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Autore: Amanda FroudeBlack    07/01/2018    1 recensioni
Vi voglio raccontare una storia, e lo farò al meglio delle mie capacità. Sarà lunga, spossante, e non so dirvi se alla fine ne sarà valsa la pena.
Vi racconterò di famiglie che non pretendono di essere le migliori al mondo, ma saranno quelle che non puoi fare a meno di ammirare perché ti spiegano il mondo attraverso l'amore. Ci saranno famiglie che, al contrario, useranno l'odio per dividere, accecate dal potere e rese folli dall'odore del sangue.
Poi, vi racconterò di chi sa da che parte stare, ma non giudica chi ha dovuto attraversare il male per comprendere la via del bene.
Vi parlerò di seconde possibilità, del dolore della morte e della sconfitta. Spiegherò il sacrificio, il sudore, la frustrazione.
E forse, vi racconterò una vittoria.
Genere: Angst, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Famiglia Black, Famiglia Potter, I Malandrini, Un po' tutti | Coppie: James/Lily, Rodolphus/Bellatrix
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Capitolo XXIV: “La giusta prospettiva”
“She and I went on the run
Don’t care about religion
I’m gonna marry the woman I love
Down by Wexford border”
 
  • Nancy Mulligan, Ed Sheeran
 
 
ALBUS
 
Silente ascoltò Crouch giustificare il proprio lavoro per almeno venticinque minuti. Forse di più, forse di meno. Era confuso riguardo a quanto tempo fosse realmente passato: quando si annoiava a morte, gli riusciva davvero difficile averne una buona percezione. Nell’ultimo periodo, pensava spesso a come fosse diventato triste e demotivante stringere accordi e alleanze all’interno del Ministero, da quando Joe non c’era più. Barty era sicuramente un buon impiegato, ma purtroppo si limitava a ciò. Un eccelso esecutore, nulla da eccepire, tuttavia le sue capacità finivano lì. Nessun tipo di inventiva, nemmeno il minimo guizzo di intraprendenza, se non nel momento in cui bisognava decidere quale maledizione senza perdono scagliare a destra e a manca. A quanto pareva, Barty non amava sentirselo dire; perciò, da qualcosa come sei ore – non era vero, doveva ammetterlo, stava esagerando – Albus era stato costretto a sorbirsi il tono monocorde di Crouch, intento a leggergli il decreto ministeriale numero trecentosedici da cima a fondo, che lo giustificava per le azioni violente intraprese da alcuni Auror, mandati da lui, in un paesino babbano del Sussex.
“Lo leggerai davvero tutto, Barty?” lo interruppe ad un certo punto Silente, stremato.
Crouch tacque qualche momento – incredibile – e sbatté le pagine che stava leggendo sulla scrivania in un gesto spazientito.
“Ho bisogno che tu comprenda le mie ragioni, Albus!” esclamò, alterato.
“No, tu hai bisogno che io le condivida, ma temo che non accadrà mai,” rispose semplicemente. Si alzò con l’intenzione di andarsene. Barty lo comprese e lo imitò.
“Non succederà perché non la penso come te, e tu non vedi altro che il tuo pensiero e le tue ragioni, Albus!” sbottò. “Sto facendo un buon lavoro, dannazione! Ti costa tanto ammetterlo?”
“Quanto vorrei che fosse vero, Barty,” mormorò. “Non hai bisogno di prenderla sul personale, a ogni modo. Non ti serve la mia approvazione.”
Arrivò alla porta e si voltò a dare un’ultima occhiata a un Crouch piuttosto rosso in volto.
“Tu pensi che non l’abbia capito,” gli sibilò Barty con gli occhi ridotti a due fessure. “Credi che non sappia quanto ritieni inutile tutto ciò che faccio solamente perché non c’è più Froude al posto mio!”
Silente abbassò lo sguardo. Non avrebbe negato l’evidenza. Uscì dalla stanza e chiuse la porta alle sue spalle.
 
ORION
 
Non ebbe bisogno di alzare lo sguardo per capire chi fosse appena entrato sbattendo la porta. Si trovava nella cucina di Portaleen, intento a terminare la preparazione di alcune pozioni necessarie ad alcuni membri dell’Ordine sotto copertura. Terminò di mescolare nel calderone l’ultima pozione, e solo dopo aver spento il fuoco decise di dare udienza all’arrivato.
“Sempre con la solita delicatezza, Ala-” si interruppe quando notò che colui che era entrato non era Moody, ma Silente.
“Deduco che non sia andata bene con Crouch,” osservò, ironico.
“Purtroppo vorrei tanto che Barty Crouch fosse l’unico motivo della mia pena, Orion,” disse Albus, lisciandosi la barba. “Mi rendo conto che al Ministero siamo soli: coloro che non sono invischiati con i terribili piani di Voldemort, non vogliono guardare in faccia la realtà. Temo che il Ministro sia ormai in mano loro,” terminò, grave.
Orion lo ascoltò con attenzione, malgrado fosse impegnato a imbottigliare le pozioni in bottigliette minuscole.
“Quel che facciamo è già abbastanza; non possiamo anche guardare al posto di chi non vuole vedere,” sospirò Orion, mettendo un tappo all’ultima provetta.
Silente accennò un mezzo sorriso, senza rispondere. Orion infilò le pozioni perfettamente dosate in un sacchetto che chiuse e che successivamente porse a Silente.
“Sei prezioso come sempre,” lo ringraziò Albus, infilando il sacchetto in una tasca interna del mantello.
“Mi aspettavo che venisse Alastor a ritirarle,” commentò Orion, dirigendosi verso un mobile della cucina per rimettere ordine. Accanto, lo spostamento d’aria fece muovere leggermente una foto che ritraeva Joe e Mary Anne, attaccata al legno. Era stata Amanda a portarla: gli aveva detto di averla trovata nella soffitta della casa del fratello scomparso di Mary Anne, insieme a una moltitudine di altri oggetti e foto appartenute alla madre negli anni della scuola. Lo aveva anche invitato in quella casa, in quella soffitta, per poter guardare ciò che rimaneva di Mary Anne, ma aveva declinato l’invito perché no, quel tipo di coraggio probabilmente non l’avrebbe mai avuto.
“Ho deciso di venire perché volevo farti avere una cosa,” rispose Silente, catturando finalmente la sua totale attenzione. Infatti, Orion si voltò a guardare il vecchio mago. Silente tirò fuori qualcosa da una tasca interna della veste – davvero molto più larga rispetto alla taglia necessaria. Gli passò una fiala corta e sottile, contenente un liquido argentato che conosceva fin troppo bene.
“Sai che colleziono ricordi,” sorrise Albus, “e questo è uno di quelli a cui tengo particolarmente… ma voglio che lo abbia tu.”
Orion aggrottò la fronte, perplesso.
“Non ho un pensatoio a Grimmauld Place – o almeno, nessun pensatoio che possa tenere nascosto a Walburga,” borbottò. “Di che si tratta?”
“Potrai usare quello del mio ufficio,” lo rassicurò. “Non voglio rovinarti la sorpresa.”
 
*
 
Avvertì distintamente la sua mente scivolare attraverso il liquido argentato. Il ricordo si srotolò con eleganza e diede forma all’ambiente tutto intorno a lui. Si trovava all’interno di una stanza enorme, con lunghi banconi di marmo ai lati e schiere di goblin intenti a servire clienti. Era la Gringott.
Orion si guardò intorno, era proprio all’entrata. Il calendario magico appeso dietro il bancone segnava il 30 novembre 1976. Quella data gli ricordava qualcosa, ma al momento gli sfuggiva.
Si voltò verso la porta d’argento appena in tempo per vedere entrare, a pochi centimetri da lui, Albus Silente. Era stretto, insieme alla sua lunga barba, nel mantello da viaggio. Un’altra persona entrò subito dopo, e Orion sussultò: avvolta in un pesante mantello di velluto blu, Mary Anne si abbassava il cappuccio, rivelando la sua folta chioma di capelli biondi. Non gli sembrava invecchiata nemmeno di un giorno, da quella notte al porto di Galway: aveva lo stesso volto radioso, il solito guizzo negli occhi e il sorriso che scaldava il cuore di chiunque, soprattutto quello di Orion. Per un attimo, Mary Anne si voltò nella sua direzione e il respiro gli si fermò quando incontrò i suoi occhi. Non era che un’ombra, in quel ricordo, e sapeva che nessuno era in grado di vederlo; tuttavia, in quel preciso istante, parve proprio che si stessero guardando. Quella sensazione svanì in fretta; Mary Anne raggiunse Silente, che si era voltato ad attenderla.
Orion li affiancò e camminò con loro lungo la sala principale della banca, senza smettere di guardare la donna; provò a toccarla, scontrandosi con l’inconsistenza della sua figura e del ricordo stesso.
“Ti dispiace passare da noi, appena finito qui?” le sentì chiedere a Silente. “Ti ho già preparato tutto quello che mi hai chiesto.”
Con molta probabilità, parlavano di pozioni. E Orion fece un sorriso amaro al pensiero che, ormai, lui aveva preso il suo posto proprio nella sua casa.
Silente, tuttavia, non rispose a Mary Anne. Lei se ne accorse e seguì lo sguardo di Albus fino a ciò che stava attirando la sua attenzione: alla loro sinistra, un mago dava loro le spalle mentre era impegnato in una fitta conversazione con il goblin che lo stava servendo al bancone.
Orion sussultò, perché addosso a quell’uomo riconobbe il suo mantello da viaggio, e comprese per quale motivo la data di quel giorno gli era familiare: era stato anche lui anche alla Gringott la mattina del 30 novembre.
Una sensazione che non riusciva a classificare gli attraversò lo stomaco. Era come nausea, per il pensiero di essere stato recentemente così vicino a Mary Anne senza rendersene conto.
“Orion…” la sentì mormorare. Silente si voltò verso di lei, scusandosi per essersi distratto.
“Sono anni che non lo vedo,” continuò Mary Anne, mentre un sorriso nostalgico le attraversava il volto. In quel momento si girò mostrando il viso e Orion si riconobbe completamente; tuttavia, dalla loro posizione, il sé del ricordo non poteva notare né Silente né Mary Anne.
“Ha conservato la sua aria austera,” dichiarò Mary Anne, sorridendo. “Anche quando stavamo insieme… mi sembrava inarrivabile.”
Silente rise compostamente.
“Ho sempre pensato che si trattasse di una facciata,” sostenne Albus. Continuarono a osservarlo mentre il sé del ricordo spariva verso le camere blindate con il folletto.
Non riusciva a capacitarsi di quello che stava osservando: era stato così vicino a Mary Anne e nemmeno se ne era reso conto. Lei lo aveva visto e aveva parlato di lui, e lui non l’aveva notata per pura casualità. Gli sarebbe bastato girarsi appena un po’ di più.
“A Joe non farà piacere saperlo, ma penso che tu e Orion insieme foste molto carini,” ammise Silente, guardandola al di sopra degli occhiali a mezzaluna. Mary Anne scoppiò a ridere.
“Albus!” esclamò, sorpresa. “Non fartelo scappare con Joe, sarebbe capace di toglierti il saluto.”
Silente riprese a camminare, scuotendo la testa.
“Joe non ha nulla da temere.”
Mary Anne restò ferma e continuò a guardare in direzione del bancone da cui Orion e il folletto si erano allontanati. Silente si accorse di non essere seguito e si fermò, per poi voltarsi.
“C’è qualcosa che non va?” domandò, curioso.
Mary Anne stava facendo la sua espressione combattuta: il cipiglio serio, gli occhi stretti, fissi su ciò che desiderava conoscere, le sopracciglia corrugate.
“Suo figlio e il figlio di Charlus sono molto amici… ho saputo che lo stanno ospitando perché il ragazzo ha rotto i rapporti con l’intera famiglia,” asserì, seria.
“Parli di Sirius?”
Orion vide Mary Anne spostare completamente la sua attenzione dalla direzione che stava osservando a Silente. Lo guardò sbigottita.
“Lo ha chiamato davvero Sirius?” domandò a mezza voce, più a se stessa che a Silente. Orion si sentì smascherato di fronte a quella reazione, perché era evidente che lei non aveva dovuto fare il benché minimo sforzo di memoria per rendersi conto che il suo ex ragazzo aveva chiamato il suo primogenito, concepito con un’altra donna, come la sua stella preferita. L’ultima volta che si erano parlati era stato a Galway, e lei gli aveva chiesto come si sarebbe chiamato suo figlio. Ricordava di averle risposto, ma chissà quanto credito aveva dato a un uomo ubriaco fradicio che le aveva appena proposto di scappare insieme.
Orion dovette tornare immediatamente alla realtà, perché Mary Anne, in un gesto improvviso, aveva preso a camminare in direzione del bancone prima occupato dall’Orion del ricordo.
Silente non fece nulla per fermarla, non capì se per l’imprevedibilità della donna o per la malsana curiosità del vecchio mago di conoscere le sue intenzioni. Orion suppose che fosse più probabile la seconda opzione.
Non capì come riuscì a eludere la sorveglianza dei goblin indaffarati con le loro pratiche; tuttavia, fu talmente svelta che Orion non ebbe il tempo di seguirla per capire cosa stesse facendo. Pochi secondi ed era già ritornata. Un sorriso che scopriva i denti le illuminava il volto e Orion pensò che fosse più bella che mai. Silente la guardò con un guizzo divertito negli occhi.
“Hai sbirciato a dovere?” domandò.
“Perdonami, non ho saputo resistere,” rispose lei. Un’espressione nostalgica prese il sopravvento sul sorriso. “Ha versato dei soldi su una camera blindata intestata a Sirius,” continuò in un bisbiglio.
Silente sorrise.
“Ne sembri felice,” constatò Silente.
“Lo sono,” annuì Mary Anne, tornando a guardare nella direzione del bancone. “Avevi ragione: è solo una facciata. Lo è sempre stata.”
 
 
AMANDA
 
Per quanto lo desiderasse, il sonno non arrivava. Non sapeva nemmeno più che ore fossero. L’una e mezza, le due, le tre, poco cambiava: era tardi.
Sirius, accanto a lei, dormiva così profondamente che aveva iniziato a russare. Non era poi così insopportabile -  non quanto il russare di Peter, almeno, il cui letto sembrava addirittura tremare.
Continuò a rigirarsi nel letto ancora un po’, rischiando di svegliare il compagno – che non l’avrebbe presa bene, vista l’importante partita di Quidditch dell’indomani, la quale lo avrebbe costretto a svegliarsi presto per supportare James. Ah, James, pensò Amanda. Lui sì che russava da morire.
Amanda si voltò improvvisamente, come colta da un’illuminazione improvvisa: James non stava russando.
Si appiattì su un fianco del letto che dava verso il baldacchino del compagno, ma il buio pesto di quella notte senza luna le impediva di scorgere alcunché.
“Psst… James! Sei sveglio?” bisbigliò, allungando il braccio nel tentativo di raggiungere il suo letto. Dall’altro lato non arrivò alcuna risposta. Sempre più insospettita, Amanda tentò di alzarsi e orientarsi nel buio della stanza. Il letto cigolò e Amanda sperò di non aver svegliato Sirius. Una volta accertata di averla scampata, si tirò su con un movimento deciso. Cercò a tentoni la bacchetta sul comodino e la accese.
Come pensava, la bacchetta le mostrò la verità: James Potter non stava dormendo nel proprio letto.
Probabilmente l’insonnia stava ingigantendo la situazione; forse James era in bagno, oppure in cucina a rubare biscotti, ma Amanda sapeva per certo che era proprio l’insonnia ad averle donato così tanta voglia di scoprirlo.
Si diresse verso la porta del dormitorio e l’aprì con cautela. Era cosciente che per i professori fosse già uno strappo alla regola il fato che Silente le permettesse di stare nella Torre Corvonero, visto i reali rischi che correva nei Sotterranei; farsi trovare nella Torre Grifondoro, e per giunta in un dormitorio maschile, in piena notte, non l’avrebbe sicuramente messa sotto una buona luce, senza considerare che sarebbe stato anche piuttosto difficile da giustificare.
Scese le scale verso la sala comune facendosi luce con la bacchetta; tuttavia, quando fu arrivata dovette spegnerla perché dalla sala arrivava una luce soffusa. Amanda si appiattì contro il muro freddo di pietra e sperò che quella luce non fosse abbastanza potente da proiettare la sua ombra e farla scoprire. Si affacciò cautamente alla sala comune e trattenne il respiro, completamente paralizzata dall’immagine che le si palesava davanti: James Potter e Lily Evans sul divano nel bel mezzo di un appuntamento.
Amanda non era esattamente la migliore a riconoscere certe situazioni romantiche, ma era abbastanza sicura che quello fosse un appuntamento: luce soffusa, orario improponibile, conversazioni bisbigliate e Lily che ridacchiava. Seppure avesse avuto qualche altro dubbio, in quel momento ci pensò James a toglierglielo, allungandosi a baciare Lily.
Coooosa?!” esclamò Amanda, uscendo allo scoperto.
I due compagni sobbalzarono, sorpresi, e si alzarono dal divano sistemandosi i vestiti.
“Oddio, Amanda, mi hai fatto prendere un colpo!” sbottò Lily, sottovoce. “Pensavo fossi la McGranitt!”
Amanda non riuscì a contenere un gridolino di felicità.
“Come… cioè, quando… e perché…? Ma chi lo sa? E poi come è successo?” domandò, entusiasta. Fece rimbalzare il suo sguardo avido di conoscenza da James a Lily un paio di volte, prima che qualcuno si decidesse a spiegare.
Lily alzò gli occhi al cielo e intervenne.
“Non lo sa nessuno, men che meno Sirius,” borbottò, incrociando le braccia.
“Cioè, non è la prima volta che voi – aspetta un attimo… da quanto uscite insieme?!” chiese finalmente, portandosi i pugni ai fianchi.
“Trentotto giorni,” disse James prontamente. “Tra… poche ore,” aggiunse, sistemandosi gli occhiali ed evitando un’occhiata stranita di Lily.
“Già… un mese, più o meno,” rispose lei, stringendo le labbra.
Amanda lasciò cadere la bacchetta a terra e li abbracciò con slancio. In quel momento era talmente felice che non riuscì a trattenere qualche saltello, e il risultato fu un abbraccio a tre piuttosto scomodo e pieno di gomitate per James e Lily.
“Ragazzi, è una notizia fantastica!” esclamò a voce bassissima. “Finalmente potremo organizzare delle uscite e quattro… Sirius ne sarà entusiasta!”
“Solo tu lo pensi,” borbottò James.
“Parliamo dello stesso Sirius?” domandò Lily.
“Esagerati. La prenderà benissimo, non aspettavamo altro!” concluse Amanda. “Andiamo a dirglielo adesso, che ne dite?”
Fece per voltarsi ma James la trattenne per un braccio.
“Sei impazzita? Aspetta almeno domattina,” la pregò. Fece un respiro profondo prima di continuare: “Devo essere io a dirglielo e ho bisogno di pensare a un discorso che non lo faccia sentire tradito.”
“Puoi scrivergli una lettera,” suggerì Lily, sarcastica.
“Per quanto adori tutto ciò che dici, una lettera sarebbe una pessima idea: Sirius è troppo pigro per leggere e la prenderebbe come un dispetto,” commentò James.
Amanda notò Lily stringere le labbra.
“Non avevo dubbi,” concluse Lily.
 
*
 
Riuscì finalmente ad addormentarsi, una volta tornata nel dormitorio, accompagnata da James. Fu emozionante persino per lei assistere al saluto tenero dei due compagni prima di andare a letto, tanto che salì le scale verso il dormitorio saltellando. Si morse la lingua parecchie volte per non tempestare di domande indiscrete James.
La mattina si svegliò poco riposata ma di buon umore. James, Remus e Peter scesero presto per fare colazione e avviarsi al campo, mentre come al solito per Sirius fu più difficile svegliarsi.
“Ci penso io,” sorrise Amanda, prima di salutare i compagni.
Non appena la porta del dormitorio fu chiusa, spinse Sirius giù dal letto e si voltò dall’altra parte fingendo di dormire. La caduta lo svegliò di colpo e lo sentì imprecare. Amanda sbadigliò sonoramente, come se avesse appena aperto gli occhi.
“Ma che… Sirius, che ci fai sul pavimento?” domandò, sorpresa. Lui si alzò in piedi e la guardò male.
“Ti ho già detto un migliaio di volte che è sufficiente scuotermi per svegliarmi,” sbottò.
“Lo so, ma è meno divertente,” rise Amanda, alzandosi per baciarlo. “Buongiorno!”
Sirius mantenne un’espressione contrariata e assonnata mentre ricambiava il bacio.
“Che ore sono?” domandò, guardandosi intorno. “James è già andato al campo?”
“Sì, ma non sei in ritardo,” rispose Amanda. “Prima che tu vada devo parlarti.”
Con quelle parole attirò l’attenzione del compagno.
“Mi devo preoccupare?” chiese, curioso. Amanda si schiarì la voce e cercò di apparire il più entusiasta possibile nel comunicargli la notizia.
James e Lily finalmente escono insieme!” esclamò. Prima che il compagno potesse dire o fare qualsiasi cosa aggiunse: “Allora, prima che tu dia di matto sappi che te l’ho voluto dire prima in modo che tu possa reagire male qui e ora con me e prepararti per quando te lo dirà James.”
Sirius sgranò gli occhi.
“Lui – cosa? Quando? Come? Perché tu lo sai e io no? Ma che – cosa?!” sbottò.
Amanda gli indicò la parte del letto accanto a lei, invitandolo a sedersi. Sirius preferì stare in piedi e camminare avanti e indietro per tutto il dormitorio.
“L’ho scoperto stanotte; non riuscivo a dormire e mi sono accorta che James non c’era. Sono scesa in sala comune e li ho colti sul fatto!” spiegò. “Hanno ammesso che si vedono da circa un mese-”
“UN MESE?!” scoppiò.
“Okay, calmati,” tentò Amanda, gesticolando. “Probabilmente aspettavano di vedere in che direzione sarebbe andata questa cosa, o forse Lily gli ha chiesto discrezione…”
“Ovviamente, ancora non stanno insieme e già Evans lo comanda a bacchetta,” sbottò. “Se tu non l’avessi scoperto stanotte chissà quanto tempo avrebbe aspettato prima di dirmi qualcosa!”
“Sirius, fermati e siediti!” esclamò Amanda, perentoria. “Non la stai guardando dalla giusta prospettiva e sapevo che la tua prima reazione sarebbe stata così, è per questo che te ne sto parlando prima di James!”
Il compagno sbuffò, seccato, ma l’ascoltò e si sedette.
“Quale sarebbe la giusta prospettiva?” domandò, sardonico.
Sarebbe” gli fece eco Amanda, “che finalmente James e Lily escono insieme! Insomma, quanti anni sono che James muore dietro Lily?”
“Beh, tanti – troppi,” rispose, seccato.
“Ecco. Ti immagini la sua gioia nel sapere che Lily lo ricambia e che ha deciso di uscire con lui? Prova a metterti nei suoi panni, sarà stato felicissimo e sicuramente non vedeva l’ora di parlartene!”
“E perché non lo ha fatto?” domandò, arrabbiato.
Amanda si grattò la testa.
“Sir, tu daresti al tuo migliore amico la notizia che aspettavi di dirgli da anni sapendo che la sua reazione sarebbe… beh, quella che stai avendo ora?”
“Sto reagendo male solo perché me l’ha tenuto nascosto!” si difese.
Amanda rise.
“No, stai reagendo male perché pensi che Lily ti porterà via James…” rispose. “Temi che James ti metterà da parte ora che sta con lei, perché in fondo lo sai che tu che Lily è quella giusta per lui. Ma non hai considerato che invece lui era entusiasta quando ci siamo conosciuti e messi insieme, perché vedeva quanto fossi felice e ti ha sempre appoggiato.”
Sirius stette in silenzio, impegnato a rimuginare su quelle parole con uno sguardo fiero e le braccia incrociate al petto.
“James ti dirà tutto dopo la partita – quindi, ti prego, non soffermarti solo su quello che senti, ma prova a essere un po’ più empatico.”
Sirius sbuffò.
“Okay, mi hai convinto,” borbottò. “Ci proverò.”
Amanda alzò i pugni al soffitto in segno di vittoria, poi ne approfittò per abbracciare Sirius e baciarlo, ma lui si scostò un attimo prima e la fece cadere dal letto.
“Ma… hey!” sbottò, dolorante.
Sirius rise.
“Ora siamo pari,” dichiarò compiaciuto.
 
 
LILY
 
Non voleva ammetterlo, ma anche a distanza James era capace di trasmettergli tutta l’ansia che provava in quel momento. La partita non era andata bene, avevano perso, e Lily si sentiva responsabile. Insomma, se non avessero fatto le ore piccole con il loro appuntamento, probabilmente James sarebbe stato più riposato. Eppure, era stato lui a insistere per vedersi proprio quella notte, perché diceva che lei gli portava fortuna.
Lily lo aveva raggiunto appena fuori dagli spogliatoi, attendendo che uscisse, e in quel momento anche Sirius e Amanda arrivarono. Erano stati accanto a lei durante tutto l’incontro e Black era stato stranamente accomodante, tanto da offrirle un posto accanto a lui in tribuna.
James uscì finalmente e Lily notò che era sorpreso di vedere tutti lì.
“Mi spiace per la partita, James!” esclamò Amanda, abbracciandolo.
“Ci rifaremo,” borbottò lui, nascondendo la delusione.
“Eri parecchio distratto, comunque,” lo incalzò Sirius. “Come mai? Non eri riposato?”
Lily notò Amanda rivolgere a Sirius un’occhiata preoccupata. James, invece, si morse un labbro.
“Ecco, a proposito di questo, devo proprio darti una notizia!” esclamò, lanciando un’occhiata in direzione di Lily. Quest’ultima pensò che non fosse esattamente il modo migliore per iniziare il discorso con Black; probabilmente Sirius non vedeva l’ora di incolparla per aver perso la partita.
“Sono tutto orecchi,” rispose l’amico, curioso.
Il compagno esitò qualche momento, indeciso su come continuare, e Lily percepì tutta la sua difficoltà.
“James e io usciamo insieme da trentotto giorni, fattene una ragione!” sbottò Lily improvvisamente. “Non si è riposato abbastanza perché ci siamo visti ieri sera e abbiamo fatto tardi, quindi puoi incolparmi quanto ti pare, Black, perché sì – abbiamo perso per colpa mia!”
Si schiarì la voce e attese una risposta da Black, che la guardava sbigottito. Anche James sembrava sorpreso di averle sentito dire quelle cose.
“Trentotto giorni?” fece Sirius, confuso. “Sei stata molto specifica.”
“Sì, è… è lui che tiene il conto,” borbottò Lily, indicando James con un cenno del capo.
“Te ne sei ricordata,” osservò James, compiaciuto.
Lily arrossì, e pensò che non ci potesse essere momento peggiore per farlo. Tuttavia, con sorpresa notò che Black sembrava la persona più tranquilla del mondo.
“Beh, che dire… era ora, Evans!” esclamò Sirius. “E questa cosa… vi rende felici?” domandò poi, guardando entrambi.
Lily e James si scambiarono un’occhiata confusa: perché Sirius non stava dando di matto?
“Io… beh, sì, molto. Tu?” fece James, rivolgendole uno sguardo titubante. Lily era abbastanza sicura di avere sul volto tutte le sfumature rosso pomodoro conosciute.
“C-certo,” balbettò.
“L’amore trionfa ancora! Okay, ora baciatevi!” ordinò Amanda, incontenibile.
“Non esageriamo,” intervenne subito Sirius. Amanda alzò gli occhi al cielo.
“Non dicevo a te e James, ma a Lily e James!” precisò quest’ultima.
“C’era davvero bisogno di specificarlo?” domandò Lily, sconvolta.
“Sì, in effetti avevo capito male,” ammise James.
“Ecco, grazie!” esclamò Sirius, grato.
“Ma che problemi avete, voi due?!” esclamò Lily, indecisa se essere più divertita o indignata.
“È così scandaloso volersi bene?” chiese James, confuso. “Vieni qui, Felpato, facciamo vedere a queste donne cos’è la vera amicizia!”
“No, James, smettila!” sbottò Sirius, iniziando a scappare per il campo dal compagno che voleva baciarlo.
Lily rimase con Amanda a guardare la scena, e vide quest’ultima fare spallucce.
“Vorrei dirti che è la prima volta che succede,” borbottò, “ma ti mentirei.”
Lily sospirò.
“Lo immaginavo,” rise, felice.
 
Note dell'autrice:
Voi ridete e scherzate, ma io ritengo una vittoria aver finito questo capitolo!
Eccomi tornata, gente! Eeeee... all'anno prossimo! XD Scherzo, ovviamente.
Allora, partiamo con qualche commento:
- Mai una gioia Orion colpisce ancora;
- Ho realizzato di scrivere più di personaggi morti che vivi in questa ff;
- Amate Amanda perché sono praticamente io, soprattutto quando devo svegliare il mio moroso;
- AMATE I JILY CON TUTTE LE VOSTRE FORZE

Spero che il capitolo sia stato di vostro gradimento anche se non molto corposo. Vi mando un abbraccio gigante e spero di farmi rivedere presto con un altro capitolo <3!
- Amanda
   
 
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