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Autore: Pareidolia    18/01/2018    1 recensioni
"Il mondo è nulla. Non è in un modo ma nemmeno in un altro. E' chi ci vive a renderlo ciò che è, non ci sono forze esterne che ne dettano le regole se non su un piano puramente fisico. A dirla tutta, sono gli uomini a imporre il proprio volere e a influenzare le forze che reggono il mondo, non il contrario."
In un tempo in cui il pianeta sta per morire ed è popolato da strane forze nascoste nelle ombre, un ragazzino viaggia verso una montagna lontana e sconosciuta. Durante il viaggio, però, osserva e interagisce con svariate persone utilizzando i propri misteriosi poteri, scavando nelle loro vite e nei loro ricordi per poter affrontare una scelta complicata e segreta.
Genere: Avventura, Dark, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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-Venite, venite tutti! Venite e ascoltate la storia che ho da raccontarvi!- Così gridava il vecchio, seduto a terra in mezzo alla sporcizia della strada. I suoi occhi, colmi forse d’una densa follia, scrutavano ogni angolo in cerca di qualcuno disposto ad ascoltarlo, qualcuno abbastanza interessato o sciocco da sederglisi accanto per tendere le orecchie senza spaventarsi al luccicare tetro del suo sguardo, sottile faro nella tarda sera. Eppure, attorno a sé non vedeva altro che una folla di volti pallidi che non gli prestavano la minima attenzione. Ignoralo e continua la tua vita, questo era il motto di ognuno di loro poiché pensavano fosse la cosa giusta da fare con un matto.
Soltanto un ragazzo fu abbastanza sciocco da prestargli la tanto desiderata attenzione e sedergli accanto. Un ragazzetto dal viso bianco come latte, capelli neri come quella stessa notte senza stelle e un sorriso perennemente stampato sulle labbra. Si sedette accanto al vecchio e, sporgendosi col busto, tese le orecchie per ascoltare, follemente incuriosito. L’uomo, guardandolo, assottigliò il proprio sorriso colmo di denti stranamente bianchi come le stelle in cielo e iniziò a narrare.
 
Al tempo della storia vivevo in un piccolo villaggio. Ero un contadino e ce n’erano altri quaranta, oltre a me. Più o meno, credo, non ricordo più molto bene. Ognuno di noi non conosceva nulla all’infuori della vita nei campi poiché negli anni non avevamo superato l’arco di legno del villaggio. Eppure quel luogo era bellissimo… forse persino troppo. Ogni mattina la figlia del capo-villaggio passava attorno al campo salutandoci anche se eravamo tutti brutti come la fame. Per lei non era importante se fossimo campagnoli stolti o cavalieri bellissimi, ci salutava con un largo sorriso e un ampio gesto della mano.
Anche suo padre era gentile con ognuno di noi. Sin dal giorno in cui era arrivato al villaggio si era innamorato di quel luogo, nonostante fosse decadente e vecchio. Proprio per onorare questo amore aveva avviato una lunga serie di restauri a proprie spese e, al termine dei lavori, nessuno avrebbe mai immaginato che si trattasse del lo stesso luogo di prima. Ora un lungo stradone attraversava l’intero villaggio, dividendolo in due zone popolate da case piccole ma graziose. Là dove fino a poco prima il legno era nero e marcio ora era divenuto brillante e chiaro. Là dove il fango rendeva difficile camminare, si estendeva ormai una distesa di terra solida e pulita sulla quale erano pronti a germogliare fiori di ogni colore e alberi colmi di vita. Ma erano i campi a essere la cosa più bella: I restauri li avevano resi gialli e splendenti al punto da riflettere con orgoglio i raggi dello stesso sole che da sempre li aveva carezzati e pulito era divenuto il sottile fiume che ne circondava il confine.
Ma è cosa risaputa che le cose belle non sono fatte per durare in eterno e non ci volle molto prima che le cose, di evento in evento, cominciarono a peggiorare.
E’ sconosciuto ciò che portò via la perfezione dal villaggio ma ciò che si sa è che tutto iniziò un mattino, in piena primavera. Il mattino in cui Zavran morì. Poveraccio… a pensarci adesso ancora il mio cuore piange nel rivedere il suo volto grezzo e scavato, senza mai un filo di barba e robusto. Era il più vecchio tra tutti noi e il miglior lavoratore. E’ tanto vero che non faceva mai pause durante le giornate lavorative quanto che le sue zappate fossero le più forti fra tutti noi. Eppure, quel mattino, si spense ma fai attenzione, giovane, poiché la sua morte non è un fatto così comune! Se sei debole di cuore vattene ora, perché la sola descrizione potrebbe spaccarti in due l’animo! Dunque… quella mattina sua moglie, Maira, si diresse in cucina e trovò il marito accasciato sul tavolo. Non era strano che Zavran si fosse addormentato lì, perciò lei non diede gran peso alla faccenda e iniziò a preparare la colazione ma dopo pochi minuti le sue orecchie udirono strani suoni provenire dal corpo dell’uomo. Suoni indescrivibili, tanto erano orrendi. Lei, quindi, si voltò di colpo e osservò con attenzione il corpo di suo marito, controllando bene che non si trattasse del suo strano modo di russare ma non era affatto così.
Notò che la sua testa si muoveva in modo strano, scossa da spasmi di forza sempre crescente fin quando, voltandosi di lato, non si fermò. Gli occhi di Zavran si spalancarono, mossi da una volontà sconosciuta che, di certo, non apparteneva a lui e insieme ad essi si aprì anche la bocca, dalla quale una densa sostanza nera fuoriuscì colando sul tavolo. Puoi forse tu, un giovane ragazzetto dallo sguardo ebete, immaginare la paura e il dolore provati da una donna che vede una simile scena? Puoi forse anche solo lontanamente comprendere cosa si possa provare? Smentiscimi se la risposta è differente da come penso! Fatto sta che da quell’avvenimento in poi la notizia di un demone nel villaggio si diffuse, superando di gran lunga la fama che i nostri campi avevano ottenuto da quando il sole aveva iniziato a baciarli con dolcezza. E credo sia un eufemismo dire che qualcosa, poco a poco, cambiò anche nell’animo degli altri abitanti.
Gli sguardi per le strade… non potrò mai dimenticarli, no. Colmi di paura e sospetto. Nel giro di pochi giorni tutta la fiducia e la gioia che negli anni si erano create nel villaggio svanirono, di colpo. Un colpo di vento freddo accompagnò tutto ciò. E si poteva ben leggere, in quel periodo, il cambiamento anche negli occhi del capo-villaggio ma non in quelli di sua figlia. Lei restava sempre radiosa e dolce con tutti, proprio come il sole che continuava a illuminarci come a voler dire qualcosa, come fosse un segno per darci un qualche messaggio.
Ma se credi che le sfortune del villaggio siano già terminate ti sbagli, caro ragazzo. Già, perché nel giro di qualche altro giorno le vittime della misteriosa malattia aumentarono a quattro in totale. Quattro nuove buche nel cimitero accanto alla minuscola chiesa, ti dico. Fu da quel momento che iniziò il panico, specialmente perché fra le vittime c’era una bimba, Lidjia, figlia di uno dei contadini più giovani. Da quel momento in poi il grigiore della tristezza calò su tutto il villaggio e le voci sul demone che lo abitava si diffusero ancor di più lungo il paese. Nessuno sapeva spiegarsi il perché di tutto ciò ed è inutile dire che furono parecchi gli studiosi che vennero a fare numerose ricerche sulla cosa, riempiendo sempre più la locanda del villaggio eppure nessuno fra loro scoprì anche solo un indizio.
Vennero uomini con pesanti borse sulle spalle e donne bellissime al loro seguito, tutti con abiti appariscenti e strambi e iniziarono a piazzare ovunque congegni d’ogni tipo. Cacciatori di demoni, si definivano, ma ti assicuro che non trovarono niente e furono costretti a tornarsene da dove venivano, i ciarlatani. Vennero anche guerrieri ed esplorarono le buie grotte vicino alla città vaneggiando di streghe o maghi ma pure loro andarono via a mani vuote. Soltanto due persone restarono e t’assicuro che si tratta delle più strane che abbia mai visto. Ascolta bene perché se mai livedrai coi tuoi occhi appannati dalla giovinezza significherà una e una cosa soltanto: che il luogo in cui ti trovi non è al sicuro.
Dunque, la prima era una giovane donna dai lunghi capelli rossi e un’armatura splendente che copriva stoffe che mai nessuno di noi aveva visto. Fasciato al petto aveva un neonato silenzioso e bello ma il cui sguardo incuteva un terrore nero e assai profondo ma inferiore a quello provocato dalla spada allacciata alla sua schiena. Gli occhi di lei erano perennemente chiusi, mai una volta in tutto quel tempo li aveva aperti, come se la sua vista fosse altrove.
L’altra persona, invece, era un ragazzetto all’incirca della tua età ma più basso, di questo son sicuro. Uno spesso mantello gli avvolgeva il corpo e copriva con un cappuccio il suo volto ma sotto l’ombra si intravedevano, a volte, occhi del colore dell’alba più bella e splendente di tutte. I suoi piedi erano fasciati solo da bene tinte di nero ma sembrava non avessero mai toccato terra, tanto erano puliti e chiari. Una creatura divina per certo, questo fu ciò che pensai quando lo vidi, eppure pareva soltanto un comune ragazzino. Tante furono le domande che mi aleggiarono per la mente ma non ne feci nessuna.
Venni a sapere che la donna si chiamava Lucia mentre il ragazzino non aveva proferito a nessuno il proprio nome, limitandosi però a porre domande a chiunque e tutti, parlandogli, avevano provato strane sensazioni. Come se qualcuno fosse entrato nella loro mente e a piene mani avesse scavato nei pensieri d’ognuno. In quei momenti, quando parlavano col ragazzino, per qualche sconosciuto motivo dei ricordi che avevano sepolto riaffioravano proprio davanti ai loro occhi per svanire al termine della conversazione durante la quale erano stati talmente tanto distratti da non riuscire nemmeno a ricordare, ironicamente, se avessero parlato di qualcosa o no.
La loro presenza nel villaggio, comunque, se da un lato spaventava quasi ogni abitanti per le stranezze che ne conseguivano, da un altro lato rassicurava tutti poiché solo a guardarli si sentiva una certa autorità provenire da entrambi. A pensarci ora, fa ancora uno strano effetto parlare di autorità in un ragazzino ma fatto sta che anche solo dalle sue parole si comprendeva chiaramente quanto fosse intelligente rispetto agli altri ragazzi del villaggio.
Fin quando tutti gli altri guerrieri e i vari studiosi venuti al villaggio perseguivano le proprie ricerche, i due non fecero nulla se non osservare. I loro occhi erano ovunque, scrutavano ogni angolo del villaggio minuziosamente e senza mai fermarsi ma non fecero niente di più fino al momento in cui tutti gli altri si arresero e andarono via imprecando. Fu da quel momento che i due, separatamente, cominciarono le loro indagini. Ancora, però, non avevano fatto i conti con gli abitanti del villaggio.
Cocciuti sin dalla nascita, molti vedevano chiunque come un invasore e per questo motivo tacevano. Fu proprio così che reagì Ulrich quando la donna si recò alla sua abitazione. Come un soldato che protegge la propria patria si piazzò davanti alla porta, impedendole di entrare mentre, alle sue spalle, sua moglie e i due figli urlavano di paura.
-Provo a ripetere la domanda, da quanto tempo capitano queste cose?- Il tono di Lucia si era fatto parecchio aspro e chiunque stesse assistendo alla scena aveva il terrore che la sua spada sgusciasse fuori dallo spesso e rovinato fodero da un momento all’altro per calare sul giallognolo corpo di Ulrich ma lui non si smuoveva, come una roccia restava fermo sulla propria posizione senza risponderle a parole ma con uno sguardo tanto severo quanto stupido.
-In che modo devo far capire a ognuno di voi che sono qui per aiutare? E’ inutile che vi mettete a frignare se i vostri vicini muoiono, se poi non fate niente per sistemare le cose!- Sbraitò lei dopo una pausa di silenzio. Il neonato legato al suo petto fissò col solito sguardo profondo Ulrich, il quale tentennò e allontanò rapidamente gli occhi, rientrando poi in casa sbattendo la porta.
Lucia, ancor più furiosa, sputò sulla superficie di legno almeno tre volte prima di allontanarsi. Chiunque incrociasse il suo cammino, vedendola così arrabbiata, si allontanò di parecchi passi voltandosi poi per vederla proseguire.
Fu il ragazzino ad avere più fortuna con Ulrich. Quando l’uomo aprì la porta, immaginandosi di trovare ancora Lucia dall’altra parte, rimase del tutto sorpreso alla vista di un ragazzo così giovane e le sue difese si fecero abbastanza basse da permettere al giovane di raderle totalmente al suolo. Io e altri abitanti eravamo là e vedemmo cosa accadde. Il ragazzo iniziò a parlargli e Ulrich, come incantato, si bloccò. A vederlo sembrava una statua di gesso. Sono certo che quel ragazzino scavò nella sua mente, in quel momento, varcando le porte dei ricordi del povero contadino e ripercorrendone tutta la vita dalla nascita fino a quel momento stesso.
Nei suoi ricordi, però, non c’erano altro che immagini confuse e incomprensibili, poiché da molto tempo ormai il suo cervello perdeva rapidamente colpi. L’unica cosa che il ragazzino vide e che gli parve vagamente utile fu una scena particolarmente strana.
   
 
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