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Autore: Raptor Pardus    18/01/2018    0 recensioni
Sulla terribile Piaga che infestò la galassia e riunì i Tre Imperi, e sugli sfortunati minatori di Verris che ne patirono le conseguenze.
Genere: Azione, Science-fiction, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Giorno 41
 
<< È andata meglio del previsto. >> si ripeté per l’ennesima volta il direttore, grattandosi la barba ispida che ora ornava il suo mento, stravaccato su una delle tante sedie della mensa.
<< Già, meglio del previsto. Pensavo non sarebbe tornato nessuno da quel pozzo, e invece… >> replicò il colonnello Lyucos, guardando verso gli uomini seduti intorno ad un tavolo vicino, scuri in volto, sporchi e malmessi. << Invece abbiamo quasi ucciso la mente del nido. >>
<< Quasi. >> sottolineò il direttore, piegandosi in avanti e poggiando entrambi i gomiti sul tavolo.
<< Quegli uomini sarebbero morti in ogni caso, ho solo dato loro la possibilità di morire in maniera rapida e onorevole, e guarda cosa sono stati in grado di fare. >>
<< Sopravvivere? >>
<< No. >> rispose il colonnello, avvicinandosi al suo interlocutore dall’altra parte del tavolo. << Hanno distrutto la covata, se ci hanno visto giusto là in fondo. Da quanto non subiamo un attacco? >>
Il direttore guardò il colonnello, un folto sopracciglio inarcato.
<< E questo significherebbe? >>
<< Che abbiamo guadagnato un bel po’ di giorni. Quelle… cose stanno perdendo tempo prezioso a riorganizzarsi là sotto, mentre noi abbiamo ripreso la struttura. Io la considero una vittoria. >>
<< Io ho perso quasi tutti i miei operai. Mi perdoni se personalmente io la penso in maniera diversa. >> rispose acido il direttore puntando le nocche sul tavolo e alzandosi.
Lyucos guardò l’uomo uscire dalla sala, fece una smorfia di disappunto e si slacciò uno dei bottoni del doppio petto della sua uniforme.
 
Jaco attendeva su un letto nell’infermeria che succedesse qualcosa, qualsiasi cosa.
Nonostante la ferita non fosse per nulla grave – un dannato graffio, nulla di più – era costretto a restare in infermeria per evitare che infezioni sconosciute potessero diffondersi tra i pochi uomini che ancora vivevano nel complesso minerario, relegato come un prigioniero in quella stanza.
Poteva pure essere che l’unico medico rimasto avesse ragione, ma ciò non toglieva che lì dentro, bloccato su un letto, si annoiava da morire.
Virgo ogni tanto veniva lì per parlare, aggirando magicamente qualsiasi controllo, di solito dopo pranzo, con in mano sempre la stessa tazza di caffè, sempre più annacquato, ma oltre quello, la cosa più eccitante che lui faceva durante tutto l’arco della sua giornata era andare al cesso.
Virgo…
Si sentiva così stupido, così cretino.
Ancora non riusciva a credere di aver potuto fare una cosa del genere.
Quasi quasi rimpiangeva di non essere rimasto a morire là sotto, sbranato dagli alieni e coi pantaloni sporchi di piscio.
Sì, sarebbe stato meglio morire.
 
Virgo aprì il piccolo stipetto nella cucina della mensa.
<< Ma porca… finito pure qui. >> sbottò prima di richiudere la credenza e abbandonare sconsolata il locale.
Niente più lussi per loro, non rimaneva quasi più nulla all’interno del complesso, se non qualche barattolo di insipido cibo sottovuoto.
Inutile era stato cercare in lungo e in largo nei magazzini del distretto industriale e dello spazioporto, le creature aliene avevano spazzolato qualsiasi cosa che riuscissero a masticare.
Forse, se i calcoli erano giusti e avevano fortuna, ne avevano ancora per una settimana.
Poi avrebbero iniziato a morire di fame, e probabilmente qualche disperato avrebbe proposto di darsi al cannibalismo, ma non sarebbe stato che un palliativo per ritardare la loro fine.
Attraversò la sala mensa per tornarsene in camera fissando i pochi superstiti rimasti sparsi intorno ad alcuni tavoli, parlottando sommessamente e guardando torvi in direzione di un altro tavolo poco distante dai loro, dove erano seduti i due uomini che stavano guidando quella disperata resistenza.
“Cazzo, sembra un barbone” pensò Virgo guardando il direttore del complesso alzarsi e abbandonare la sala prima di lei. Il colonnello rimase seduto al tavolo, lo sguardo perso nel vuoto, la giacca sbottonata, visibilmente stanco.
Virgo gli si avvicinò lentamente, lo sguardo fisso su di lui, come un gatto incuriosito da qualcosa di nuovo e sconosciuto. Non aveva mai parlato con un ufficiale.
Lui la fissò mentre lei gli si sedeva di fronte, sorpreso dalla presenza femminile.
<< Allora, che si dice? >> chiese lei, vagando con lo sguardo sul soffitto della stanza.
L’uomo rimase in silenzio, gli occhi prima spenti ora improvvisamente illuminati da un minuscolo bagliore.
<< Cos’è, mai visto una cosmonauta? >> continuò lei, poggiando gli occhi sul naso aquilino del militare.
Lui scosse la testa e si raddrizzò sulla sedia.
<< Non in una miniera. >> rispose secco, ma in qualche modo divertito.
<< Sì, brutto posto per restare rinchiusi un mese, vitto e alloggio spartani e tutti ti guardano il culo. >>
L’ufficiale ridacchiò impercettibilmente e si lisciò i folti baffi un tempo ben curati.
<< Prende la situazione abbastanza alla leggera, non crede? >>
<< Moriremo tutti, tanto vale godersi quanto resta invece di restare in un angolo a piangersi addosso. >> rispose lei facendo spallucce.
<< Non ha tutti i torti. Anche se, con un tale punto di vista, mi sorprende che nessuno abbia tentato… >>
<< Di stuprarmi? No, mi conoscono bene qui, e i suoi soldati hanno dimostrato di saperlo tenere nei pantaloni. Incredibile, non l’avrei mai detto. >>
<< Mi perdoni se le sono sembrato rude, non volevo mancarle di rispetto. >>
<< Non si preoccupi, direi che la situazione ci permette perfettamente di passarci sopra. >>
Il colonello sorrise di nuovo, lieve, prima di alzarsi e riabbottonarsi l’uniforme.
<< Devo ammettere che è stato un piacere parlare con lei, ma è meglio che ora io torni a svolgere le mie funzioni. >>
<< Che paroloni. >> concluse lei inarcando un sottile sopracciglio scuro.
Il colonnello sorrise.
<< Lei è davvero una persona bizzarra. >> le disse facendo un cenno col capo e voltandosi.
Virgo attese che uscisse dalla sala e poi si gettò contro lo schienale della sua sedia e poggiò gli scarponi ancora sporchi di fango e sangue sul tavolo.
<< Che noia. >> disse tra sé e sé.
Tolse i piedi dal tavolo, si alzò e fece un giro per la sala, osservando gli altri uomini, radunati come accoliti intorno ai loro altari, intenti a pregare in silenzio di poter vedere la pallida alba del giorno seguente.
“Speranze vane” pensò Virgo, “Preghiere inutili”.
In pochi borbottavano, svelando chissà quali segreti oscuri ai compagni, condividendo la rivelazione che dava loro speranza e coraggio.
Nulla di tutto quello aveva senso, né lo aveva mai avuto.
Vaneggiamenti di un pazzo.
“Forse Jaco ha bisogno di compagnia” si disse. “Magari pomiciamo di nuovo.”
L’idea non le dispiaceva poi così tanto, considerando che l’altra opzione era guardare il soffitto e parlare di sassi.
Cazzo, se ne aveva le tasche piene di sassi.
 
Lyucos si aggiustò l’uniforme ed entrò nella sala comando, ormai svuotata del caos quotidiano che un tempo vi regnava.
Pochi addetti ancora sedevano alle postazioni, tenendo sotto controllo i sistemi di depurazione di aria e acqua, i generatori elettrici e le telecamere di sicurezza della miniera, o almeno le poche che funzionavano ancora.
Erano ormai tre giorni che non risaliva nulla dal pozzo, eppure c’era qualcosa che aleggiava nell’aria, il senso di pericolo costante che ormai aveva impregnato le pareti di quel luogo, uno spettro che nessuno dei presenti là dentro si sarebbe mai tolto di dosso.
 Lyucos fece qualche passo avanti e raggiunse la sua postazione al centro della sala, su una poltrona rialzata.
<< Ancora nulla dal pozzo, signori? >>
<< No, colonnello. >> rispose uno degli addetti.
<< Speriamo che continui così per molto, allora. >>
Finché i pannelli fotovoltaici non iniziavano richiedere manutenzione, lì dentro c’era poco da fare, se non continuare a fissare gli schermi o ritrasmettere a intervalli regolari l’S.O.S alla radio, nella speranza che l’antenna del loro trasmettitore non si fosse danneggiata.
<< Colonnello! >> esclamò un tecnico mentre ritrasmetteva per l’ennesima volta il segnale. << La radio! Riceviamo qualcosa! >>
<< In vivavoce, ora! >> ordinò il colonnello alzandosi in piedi.
<< Qui FSS “Venator”, mi ricevete? >> esordirono gli altoparlanti.
<< Forte e chiaro, “Venator”! Parla il colonnello Haacto Lyucos, a capo dei superstiti di questa stazione. >> rispose entusiasta il colonnello.
 << Bene, colonnello Lyucos, è il capitano Leto che vi parla. Mi sa dire quanti uomini ci sono con lei? >>
<< Meno di cento, capitano, purtroppo non ho le stime precise a portata di mano, abbiamo subito drastiche perdite negli ultimi giorni. >>
<< Bene, colonnello, raduni tutti i superstiti allora, le inviamo uno shuttle per evacuarla, passo e chiudo. >> concluse il capitano prima di interrompere la trasmissione.
Il colonnello rimase per un attimo inebetito, sicuro che quanto appena successo fosse stata un’allucinazione.
Batté le palpebre ripetutamente, poi fissò i tecnici, increduli anche loro.
<< Cosa aspettate? Suonate l’allarme, tutti in sala mensa ora! E rifornite di ossigeno tutto il complesso! >>
 
Virgo entrò nella piccola stanza d’ospedale camminando sulle punte dei piedi, come una provetta ballerina.
Cosa alquanto difficile date le calzature che indossava.
Jaco sonnecchiava nel suo letto, accanto alla finestra, il volto turbato dagli incubi.
Virgo si avvicinò e ne scrutò i lineamenti delicati, i folti capelli ribelli, la pelle liscia e olivastra, gli occhi grandi, vagamente a mandorla.
Il viso di un ragazzo di città, non quello di un temprato minatore.
Lui non meritava di trovarsi lì, nessuno lo meritava, ma la galassia si era dimostrata crudele più e più volte.
Aveva forse approfittato troppo di quel ragazzo?
No, aveva solo provato a portarlo via di lì, lui aveva malamente frainteso.
Sul serio voleva baciarlo di nuovo?
Probabilmente no.
Chinò il viso sul suo orecchio.
<< Jaco… >> sussurrò giocosa.
Lui spalancò gli occhi e afferrò fulmineo il polso della ragazza.
<< Sono qui! >> esclamò terrorizzato, facendo sparire il sorriso dal volto di lei.
L’allarme risuonò per tutto il complesso, richiamando la loro attenzione.
L’interfono si attivò, comunicando a tutti gli uomini, feriti compresi, di abbandonare le proprie postazioni e raggiungere la sala mensa.
<< Ho bisogno di una stampella. >> disse Jaco, spostando le lenzuola e mettendosi seduto sul letto.
Virgo fissò la sua gamba fasciata, nuda.
Sembrava gonfia.
<< Vieni con me, ti aiuto io. >> gli disse lei, infilando la testa sotto il suo braccio.
Insieme raggiunsero la mensa, dove il colonnello e il direttore li attendevano, fecero la conta e si assicurarono che fossero tutti presenti.
Il colonnello comunicò che stavano per essere tutti salvati, notizia che venne accolta con fragorose urla di gioia, e che avrebbero dovuto tutti trovare ognuno una tuta sigillata per poter entrare nello spazioporto. Gli uomini indossarono gli scafandri risparmiati dalla battaglia e le armature dei soldati ancora integre e subito si diressero verso lo spazioporto, attraversando tutto il distretto industriale.
Per ragioni che sia a Jaco sia a Virgo sfuggirono, il colonnello aveva ordinato di far tornare il centro in piena funzione, addirittura mandando in sovraccarico i filtri per l’ossigeno.
Lo spettacolo che trovarono negli hangar fu desolante.
Tutte le navi attraccate erano state danneggiate da esplosioni, le attrezzature erano andate completamente distrutte, gli stessi tetti erano stati in parte divelti, in parte erano crollati sulle baie sottostanti.
<< Ma hanno sparato dei razzi qui dentro? >> chiese Jaco a Virgo, senza ottenere risposta.
Nel cielo stellato videro brillare i reattori di un trasporto pesante militare, in discesa rapida verso di loro, mentre le pareti della struttura iniziavano a vibrare.
Ma non erano i motori del velivolo.
Presto l’aria fu invasa dai sibili e dal rumore degli artigli sul metallo.
Le creature aliene erano dietro di loro, ancora distanti, di nuovo libere.
<< Alla baia 16, muoversi! >> ordinò il colonnello, in testa al gruppo.
Raggiunsero l’hangar vuoto e attesero, mentre un operaio raggiungeva la sala di comando e apriva le paratie per far entrare il mezzo in sicurezza.
Dovevano essere dannatamente veloci.
Quando il VTOL atterrò fu accolto da un applauso scrociante, e così furono accolti i militari che scesero dal portellone posteriore una volta che esso fu abbassato.
I superstiti salirono rapidamente a bordo, dove li attendeva una squadra medica e un uomo di mezza età, le spalle larghe e il volto squadrato, con indosso l’uniforme senatoriale e un respiratore a coprire naso e bocca.
<< Il colonnello Lyucos? >> domandò il politico ai superstiti mentre il portellone si richiudeva e il VTOL riprendeva il volo.
<< Sono io. >> disse il colonnello facendosi avanti.
<< Lei è fortunato, signore. Solo altre tre strutture hanno dato segni di vita su questo pianeta. >>
<< Non è stata solo questione di fortuna. >> rispose il colonnello, guardando con fare interrogativo il volto dell’uomo.
<< Oh, colonnello, ma la fortuna non è ancora finita, le voglio fare una proposta… >> proseguì il senatore, togliendosi di dosso il respiratore.
<< Non ora, devo parlare col capitano Leto. >> disse il colonnello sfilandosi di dosso il casco e dirigendosi verso la cabina di pilotaggio.
L’uomo lo fissò allontanarsi, poi estrasse da sotto la giacca un orologio da taschino.
<< Oh, va bene. C’è tempo, tanto. >> commentò, seguendolo.
Jaco si tolse il casco e guardò Virgo, che stava sciogliendosi i capelli, finalmente rilassata come non la vedeva da un mese.
<< È finita, vero? >> chiese, quasi in un sussurro.
<< Non ancora, temo. Però basta pensarci. >> rispose lei.
<< Non sappiamo nemmeno cosa sono, o da dove vengono. E guarda… >>
<< Sai, ho proprio voglia di cioccolata, ma non quella roba sintetica che producono nell’Orlo Esterno, quella vera che circola nel Nucleo. Tu hai mai mangiato cioccolata? >> lo interruppe Virgo.
Dietro di loro, a terra, la creatura guardò il cielo furente, sibilando per un ultima volta verso le sue prede, circondata dai suoi guerrieri che ormai sciamavano per tutta la base.
Guardò il velivolo umano sparire nel cielo, poi puntò i suoi sei occhi neri ancora più in alto, sopra la sua testa.
Poteva avvertirlo, il corpo in caduta libera su di loro, portava morte.
Ordinò di tornare sottoterra, alla tana, pur sapendo che il tempo era poco.
Poi la bomba toccò terra ed esplose, radendo al suolo l’intero complesso e vaporizzando qualsiasi cellula all’interno dell’immensa sfera di fuoco che generò.
   
 
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