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Autore: Pareidolia    14/01/2018    1 recensioni
"Il mondo è nulla. Non è in un modo ma nemmeno in un altro. E' chi ci vive a renderlo ciò che è, non ci sono forze esterne che ne dettano le regole se non su un piano puramente fisico. A dirla tutta, sono gli uomini a imporre il proprio volere e a influenzare le forze che reggono il mondo, non il contrario."
In un tempo in cui il pianeta sta per morire ed è popolato da strane forze nascoste nelle ombre, un ragazzino viaggia verso una montagna lontana e sconosciuta. Durante il viaggio, però, osserva e interagisce con svariate persone utilizzando i propri misteriosi poteri, scavando nelle loro vite e nei loro ricordi per poter affrontare una scelta complicata e segreta.
Genere: Avventura, Dark, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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 Quando superò il grosso arco di legno che marcava l'entrata del villaggio furono in molti a guardarlo con stupore.

Un ragazzino, proveniente da chissà dove e dall'aspetto tanto puro rispetto a quelli che abitavano fra tutte quelle casette in legno eroso dall'umidità e dal vento che nessuno riusciva a credere che si trattasse di un comune essere umano. I loro occhi non avevano mai conosciuto la purezza né, tanto meno, avevano mai potuto posare lo sguardo su qualcosa di bello e pulito in tutta la loro vita. Molte erano le cose che non conoscevano, persino troppe e da questo proveniva la loro ignoranza.

Volti grezzi si voltarono a fissarlo non appena pose i primi passi oltre l'arco antico, d'un legno scuro e spesso che trasudava una misteriosa antichità mentre nell'aria aleggiava il silenzio.

Nonostante fosse pomeriggio inoltrato e il sole fosse alto sul villaggio faceva freddo. Lunghi erano i brividi che scorrevano attraverso la carne degli abitanti, scuotendoli di tanto in tanto dal loro torpore e ricordando ad ognuno la povertà delle loro vite. Forse per questo i loro occhi erano così duri verso quel ragazzino, del tutto diverso rispetto a loro.

Lui, comunque, non parve far molto caso, limitandosi a cercare con lo sguardo la locanda del villaggio o almeno qualcosa di simile ma fu proprio allora che vide un paio di uomini venirgli incontro. I loro volti erano tesi e vagamente simili nei lineamenti. Uno era anziano e curvo, lo sguardo solcato da rughe e occhiaie profonde che gettavano fuori le pupille larghe e tonde mentre l'altro, più giovane, dava una strana impressione a guardarlo. A una prima occhiata sembrava un comune uomo di trent'anni ma il ragazzino sentiva qualcosa che non poteva ignorare. Comprese subito che in quell'uomo c'era qualcosa di diverso ma rimandò a più tardi l'unica possibile spiegazione.

-Cosa ci fa qui un così giovane vagabondo?- Domandò l'anziano quando fu abbastanza vicino da farsi sentire. La sua voce, un flebile soffio che si perdeva nel vento, giunse alle orecchie del ragazzino come fosse una sorta di maledizione. Era come se, facendosi voce nel vecchio, l'intero villaggio gli stesse domandando di andarsene e lasciarli in pace.

-Non avete motivo di temermi, se è questo il vostro pensiero. Sono qua soltanto perché cerco una persona, nulla di più.- Lo sguardo del vecchio si fece ancora più sospettoso di prima, scrutando il ragazzino dalla testa ai piedi.

-E chi staresti cercando?-

-Si tratta di una faccenda privata e tanto confidenziale da impedirmi di rivelarne persino il nome, mi spiace. Ma assicuro ad ognuno di voi che entro la mezzanotte sarò già ben lontano.-

-Sarebbe meglio per tutti. Non ti piacerebbe restare qua un solo minuto più del dovuto, vagabondo.- Rispose il vecchio nascondendo sempre meno quella strana minaccia che aleggiava nel soffio che era la sua voce prima di andarsene, seguito dall'uomo che con ogni probabilità ne era il figlio.

Se la loro intenzione era spaventarlo, si disse il ragazzino, allora non ci erano affatto riusciti. Al contrario, non avevano fatto altro che aumentare la sua curiosità nei confronti di quel luogo così stranamente freddo e scuro nonostante le luci calde che irradiavano il cielo.

 

Scoprì poco dopo che una locanda nel villaggio c'era ma si trattava di una costruzione identica alle altre tutt'attorno, adibita più agli abitanti del villaggio che a gente venuta da fuori, la quale a quanto sembrava era tutto meno che ben accetta.

Si trattava di un edificio da un solo piano senza stanze per dormire e formato solo da una larga stanza piena di tavoli sgangherati e dal retro, dove abitava il locandiere. Costui era un uomo grezzo e robusto, dallo sguardo nero come un abisso e apparentemente senza voce a causa della sua scontrosità.

Guardandosi attorno il ragazzino non vide altro che derelitti umani vagamente simili a uomini. Corpi secchi e neri di sporcizia, peli lunghi e storti sulle braccia e sui volti, sguardi neri come quelli del locandiere e bocche sigillate, mute.

-Salve. Sto cercando una giovane donna, il suo nome è Julia. Dove la potrei trovare?- Domandò al locandiere, il quale non fece altro che squadrarlo in silenzio senza dare alcuna risposta.

-Mi scusi?- Lo spronò il ragazzino ma senza ottenere ancora alcun risultato. A quel punto, stizzito, batté una volta l'indice della mano destra sottile sul bancone di legno marcio e qualcosa nell'uomo cambiò. La sua bocca si aprì e ne uscirono parole spezzettate, contro la sua stessa volontà che tentava con tutte le forze di trattenerle.

-Milovich. Nella capanna al muro. Lui sa. Dov'è.- Balbettò lentamente l'uomo, circondato dallo stupore generale dei pochi e ubriachi presenti.

-Grazie mille per l'informazione.-

Quando uscì dalla locanda alcuni lo seguirono, fissandolo con sguardo minaccioso ed estraendo sottili coltellini arrugginiti dalle tasche lacere dei pantaloni. Puntarono le armi contro il suo esile corpo ma lui non si spaventò affatto. Da sotto il largo cappuccio del mantello li fissò con sguardo indifferente, studiandoli uno per uno con attenzione prima di sussurrare alcune parole inudibili, disperse subito dal vento. Subito il gruppo si disperse, lanciando qua e là sguardi confusi e diversi dal solito, come posseduti da un qualche spirito che gli aveva offuscato tanto la mente quanto il corpo.

Il ragazzino sorrise leggermente e si mosse a passi rapidi e leggeri verso la capanna più vicina al muro. Si trattava, come già aveva immaginato, di una costruzione angusta e decadente, sovrastata da un tetto di paglia vecchia e grigia e dai muri pieni di buchi. Bussò piano alla porta e si trovò davanti un uomo sui quarant'anni ad aprirla. Il suo sguardo era colmo di una tristezza mascherata parecchio male da un'espressione apatica. Un volto talmente poco convincente in quella menzogna che non avrebbe ingannato nemmeno un bimbo ai primi anni d'età.

-Chi sei?- Si limitò a domandare trattenendo i singhiozzi di pianto che, disperati, tentavano ogni via per uscire, celando anch'essi sotto una patina senza alcun sentimento che a sua volta non risultava affatto convincente.

-Un comune viandante. Cerco una ragazza di nome Julia e il locandiere mi ha indicato di chiedere a un certo Milovich.- Lo sguardo dell'uomo, per un solo istante, perse il velo della menzogna e la tristezza si rivelò in tutto il suo freddo azzurro che ne colmava le pupille. L'uomo si scostò leggermente, lasciando al ragazzino lo spazio per entrare nell'abitazione decrepita e, dopo aver gettato sguardi di sospetto in ogni direzione, chiuse la porta.

-Perché la stai cercando?- Domandò al ragazzino, il quale faceva vagare lo sguardo sui mobili poveri e rovinati che riempivano confusamente tutto lo spazio e sul pavimento sporco e disordinato coperto malamente da un tappeto pieno di fori e strappi.

-Questa è una faccenda di cui non posso assolutamente parlare. Ti assicuro, però, che non voglio farle del male anzi, sono intenzionato a liberarla.- Quelle parole, limpide come un calmo velo d'acqua trasparente, colpirono l'uomo dritto al cuore. Non riuscì, quindi, a trattenersi più e le lacrime iniziarono a sgorgare dagli occhi.

-Sai dove si trova, quindi?- Domandò il ragazzino voltandosi a guardarlo. C'era uno strano sorriso sul suo volto mentre osservava l'uomo piangere.

-Sì...sì, lo so.- Singhiozzò Milovich asciugandosi con le nocche tutte le lacrime che dagli occhi calavano rapidamente verso il mento.

-Si trova nell'abitazione del capo-villaggio, oltre il gruppo di case sul lato nord del muro. Le tiene tutte lì, le donne del villaggio, e nessuno sa perché.- I singhiozzi si fecero ancor più forti e il ragazzino non parlò, perso in un improvviso flusso di pensieri, onde di parole che colmarono la sua mente come la marea che si alza sempre più mentre cala la notte.

Lo sguardo tornò sull'uomo e gli allungò una mano sulla spalla. La stanza scomparve per lasciare spazio a un luogo differente, che si creò nel giro di qualche attimo.

 

Una casa illuminata dalla luce di una sola candela la cui fiamma, debole e sottile, danza seguendo i movimenti di uno spiffero. Due persone, un uomo e una donna, si scambiano baci rapidi ma appassionati, guardandosi negli occhi pieni di amore, offuscati dal vino e dalla notte che all'esterno regna su ogni cosa.

Sembra quasi che il mondo si sia fermato, in quel momento, per concentrarsi soltanto su loro due e sui loro sentimenti. C'è qualcosa nell'aria, qualcosa di imminente ma entrambi non sembrano accorgersene, poiché sono altrove con la mente e col corpo.

I vestiti spessi che coprono la loro pelle cadono a terra senza fare alcun rumore e loro si sdraiano sul letto dal materasso sottile e le coperte profumate. Si trovano nell'abitazione di lei, pulita e densa di un profumo dolce che non vuole in alcun modo abbandonarla tanto nella luce del giorno quanto nel buio della notte. Una delle cose che lui ama di lei. A vicenda sussurrano uno il nome dell'altra e viceversa, sussurri flebili che si diffondono tra i baci e le carezze. I corpi si avvicinano e si allontanano per poi tornare a farsi ancor più vicini di prima.

In tutto questo mare di emozioni profonde e dolci, però, il ragazzino sente che c'è una misteriosa consapevolezza accompagnata da un alito di paura. Tutto ciò sta per finire, entrambi lo sanno ma tentano di ignorare il fatto, di passare quelle ultime ore insieme, più vicini che mai. Eppure quella consapevolezza li blocca, rallentando i loro movimento e raffreddando un poco i loro corpi.

-Julia...ti amo.- Sussurra Milovich nell'orecchio destro della ragazza, la quale sorride e lo stringe a sé, accettandolo completamente.

 

Quando la visione si concluse, il ragazzino distolse lo sguardo, passandosi una mano sulla fronte leggermente sudata.

-Nell'abitazione del capo-villaggio, quindi...-

-Sì, esatto. Ma fai attenzione, se vuoi andare là. Tutti quanti qui seguono senza farsi alcun problema ogni ordine del capo. Potrebbero già attenderti fuori armati e pronti a ucciderti.- Disse Milovich distogliendo a sua volta lo sguardo dal ragazzino. Era confuso. Si domandava perché un tipo così giovane stesse cercando la sua amata e come fosse possibile che non si facesse problemi all'idea di stare in quel luogo così cupo. Iniziò a provare paura nei suoi confronti ma fece finta di nulla e gli fece segno di andare.

-Vai, presto. Se qualcuno ti scopre qui è la fine per me.-

Il ragazzo eseguì la richiesta, varcando la porta cigolante e tornando al freddo grigiore del villaggio, fissando il punto in cui l'abitazione del capo-villaggio, l'unica composta da due piani e dall'aspetto ordinato, svettava sopra agli altri tetti.

Si accorse, mentre vi si dirigeva, che per le strade larghe e impolverate del villaggio non c'era nessuno ma poteva sentire, provenienti dalle finestre buie delle abitazioni, innumerevoli sguardi che lo osservavano passare. Aveva ormai ben compreso la natura non più misteriosa di quel luogo, era consapevole di cosa avesse attorno ma ancora preferiva tacere e fingersi solo un giovane viandante ignaro di ogni cosa e diretto verso un pericolo indubbiamente mortale barricato tra le mura di legno dell'abitazione del capo-villaggio.

Davanti allo spesso portone sigillato stavano due uomini armati di lance che lo fissarono con malignità, sorridendo e senza parlare.

-Sono qui per parlare col capo-villaggio.- Disse il ragazzino continuando a fingersi ingenuo.

-E' impegnato, non si può entrare. Se ti va, però, puoi parlare con noi.- Lo sguardo del ragazzino si posò sulla curva apparsa da poco nei pantaloni dei due uomini e il disgusto si impossessò d'ogni fibra del suo corpo. La maschera cadde e non poté più trattenersi dalle sensazioni che quel posto aveva provocato in lui sin dal momento in cui ne aveva varcato l'arco. Scostando il mantello sollevò le mani, dalle quali proveniva una misteriosa luce bianca e afferrò i volti di entrambi gli uomini con violenza.

La pelle di entrambi si fece grigia, la carne sotto ad essa si rinsecchì sempre più mentre le ossa si sbriciolavano rapidamente e nel giro di pochi istanti entrambi non furono altro che un mucchio di cenere che cadde a terra, dispersa poi dal vento che iniziò a soffiare con potenza fra le abitazioni, ululando come fosse un'anima urlante pietà e che con sé non trasportava altro che disperazione e dolore.

Le porte dell'abitazione si spalancarono lasciando entrare prima il vento e poi il ragazzino nel cui sguardo all'apparenza giovane e innocente bruciava d'antichità. La rabbia si diffuse dal suo cuore colmando l'intero ingresso di luci vermiglie che agitarono ancor più di prima il vento, scuotendo con forza tutti coloro che si trovavano all'interno. Tutti uomini armati che, vedendolo entrare, saltarono sul posto pronti ad attaccarlo ma che come i due all'entrata divennero rapidamente solo un mucchio di cenere che il vento sollevò e trasportò con sé mentre il ragazzino avanzava.

Spalancando tutte le porte che si trovava davanti, raggiunse finalmente una stanza larga e quasi del tutto vuota. Al suo interno stavano tutte le donne, nude e sudate, sanguinanti alcune. Scheletri dalle ossa larghe e robuste stringevano i loro arti violandole coi loro corpi fatti di pura energia e le urla colmavano l'aria. In lontananza anche il vecchio e suo figlio partecipavano all'orgia violenta, entrambi impossessati da spiriti maligni e di provenienza sconosciuta.

In un soffio di vento colmo di cenere i corpi d'energia che muovevano gli scheletri svanirono urlando e le donne caddero a terra circondate da quelle stesse ossa. I due uomini in fondo alla stanza sussultarono, coprendosi subito gli organi sessuali e sfoderando le armi ma la cosa non fece alcun effetto sul ragazzino. Fu solo quando una presenza opaca uscì dai loro corpi facendosi sempre più corporea che ebbe un leggero tremito.

A metà fra donna e uomo, l'essere pena formatosi fissò il ragazzino sorridendo mentre ogni sua forma ancora eterea diventava solida e ben visibile.

-Sei venuto per me? Mi lusinghi...eppure, forse, non ti rendi conto di quanto questa scelta sia stata un errore.- L'essere alzò le braccia e tutti i corpi presenti si alzarono. Dalla porta alle spalle del ragazzino irruppero gli abitanti del villaggio, tutti armati e con una strana luce di follia negli occhi. Puntavano le armi contro di lui, mentre i corpi nudi delle donne, animate dall'essere, iniziarono a mutare e deformarsi mostruosamente.

Ora circondato da un'orda di creature disumane e sbavanti rabbia, il ragazzino fissava l'intera scena come fosse un estraneo. In lui sembrava esserci adesso qualcun altro, qualcuno di non più innocente e giovane ma antico e furioso, pronto a distruggere ogni cosa con un battito delle ciglia.

-Cos'hai intenzione di fare? Vuoi distruggere ogni cosa come hai fatto quella notte? Raderai tutto questo villaggio al suolo rendendolo cenere nelle fiamme? Ripercorrerai quell'errore?-

D'un tratto il ragazzino sentì una fitta fulmimante al fianco destro e, voltandosi, vide Milovich con in mano un lungo pugnale colmo di ruggine scura. La lama rovinata era conficcata nella carne e nello sguardo dell'uomo non c'era più ciò che aveva visto in precedenza.

Tutto ciò che era stato Milovich ora era svanito in uno sguardo di terrore che, però, era sempre più pervaso da un'altra presenza. L'essere rise sguaiatamente, muovendo con fili invisibili Milovich il quale corse verso una delle donne deformi la quale, mossa dall'altra mano dell'essere, lo fece a pezzi gettandosi poi sul suo corpo e iniziando a divorarne la carne.

Fu in quel momento che le fiamme coprirono ogni cosa.

Nate dal terreno arido e grigio su cui sorgeva l'intero villaggio, alte lingue di fuoco rossastro ingoiarono tutto quanto con violenza innata, avvolgendo il legno e la carne, bruciando l'aria con banchi di fumo nero e sempre più gonfio che tinse dello stesso colore il cielo azzurro e limpido.

Pianti e urla di dolore si fusero in un solo canto mentre il pianto disperato dell'essere sovrastava ogni cosa prima di perdersi nel rombo dell'incendio.

-Tu...! Hai osato distruggere ogni cosa già una volta, hai osato toglierci tutto e ora lo fai ancora! Brucerai, come noi bruciamo ora in questo inferno di fiamme! Avrai ciò che meriti...!- Ma prima che potesse urlare il nome del ragazzino, quest'ultimo, sotto le spoglie di un vecchio dallo sguardo triste e saggio, gli appoggiò una mano sul volto e, piangendo, lo carezzò.

Il demone divenne cenere e svanì nelle fiamme che ormai avevano inghiottito ogni cosa senza, però, sfiorare minimamente il vecchio che piangendo osservava ogni cosa che lo circondava.

Vide la donna tornare alla sua delicata forma originale e il cadavere sventrato di Milovich farsi sempre più nero e rigido.

-Mi spiace, davvero. Nel sogno ti ho sentita urlare, ho sentito il pianto del tuo amore massacrato e per questo sono venuto qui. Mi spiace che sia finita in questo modo. Mi spiace molto, Julia.- Ma quelle parole furono inutili e si persero a loro volta nell'incendio che continuò ad avvampare fino alla notte e oltre, spegnendosi solo alle prime luci dell'alba. Del ragazzino, però, non c'era più alcuna traccia.

   
 
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