Storie originali > Fantasy
Ricorda la storia  |      
Autore: Pareidolia    10/01/2018    2 recensioni
Un misterioso ragazzino in viaggio è costretto ad attraversare una foresta popolata solo da una fitta nebbia chiamata la foresta degli amanti. Gira voce che gli amanti dei villaggi vicini la attraversino per sfuggire ai matrimoni combinati dalle rispettive famiglie ma che di loro si perda poi ogni traccia.
Genere: Avventura, Dark, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Tutto iniziò con un sogno che fece. Piangeva, tenendo la testa stretta contro il cuscino. Le lacrime scorrevano sulla stoffa biancastra e leggermente ingrigita diffondendo uno strano calore che gli bruciava tanto le guance quanto il cuore. Trasportato nella nebbia onirica del sogno, aveva già scordato come mai stesse piangendo e l'unica certezza di quel momento erano le lacrime stese, rapide e impossibili da fermare come caldi torrenti che scavano solchi nelle rocce. Sopra la sua testa, fuori dalla lunga finestra scricchiolante, si estendeva un cielo che si faceva sempre più luminoso e colorato. Bastò un solo istante a cancellare il pianto, facendolo svanire come un mucchio di vecchia polvere al vento. I suoi occhi arrossati si soffermarono sui graffi gialli e arancioni che la luce formava sul cuscino e sulla pelle delle sue dita. L'immagine gli si stampò nella mente, simbolo dell'intero sogno, per non abbandonarlo mai. Rimase talmente tanto impressa nei suoi ricordi che persino il pianto fortissimo che fino a poco prima gli aveva scosso il petto svanì del tutto, senza lasciare traccia.

Quando aprì gli occhi era appena l'alba. Il cielo colorato del sogno era svanito, lasciando al suo posto un orizzonte a metà fra un grigio tenue e uno strano rosa tendente al viola. Oltre il profilo roccioso della grotta in cui si era riparato per la notte si estendeva una lunga distesa di sassi bianchi colmi di venature più scure e oltre c'era la foresta, le cui fronde erano debolmente mosse dal vento.

Insieme all'arrivo di una nuova folata, sentì il freddo farsi pungente e superare gli spessi vestiti. Si strinse nel mantello scuro e guardò verso ovest, la dove il sole si stava lentamente dirigendo. All'orizzonte le nuvole erano fitte e facevano da sfondo a una larga fila di montagne dalle misure diverse fra loro. C'era qualcosa di oscuro nell'aria, perciò decise di muoversi, rapidamente.

Le ombre si estendevano lunghe e sottili oltre l'ingresso della grotta, partendo dalle pareti rocciose e scivolando verso il fondo della discesa di sassi immobili e silenziosi, verso gli alberi. Si muoveva ondeggiando, stringendosi addosso il mantello per il freddo che si faceva sempre più intenso e forte. La foresta, meno distante di passo in passo, era ancora agitata dal vento. Ai suoi occhi appariva disabitata ma non ai suoi sensi. Nonostante fosse ancora lontano dalle grosse radici che scavavano a fondo nella terra scura e vecchia, poteva sentire la vita pulsare con forza in tutta quella zona, diffondendosi nell'aria, trasportata dal vento.

Gli occhi chiari come la più pura delle albe, densi dello stesso colorito tra l'arancio e il giallino che aveva inondato il suo sogno, si scrutarono attorno con calma e attenzione, alla ricerca del sentiero che ormai da giorni stava seguendo ma non ve n'era più alcuna traccia. Ovunque il suo sguardo vagasse non vedeva che rocce e tronchi di alberi stesi sul terreno, morenti e sparsi ovunque nello spazio che si poneva fra i suoi piedi e la foresta.

Che fare? Dove andare? Le domande si presentarono rapidamente alle porte della sua coscienza, la quale impiegò davvero ben poco a trovare una risposta. Era ormai ovvio che avrebbe forzatamente dovuto superare la foresta e da lì procedere oltre, sperando di trovare un nuovo sentiero che lo conducesse verso una zona civilizzata. Così fece, camminando con passo leggermente svelto e incespicando, a volte, fra i grossi sassi bianchicci che giacevano ovunque.

Camminava scalzo, i piedi pallidi coperti solo da bende scure e di stoffa spessa che, però, lasciavano scoperti i talloni lisci e le dita sottili. Eppure, per qualche ragione, non sentiva freddo e non si feriva camminando fra tutti quei sassi. Se faceva attenzione, anzi, camminava fra le pietre con agilità come se stesse passando su un comunissimo sentiero battuto.

Già tra i primi larghi e neri tronchi della foresta era presente un'oscurità impenetrabile che faceva quasi impallidire la notte appena passata. Lo spazio, da lontano, appariva talmente nero che non si riusciva a vedere oltre quei primi alberi e tanto fitte e rumorose erano le loro foglie che parevano essersi raggruppate per sussurrare fra loro segreti terribili. Questo, però, non lo spaventò e continuò il proprio cammino fino a raggiungere le radici della foresta, talmente alte e contorte che raggiungevano le sue ginocchia. E dire che non era nemmeno basso, per la sua età.

Si accorse subito che le radici, come fossero grossi serpenti nodosi e rigidi, si muovevano lentamente mentre scavavano a fondo nella terra, producendo un rumore soffuso e tetro. La foresta degli alberi in movimento, così veniva chiamato quel luogo e il nome proveniva proprio dal fatto che le radici non smettessero mai di muoversi al punto che si credeva avessero un'anima. Eppure lui non sentiva niente più che un sottile velo di morte aleggiare invisibile ad occhi comuni per tutta la foresta, stringendo a sé gli alberi e carezzandone le superfici nere come cenere.

Tutti quegli alberi in movimento, circondati da silenzio e oscurità, erano morti. Null'altro che ombre d'un passato ormai svanito. Mentre li osservava ne ricordava l'antica bellezza, i colori che ne tingevano delicatamente eppure con vivacità le foglie, gli insetti che percorrevano la corteccia brunastra. Ma tutto ciò era svanito, ormai. Non restava che polvere di quegli insetti, grigiore che aveva preso il posto del verde e il castano s'era fatto nero.

Mentre vagava nella foresta, sempre più immerso in una coltre di nebbia sottile e umida che circondava silenziosamente ogni cosa, iniziò a farsi numerose domande. Lo sguardo vagava tre gli arbusti alti decine e decine di metri che si stagliavano verso un cielo ormai lontano dalle sfumature timide dell'alba. Scrutando nella nebbia non poté fare a meno di chiedersi se quel luogo non fosse il Lascito degli Amanti, la tanto discussa foresta in cui gli innamorati si nascondevano dai matrimoni combinati dalle loro famiglie con altre persone, per poi svanire per sempre senza mai lasciare alcuna traccia del proprio passaggio.

Sì, ne era sempre più certo; il luogo era senza alcun dubbio quello. Il suo pellegrinaggio l'aveva portato fin lì senza che nemmeno se ne rendesse conto, nel labirinto di alberi giganteschi e radici in movimento di una foresta che non veniva mai nominata, più per disprezzo che per paura. Eppure, si disse, doveva esserci una ragione se era finito per percorrere proprio quella zona.

Cominciò a farsi sentire nuovamente il vento, ululando fra le foglie secche e grigiastre che, una a una, si staccavano dai rami per librarsi nei suoi movimenti rapidi e forzuti. In tutto quell'universo di morte iniziava a parere l'unica cosa viva. Ma il vento portava con sé un sussurro, basso e soffuso, quasi un fischio nascosto nell'ululato echeggiante e che si insinuava con malignità nelle orecchie fino a giungere al cervello.

Che si trattasse d'un demone? Oppure era un fantasma, a pronunciare quelle parole incomprensibili tanto erano basse? Forse, pensò lui, si trattava degli spettri degli amanti svaniti in quel luogo.

Proseguì, ritrovandosi, dopo poco tempo, poco distante da una figura rannicchiata fra le radici di un albero. Tremava con forza e i suoi singhiozzi si spandevano nell'aria fredda. A guardarla da lontano pareva una bimba sperduta nella foresta, spaventata e devastata dalle lacrime eppure, avvicinandosi, scoprì che si trattava di una ragazza di età parecchio avanzata, ormai sulla via dei trent'anni senza alcun dubbio.

Il volto si alzò a guardarlo, negli occhi chiari e profondi come laghi senza fine si stagliava una supplica silenziosa.

-Sei un viaggiatore...?- Furono le uniche parole che, con voce tremante, pronunciò. Il fischio nell'aria era finito e il vento si era fatto poco a poco più debole, perciò lui riuscì a sentirla senza alcun problema.

-Sì, sto viaggiando verso un luogo distante.-

-Allora...allora forse puoi aiutarmi. Se non è di troppo disturbo, però...- Il volto della donna si abbassò a fissare il terreno scuro con imbarazzo e paura, mentre lui le annuiva in silenzio, inginocchiandosi accanto a lei per osservarla e per ascoltarne meglio le parole.

-Si tratta del mio compagno. Siamo fuggiti qui, era l'unica maniera...ma lui è scomparso. Non so dove sia finito, ci siamo divisi mentre camminavamo per la nebbia e non riesco a trovarlo. Ti prego. Ti supplico, anzi, aiutami a trovarlo.- La sua voce s'era ridotta a un sussurro flebile e spezzato dalle lacrime che le rigavano il viso. Il pianto voleva irrompere nel silenzio morto della foresta ma ne era, per qualche motivo, incapace.

-Il mio viaggio non mi spinge ad avere così tanta fretta, perciò non ho nessun problema ad aiutarti. Rispose lui sollevando il largo cappuccio dalla testa e facendolo scivolare lungo la schiena. Per qualche attimo la ragazza osservò arrossendo i lineamenti giovanili e delicati del giovane che le stava accanto. Occhi del colore dell'alba, capelli sottili e di un nero vagamente opaco, pelle chiara e liscia. Arrossì, cercando poi di nascondere la cosa e lo ringraziò più volte per la sua gentilezza.

Dopo averla aiutata ad alzarsi, il ragazzino si guardò attorno con attenzione, fissando distrattamente le radici in movimento attorno a loro.

-Più o meno dove vi siete divisi, che tu ricordi?- In risposta lei scosse la testa, incapace di ricordare dove fosse accaduto.

-Per un po' abbiamo proseguito insieme, di questo ne sono certa. Poi, giunta in una radura, mi sono accorta che non c'era più. Era rimasta soltanto la nebbia accanto a me e il silenzio. Ho avanzato, chiamandolo ad ogni passo ma non è servito a nulla. Non ho ottenuto alcuna risposta.-

Gli occhi del ragazzino continuavano a vagare nella nebbia circostante, osservando con estrema attenzione le foglie secche abbandonate al freddo terreno, gli arbusti neri, il silenzio che permeava ogni cosa. Era in cerca di tracce, come un predatore muto e attento che scruta il paesaggio in cerca di una nuova preda. Una profonda soddisfazione si mostrò sul suo volto quando, finalmente, trovò ciò che cercava.

-Da che direzione provieni?- Domandò alla donna senza mai smettere di osservare quel punto.

-Da lì.- Rispose lei e indicò esattamente la direzione in cui il suo sguardo era rivolto. Lui annuì e le fece segno di seguirlo.

Mentre camminavano nessuno dei due parlò, inizialmente, ma dopo qualche minuto il ragazzo iniziò a fare qualche domanda.

-Provenite da un villaggio vicino, immagino.-

-Sì, poco lontano dalla foresta. Siamo partiti prima dell'alba per non farci vedere da nessuno. Speravamo in un viaggio tranquillo e non abbiamo mai creduto alle voci sulla foresta. Pensavamo fossero solo un metodo per spaventare gli abitanti più giovani ma ora...inizio a credere fosse tutto vero.-

-Delle voci? Quali?-

-Si dice che questa foresta sia abitata da uno spirito malvagio che si ciba degli amanti in fuga dai villaggi vicini. Per questo sono sempre meno le persone che attraversano questo luogo.- Il ragazzo accennò un sorriso sottile e breve, senza smettere di camminare fin quando non raggiunsero la radura di cui lei, prima, aveva parlato. Là il silenzio era più intenso e così anche la nebbia che abitava l'intera foresta.

-E pensare che volevamo soltanto andarcene. Tutto ciò che desideravamo era vivere altrove in pace, senza essere perseguitati dalle nostre famiglie e dall'intero villaggio ma, a quanto pare, non è una cosa così semplice. Forse questo mondo non è fatto per questo tipo di amore, quello libero e spontaneo. Forse noi non dobbiamo essere liberi di fare ciò che desideriamo.- La sua voce era avvilita mentre parlava. Il pianto era ancora echeggiante nelle sue parole, nel suo tono. Lo sguardo era fisso negli spazi vuoti della foresta, oniricamente colmati di nebbia.

-Il mondo è nulla. Non è in un modo ma nemmeno in un altro. E' chi ci vive a renderlo ciò che è, non ci sono forze esterne che ne dettano le regole se non su un piano puramente fisico. A dirla tutta, sono gli uomini a imporre il proprio volere e a influenzare le forze che reggono il mondo, non il contrario. Divinità e demoni non sono altro che gli incubi dell'uomo e, là dove si sono fatti in carne e ossa, è per uno scopo ben preciso.-

-Parli in maniera strana per essere così piccolo.- Commentò lei stupita dalle parole del ragazzino, il quale si limitò a sorridere e a riflettere su quanto ciò fosse vero.

-Sì, può darsi.-

Si udì un fruscio misterioso, lungo solo una frazione di secondo e poi di nuovo nulla. Un secondo fruscio, che diede subito vita a nuovo silenzio e il vento si alzò, tornando ancora una volta a ululare fra gli alberi con violenza. La ragazza iniziò a tremare sia per il freddo sempre più rigido e per la paura che nuovamente si impadronì di ogni fibra del suo corpo.

Una figura scura fuoriuscì lentamente dall'ombra. In una mano stringeva una lama lunga e dalla punta leggermente curva, sottile. Il suo respiro creava leggere nuvole di vapore nell'aria e il volto era completamente celato da stracci neri di sporcizia e sudore. L'odore terribile che il suo corpo emanava riempì subito la radura.

-Un demone! Lo sapevo, questo posto è abitato da un demone!- Strillò subito la ragazza nascondendosi la testa fra le braccia, in preda al panico.

Gli occhi del ragazzino si fissarono subito sulla figura misteriosa che si ostinava a non parlare. La sua bocca era una linea sottile e frastagliata di grosse cicatrici, il naso che svettava dall'ombra del cappuccio era stretto ed elegante, ma la pelle era rovinata irrimediabilmente. Doveva essere stato un bell'uomo, un tempo. Ma quel periodo era ormai perso per sempre.

-Non esistono demoni che emanano odori. Men che meno esistono demoni con cicatrici. Costui è un uomo in carne e ossa, anche se non lo sembra. E il suo spirito è intatto, forte.- Le parole del ragazzino erano quasi un mormorio leggero, quasi destinato più a se stesso che alla ragazza che si era posta alle sue spalle, tremando.

Il ragazzino sentiva su di sé lo sguardo dell'uomo, carico di rabbia e rancore. Ne percepiva il desiderio di uccidere, che come fumo sottile partiva dal suo corpo diffondendosi per l'intera radura.

Percepì un movimento alle proprie spalle, rapido e improvviso ma non abbastanza da coglierlo impreparato. La ragazza aveva sfilato uno stiletto da una tasca nascosta nel largo abito scuro e stava per infilzarglielo nella schiena quando lui, voltandosi, le afferrò prontamente il braccio.

A quel punto l'uomo li raggiunse, alzando in aria la spada e facendola calare sul ragazzino che, però, con la mano libera ne afferrò prontamente la lama, bloccando il colpo e dando l'impressione ad entrambi, di colpo, che il tempo si fosse fermato.

Sul viso della ragazza si dipinse uno stupore confuso, mentre l'uomo aveva ora afferrato il manico con entrambe le mani e tentava, utilizzando tutta la propria forza, di squarciare la mano del ragazzino ma la spada non voleva saperne di muoversi, poiché la presa era troppo forte.

Una luce iniziò a risplendere attorno al suo corpo, allungandosi piano verso i due in quello spazio di tempo distorto, deformato. Li avvolse completamente, privandoli di ogni energia prosciugandola totalmente dai loro corpi, i quali diventavano sempre più scheletrici finché non furono solo ossa e dalle ossa si ridussero in polvere sottile e scura che il tempo trasportò lontano.

-Come ho detto, non è il mondo a essere fatto in un qualche modo preciso, ma sono gli uomini a renderlo come desiderano. Gettare così la propria esistenza, però, è estremamente triste.- Mormorò il ragazzino mentre osservava la polvere viaggiare lontano e perdersi fra la nebbia, gli alberi e il silenzio. Si osservò le mani e le vide colme di rughe. Il vento gli muoveva debolmente i capelli ora argentei di vecchiaia, carezzando i solchi profondi nel viso d'età ignota, prima che l'aspetto del ragazzino tornasse a comporne il corpo come prima.

Il mattino stava ormai scorrendo rapidamente davanti ai suoi occhi e decise che era meglio muoversi, poiché la strada era ancora lunga.

   
 
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: Pareidolia