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Autore: steffirah    14/01/2018    1 recensioni
La vita di tutti i giorni che si fonde con una fiaba,
la quotidianità di due adolescenti che si tinge d'affetto.
[Prompt della Shaosaku week dal 10 al 16 luglio 2017]
Genere: Fluff, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kero-chan -Cerberus, Li Shaoran, Sakura Kinomoto, Tomoyo Daidouji | Coppie: Shaoran/Sakura
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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PLAYLIST
 


 
«Cosa stai mormorando?»
«Eh?» Mi voltai alla mia destra, sorpreso di udire la sua voce. «Sakura?»
Il suo viso si illuminò in mezzo ai raggi del sole che filtravano tra i rami degli alberi e risplendette ancora di più quando sorrise a trentadue denti, sedendosi accanto a me.
«Stavi canticchiando.»
«No.», negai, ma lei finse di non sentirmi, insistendo.
«Non ti ho mai sentito cantare.»
«Sì invece, a scuola durante l’ora di musica -»
«Non vale.», mi contraddisse, scuotendo la testa. Mi si fece più vicina, sbirciando sullo schermo del telefono. «Non conosco questa canzone.»
«Vuoi ascoltarla?», proposi, passandole un auricolare.
«Voglio sentire te cantarla.», rifiutò, guardandomi con astuzia.
«Non ho una bella voce.», ribattei frustrato, sviando lo sguardo. E inoltre mi vergognavo da morire a cantare davanti ad altre persone. Ma questo non potevo confessarglielo.
«Non ci credo.»
«Davvero.»
Lei si spostò davanti a me, impedendomi di guardare altrove se non i suoi occhi che mi pregavano.
«Per favore.»
«D’accordo.», mi arresi. «Ma non adesso.»
Accettò di buon grado, mettendosi in piedi e porgendomi una mano. La fissai divertito da quel comportamento cavalleresco. Dopo la recita scolastica sembrava essere entrata sul serio nella parte del principe azzurro. Eh già, ancora una volta la storia si era ripetuta. Non avrei mai immaginato che persino al liceo si facessero spettacoli coi ruoli invertiti e, di nuovo, a me era fatalmente toccata la parte della principessa. Ma perché il destino era così crudele? I ruoli non potevano essere divisi in base al sesso?
Questa volta, comunque, era stato meno imbarazzante che in passato. Ero molto più concentrato sul mio personaggio e riconobbi che Sakura era davvero impeccabile. In tutto ciò che faceva.
Inoltre, a differenza di ciò che portammo in scena alle elementari, stavolta si trattava di un’opera originale scritta dai membri del club di letteratura. E, per qualche bizzarro motivo, tutto ruotava attorno alla musica. Ad esempio, c’erano cori serafici che allietavano l’incontro del principe e della principessa, avvenuto in una valle che aveva un qualcosa di edenico.
Non avevo mai capito perché la nostra scuola guardasse così tanto alla cultura occidentale, visto che ne avevamo di tradizioni bellissime e storie affascinanti. Tuttavia, a quanto pareva, l’Europa affascinava tutti e dovevo confessare che da un po’ di tempo aveva cominciato a stregare persino me. Per l’esattezza, da quando avevo scoperto quanto fossi inaspettatamente portato per l’inglese, nonostante da bambino odiassi materie come le lingue straniere. E invece adesso, a distanza di cinque anni ero irrimediabilmente attratto da ogni sorta di lingua. Soprattutto dal linguaggio della musica. Altra cosa bizzarra, visto che ero sempre stato negato in tale arte. Eppure ultimamente, più spesso di quanto avrei voluto, mi perdevo in fantasticherie e sogni ad occhi aperti e canticchiavo, senza rendermene conto. Proprio come successo poco fa.
A fine lezioni aspettai Sakura, come tutti i giorni, e dato che nessuno di noi doveva restare per i club ci affrettammo a tornare a casa. La accompagnai fino all’ingresso e stavo per congedarmi, quando lei mi trattenne, tirandomi la manica. Mi voltai, trovandola a sorridermi malvagia. A volte mi faceva veramente paura.
«Non l’ho dimenticato.»
Sospirai, scompigliandomi i capelli mentre riflettevo su una possibilità di fuga.
«È tutto il giorno che aspetto di sentirti cantare!», esclamò eccitata, non attendendo oltre, prendendomi la mano per trascinarmi con sé fin dentro casa.
Chiesi scusa per il disturbo, ma lei mi rispose che non ce n’era bisogno perché eravamo soli.
«Quindi canta, senza alcuna ritrosia.»
«E Kerberos?», sospirai, lasciando che mi conducesse fino in sala, dove mi fece accomodare sul divano.
Si sedette al mio fianco con un tonfo, ragionando. «Dato che non è sceso a salutarci sicuramente starà dormendo, oppure starà giocando con le cuffie.» Drizzò poi le spalle, dedicandomi le sue attenzioni. «Ti ascolto.»
«È un po’ imbarazzante.», ammisi con un filo di voce, spostando lo sguardo sulle mie mani.
«Perché?»
«Saresti la prima persona per cui canto e… e la canzone in questione ricorda un po’ il passato …»
«Oh! Ora sono ancora più curiosa!»
Immaginavo. Mi rassegnai all’idea e mi preparai psicologicamente.
«Se la mia voce è orribile però fermami, d’accordo?»
«È una cosa di cui dubito.»
Le rivolsi un breve sguardo grato per la fiducia che riponeva in me. Chiusi poi gli occhi – forse mi avrebbe aiutato a concentrarmi. Se immaginavo di essere solo la mia voce non avrebbe dovuto tremare… Eppure, al contempo, desideravo che lei mi sentisse. Che ascoltasse almeno le parole, perché era a noi che le rivolgevo.
 
Lift up your head
Let it all start
Today is the day you return to your heart
Open your eyes
Let it begin
Today is the day we let the light in
 
Take my hand we're going home
I won't ever let you go
Take my hand we're going home
I won't ever let you go
We're going home
We're going home
 
Tacqui, riaprendo gli occhi, decidendo di non proseguire per non dovermi ripetere e notai anche lei con gli occhi chiusi. Un piccolo sorriso affiorò sulle sue labbra e lessi la felicità che sbocciava su di esse.
«Hai una voce bellissima.», mi encomiò, guardandomi.
«Non è vero.»
«Invece sì.», ridacchiò. «E ogni volta che ti sento parlare in inglese riconosco che sei davvero bravissimo!», aggiunse, imbarazzandomi maggiormente.
Abbassai la testa, arrossendo. Esagerava sempre coi complimenti.
«Vuoi sapere una cosa?», domandò dopo un po’, entrando nel mio campo visivo, sorridendomi un po’ impacciata. «Quando eri a Hong Kong chiesi a Tomoyo-chan di aiutarmi.»
«Aiutarti a fare cosa?», chiesi confuso – e in parte preoccupato.
«A cantare una canzone che ho scritto, cercando la giusta melodia.», confessò, mentre le sue guance si tingevano di rosso.
«Hai scritto una canzone?», chiesi incredulo. Non me l’aveva mai detto!
Annuì, mormorando: «Mi vergognavo… Però in questi anni ho allenato la voce, quindi adesso non dovrei più stonare.»
Alzai un sopracciglio, basito. Ripetei la domanda, non capacitandomene.
«Per te.», confermò con un sussurro. Trattenni il fiato, sentendomi il cuore in gola. «Vuoi ascoltarla?», propose timidamente.
«Assolutamente.»
Feci un cenno affermativo con la testa e lei mi sorrise raggiante, prima di alzarsi dal divano per mettersi di fronte a me, chiudendo gli occhi. Prese un respiro profondo e cominciò a cantare, guardandomi con un’espressione infinitamente tenera.
 
Massugu na hitomi 
itsumo damatteru 
yume o miru tabi ni 
soppo muite waratteru
 
Taisetsu na jikan o 
zutto mamotte kureta ne 
yukkuri to dakeredo hitotsu dake 
kitsuke ita koto tsukaetai kara
 
Anata ni aete anata to sugoshite 
ima koko ni sotto ukabu 
afureru kono omoi o uke tomete
 
Fukyou na shigusa 
itsumo soba ni iru 
omoide no naka de 
takaramono ni kawatteku
 
Daisuki na jikan o 
motto suki ni shite hoshii 
yukkuri to dakeredo hitotsu dake 
kitsuke ita koto shinjitai kara
 
Anata no yuuki anata no yasashisa 
hora koko ni kitto aru yo 
afureru kono namida o uke tomete
 
Mizu mo kaze mo taiyou mo daichi mo 
tsuki mo hoshi mo tsutsun de kureru
 
Mi alzai in piedi, con un groppo in gola, e la strinsi tra le mie braccia.
«Shaoran-kun?»
«Continua.», ordinai con voce roca, trattenendo le lacrime.
Percepii le sue labbra stendersi accanto al mio collo, prima di riprendere da dove si era fermata, abbassando la voce. Eppure, nonostante avesse ridotto il suo tono a un sussurro, le sue parole risuonavano alte nella mia mente, scivolando giù nel mio cuore, avvolgendolo nella loro dolcezza.

 
Anata ni aete anata to sugoshite 
ima koko ni sotto ukabu 
afureru kono omoi o uke tomete
 
Anata ga kureta mirai no kakereba 
hora koko ni hikatteru kara 
meguri aeta omoi wa hitotsu dake
 
«Sakura.», la chiamai con un fil di voce.
«Sì?»
La presi per le spalle, allontanandola di poco per riuscire a guardarla, emozionato.
«Ti amo.»
Lei spalancò le labbra, palesemente sorpresa; durò tuttavia un secondo, perché subito si aprì nel sorriso più grande che mi avesse mai rivolto.
«Anche io! Ti amo tantissimo!»
Mi saltò al collo, facendomi perdere l’equilibrio e così finimmo nuovamente entrambi sul divano. Ridemmo divertiti e quando ci rimettemmo composti le dissi: «È veramente bellissima. Grazie.»
«Grazie a te, per avermi ascoltata.», mi guardò grata, asciugandomi le guance da qualche lacrima che mi era sfuggita.
Le scompigliai i capelli, sorridendo rasserenato, pensando che meritava una degna risposta. Per questo cominciai a meditare su una canzone da scriverle, in modo tale che, dopo tanti anni, avremmo avuto la nostra personale playlist.




Angolino autrice:
Buonsalve! Il secondo tema, come avrete potuto vedere, è "playlist" e le canzoni utilizzate sono "Going home" di Randall Kent e "Hitotsu dake", cantata da Sakura stessa - spero che la conosciate, altrimenti cercatela e ascoltatela perché è veramente fantastica! Ed è, ovviamente, dedicata a Shaoran :3 Forse era un po' prevedibile utilizzarla così, ma era ora che lui sapesse della sua esistenza! 
Spero, come sempre, che questa one-shot sia stata di vostro gradimento! ^_^
A domenica prossima,
Steffirah

 
  
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