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Autore: fandani03    08/01/2018    1 recensioni
E se Stefan non avesse preso la verbena e Damon avesse potuto soggiogarlo? Cosa sarebbe successo?
Dall'introduzione:
"Caro diario, [..] in questo giorno di ventidue anni fa perdevo i miei genitori, in questo giorno di ventidue anni fa il corso della mia vita è stato modificato irrevocabilmente. Ed oggi mi trovo qui a tirare le somme. Mi chiamo Elena Gilbert…ero un Vampiro…e questa è la fine della mia storia."
Dal testo:
"..la sua seconda opportunità era fuori dalla porta ogni giorno, ad ogni sorgere del sole. Voleva scoprire se stesso in questa nuova veste e aveva passato l’ultimo anno a cercare di accettare che, per far provare a lui l’emozione di una vita umana, Damon si era sacrificato e aveva rinunciato a tutto."
Elena e Stefan...sopravvissuti, lacerati, ciascuno in cerca della propria strada. Per i nostri protagonisti ogni giorno rappresenta un piccolo passo verso la Rinascita.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Caroline Forbes, Elena Gilbert, Jeremy Gilbert, Matt Donovan, Stefan Salvatore | Coppie: Damon/Elena, Elena/Stefan
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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2 - Solitudine e.. tracce di vita

- “Ma dove diavolo sono andati a finire tutti oggi?” - blaterava Caroline dalla sua scrivania, dalla quale ormai comandava  a bacchetta tutti quelli che la circondavano e dalla quale, al tempo stesso, supervisionava ogni dettaglio senza lasciarsi sfuggire alcunché.
Elena ascoltava il suo starnazzare senza dare granché seguito alle sue richieste. Era lì da poco più di mezzora e non aveva ancora avuto modo di inserirsi nel monologo.
- “Mi domando se qualcuno abbia una vaga idea di cosa significhi mandare avanti un posto del genere. Passano da qui decine di persone, famiglie con bambini con mille caratteristiche differenti, ed io devo stare qui, ogni giorno, a cercare di valutare se siano realmente in possesso di qualche potere magico o se i loro genitori siano solo degli invasati convinti di avere dei sensitivi in famiglia!! Possibile non ci sia in giro una strega che possa darmi una mano?! Come se non bastasse avere a che fare ogni giorno con due bambine scalmanate che non ti lasciano respiro! Ehi, Paul, ma Alaric quando pensa di tornare?” -
Caroline era indubbiamente alterata. Forse aveva scelto davvero la giornata peggiore per rientrare a Mystic Falls, certamente per farle visita. Era palesemente molto stressata, non aveva molto aiuto da parte di tutti gli altri, né forse aveva aiuti validi. Ma ce la metteva tutta e, a dispetto di questo suo sfogo, era molto brava nel suo lavoro, sapeva esattamente cosa fare per effettuare le dovute "selezioni" e certamente la Scuola Salvatore era un luogo di prima scelta, dove erano inseriti solo bimbi davvero speciali. Come le piccole gemelle e la novella ospite Hope Mikaelson.
Elena era rientrata a Mystic Falls dopo una lunga assenza. La osservò con distacco ma al tempo stesso con ammirazione. Vedeva i suoi sforzi e si rammaricava di non esserle stata vicina neppure un poco, neppure all’inizio della sua avventura. Se l'era cavata bene. Stava crescendo due figlie, stava portando avanti una gigantesca baracca e si districava bene anche nella sua pseudo vita sentimentale.
Ma era più forte di lei, non aveva gran voglia di immischiarsi negli affari complicati della vita di Caroline, così come di nessun altro. E tanto meno aveva piacere di passare troppo tempo a casa Salvatore.
Quando Stefan le aveva lasciato le chiavi, quest’ultimo non sapeva ancora cosa sarebbe stato della sua casa. Era stato un gesto istintivo. Damon avrebbe voluto questo, che quella fosse una casa che potesse offrire protezione ad Elena in qualunque momento. E così aveva fatto. Aveva solo eseguito una volontà testamentaria non espressa.
Nei mesi immediatamente successivi a quella tremenda notte, il rapporto tra Stefan e Caroline era arrivato ad uno stallo. Si era sedimentato, stratificato, quietato. Forse non sapevano più cosa stessero cercando o cosa desiderassero.
Caroline aveva manifestato la chiara intenzione di partire per cercare un luogo dove iniziare questo percorso per le sue figlie. Il ragazzo desiderava solo il meglio per la sua ormai ex compagna. E il bene delle due piccole, come aveva fatto quella lei notte, l’avrebbe sempre messo prima di ogni altra cosa.
Per questa ragione, forse anche questa volta istintivamente come con la consegna delle chiavi ad Elena, le aveva “regalato” la sua casa. Autorizzandola tacitamente a fare di quel luogo ciò che pensava fosse meglio per il futuro delle gemelle e di chi, come loro, cercava la propria strada.
I soldi di Klaus erano arrivati come una manna dal cielo. Alaric lo aveva informato delle recenti novità e quel gesto, seppure solo tramite poche righe scritte, aveva illuminato Caroline regalandole il definitivo slancio per dare vita al suo grande progetto.
Non sapeva più, Stefan, cosa provasse per lei. Solo molto tempo dopo avrebbe capito che il loro destino non era più quello che avevano creduto negli anni appena trascorsi.
La morte di Damon aveva lasciato una voragine nel cuore di Stefan e la giovane vampira, quella notte, aveva fatto la sua scelta. Lui l’aveva compresa e accettata ma era troppo difficile, ora, ricostruire.
Le era stato vicino per un po', era accorso quando lei aveva chiamato. L’aveva sostenuta per l’apertura della scuola. Non c’era stata questione pratica o burocratica che lui non avesse sbrigato per lei.
Avevano persino riso: Caroline, ti ricordo che non sono più un Vampiro… C’è altro che posso fare per te, oggi? Altrimenti credo che andrò a farmi una bella dormita.. sono esausto!
Ed erano scoppiati in una sana risata! Anche lui si sentiva parte del progetto e aveva voluto dare una mano, per Caroline, per se stesso. Perchè era pur sempre la sua casa!
Aveva riflettuto a lungo sulle parole di Damon, le sue ultime: Se stare con Caroline ti rende felice, va’, corri e riprenditela…
Non l’aveva fatto.
Ma non poteva certamente pensare che l’amore di Caroline per lui sarebbe durato all’infinito. Né tanto meno Caroline aveva intenzione di attendere che il cuore di quel ragazzo si liberasse dal dolore.
Quella notte maledetta tutto era cambiato, nessuno avrebbe più potuto provare gli stessi sentimenti di un tempo.
Non si erano detti mai nulla, non apertamente. Avevano solo entrambi vissuto le proprie vite, rispettando l’altro.
La giovane vampira aveva compreso che ormai non c'era più nulla che potesse fare per far tornare le cose come erano un tempo.
Così aveva rivelato ad Elena, in una della loro conversazioni telefoniche a distanza.
- “Credo non ci siano più speranze per me e Stefan, è finita. Siamo troppo distanti. Non riusciamo più a parlare davvero, anche quando passiamo un’intera giornata insieme. Non lo so Elena…a volte mi sembra perduto, distante. Mi sembra di non averlo mai conosciuto davvero. Le nostre vite sono cambiate così tanto…” -
- “Ed è così, Caroline… io non credo che nessuno di noi possa tornare quello che era un tempo. E poi…essere umano, per Stefan, deve essere una prova molto dura.” -
- “Lo è… ma con me non vuole parlarne, forse dovresti provarci tu…”

Ora Stefan viveva ai margini di Mystic Falls., non lontano da dove Elena aveva acquistato la sua nuova casa.
In qualità di novello umano stava cercando di costruire qualcosa, una vita, dal nulla. Ogni tentativo di uscire da un passato troppo lungo per poter essere cancellato, o troppo intenso per poter vivere diversamente, sembrava vano al primo intoppo.
Per questo, ad un tratto, aveva scelto di dare un taglio a tutto. E per questa ragione i contatti con Caroline si erano diradati per poi interrompersi. Aveva, così sentiva, assolto al suo dovere senza lasciare Caroline e la sua famiglia in difficoltà. Avevano pur sempre Alaric.
Così Caroline era scomparsa dalla sua vita.
Elena si era rifugiata alla Whitmore poco tempo dopo il suo risveglio.
Damon giaceva silenzioso...chissà dove.
Era passato oltre un anno, ormai, e negli ultimi lunghi mesi non c’erano stati più contatti tra nessuno di loro.

Quella mattina, appunto, Caroline, lamentandosi accoratamente in presenza di Elena, aveva forse voluto rimarcare che l’avevano lasciata quasi completamente sola in questa nuova gestione della sua vita. Ma dimenticava pur sempre che lei era un vampiro, aveva pensato Elena in quel momento.
Che lei e Stefan, e anche Bonnie che non era più nelle vicinanze, erano umani. E la loro vita doveva per forza prendere le distanze da quel mondo, come era giusto che fosse.
E cosa c’era di meglio, a questo punto, che colmare la distanza creata negli ultimi mesi ascoltando in silenzio lo sfogo della propria amica? Questo Elena lo sapeva. E fece ciò che le riusciva meglio: ascoltare.
Dentro di sé provare bruciore allo stomaco per la fame, provava ansia per il rientro alla sua vecchia vita, provava tristezza perché non desiderava recarsi da sola nella nuova casa, sebbene non fosse la prima volta. Si sentiva sola ma non sapeva come dirlo alla sua amica che l’aveva stordita di parole a volume troppo elevato prima di arrivare a comprendere, anche se solo in minima parte.
- “Oddio, Elena, ti chiedo scusa… sei appena arrivata e non ti ho neppure chiesto come stai…” -
- “Non importa, Caroline…” - si aprì in un sorriso inquieto quanto liberatorio - “Sto bene, ho solo bisogno di una doccia e di una bella dormita. Ho dato un esame pochi giorni fa e non ho avuto tempo di riposarmi né tanto meno di distrarmi…l” - aggiunse solo per fare una breve cronistoria dell’ultimo periodo. Ma Caroline si era ormai posizionata nel ruolo di amica affettuosa.
- “D’accordo, allora. Ti accompagno a casa, cioè.. nella tua nuova casa. Insomma, dimmi dove ti devo portare.. dopodiché, se hai voglia possiamo cenare insieme. Le bambine oggi sono con Alaric, le riporterà a casa ma sul tardi! Ma se vuoi puoi dormire da me…” -
- “Non ti devi preoccupare per me, va tutto bene….davvero, Caroline. Stai tranquilla, puoi accompagnarmi a casa, nella nuova casa certo, sì….” - accennò un sorriso che le permise di allentare l’ansia dell’amica.
La quale, però, ci aveva visto giusto. Lei non voleva entrare in quella casa da sola. Si sentiva estranea a tutto questo, quasi estranea a Mystic Falls, ormai.
Jeremy non ne voleva sapere di vivere con lei, diceva che sarebbe stato come ricreare qualcosa che non esisteva più. Sarebbe stata una finzione e che, seppure faticoso, sarebbero stati molto meglio facendo ciascuno la propria vita. Ma io ci sono sempre, chiamami ogni volta che vorrai… diceva. Ma non era la stessa cosa.

Gli ultimi tre mesi li aveva dedicati intensamente ai suoi studi, troppo a lungo abbandonati.
Era umana nuovamente, doveva studiare e fare le ore piccole dando fondo a tutte le energie di una ventenne quale, dopotutto, era. Ci stava provando, voleva essere quel che aveva promesso. Voleva realizzare, anche se solo in parte, il progetto di vita che aveva fatto insieme a Damon. Lui sicuramente la poteva osservare, ogni giorno, e lei non voleva deluderlo.
Ma era comunque molto provata. Anche correre ogni mattina nel Campus della Whitmore, anche quello faceva parte della sua promessa. Tenersi in forma, meritare la sua vita, essere umana, essere tornata a vivere una vita vera, un privilegio che ad altri non era stato concesso.
Era stato Alaric a dirgli questa frase: Dovrai alzarti ogni giorno con la convinzione che la tua vita è preziosa, perché lui, la sua, l’ha data per te. Non solo per te, ma se tu ti lascerai andare sai bene cosa ti direbbe!
E la piccola risata amara che aveva accompagnato entrambi, nell’immaginare la voce, il tono e le parole taglienti del loro amico perduto, aveva alleggerito una conversazione che era diventata certamente troppo pesante da sostenere. Cosa avrebbe detto Damon?
Non ti azzardare a mandare a rotoli la tua vita, Elena. Voglio vedere il bravo medico che è in te pronto ad entrare in azione. Alza il tuo fondoschiena dalla sedia o ti verrò a prendere di peso!
Quella breve risata, amara ma sentita, aveva dato ad Elena, quel giorno di molto tempo prima, lo slancio giusto per ripartire. Dopo mesi trascorsi a crogiolarsi nella cripta a parlare con un morto che non era neppure lì presente, era giunto il momento di provare a scuotersi.
E uno slancio simile, ma più un guizzo di mera sopravvivenza, Elena l'aveva avuto, in quei brevi attimi di silenzio tra una parola di Caroline e l’altra, per decidersi a girare su se stessa, prendere le sue cose e dirigersi verso l’uscita di casa Salvatore.
Seguendo l'immagine bionda e curata della sua amica, si ritrovò ad osservare la grande porta di quella villa. Una porta che lei stessa si era chiusa alle spalle innumerevoli volte, negli ultimi anni.
La chiuse nuovamente e guardò fuori. Era pieno di bambini che giocavano. Quel posto sembrava aver raggiunto uno scopo, sembrava di scorgere tracce di vita nuova aggirarsi in ogni angolo.
- “Andiamo, sono pronta…” -

Aveva disfatto la sua valigia, fatto una lunga doccia, pettinato e asciugato i suoi capelli, corti ma già ricresciuti dal giorno in cui aveva deciso di tagliarli.
Decise che non ne voleva sapere di rimanere dentro quella casa vuota, priva di significati o di qualunque appiglio. Si vestì in fretta e scelse di incamminarsi a piedi.
Si trovò davanti al Grill senza rendersene conto. Entrò pensando che forse avrebbe avuto modo di incontrare Matt.
Non si vedeva più molto in giro da quando era diventato sceriffo, certamente non si abbandonava su uno sgabello al bancone del bar ad osservare lo scorrere del tempo. Ma non lo aveva avvisato del suo ritorno. Anche con Matt i contatti erano rari, qualche messaggio, pochissime telefonate. La vita di Matt era pacata e routinaria, a quanto lui raccontava. Non le risultava ci fossero novità nella sua vita.

Il ragazzo che le servì da bere era nuovo, pensò, non ricordava il suo volto. Fu cortese e lei ricambiò quel tenero sorriso. Sembrava molto giovane, forse come suo fratello. Ma non più di quanto lo fosse lei stessa, che in fondo aveva fermato il tempo per qualche anno, durante la sua esistenza da vampiro.
Aveva degli occhi molto intensi, la stava fissando e se ne rese conto, ma non volle dargli importanza né tanto meno seguito.
Uno sgabello vuoto accanto a lei, vuoto per puro caso, le portò alla mente una cosa che diceva sempre Damon nel periodo in cui avevano perso Alaric. Che quello sgabello era occupato, occupato a tempo indeterminato.
Forse avrebbe dovuto fare lo stesso anche lei, tenere quel posto occupato per sempre, chissà. Magari un posto nella sua vita, occupato per sempre. Forse… o forse non era giusto. Non riusciva mai a darsi una risposta sincera a questa domanda. In verità non voleva darsela. Sentiva che non era ancora pronta.
Le mancava immensamente e poco avrebbe potuto fare per colmare quel vuoto.
Gli occhi neri che la scrutavano, sebbene lei cercasse di rimanere indifferente, alla fine catturarono la sua attenzione, costringendola a sollevare lo sguardo dal bicchiere che aveva tra i palmi. Beveva un semplice analcolico, non era più in grado di sostenere Bourbon o roba simile, non da quando era tornata umana.
Quel ragazzo, in fondo, le aveva fornito piccole attenzioni anche nel servizio di quel bicchiere dal contenuto così anonimo, inserendo un ombrellino nemmeno fossero alle Bahamas, una piccola foglia di menta che poco aveva a che fare con ciò che stava bevendo, un piccolo tovagliolo sotto al bicchiere assicurandosi di asciugare bene il fondo prima di porgerglielo. Voleva impressionarla senza dubbio.
Ricambiò lo sguardo, bevendo dalla sua cannuccia alzando di poco le sopracciglia quanto bastava per sollevare lo sguardo verso di lui. Ma nel giro di pochi attimi quell’intensità cominciò a schiacciarla, sentì bruciare il petto. Quel calore non era piacere, eccitazione o gioia. Era probabilmente dovuto solo ad un enorme fastidio che le montava da dentro, percependo un’attenzione che non desiderava affatto.
Doveva uscire da lì, non era ciò che stava cercando, il Grill non era più il posto giusto per lei. Non sapeva più quale potesse esserlo, a dire il vero.
Forse doveva andare a rifugiarsi al cimitero, che era poi stato il suo primo pensiero uscendo di casa. Doveva dare ascolto al suo istinto!
Si alzò di scatto, prese dalle tasche una banconota e la lasciò sul bancone, sibilò un Grazie appena percepibile e, in meno di un attimo, si trovò di fronte alla porta di uscita. Afferrò la maniglia con la mano.
Era distratta, teneva lo sguardo fisso a terra e non si accorse di quella figura giunta d’improvviso di fronte a lei. Sentì la sua testa colpire in pieno qualcosa, o qualcuno piuttosto.
- “Oh, chiedo scus…..” - non riuscì a completare la frase che incontrò quel viso e quello sguardo che non vedeva da molto tempo.
- “Ehi….Ciao..” - disse lui di rimando, soffermando lo sguardo nel suo.
- “Stefan…” - sorrise nell’accorgersi che si trattava del suo amico, così distante da lei ormai da così tanto tempo. Era bello vederlo.
- “Tu ed io sappiamo solo scontrarci per caso…” - disse il ragazzo per interrompere quel momento di imbarazzo tra loro. Sorridendole a sua volta.
- “A quanto pare, sì…” - spostò i suoi capelli dietro l’orecchio, come faceva quando voleva fuggire da uno sguardo indiscreto o da uno sguardo che chiedeva troppe cose.
Erano tanti mesi che non si parlavano, non si erano neppure più scritti o chiamati. Era stato necessario forse, per entrambi, prendere le distanze per affrontare quel momento ciascuno a suo modo, ciascuno con i suoi tempi.
Sostarono qualche istante sul ciglio della porta.
- “E' davvero da molto che non ci vediamo. Stavi andando a casa? Cioè… non so neppure dov’è la tua casa, ora…” -
- “Ho una nuova casa, sì.. a dire il vero è stata Caroline ad aiutarmi ad acquistarla, è una lunga storia. Te la racconterò con calma, se ti va. Ma non stavo andando a casa, ecco… stavo pensando di andare... a dire il vero non ne ho idea, volevo solo uscire da qui...” - trattenne a stento una risata. Non era mai stata capace di mentirgli. Non a lui, non a Stefan.
Per assurdo era stato più facile con Damon.
- “Ok, ho capito. Allora… chi c’è dentro al Grill? Stai cercando di evitare qualcuno?” - ma come diavolo faceva a leggerle nel pensiero? Eppure non era neppure più un Vampiro!
Ma ci aveva visto giusto. Non era il motivo principale ma, senza dubbio, le attenzioni del ragazzo del bar l’avevano spiazzata e aveva desiderato scappare senza alcuna meta precisa.
- “Non sto evitando nessuno, solo non mi interessa stare in un locale dove non c’è più niente e nessuno che io conosca o che abbia un significato per me…insomma, solo facce estranee… mi accorgo che sono cambiate tante cose anche qui, Stefan..” - una nota amara le uscì dalla voce suo malgrado.
- “Hai ragione. Anche io, da tempo, mi avvicino di rado a questo posto. Non ha davvero alcun senso. Almeno quando c'era Matt per noi era un posto familiare. Dai... usciamo da qui…!” - le porse il braccio, un gesto istintivo e protettivo che aveva fatto decine di volte, nel suo passato e anche con Elena. Era più forte di lui.
Ma lo fece anche per invogliarla a spostarsi dalla posizione su cui si era ancorata.
Lei raccolse l’invito, lo prese sotto braccio e si trovarono finalmente all’aperto, all’aria fresca ma tiepida che si respirava già da un po’ da quelle parti.
L’estate era alle porte. La sessione universitaria stava terminando, le vacanze stavano iniziando. Per molti, così si diceva. Ma per loro che significato avevano le vacanze? Forse aveva ragione Caroline, dopotutto, a lamentarsi di essere sempre sola. Poteva decidersi a passare l’estate ad aiutarla per smontare le sue radicate insicurezze.
Ma in questo momento non voleva pensare a  niente. Era uscita per distrarsi, era uscita per non stare dentro quella casa e aveva incontrato prima un barista che ci voleva provare con lei, senza successo. Subito dopo il suo ex, nonché fratello del suo ex morto, che la portava sotto braccio. Solo Stefan poteva far sembrare tanto naturale un gesto così…antico!
Era davvero tutto troppo inusuale, in fondo era uscita solamente per fare una passeggiata!
Nonostante l’anomalia della situazione, sebbene fosse passato così tanto tempo, da tutto e da tutti, quel contatto così stretto, così familiare, così sereno, le trasmise una pace che non credeva di poter ritrovare così in fretta. Non quella sera.
Stefan, dal canto suo, mentre camminavano lungo la strada principale della città, lasciandosi guidare da Elena nella direzione della nuova casa che lui non conosceva, si sentì prigioniero di un mondo familiare quanto lontano anni luce.
Sembrava ieri, il giorno in cui aveva passeggiato con Katherine per quelle vie. Sembrava ieri il giorno in cui, insieme ad Elena, aveva varcato la soglia della scuola uniti come in questo momento.
Sembrava ieri ma sembrava tutto così lontano. Lontano da sé, lontano da un cuore troppo provato per poter sentire un qualunque sentimento, che fosse anche solo di nostalgia. Aveva passato tutto questo tempo a cercare di chiudersi alle emozioni. Non era più in grado di farlo, no, non come quando era un vampiro. Ma ci aveva provato ugualmente. Non voleva sentire niente.
La presenza della ragazza, al suo fianco, l’aveva rasserenato ma al tempo stesso lo rendeva inquieto. Non voleva parlare di Damon, non voleva pensare a lui e non voleva neppure pensare a lei. Si era impegnato molto, nei tanti mesi trascorsi, per evitare la città e tutti i loro abitanti.
E quelle rare volte in cui si era recato al Grill o nei dintorni  sapeva che non avrebbe trovato Caroline, troppo presa dalla sua nuova attività, dalle sue figlie o dalle frequenti visite a New Orleans.
E sapeva che non avrebbe incontrato per certo Elena, rinchiusa al Whitmore intenta a costruirsi un futuro e intenta ad isolarsi, come lui, dal mondo, dai ricordi e dal dolore.
Ma non aveva considerato l’avvicinarsi delle vacanze estive. Non aveva pensato che la città, tra non molto, si sarebbe riempita di gente, di ragazzi che avrebbero ricominciato ad uscire la sera. Che sarebbero ricominciate le tante feste di chiusura dell’anno scolastico così come di inizio di una nuova vita accademica. Insomma… la vita scorreva, lui ne era rimasto ai margini e non aveva ancora la più pallida idea di quale sarebbe stato il suo futuro.
Viveva di rendita, in senso letterale, di cospicui beni di cui la famiglia Salvatore si era dotata nel corso dei secoli, e questo lo rendeva davvero poco fiero di sé e di ciò che avrebbe potuto raccontare alle persone a lui care, Elena compresa. O Elena per prima. La quale era, forse, la sola a cui sentiva di dover rendere conto di qualcosa.

Se uno dei due avesse osato proferire parola, in quel breve tragitto, avrebbero scoperto di essere avvolti dagli stessi pensieri, dagli stessi crucci. Ma non lo fecero, dissero solo un paio di frasi di circostanza, sull’aria piacevole che si respirava e su quanto si era fatto buio senza che se ne accorgessero.
E Stefan rivelò ad Elena che la sua casa era poco distante. Se ne era reso conto solo arrivando in prossimità di quel viale.
Non riuscirono a commentare quanto tutto ciò fosse strano, complesso, insolito e assurdo. Da dire o affrontare. Doveva solo vivere alla giornata, questo lo sapevano entrambi.

Il solo era tramontato e un altro pensiero aveva sfiorato i due ragazzi, non appena giunti davanti alla villetta di proprietà di Elena. Nessuno dei due era più un vampiro, nessuno dei due doveva più indossare un anello solare e, forse di rado negli ultimi tempi, si erano davvero soffermati sul significato così importante di questo gigantesco cambiamento nella loro vita.
Cambiamento macroscopico soprattutto per Stefan. Dopo centocinquant’anni passati nell’oscurità, dopo un secolo e mezzo ormai sottomesso ad una vita di opportunità e sofferenze indicibili, forse no, non aveva mai davvero cercato di dare una risposta ad ogni quesito gli affiorasse da dentro. Come si sentiva da umano?
Elena forse se l’era chiesto, ma non lo aveva mai espresso ad alta voce. Lo fece in quel momento.
Evidentemente sapeva, in quell’istante, che era il momento giusto. E di fatto lo era.
- “Ci hai mai riflettuto in tutto questo periodo?” - disse la giovane rompendo quell’ultimo silenzio prima del congedo.
- “A cosa?” -
- “A cosa significa camminare sotto al sole senza un anello al dito… a come ti senti. A cosa ti è successo dentro da quando sei tornato umano, Stefan…. Non ho mai osato chiedertelo fino ad ora. Ma se dovessi aver bisogno di parlarne, ecco… lo sai..” -
- “Certo che lo so, Elena. E ti ringrazio per questo. Forse non ho avuto il tempo di pensarci seriamente, sai? Ma potrebbe essere il momento di farlo.. “ - sorrise alzando lo sguardo verso il cielo, inspirando profondamente per incanalare quanta più aria possibile nei polmoni, sensazione che non appartiene ai Vampiri e che, lui sicuramente, nel tempo aveva dimenticato.
- “A volte credo di poter dire, semplicemente, che è una cosa meravigliosa…” - aggiunse il ragazzo con aria compiaciuta e distesa.
- “Ma..?” - chiese Elena scrutandolo.
Stefan abbassò lo sguardo verso di lei. Incontrò i suo occhi scuri e sinceri. Aveva i capelli appena poggiati sulle spalle.
Era diversa dal giorno in cui l’aveva conosciuta, ma era anche diversa dal giorno in cui aveva deciso di tagliarli di netto, quei bellissimi capelli scuri, per dare forse un taglio netto con il passato, con gli eventi, con Katherine Pierce.
Perché forse il suo vero cruccio era sempre stato l’assomigliarle troppo, il detestare questo fatto come fosse stata la vera condanna che aveva portato tutti loro al momento attuale.
Credeva, Stefan, che tagliare i capelli avesse significato, per Elena, dire a tutti coloro che la circondavano che lei era Elena e basta.
Che Katherine non c’era più, che non voleva in alcun modo che qualcuno pensasse a quella strega anche solo osservandola di sfuggita.
Aveva dato un taglio, aveva fatto bene ed era riuscita nel suo intento. Certamente con la maggior parte delle persone che le stavano attorno.
Ma certamente non con lui, non con Stefan. Perché era certo di questo, era certo che neppure il primo giorno era stato ingannato dalla somiglianza. Che in nessun modo, anche dopo tutti i drammatici eventi che li avevano annientati, lui avrebbe mai potuto sovrapporre la sua figura con quella di Katerina Petrova. Non c’era nulla, in lei, che gli facesse pensare alla sua antica doppelganger.
E quel taglio netto ai capelli era stato un cambiamento troppo drastico che aveva invece tolto, ad Elena, ciò che la caratterizzava davvero. Ciò di cui lui si era profondamente innamorato. La sua innocenza, la sua purezza, la sua ingenuità.
Era diventata grande. Se ne era accorto l’ultima volta che si erano visti, in uno dei tanti incontri nella cripta a parlare silenziosamente di Damon, quando era apparsa sulla porta così diversa, così nuova. E forse ne era rimasto spiazzato. Ma era stato solo un breve incontro e non si erano più visti per quasi sei mesi.
E se ne era accorto appena era incappato in lei sulla porta del Grill, poco più di mezzora prima.
Era diventata grande. Ed era cambiata profondamente, era più adulta, più seria, più indurita dalla vita.
Ma in quell’attimo, quando aveva incontrato i suoi occhi che lo scrutavano alla ricerca di quel “ma”, aveva rivisto gli occhi profondi e amorevoli della giovane donna che lo aveva portato a Mystic Falls dopo un secolo e mezzo.
Sorrise tra sé, prima di risponderle, riflettendo sul pensiero per certi versi superficiale e puramente estetico su cui si era soffermato: il taglio di capelli di Elena. Che aveva, per lui, un valore unicamente simbolico. Un dettaglio che aveva rappresentato dei cambiamenti nelle recenti tappe della loro vita.
- “Ma… mia cara Elena che pensa sempre più agli altri che a se stessa… a volte sento…” - si interruppe, non era facile scavare nel profondo, ma con lei poteva, anzi doveva.
- “Puoi dirmi ciò che vuoi, Stefan…” -
-  “Ho paura…. Paura di tutto. Della vita, delle persone, del futuro. Di me stesso. Persino di svegliarmi la mattina e affrontare un nuovo giorno. Mi sento debole e indifeso a volte. Essere vampiro, anche se ero un vampiro dannatamente tormentato, mi consentiva di essere forte e non dovermi mai preoccupare della mia sopravvivenza. Non dovevo pensare a niente, solo a vivere alla giornata. Avevo un’eternità davanti. Ho tanto desiderato tornare ad essere umano, ora mi sento schiacciato da un peso enorme, come dovessi affrontare tutto questo…..” - si interruppe.
- “…da solo? Hai paura di affrontare la tua vita da solo, non è vero?” - aveva colto nel segno, ovviamente.
Lui era stato sincero e schietto, come sempre.
- “E’ normale, Stefan. Tu hai trascorso molti anni in quella condizione… per me è stato diverso. E’ successo tutto così in fretta che quasi....quasi mi sembra di aver dormito tanto di quel tempo da aver sognato tutta la mia breve parentesi da vampiro. Anche io mi sento sola, Stefan, da quando ho rimesso piede in questa città si è aperto quel vuoto, sempre di più….” -
- “Ma non lo sei, non sei sola. Lo sai….” - le strinse la mano che poco prima le aveva cinto, involontariamente.
- “Lo so… non lo sei neanche tu, Stefan..” - ribadì la ragazza senza esitazione. Era la cosa più ovvia. E ricambiò la stretta.
Si sorrisero con dolcezza.
Sopra di loro il cielo si stava definitivamente scurendo. Entrambi alzarono la testa al suono di uno stormo che passava sopra di loro. Chissà dove si stavano recando…
Era il momento di congedarsi.
- “Passa una notte serena, Elena… domani dovrai affrontare una nuova giornata, con Caroline presumo!” - sorrise ironico.
- “Esattamente! Ce la farò, stai tranquillo…Ha bisogno di me, sono qui anche per questo!” -
- “Sei una buona amica, lo sei sempre stata… Ecco, Caroline ed io…” - provò timidamente a toccare un argomento che neppure lui sapeva gestire.
- “Non devi dirmi niente, Stefan, non ce n’è bisogno. Credo di avere tutto chiaro.. sappi che lei sta bene. Tu stai bene?” -
- “Io.. credo di sì. Sì, sto bene..” - disse, sorridendo a chiosa di una piacevole conversazione che non viveva da moltissimo tempo. E la sua interlocutrice meritava sempre e comunque sincerità.
Stava bene, era la verità. Il suo cuore batteva perché era vivo. E lui si sentiva vivo perché sentiva il cuore battere.
Non sapeva ancora la ragione, ma quella sera la sua vita aveva ricominciato a scorrere.
- “Grazie..” - non potè evitare di dirlo ad alta voce.
- “Grazie a te, Buonanotte.” - rispose Elena, voltandogli le spalle.
Stefan la osservò salire i gradini della nuova casa. Assomigliava davvero moltissimo alla precedente. Molte cose sembravano come prima.. Ma loro no, loro non erano certamente più gli stessi.

La giovane Gilbert varcò la soglia di quella solitaria casa. Forse poteva prepararsi la cena, forse poteva andare a dormire o leggere un libro. Oppure poteva telefonare alla sua amica, quella che sapeva sempre ascoltarla e comprenderla. Ne sentiva il bisogno. Compose il numero di Bonnie…



Salve a tutte voi che state leggendo, e grazie mille! E' necessaria una precisazione che mi era sfuggita: nella mia versione della storia, in questo "e se...", non c'è stato alcun matrimonio tra Stefan e Caroline. Diciamo che gli eventi della penultima puntata non si sono verificati in quel modo. Altrimenti la separazione e il distacco tra i due sarebbe stata, a mio avviso, una forzatura... Diciamo che è come fossero rimasti nella fase precedente, quella in cui non avevano idea di cosa fare del loro futuro, considerata la famiglia già costituita di Caroline e Alaric. Passatemi qualche licenza qua e là, ovvero, qualche incongruenza che probabilmente ci sarà, con gli eventi che abbiamo visto nella serie tv. Ancora grazie per la lettura!
  
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