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Autore: mari05    17/01/2018    1 recensioni
Alllooooorrrra... lo so che non è la storia migliore del mondo, ma devo dire che ci tengo molto perché amo pensare ad un Percy un po' più grande e maturo.
Comunque, questa ff dovrebbe parlare di alcuni studenti un po' curiosoni che non sanno farsi i fattacci loro... *-*
Genere: Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Annabeth Chase, Nuovo personaggio, Percy Jackson
Note: AU, Nonsense | Avvertimenti: nessuno
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Ok. Erano passate poche ore, e il professor Jackson sembrava essere così depresso e immerso nei suoi pensieri che neanche la professoressa Buon avrebbe potuto risvegliarlo, staccarlo da tutto quello che stava succedendo dentro di lui.
Nel bel mezzo del disfacimento dei bagagli, Percy aveva ricevuto una telefonata. Si era avvicinato alla porta per avere più privacy, ma Kayla riuscì lo stesso a sentire l’intera conversazione.
“Come? Che significa?”
“Te ne vai?”
“E perché?”
“Ti ha aiutato tuo padre, dimmi, è così?”
“Anne, io…”
“E Bianca? Cosa penserà? Due genitori che non riescono neanche a parlarsi, un terzo incomodo, così si sentirà?”
“Annabeth, ti prego… fammi prima tornare”
“Io…”
“Che significa che devi pensarci? È un no? Allora cos’è?”
“Anne, io…”
“Io ti amo”
Se le altre volte era riuscita a sentire solo la voce quasi disperata dell’uomo che parlava con quella che Kayla presunse essere sua moglie, l’ultima frase pronunciata dall’altro capo del telefono arrivò forte e dura come una pugnalata, fredda come il ghiaccio, terribile come un proiettile in pieno petto.
“Io non ti amo”


Percy analizzò bene quelle parole, non appena Annabeth attaccò.
Io. Pronome soggetto. Annabeth. Sua moglie.
Non. Avverbio di negazione. Non… cosa?
Ti. Particella pronominale. Mi ti ci si vi. Le ricordava ancora tutte, sorprendente.
Amo. Io non ti amo. Io. Non. Ti. Amo. Io…cosa?
Strizzò gli occhi. Cosa aveva appena detto? Non aveva ben capito. Forse…
Strinse i pugni, nascondendo il volto umido addossandosi alla parete.
Non tutto andava bene del loro rapporto, ma… ma non da andarsene.
Non da abbandonarlo così, lasciando sua figlia in mano a Jason e Piper e vietandogli di vederla.
Ok. LE cose stavano andando malaccio nell’ultimo periodo, ma lui l’amava.
Io non ti amo.
Io non ti amo.


Kayla si accorse che qualcosa non andava nell’istante in cui il professore tornò nella camera principale, si sedette sul lettino minuscolo, accese il telefono e con totale menefreghismo (che nascondeva al meglio la rabbia che regnava in lui) e cominciò a picchiettare il piede sul pavimento.
“Tutto… tutto apposto?” domandò lei con un file di voce, nascondendo il volto dietro i capelli tinti dei colori più pazzi.
Percy alzò lo sguardo.
“Certo. Perché dovrebbe andare male?” mormorò, fissando il pavimento con aria vuota. Sul viso aveva tutto tranne che vuoto.
“Io… Se vuole posso aiutarla. Io, ecco, una volta un ragazzo mi lasciò e…”
fu interrotta da una fragorosa risata. Era il professor Jackson, che ridacchiava mentre continuava a fissare il telefono.
“Aiutarmi? Tu?” Quelle due parole vennero sputacchiate dall’uomo con tutto l’odio che la ragazza conosceva. L’odio più infido, perfido, innaturale e del tutto insensato verso un’unica persona.
“Tu non mi puoi aiutare, Kayla” si alzò, sollevando il braccio muscoloso, facendo intravedere il tatuaggio con le lettere SPQR e una moltitudine di linee.
Si avvicinò pericolosamente a lei, talmente vicino che il suo fiato che sapeva di brezza marina poteva arrivare alle sue narici e i suoi occhi color smeraldo potessero osservarla.
“Tu non puoi fare niente, Kayla. Che me ne faccio dell’aiuto di una ragazzina?” Tutta la gentilezza che aveva preso parte del suo corpo sembrò abbandonarlo, nel momento in cui posò le labbra su quelle della giovane studentessa.
Stava davvero succedendo?
Kayla sorrise mentre l’uomo le cinse la vita e approfondì il bacio, sorridendo anche lui.
Le scoccò un bacio sulla guancia, prima di avventurarsi per la stanza ed entrare in bagno. Da lì forse sarebbe uscito tra due minuti, un quarto d’ora o dieci secondi. Oppure sarebbe rimasto lì dentro, godendosi lo sguardo perso di Kayla, gli occhi impauriti per quello che era appena successo in contrasto con le labbra, gonfie e profumate di lui, tirate in un sorriso che neanche Leonardo Da Vinci avrebbe potuto dipingere.
Ma Percy Jackson l’aveva dipinto, quel pomeriggio, dopo essere stato lasciato dalla moglie. Sì. Anche se soffriva, a Kayla andava bene. Aveva lei il coltello dalla parte del manico, ora…
 
CHE CAPITOLO SENZA SENSO!
MI  DISPIACE UN CASINO NON AVER POTUTO PORTARE QUALCOSA DI PIÙ PENSATO, MA POCO È MEGLIO DI NIENTE, NO?
COMUNQUE, VOLEVO DIRVI UNA COSA. NON TROVAVO L’ISPIRAZIONE PER SCRIVERE DA UN PO’, FINO A QUANDO, UN GIORNO (CHE SI DA IL CASO ESSERE PROPRIO OGGI), STAVO BAZZICANDO SUL MIO “PANNELLO DI CONTROLLO DI EFP” (COSÌ SI CHIAMA? AH NO?) HO LETTO QUANTE PERSONE AVEVANO PREFERITO LA MIA STORIA. ED ERANO TANTISSIME! TANTISSIMA GENTE HA PREFERITO QUESTA STORIA AD ALTRE 448!
NON POTEVO LASCIARVI COSÌ, NON POTEVO!
HO DECISO DI TORNARE IN PISTA, CONCLUDERÒ QUESTA STORIA E VI FARÒ ESSERE FIERI DI ME!
P.S. A COSTO DI QUALCHE RECENSIONE IN PIÙ, CHE DITE?

   
 
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