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Autore: Giorgia_Farah    17/01/2018    0 recensioni
Una Terra divisa tra il Bene e il Male. Due Regni in balia all'odio li avevano portati a guerre sanguinose e stragi di morti innocenti.
Sigillare un patto era l'unico modo per riportare nel mondo la pace e la prosperità.
Ma ad un caro prezzo: ossia sacrificare la propria vita per amare una persona che meritava soltanto di essere odiata
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het
Note: Cross-over | Avvertimenti: Threesome, Violenza
Capitoli:
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Sono sdraiata sul letto, finalmente posso massaggiarmi i piedi, martoriati in quella lunga giornata del ricevimento. Alle mie spalle, Ariel è sdraiata sul mio letto. «Ti rendi conto!!! È un figlio di buona donna!!!» L’insulto scandito verso un soggetto di sesso maschile mi fa intendere che siamo ritornati a parlare nuovamente di Jude, mentre io non riesco a non pensare a come Diamond possa avermi preso in parola, e soprattutto con estrema semplicità, quando lo implorai di dimenticarmi. Senza notare che qualche ora prima mi dimostrava il contrario. Tutto ciò non può che lasciarmi sollevata, fiera di me stessa per averlo lontanato da me. Allora come mai, in un angolino nascosto del mio cuore, questo rifiuto comincia a pesarmi? Decido di accantonare tutto, prestando maggiormente attenzione allo sfogo della mia amica. Mi sdraio accanto a lei. «Che ti ha detto?» «Che la trovava attraente» «Perché, tu non lo sei?» Alza le spalle. «Non lo so. Né mi interessa, non devo piacergli. Anzi, un ragazzo così scontroso è narcisista non lo voglio avere nemmeno come amico. Puah! Mi fa schifo!» «Eppure mi sembrava molto legato a te» «Solo come amica, sia chiaro» Mi sfioro con le dita il mento. «Eppure se siete solo amici, non ti dovrebbe importare quello che pensa delle altre ragazze» In risposta, alza le mani davanti a sé. «Infatti non mi importa. Facesse quello che gli pare con loro. Se le portasse anche a letto. Io non disturberò più i suoi ideali. Se non sa rispettare le donne, vuol dire che non sa rispettare nemmeno me, una sua amica» Spazientita, alza il corpicino esile dal letto e danza fino al bagno, maledicendo Jude al tempo stesso. «Andasse al diavolo lui e chi l’ha creato!», sbatte furiosamente la porta alle sue spalle e qualche secondo dopo sento il rumore dell’acqua riempire la vasca. Nel frattempo, Isadora ha assistito all’intera scena, rimanendo con lo sguardo incantato alla porta, l’espressione di chi non ha capito niente di quello che è appena accaduto. Mi guarda per avere risposte. «Fai finta di non aver sentito niente, d’accordo, tesoro?» Lei annuisce, e ritorna a scrivere la lettera per sua madre. Aspettiamo con pazienza che la no compagna esca dal bagno, per accompagnare la bimba nella stanza. Qui la aiuto a lavarsi, le pettino i capelli morbidi e la lascio coricarsi sotto le coperte. Mentre io sciolgo ogni tensione all’interno della vasca, fuori sento il canto melodioso di Ariel: la ragazza sta addormentato Isadora. Non ho dubbi che la sua voce fosse la più bella mai sentito, non a caso è una sirena. Rido di me stessa, osservando quella ironica osservazione. Finito di pulirmi, profumarmi, e liberarmi i capelli dai nodi creatosi a causa dell’acconciatura, esco dal bagno e finalmente trovo il calore tanto atteso dalle mie coperte. «Pearl?», mi chiama Ariel. «Mmm?» «Grazie» «Di cosa?» «Per avermi ascoltato. Scusa se ho perso le staffe» «Sei una ragazza rispettosa, e non ti biasimo se anche tu pretendi rispetto. Ariel, lo sai che io ci sarò se per voi. Non devi ringraziarmi» «Ci sarò per te anch’io quando ne avrai bisogno. Buonanotte» «Buonanotte, pesciolino», sussurro. Poi scoppio a ridere. Mi piego in due, meravigliata di quella spontanea ilarità. Non passa molto che un cuscino mi colpisce la schiena, e il tessuto mi schiaffeggia il viso. «Pesciolino a chi?!». Ariel è scesa dal letto. Non ho il tempo di difendermi che lei salta sul mio letto e riprende la carica con un altro cuscinetto. Il trambusto fa svegliare la povera bambina, la quale non rimane imbronciata, ma si unisce anche lei nella lotta di cuscini. Il giorno seguente ci sorprende danzanti fiocchi bianchi che cadono silenziosi sul cortile superiore del castello, coprendo i tetti e di conseguenza l’intera vallata. A svegliarmi è l’urlo eccitato di Isadora, la quale si è alzata prima, scoprendo il meraviglioso spettacolo. «La neve! La neve!», mi urla all’orecchio la bambina. Mugugno qualcosa, infastidita dalla mia piccola sveglia squillante. Infine, quando capisco che i gridolini non sarebbero finiti finché non ci avrebbe visto tutte e due alzate dal letto, scosto finalmente le coperte. Maledizione! Per una volta che possiamo dormire fino a tardi. Sgrano gli occhi quando scopro che quello che sta cadendo sopra le nostre teste è soffice neve. È stupendo. «È come se le stagioni qui si fossero capovolte», dice meravigliata Ariel, guardando verso l’alto. «Ad Aaron è primavera. Qui invece è inverno», aggiungo. Anche il balcone è velato di bianco. Rimango Impalata a guardare ogni angolo della fortezza diventare mano a mano sempre più chiaro, finché un vento gelido mi fa tremare le ossa. «Dobbiamo metterci qualcosa di caldo, se vogliamo uscire», avverto, entrando in camera I miei passi avanzano verso l’armadio, ma i miei occhi hanno già captato qualcosa di chiaro prima di poggiarsi verso l’enorme mobile in legno. Ritorno a guardare dalla parte opposta, e scopro che un vestito in pelle bianca è adagiato sul mio llett, i suoi peli bianchi e soffici si spostano ad ogni soffio d’aria. Senza spiegarmi come cavolo ci fosse finito lì, lo afferro e studio l’indumento. È un vestito lungo, interna ricoperto di pelo bianco di animale (o così sembra), a maniche lunghe. La gonna cade fino ai piedi, dal giro vita partono piccoli brillanti che a occhio sembrano gocce di pioggia, fino all’estremità della stoffa. Sono sollevata nel constatare che quest’oggi ci hanno permesso di mantenerci in salute. Ai piedi del letto, accompagnati assieme al vestito, giacciono un paio di saldati eleganti, del medesimo colore, alti fino alle ginocchia e con pelo caldo al suo interno. Per non mancare un mantello. In questo modo ci saremmo mantenute abbastanza calde. «Devo dire che hanno pensato proprio a tutto», sorrido, tra la meraviglia e il compiacimento, rivolgendomi alle ragazze. Anche loro hanno il mio stesso identico vestito, con la differenza che oltre alla tinta bianca i loro vestiti hanno una sfumatura azzurra per Ariel e rosa per Isadora. I saldali sono della stessa tinta delle sfumature, mentre i loro mantelli bianchi come il mio. Indosso il vestito, perfettamente aderente al corpo, e lascio i capelli sciolti, rimasti ancora ondulati per l’acconciatura della scorsa giornata. «Copriti bene, non voglio che ti prendi un malanno», dico alla bambina, mentre le pettino i capelli. Lei annuisce, in silenzio si lascia spazzolare. Dopo qualche minuto Ariel esce dal bagno con lo stesso chignon di ieri, e possiamo dirci finalmente pronte. Usciamo, elettrizzate come tre bambine e raggiungiamo il cortile dove molte altre stanno già facendo confidenza tra di loro. Sasha è una delle prime a venirci incontro. «Buongiorno ragazze!» «Ciao», rispondiamo io e Ariel in coro. «Mi insegni a scagliare le frecce con l’arco?», la incita Isadora, senza pensarci un secondo. «Tesoro, hai fatto già abbastanza ieri, non credi che Sasha sia stanca?», dico io. Sasha, prima che la bimba cominci a ribattere, interviene. «Pearl, non ti preoccupare, sarò ben felice di insegnargli qualcosa», poi si inginocchia davanti a Isadora. «Ora però meglio stare molto attenti in questo Castello. Ma ti prometto che un giorno, lontano da queste mura, ti insegnerò tutto quello che vuoi» La bimba la abbraccia, speranzosa che quel giorno arrivasse. Ci raduniamo insieme alle altre ragazze, parliamo del più e del meno. Facciamo amicizia con un’altra ragazza della nostra età, indossa sempre una treccia attaccata alla testa che ricade fino alla vita, i cappelli sono di un biondo cenere, io viso tondo, il nasino piccolo, gli occhi minuscoli ma con riflessi che vanno dal castano chiaro fino al verde, la fanno sembrare una bambina dell’età di Isadora. Solo la sua corporatura abbastanza formosa e alta, ci inganna. Stringo la mano della ragazza. «Pearl Howard», mi presento. Il viso della ragazza si illumina, mostrandomi un sorriso a trentadue denti. «Il piacere è mio, Lady Pearl. Mi chiamo Sarah», ricambia, lasciandoci stringere la mano cicciottella. Quando anche le mie compagne di stanza si presentano, mi avvicino alla ragazza per farle un po’ di compagnia. Per me è un bene parlare con altre ragazze, ciò mi permette di conoscere molto più il mondo in cui vivo, dato non sono mai uscita da Aaron. E inoltre fare nuove amicizie non è mai un male. «Da dove vieni, Sarah?», chiedo, sedendomi accanto a lei sopra la fontana. Seppur il mio sedere appoggi sulla neve fredda, il mantello sembra dare lo stesso calore del sole quando è estate, questo mi permette di stare ben riscaldata. «Vivo a Blume, proprio di fianco alla mia nazione c’è Mermaid» «Quindi…Blume, se non erro, sta per….» «Fiore», anticipa lei, nello stesso momento in cui concludo la frase. «Esatto» «E scommetto che la tua particolarità è quella di controllare la natura» «Sí, ho questo amore innato per la natura fin da quando ero bambina. Mia madre mi ha partorita in un campo di fiori, sai? Sono l’unica della famiglia che ha questo potere: le altre particolarità dei miei genitori se ne sono andate quando ancora non ero nata. Sicuramente per la guerra.» «Certo, la guerra porta dolore e distruzione. Tutta la felicità viene spezzata via e ciò ci fa sentire inutili, quindi il poter se non va», aggiungo io, guardando la comitiva di ragazze, Ariel che parlava con Sasha e Isadora. «E questo luogo non è da meno», aggiunge Sarah. «Qui la natura è spenta, sembra morta, e con la maggior parte di essa non riesco ad avere nessun contatto. Mi sento vulnerabile.» Infatti, guardandola bene, mi sembra molto dimagrita: riesco a notarlo dagli zigomi e sale mani. «Noi due siamo ugualissime, sentiamo la sofferenza del nulla, della vita che non c’è, e questo non fa altro che indebolirci ogni giorno di più» Si avvicina, cingendomi le spalle. «Pearl, almeno il tuo potere si collega anche alla salute delle persone che ti circondano, oltre alla natura. Io ho solo quest’ultima come ancora di salvezza, e di natura viva ne vedo poca. Sto soffre insieme a lei» Il mio corpo si pietrifica, quando capisco cosa mi sta dicendo: la ragazza si spegne poco a poco, meno vita naturale dominava questo inferno e più possibilità di morte c’è per lei. Se non sarà il Principe ad ucciderla, lo farà la natura stessa. Entrambe sono collegate tra di loro, se una muore, lo farà anche l’altra. E questo periodo invernale non aiuta di certo la sua salute. Per confortarla, nonostante in questo momento sia difficile confortare anche me, la abbraccio. «Sarah, devi stare tranquilla. Sei in buone mani. Ti aiuterò io» Sì scosta dall'abbraccio, chiaramente impaurita. «Sei impazzita? Sai cosa potrebbe fare il Principe se ti scopre aiutare una di noi? In questo posto dobbiamo imparare a cavarsela da sole» «Poco mi importa del Principe. Come ho salvato Isadora, posso salvare anche te. E non sarà di certo un mostro con le zanne a impedirmelo» Abbassa lo sguardo, sconsolata. «Lui può. Lui può fare tutto» «Non riesco a vedere una ragazza soffrire» «Sai cosa ti farà, vero?» Un brivido di terrore mi percuote la schiena, immaginando le varie torture a cui mi sarei sottoposta. «Lo so, ma non me ne importa» «Non dire questo, quando leggo il terrore nei tuoi occhi» Annuisco. Lasciamo che i nostri sguardi perlustrano il territorio innevato, nel silenzio totale, interrotto dalle risate e qualche palla di neve, alla fine è Sarah a parlare per prima. «Chissà come sta pensando Vincenzo?» «Vincenzo?» Lei mi guarda, arrossendo. Non si è accorta di aver parla il suo pensiero. «Oh… il mio ragazzo» «Hai in ragazzo?» Annuisce. «Mi ha visto mentre mi portarono via. Mi promise che al mio ritorno, semmai ci sarebbe stato…», i suoi occhi castani iniziarono a luccicare. «Lui, ecco….mi avrebbe sposato. Io gli promisi di conservare la mia verginità, o per lo meno di tentare. Gli promisi soprattutto che non sarei morta, che avrei lottato», la frase cadde in un pianto disperato. Ora riesco a notare la fragilità e la paura di questa ragazza, nonostante voglia apparire forte e combattiva. La abbraccio, accarezzandole la schiena. «Calmati, Sarah, vedrai che riusciremo a trovare una soluzione» «Temo per la mia vita. Ho paura di tornare a casa mia. Ogni sera sono più convinta che non rivedrò più Vincenzo», singhiozza. «No!», le sussurro dolcemente. «Ascolta, io farò tutto ciò che è in mio potere per salvarti. C’è la metterò tutta, tu resisti. Okey?» Annuisce, asciugandosi le lacrime. Aspetto che si calmi, poi ritorno a parlare. «Il Principe non mi fa paura», aggiungo. «Vorrei tanto che tu non rischiassi la tua vita per me» «Che vuoi che sia un braccio rotto o un piede ingessato? Sapessi come ero ridotta tutte le volte che mi lanciavo dagli alberi» Ride di cuore. «Sei una ragazza ribelle» «Abbastanza» «Non smettere, non farti calpestare da nessuno. Non permettere mai a nessuno di comandarti» Annuisco, convinta che avrei fatto di tutto pur di non lasciar morire questa dolce ragazza. Questo è il nostro primo giorno libero. Il pomeriggio ci passano a consegnare il pranzo a casa. La tavola è imbandita di ogni pietanza calda, adatta per questo clima freddo. Sul tardi, scrivo le lettere che avrei consegnato il giorno dopo alla mia famiglia e alla madre di Isadora. Consolo loro dicendo che va tutto bene, che soggiorniamo in un appartamento elegante e confortevole, aggiungo inoltre che da domani inizierà il mio vero lavoro e che ho iniziato a conoscere molto di più le altre ragazze sopravvissute. Non sono sola. Prima di cena, affacciata al balcone nella camera, vedo il portone spalancarsi. Un secondo dopo una figura slanciata e tinta di rosso esce fuori, calpestando a passi veloci la neve. È Penélope. Giusto, non si è vista dalla scorsa sera, sicuramente i due piccioncini si sono dedicati molto tempo a pomiciare nel letto reale. Lei non si accorge di me, fila dritta al suo appartamento con aria sognante, e fiera di aver compiuto il suo lavoro. Certo, si starà immaginando l’abito nuziale, la corona impreziosita da gemme preziose, il trono di cui siederà per il resto dei suoi patetici giorni. Bè, buon per lei! Divenendo Regina, avrà anche il vantaggio di andare a letto con gli stallieri. Rido sommessamente a questa osservazione. La cosa non mi fa preoccupare, de infine sarà condannata alla barriera, è affar suo. Ritorno in camera per farmi un bagno caldo. Uscita dalla vasca corro in vestaglia nel salotto dove Ariel e Isadora stanno già assaggiando la minestra. «Sei in ritardo», mi avvisa Ariel, non appena scendo dalle scale a chiocciola. Come mai questa frase ha quel tono materno? Per un secondo sembra di non essermi mai allontanata da casa. «Ero assorta nei miei pensieri», rispondo. «Cosa c’è di buono?», chiedo, guardando ogni buona pietanza fumante arricchire la tavola. «Tutto», risponde la bambina. Rido appena. Ovvio: cos’è quel cibo che non fosse buono? Prendo anch’io la minestra. «Poco fa ho sentito Penélope entrare», aggiungo un quarto d’ora dopo. «L’ho sentita anch’io», aggiunge Isadora. «Finalmente è uscita dal pollaio», boccheggia. Scoppio a ridere, rischiando di soffocarmi con l’acqua. Anche Isadora partecipa, ma con un espressione confusa. È ancora una bambina e certe cose non le sa. Menomale. «Per me può ritornare tutte le notti che vuole. Il pollo è libero, non sarò di certo io la prossima gallina» Ariel ride. ****** Hola miei vampiretti! Iniziamo questo ritorno alla scrittura con una bella influenzaaaaaa! Yeeeeee! Voi come state? Come avete passato le vacanze? Sono curiosissima ❤ Mi raccomando, fatemi sapere cosa ne pensate di questo capitolo, se vi piace! E seguitemi! ❤ Ora vado a riposarmi un pochino, altrimenti la febbre non passa ❤ Vi mando un bacione grande, a presto vampiretti! Giorgia
   
 
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