguardo, fissando un punto indefinito del soffitto affrescato da poche e semplici corone d'alloro. Thor ne approfittò per scrutare in silenzio il viso del fratello minore. Sapeva che Loki non era il tipo da sorprese, non di quel genere almeno. Ciò nonostante non riusciva proprio a smettere di punzecchiarlo. Era un bisogno più grande di lui, che spesso lo aveva messo in pericolo di vita. Attirarsi il rancore di un tipo come Loki era un gioco assai rischioso, una scommessa alla quale non tutti se la sentivano di prendervi parte.

Loki il bugiardo, il debole. Erano solo alcuni dei nomi che il regno si divertiva a conferire al principe oscuro di Asgard. La verità di tanto astio nei confronti di quell'essere così fragile all'esterno e complesso dentro Thor l'avrebbe appresa a sue spese solo più avanti.

Nonostante le calunnie e maldicenze, Thor sapeva che nessuno meglio del moretto era il più adatto per trascorrere in sua compagnia quei rari momenti di pace e intima solitudine, lontani dal una routine che a lungo andare avrebbe logorato persino un tipo impulsivo e sconsiderato come il maggiore dei due fratelli. Con Loki ogni cosa appariva sotto una diversa luce, più naturale, meno costruito. Al dio del tuono venne quasi da ridere: c'era qualcosa di paradossale nel suo atteggiarsi con estrema naturalezza in compagnia di quell'essere che anche i sassi avevano riconosciuto come l'incarnazione stessa della bugia. Una canzone già sentita più e più volte. Se solo il mondo si fosse sforzato di osservare con più attenzione. Era quello il segreto.

A Thor ci era voluto più tempo del necessario per stilare una lista delle qualità del fratello: scrutare in silenzio non era nella sua natura. Al contrario, Loki non aveva mai dovuto chiedere per sapere quando qualcosa tormentava l'animo del maggiore. Gli era sufficiente uno sguardo per sfogliare Thor come un libro aperto.

Loki, il suo migliore amico, la sua roccia, un confidente e un consigliere giudizioso, la sua ombra, il suo scudo. Una verità che solo il biondo era riuscito a scorgere in un mare di bugie crudeli e meschine.

Faticava ad ammetterlo a se stesso, probabilmente per una sciocca questione di orgoglio, ma se gli fosse stato chiesto di definire la figura del fratello minore in una sola parola quella sarebbe stata TUTTO.

"Vorrei che momenti come questi durassero in eterno", bisbigliò il giovane principe dorato, appuntando la ciocca ribelle dietro l'orecchio del moretto, richiamando l'attenzione su di sé. Gli occhi di Loki tradirono un moto di sorpresa.

"È davvero mio fratello quello che sento parlare? Il rispettato e potente Thor che anela ad un eternità fatta di pace e chiacchiere in compagnia del suo asociale e scontroso fratellino? Non è davvero da te". Il tono del moro si era fatto teatrale, beffardo. Tuttavia Thor non poté fare a meno di scorgervi una punta di astio.

"Se ti sforzassi di venire alla taverna con me ogni tanto, anziché leggere come una donnetta tutto il santo giorno, forse non passeresti per tale", sentenziò acido il maggiore, guardando l'altro negli occhi, lanciandogli un sorriso di sfida.

Il ragazzo dai capelli corvini sospirò, facendo segno a Thor di alzarsi per permettergli di poggiare l'elmo, rimasto sino a quel momento adagiato al suo fianco, su una delle poltrone della stanza, facendo attenzione a non rovinare la lucidatura delle corna prominenti.

"Hai chiesto del mio regalo, dico bene?", chiese Loki, scrollandosi di dosso la polvere del pavimento, per poi incrociare le braccia al petto. "Pensavo di dartelo questa sera ma, vista la situazione, perché non adesso?". Thor non seppe che significato dare a quelle parole ma una cosa era più che mai certa: “regalo”. Ciò fu sufficiente a far risplendere nella penombra i suoi grandi e vivaci occhi azzurri, carichi della stessa impazienza che contraddistingueva un bambino al quale era appena stato promesso un dolce squisito.

"Mi hai davvero fatto un dono? Sul serio?", chiese fra la sorpresa e l'eccitazione, tirandosi a sedere. Con un ghigno sinistro, Loki fece comparire con i suoi poteri una scatola in legno di quercia finemente intarsiato, adorno di un fiocco dorato, in tinta coi capelli del festeggiato.

Con entrambe le mani lo porse al fratello maggiore: "Buon compleanno, Thor".

Lievemente imbarazzato per quel gesto inaspettato, il biondo disfò il fiocco con movimenti impacciati, soffermandosi sul coperchio levigato: sopra di esso vi era stata incisa la sagoma di una saetta i cui bordi erano stati, in seguito, ricoperti da un sottile strato dorato. Toccato dalla natura di quel piccolo dettaglio, si accinse a sollevare il coperchio. Fu questione di pochi secondi. Non ebbe il tempo di allungare lo sguardo per esplorarne il contenuto che dal fondo della scatola fuoriuscì un serpente rabbioso che andò ad affondare le proprie fauci nel braccio scoperto di Thor. Questi sobbalzò in piedi. Con occhi carichi di sorpresa, afferrò per il collo la "bestiola", che di allentare la presa sul bottino conquistato non sembrava averne l'intenzione.

Non appena ebbe estratto i denti del rettile dalla pelle arrossata, Thor avvicinò il viso a quello dell'animale, carezzandogli la piccola testa ricoperta da squame verde smeraldo, per poi puntare gli occhi colmi di gratitudine in direzione del fratello.

"È bellissimo Loki, dove lo hai trovato?". L' espressione che si materializzò sul viso del fratello maggiore non potè trattenere il moro dal definirla, in cuor suo, come "totalmente idiota".

Un sorriso mefistofelico si dipinse sulle labbra del moro. Gli bastò un momento. La sua figura evaporò sotto lo sguardo inebetito del maggiore che, avvertendo aria di guai, iniziò a scrutare nell'ombra, a girare su stesso, alla ricerca di qualcosa che potesse tradire la presenza dell'incantatore, ancora nei paraggi: non un rumore, non un fiato. Un momento di distrazione, un punto scoperto nella guardia del festeggiato. Fu abbastanza. Loki non si fece attendere oltre, materializzandosi al posto del serpente che Thor teneva fra le mani.

Padrone di un'agilità che persino il biondo faticò ad arrestare, sviluppata in anni di allenamento. Sinuoso come un gatto ma non per questo meno feroce, con occhi privi della minima traccia di esitazione, il secondo figlio di Odino piantò nella spalla destra del primo un piccolo pugnale avvolto da un intenso bagliore smeraldino.

Thor cadde a terra, urlante, mentre si teneva con la mano sinistra la parte lesa, imprecando contro il suo aguzzino, rivolgendogli tutti gli insulti che il suo personalissimo vocabolario aveva a disposizione. Un repertorio degno del figlio di un oste più che di un principe.

La scena si consumò sotto lo sguardo divertito di Loki, che scoppiò in una fragorosa risata a quella vista pietosa.

Lo scherzo era riuscito appieno e se ne compiacque.

Bastò un battito di ciglia per riportare tutto esattamente come prima. La ferita di Thor, il pugnale, la scatola che conteneva il serpente. Tutto quello che aveva caratterizzato quel momento di caos momentaneo si dissolse come una nuvola di fumo, svelando l'illusione che il moro aveva pianificato apposta per il suo adorato fratello maggiore dalla bocca larga.

"Piaciuta la sorpresa?", chiese con tono di scherno il più giovane dei due.

Guidato dalla foga del momento Thor, rimessosi in piedi a fatica, traballante per lo spavento e livido in volto, si scaraventò sull'esile figura del fratello. Questi rovinò a terra, rotolando ai piedi del camino.

Inginocchiato sopra di lui, il biondo bloccò i movimenti del minore col peso del proprio corpo, negandogli qualsiasi via di fuga: avrebbe dovuto aspettarselo da uno come Loki, sempre pronto a giocargli qualche tiro mancino.

Ma Thor sapeva dove colpire, quali tasti premere per mettere in ginocchio il più astuto dei due. Senza pensarci un secondo di più le dita del biondo si apprestarono a solleticare quel corpo inerme alla loro mercé, che prese a ridere e tremare in modo incontrollato, tentando l'impossibile per scrollarsele di dosso, invano. Thor, doveva riconoscerlo, era troppo più forte di lui. Si dimenò, scalciò con quanta forza gli restava in corpo, fallendo nel suo intento.

Con le lacrime agli occhi e il cuore che stava per scoppiargli nel petto, Loki ammise la sua sconfitta, supplicando il biondo di porre fine alla tortura. Ansante, con le costole doloranti per lo sforzo, Loki fissò il volto del fratello sopra di lui, regalandogli un sorriso sincero e uno sguardo adorante, colmo di tutto l'amore che due fratelli possono nutrire nei confronti reciproci

Gli occhi di Loki, un'arma pericolosa, capaci trafiggere a morte o nei quali vi era il rischio di perdersi. Thor lo sapeva, meglio di chiunque altro: il sorriso del fratello, quello vero, privo di sarcasmo, era uno degli eventi più rari al quale assistere ad Asgard ed era di una bellezza che persino la sua mente semplice non poteva che riconoscere come tale. Era un privilegio che il moro concedeva a pochi fortunati e il biondo era uno di questi. Un segreto da custodire gelosamente.

Le dita affusolate di Loki sfiorarono i capelli dorati di Thor, gli stessi che, in certe notti buie e tempestose della loro infanzia, gli avevano ricordato i caldi raggi di un sole d'estate, dandogli pace e sicurezza.

"Non ti bastano l'affetto e l'ammirazione che nutro per te, fratello? Non sono un dono sufficiente per il principe dorato di Asgard?", pigolò il moro con un filo di voce, senza smettere di sorridere. Il respiro era tornato regolare e con esso il battito cardiaco. Il petto aveva ripreso ad abbassarsi e alzarsi lentamente, un movimento che fu sufficiente a prosciugare la gola del biondo all'istante mentre un brivido ricolmo di sensazioni estranee gli corse lungo la spina dorsale, risalendo le viscere, impedendogli di respirare o emettere alcun genere di suono, per poi espandersi nel basso ventre.

Sotto il suo corpo massiccio, a ridosso del camino, la pelle candida di Loki gli parve ancora più diafana e vellutata del normale. Le iride di un verde intenso richiamarono alla sua mente le stelle che amava osservare durante le notti serene e le labbra, sottili e arrossate, avevano assunto un aspetto invitante, come quello di una bella mela che aspettava solo di essere morsa. Preso alla sprovvista da quel turbinio di emozioni Thor decise di porre fine a quel contatto.

Paonazzo in viso (non poteva vedersi ma riusciva a sentire le orecchie e le guance andargli a fuoco) non ebbe il coraggio di guardare in faccia la causa di quel suo strano comportamento che, ancora sdraiato a terra supino, osservava stranito la schiena ampia del biondo.

"Nostro padre ci starà aspettando", disse con tono poco fermo Thor, passandosi una mano fra la chioma dorata.

"Dobbiamo andare". Il maggiore si chiuse la porta della stanza alle spalle, lasciando Loki solo nella penombra.

 

"Thor, figlio di Odino e mio primogenito", con queste parole il padre degli dei aprì il suo discorso per augurare tutto il bene possibile al figlio ormai giunto sulla soglia dell'età adulta. Nel suo ruolo di genitore e di esempio da seguire, Odino aveva sempre cercato di non viziare i propri figli, trasmettendo loro i principi che, stando alle parole dei suoi predecessori, non dovrebbero mai mancare nella formazione di un buon sovrano: forza e saggezza.

" Un re saggio non insegue mai la guerra", aveva spiegato ai piccoli Thor e Loki durante una visita nei sotterranei del palazzo anni or sono, luogo accessibile solo ai memori della famiglia reale nel quale vi era custodito un gran numero di reliquie, a testimoniare le epiche vittorie ottenute dal padre degli dei e dei condottieri prima di lui: "ma deve comunque essere all'altezza della situazione quando il caso lo richiede".

Ad oggi quegli insegnamenti sembravano aver trovato residenza separatamente nei cuori dei due giovani principi, entrambi validi pretendenti al trono, un risultato che lo aveva lasciato soddisfatto solo a metà. Tuttavia, se avesse dovuto scegliere a chi destinare il ruolo di suo successore il più adatto, ne era certo, era senza dubbio Thor: caparbio, forte e leale. Con la vicinanza del fratello minore, scaltro, intelligente e riflessivo, Asgard avrebbe prosperato ancora per diversi secoli. Questa speranza era il suo conforto.

"Ora che sei finalmente diventato un uomo e un vero guerriero di Asgard, in onore del tuo compleanno, ti conferisco la custodia del prodigioso martello Mjolnir, forgiato nel cuore di una stella morente e dotato di un grande potere". Odino sollevò l'arma, porgendola al figlio che, con un inchino degno di un principe qual'era, accettò riconoscente il prodigioso dono.

"Saprò farne buon uso, mio re".

Pieno di quell'orgoglio che solo un padre poteva nutrire verso la sua prole, Odino poggiò la mano corazzata sulla spalla del giovane ragazzo, ormai fattosi uomo, sorridendogli benevolo.

"Rendimi fiero di te".

Seguì un fragoroso applauso e urla di congratulazioni riempirono ogni centimetro della sala del trono per poi propagarsi all'esterno.

"Thor, Thor, Thor ", gridò a pieni polmoni l'intera città, facendo vibrare il suolo sopra il quale si ergeva.

Una volta conclusosi il discorso di Odino, venne annunciato l'inizio dei festeggiamenti e gli invitati furono accompagnati altrove.

Tre maestose tavole erano state riccamente preparate nella sala dei banchetti, ognuna traboccante di ogni ben di dio: selvaggina fresca di giornata, formaggi, frutta succosa, pane fragrante e la migliore birra di tutti i Nove Regni.

Mai, negli ultimi tempi, si era vista un' abbondanza di leccornie simile.

Thor prese posto vicino al fratello e all'amico Fandral, uno dei migliori spadaccini asgardiani, compagno di sbornie del dio del tuono e donnaiolo incallito.

Se c'era una cosa che il biondo amava, forse tanto quanto combattere, era farsi delle sonore bevute e l'amico era la compagnia perfetta, molto meglio di Volstagg che, durante eventi di quel tipo, pensava solo a riempirsi la pancia, dimenticandosi di tutto il resto.

La serata stava trascorrendo all'insegna della spensieratezza e della tranquillità. Tutti erano felici e mezzi ubriachi. Eccetto Loki.

Il dio, come spesso succedeva, non aveva mangiato granché e il vino versatogli nel bicchiere dal coppiere reale era stato sorseggiato solo per metà.

Accanto a lui Thor era già alla sesta pinta di birra e il buon senso aveva cominciato a dare segni di cedimento. Annoiato e infastidito da tutto quel chiasso, Loki si era comunque ripromesso di non intromettersi mai più nelle gare di bevute del maggiore, soprattutto dopo che Fandral, tempo addietro, aveva cercato di baciarlo in preda ai fumi della sbornia. Cominciò a guardarsi attorno, scrutando gli invitati con occhi vitrei, maledicendoli dal profondo delle viscere. Per il più giovane dei figli di Odino il fetore emanato da quell'accozzaglia di ipocriti che lo circondava era un motivo più che mai sufficiente a permettergli di abbandonare i festeggiamenti. Sapeva di non essere una presenza gradita, lo aveva capito da quando aveva sviluppato la capacità di intendere e volere.

Per quanto cercasse una fonte di distrazione, il malumore sembrava aver trovato alloggio nell'animo tormentato del ragazzo quella sera.

Esaurita la pazienza, con sguardo serio e stizzito, salutò Thor e Fandral, ringraziando per la compagnia e se ne andò, lasciando festa e invitati dietro di se, per poi sparire in direzione del lungo corridoio che lo avrebbe condotto nelle proprie stanze.

 

(1) Pugnale: potrà apparire come un dettaglio insignificante che Loki, in tutti e tre i film di Thor, faccia uso di quest'arma apparentemente semplice, specie se paragonata al martello del fratello o alle armi dei Tre guerrieri. Personalmente sono rimasta affascinata dalla destrezza con la quale il personaggio ne fa uso. Per tanto ho cercato di dare un significato alla cosa, anche per poter rendere meglio l'idea che ho in testa del soggetto in questione. Sin dall'antichità i guerrieri spesso usavano il pugnale come ultima difesa in battaglia, dopo aver perso lancia e scudo, gettandosi a testa bassa contro l’avversario, combattendolo fino all’ultimo respiro. Esso, nel tempo, ha assunto diverse connotazioni negative. Rappresenta il tradimento, chi e’ stato ferito da un qualche evento o persona, può rappresentare anche odio e risentimento nei confronti del mondo, un ricordo di come la vita a volte può rivelarsi infingarda sotto molti aspetti.

 

Note dell'autrice: ecco il primo primo capitolo. La storia ormai è avviata. Spero solo che non risulti noioso ma, come spero avrete capito o capirete leggendo, questa fan fiction si svolge prima degli eventi del film “THOR” e per tanto ci tengo a mettere in luce il rapporto che lega i due fratelli, cercando di fare chiarezza su quello che potrebbe essere il vero stato emotivo di due ragazzi, poco più che adolescenti, alle prese con un ambiente che non ammette errori, dove si può trovare pace e consolazione solo tra le braccia delle persone care. Ringrazio in anticipo tutti coloro che proseguiranno nella lettura e se vorrete lasciare una piccola recensione per farmi sapere cosa ne pensate sarò ben lieta di rispondervi.

   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > Thor / Vai alla pagina dell'autore: Fueati