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Autore: koan_abyss    19/01/2018    2 recensioni
Autunno 1981: Severus Piton ascolta la Profezia di Sibilla Cooman e la riferisce al Signore Oscuro. Resosi conto che Voldemort intende colpire i Potter, Piton cerca Silente e lo implora di nascondere Lily e la sua famiglia.
Per una serie di circostanze fortuite, i Potter scelgono lo stesso Silente come Custode Segreto. Voldemort, deciso comunque a compiere la Profezia, cerca di uccidere il piccolo Neville Paciock, ma il bambino sopravvive.
Il Signore Oscuro è sconfitto, i suoi seguaci catturati e rinchiusi.
Piton, rimasto senza padroni, senza uno scopo e senza possibilità, lascia il mondo magico per lo squallido mondo babbano, ancora una volta non dalla parte dei buoni.
Ma chiudere definitivamente i conti con il passato è impossibile: i vecchi legami non sono mai del tutto recisi...
Genere: Angst, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Lily Evans, Severus Piton | Coppie: James/Lily, Lily/Severus, Remus/Sirius
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4, II guerra magica/Libri 5-7
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Capitolo 5


Agosto 1995

Piton non si ritrovava in mezzo a tante persone che detestava dai tempi della scuola, con la sola possibile eccezione del suo incontro con i Mangiamorte, due mesi prima. E altre irritanti figure continuavano ad aggiungersi al mucchio, provocando a Piton diversi gradi di fastidio e insofferenza, che provava a sfogare fumando come una ciminiera.
Al fondo della sua personale classifica d’odio, perché erano più che altro sciocchi e noiosi, stavano Arthur e Molly Weasley. I due si ostinavano a trattarlo come un ospite benché sapessero perfettamente chi era (Molly Weasley non era riuscita a nascondergli i suoi veri sentimenti), e benché quella non fosse casa loro. La donna, quando non lo assillava con offerte di tè o cibo, si dedicava col fervore di un generale alla pulizia della vecchia magione, abbandonata da anni, che era diventata il quartiere generale dell’Ordine della Fenice.
Subito sopra di loro c’era una ragazzetta goffa, che continuava a inciampare e farsi male, ma che non perdeva mai la sua stupida espressione allegra.
Mundugus Fletcher aveva provato a chiamarlo ‘collega’ e Piton era stato costretto a ricordargli che in nessuna circostanza lui poteva essere paragonato a un delinquentello da quattro soldi, un ricettatore di merce rubata che campava di truffe meschine. Piton era un Signore della Droga, Fletcher un topo d’appartamento.
Poi i nomi in classifica si facevano importanti, e l’odio palese e cocente. C’era Alastor Moody, c’era Remus Lupin, Sirius black, che sembrava infelice quasi quanto Piton di trovarsi nella vecchia casa di famiglia, da cui era fuggito tanti anni prima. La rabbia e il dolore che Black non riusciva a celare del tutto sotto la solita posa scanzonata, specie quando il ritratto di sua madre riprendeva a strillare, erano un balsamo per l’anima di Piton. Stava attento a non renderlo troppo palese, ma Black sapeva e a lui stava bene così.
E poi, c’erano i Potter.
James Potter meno di tutti aveva gradito l’arrivo di Piton assieme a Silente. Il vecchio mago aveva spiegato a tutti il perché della sua presenza, il suo ruolo di spia (il modo in cui Lily lo aveva guardato…Piton era certo che lei sapesse già tutto, che Silente le avesse detto ogni cosa per prima), ma James era stato impossibile da convincere. Ancora adesso lui, Silente e Arthur Weasley parlavano in privato, discutendo della fiducia da riporre in Piton.
Tra i Malandrini, Lupin era l’unico deciso a trattare Piton come un compagno, a fingere che il loro passato in comune fosse stato banale, normale, non una serie di vessazioni culminate con un tentato omicidio.
“È una fortuna che tu sia riuscito a convincere Voldemort, Severus. Una spia sarà di vitale importanza, specie finché Voldemort terrà nascosto il suo ritorno,” gli disse, mentre Black era alle prese con quell’insopportabile e inquietante elfo, e la strega maldestra (figlia di Andromeda Black, nientemeno…Piton non lo avrebbe mai capito, da solo) inciampava di nuovo, risvegliando il dipinto che li considerava tutti traditori del loro sangue e feccia.
Piton avrebbe voluto rispondergli che non si trattava di fortuna, ma sentire pronunciare il nome di Voldemort ad alta voce lo aveva sconcertato per un attimo.
“Quindi il piano è che tu insegni a Hogwarts,” continuò Lupin. Sorrise con rammarico: “Quanto ti invidio. I due anni che ho potuto passare al castello come insegnante di Difesa sono tra i migliori della mia vita adulta. Ma ora il Ministero ha imposto un proprio professore…”
“Tu insegnavi a Hogwarts?” chiese Piton, incredulo.
“Be’, sì. So cosa stai pensando: col mio problema…Ho potuto farlo solo grazie a Lily, che si è presa cura di me e mi ha procurato quello che mi serviva…”
“Metadone?” chiese Piton, con indifferenza. “Oh, no, tu intendevi la Pozione Antilupo! Che stupido,” sorrise affilato. “È che, sai, col mio lavoro ho conosciuto molti membri della tua specie: sembra che i Mannari abbiano altre cattive abitudini, oltre a divorare la gente.” Soffiò un po’ di fumo sulla faccia umiliata di Lupin. “È curioso, però. Quando la luna piena si avvicina, spariscono tutti. La trasformazione è meglio di qualsiasi merda, vero?”
“Non saprei,” rispose Lupin, rigido.
Giusto. È un vizio costoso. Ma pensavo che forse Black ti paga anche quello…”
“Sei davvero…” iniziò Lupin, poi alzò le mani e scosse la testa. “Ok, come ti pare.” Si allontanò.
Piton fu leggermente sorpreso di non vederlo raggiungere Black.
“Perché ti comporti così?” lo apostrofò Lily.
“Evans,” la salutò Piton, dandole le spalle per andarsene da lì.
“È Potter,” lo corresse lei, sbarrandogli la strada. “Non permetterti più di trattare così Remus. Ora siamo dalla stessa parte…”
“A te stava bene, che ci fosse un Lupo Mannaro che insegnava a dei ragazzini?” domandò Piton.
“Perché no?” ribatté lei, con sfida “Stiamo per permettere a un ex-Mangiamorte ed ex-spacciatore di fare lo stesso.”
Piton roteò gli occhi: “Dovreste chiedervi se a Silente non abbia dato di volta il cervello…”
Lily si strinse nelle spalle: “Lui si fida di te.” Il suo tono si addolcì: “So che l’hai avvertito della minaccia di Voldemort l’anno scorso…”
Piton fece una smorfia, per il nome e per la conferma dei suoi sospetti: “Gli avevo chiesto di non dirtelo.”
“Perché no?”
“Per la faccia piena di aspettativa che hai in questo momento, Evans. Lo so, lo so!” la interruppe, prima che lei lo correggesse di nuovo. “Non ce la faccio, a chiamarti Potter. E non posso chiamarti Lily, sono troppo arrabbiato.”
“Anch’io sono arrabbiata con te,” fece Lily, incrociando le braccia.
“Non è una novità.”
“Perché il problema è quello che io mi aspetto da te, ma quello che tu ti aspetti da me, invece, è sempre lecito, vero?”
“Vedi perché Silente non avrebbe dovuto dirti niente?” le disse Piton, cercando di smorzare il litigio. “Non l’ho fatto per ottenere qualcosa, e non volevo che lo pensassi.”
Lily sospirò frustrata, distogliendo lo sguardo dagli occhi neri di Piton: “Dovremo trovare un equilibrio. E dovrai chiamarmi Potter, a Hogwarts.”
Piton occhieggiò la porta chiusa dietro cui James Potter e Silente discutevano da quasi un’ora.
“Uhm…Professoressa Potter,” provò.
Lily accennò un sorriso: “Professor Piton.”
“Dio, se suona sbagliato.”
“Ti abituerai.”
Piton lasciò vagare lo sguardo per il salotto sudicio che Molly Weasley cercava disperatamente di sistemare, e fece una domanda che gli frullava in testa da quando aveva visto Lily, bella come al solito: “Dove sono i bambini? Con chi li avete lasciati?”
“Oh, sono con Hagrid e la McGranitt. Dovrebbero arrivare a breve.”
“Davvero?”
“Già. E non da soli,” rispose Lily.
Piton si accese l’ennesima sigaretta, dubbioso. Chi altro mancava all’appello?
Lily strinse le labbra: “Non dovresti fumare. Merlino, sei un pozionista! Il senso del gusto e dell’olfatto sono fondamentali, per te!”
“Sono un chimico. Credi che io assaggi quello che cucino?” le chiese Piton, di nuovo irritato. “Quanto mi credi idiota? Non sono un cazzo di tossico!”
“Ah, vedo: Severus Piton non ha nessuna dipendenza. Dai, butta il pacchetto.”
“Vaffanculo.”
“Cresci. Che poi, da ragazzo non fumavi,” riprese Lily.
“A dir la verità, sì,” sospirò lui. “Compravo il tabacco e le cartine perché non potevo permettermi le sigarette.”
Lily sbatté le palpebre, cercando di ricordare: “Non…non mi ricordo di averti mai visto fumare. Forse una volta, due al massimo.”
Piton le sorrise acido: “Fumavo di nascosto. Eri una tale rompicoglioni sulla questione…”
“Ma vaffanculo!”
“Ah, cresci.”
Molly Weasley li raggiunse: “Lily, cara, non ti andrebbe di mangiare qualcosa? E lei, signor Piton, è proprio sicuro di non desiderare nulla?”
Piton scosse brevemente la testa.
“Grazie, Molly, sto bene. O starò bene quando arriveranno i ragazzi…” le sorrise Lily.
“Ah, i ragazzi,” sospirò angosciata la donna più vecchia. “Spero sia andato tutto bene.”
“Sono in buone mani, Molly.”
“È opportuno, coinvolgere dei ragazzi?” domandò Piton.
Le due rosse si scambiarono un’occhiata: “Non è che sia facile, tenere loro nascosto qualcosa…”
“Fred e George intendono entrare nell’Ordine appena saranno maggiorenni.”
“E provare a escludere Neville, o Harry, Ron ed Hermione ha sempre portato più guai che altro,” aggiunse Lily.
“E ora Ginny e Rose li seguono a ruota,” fece con leggera preoccupazione Molly Weasley.
“Intendete Paciock?” domandò Piton, incredulo. “E chi sarebbe Hermione?”
“Una compagna di Harry, Ron e Neville. L’unica voce che ascoltano, di tanto in tanto…” rispose Lily.
“Non sarebbe più conveniente coinvolgere, non so, degli adulti?”
“Se non sarà necessario, non verranno coinvolti. Ma se dovesse accadere qualcosa a noi…ci sarà almeno un’altra generazione a conoscenza della minaccia che Voldemort rappresenta,” disse Lily.
Piton quasi rabbrividì per il suo tono duro.
“Certo,” rispose piano. “Altri Grifondoro disposti a sacrificarsi…”
“Sono più che certa che non saranno solo i Grifondoro ad opporsi a Voldemort, se dovesse venire il momento di affrontarlo apertamente,” replicò Lily.
“Posso anticiparvi che i Serpeverde saranno pochi, probabilmente?” sbuffò Piton. “Mentre ai Grifondoro in famiglia insegnano ad essere senza paura, senza macchia e senza cervello, i Serpeverde crescono con altre convinzioni. Ad esempio, non lasciarsi coinvolgere in una guerra.”
“Non sempre nascere in una determinata famiglia significa adeguarsi alle loro convinzioni,” intervenne Black, avvicinandosi. “Si ha sempre una scelta, no, Piton?”
Piton soffiò dal naso: “Mi domando quanto Silente abbia influenzato una scelta del genere…”
“Perché? Degli studenti non possono scegliere da soli di fare la cosa giusta?” chiese Black, aggressivamente.
“Come potrebbero scegliere diversamente, i Serpeverde? Minorenni, purosangue, educati a seguire le tradizioni, a sopravvivere. Chi potrà biasimarli se si terranno da parte? Potrebbero passare illesi attraverso un’altra guerra!” sibilò Piton.
“Non passerebbero illesi attraverso la Guerra, lo sai,” gli disse Lily. “Li cercheranno, li recluteranno…”
“Quindi Silente si muove per primo, per accaparrarsi soldati? Strano che non avesse già una spia di riserva da impiegare al mio posto, se io non avessi…” Piton si interruppe. “L’empate…la tua studentessa di Serpeverde…è per questo che Silente le ha insegnato l’Occlumanzia? Per usarla al mio posto?”
Lily aveva l’aria cocciuta e colpevole allo stesso tempo.
“Figlio di puttana,” mormorò Piton.
Una delle ragioni per cui si era lasciato convincere da Silente a tornare ad essere una spia, se Voldemort lo avesse cercato, era la possibilità di evitare ad altri giovani Serpeverde di venire usati dal Signore Oscuro. E Silente…
“Ancora una volta siamo tutti qui per servire ai piani del vecchio,” concluse con disgusto. “Chissà quale vantaggio le avrebbe promesso…”
“Forse non lo avrebbe fatto per vantaggio!” ringhiò Black.
“Stiamo parlando di Serpeverde: vantaggi e svantaggi sono sempre calcolati. L’abnegazione non ci appartiene. Ma a quanto pare, tutti voi avete pensato di inculcarla ai vostri figli,” ribatté Piton.
Lily si frappose tra i due: “Niente litigi. Siamo dalla stessa parte, ora.”
Piton voltò le spalle a tutti, camminando in circolo per sfogare la frustrazione: “Possibile che non capiate? Non vedete il rischio che rappresentano? Ragazzini conoscenza della vostra esistenza, del mio ruolo!” Fissò Black, che certamente riviveva il tradimento di Minus.
James Potter e Albus Silente emersero finalmente dalla cucina, seguiti da un provato Arthur Weasley.
Black li raggiunse, mentre Lily si limitò a scambiare un’occhiata col marito.
“Signora Weasley, io e Malocchio abbiamo tolto di mezzo un po’ di quei doxy e Remus si sta occupando di un molliccio in soffitta…Se Sirius vuole sistemare là Fierobecco…” iniziò a blaterare la ragazzina con i capelli rosa. Molly Weasley la raggiunse.
Piton fissò con odio Silente.
“Anche noi eravamo molto giovani, quando abbiamo dovuto scegliere da che parte stare,” disse Lily all’improvviso. Lo guardò, con occhi che bruciavano: “Non ti sei pentito di quello che hai scelto? Di averlo servito?”
Piton chiuse gli occhi: “Sì. Infinite volte.”
“Se le cose andranno come speriamo, nessuno dovrà più pentirsi di una scelta così terribile.”
Piton riaprì gli occhi per guardarla dritta nei profondi occhi verdi: “Pur di avere qualcuno tra i Mangiamorte, Silente sarebbe stato disposto a mettere in pericolo qualcun altro. Otto persone sono morte, nel mio laboratorio, perché a novembre non ho dato a Silente quello che voleva, perché io ho esitato. Sono tutti una mia responsabilità, ora.”
“Mi dispiace,” mormorò Lily.
Piton scrollò le spalle e la lasciò.
“Nessuno a cui fossi vicino, comunque,” mentì.
Tutti gli altri babbani legati in qualche modo a lui non avevano idea di quello che era successo.
Piton aveva aspettato quasi tre settimane che si calmassero le acque, ed era tornato a Londra. Chissà se qualcuno dei suoi ritrovati compagni lo teneva d’occhio, o se avevano scoperto dove viveva, quando lo stavano cercando.
Avvicinandosi con cautela all’appartamento aveva visto Rarity camminare per strada.
I suoi occhi si erano ingigantiti a dismisura, quando Piton l’aveva afferrata e trascinata nell’ombra, al riparo dal sole abbacinante.
“John…Sei tu? Credevo che fossi morto…” aveva sussurrato, in preda allo shock.
Piton si era sporto per controllare che fosse davvero sola.
“Martin lo diceva, che ti avevano portato via…che se c’era Sonny c’eri anche tu, e qualcuno aveva sparato.” Gli aveva accarezzato il volto con la punta delle dita.
Piton le aveva stretto le spalle perché si concentrasse: “Dì a Martin che aveva ragione. Ma non c’entra il lavoro: che non si metta in guerra con nessuno. Era una faccenda personale.”
“Personale?”
“Sì,” aveva risposto lui, impaziente, “per il mio tatuaggio, e il coltello d’argento. Lui sa di cosa parlo.”
Una volta, Eggar gli aveva chiesto se i suoi casini, quelli che lo avevano spinto a cambiare nome, che gli avevano insegnato ad essere un bastardo, gli avessero lasciato qualcosa.
“I miei mi hanno regalato questo,” gli aveva detto l’uomo, scoprendo il collo e mostrando una cicatrice, tre tagli paralleli, precisi e regolari. “La mia prima gang.”
“Carino. Io ho questo,” aveva risposto Piton, scoprendo l’ombra del Marchio Nero.
“Ah, bello. Ma sta svanendo.”
“Ho anche un bel coltello d’argento che non va da nessuna parte.”
“L’hai usato?”
“Già.”
“Allora è vero: quello non svanisce.”
Piton era tornato a concentrarsi su Rarity: “Sei rimasta nell’appartamento o te ne sei andata?”
“Avevo paura da sola, John.”
“Ma ci sei tornata?”
“Sì. Voleva venire anche Martin, ma…non è riuscito a entrare, non so cos’è successo.”
Piton aveva annuito: “Da domani potrà farlo. Hai preso i soldi? Quelli dietro il quadro in camera da letto?”
Erano circa 50000 sterline, per eventuali imprevisti che necessitassero molto contante molto in fretta.
Rarity si era fatta guardinga: “Io…sì. Ti credevo morto.”
Piton aveva annuito di nuovo: al pari di lui, Rarity sapeva come prendersi cura di sé, come sopravvivere. Piton lo sapeva e lo apprezzava. Non avrebbe potuto vivere con lei quasi tre anni, se non avessero avuto in comune quella cautela, quella mancanza di scrupoli quando si trattava di mettersi al riparo.
“A Martin non l’hai detto, vero?”
“No.”
“Hai fatto bene. Non lo riguarda. Erano soldi nostri. Tuoi, ora.”
Eggar sarebbe sicuramente riuscito a mettere le mani sui conti di John Price. Era un bene che Piton avesse trasferito parecchio alla Gringott l’anno prima. Quello che gli premeva recuperare dall’appartamento era nel suo laboratorio privato: una stanza di cui Rarity non sospettava neppure l’esistenza.
“Miei? Ma…John, non intendi tornare?” gli aveva chiesto Rarity. “Stai bene, sei qui…”
Piton aveva scosso la testa: “No. Non posso. Non è finita. E che io ne veda la fine, non è affatto scontato.”
La donna gli si era aggrappata alle spalle: “Che devo fare?”
Piton aveva scrollato le spalle: “Quello che vuoi. Martin si prenderà cura di te, immagino. O troverà qualcuno che lo faccia.” Aveva fatto una smorfia, al pensiero di Rarity al fianco di Brennan. “Oppure…ora hai un po’ di soldi. Potresti tornare da tua madre e pensare a cosa farne,” aveva suggerito agli occhi liquidi della bionda. “Stai lontana dall’appartamento, oggi. Da domani sarà sicuro.”
L’aveva lasciata, pronto a smaterializzarsi.
“John!”
Piton aveva esitato.
“Quando tutto sarà finito, verrai a cercarmi?” aveva chiesto Rarity.
Piton aveva sorriso, passandole una mano tra i capelli.
“No,” le aveva sussurrato sulle labbra prima di baciarla.
Dal laboratorio aveva portato via tutti i suoi libri di magia, i talismani, gli ingredienti, i pochi abiti da mago…e il coltello d’argento, che non si era più tolto di dosso.
Stava accarezzando l’impugnatura sotto la manica, quando notò Moody e il suo nauseante occhio blu elettrico. Si affrettò a lasciare il coltello per un’altra sigaretta. Non era saggio apparire minacciosi davanti al paranoico, vecchio Auror.
“Di nuovo tutti assieme…e in procinto di accogliere dei nuovi amici,” disse Moody in tono colloquiale, l’occhio magico che saettava alla porta d’ingresso.

“Credo che Minerva sia arrivata,” annunciò Silente, raggiungendo la porta.
La aprì e nella vecchia casa si riversò un fiume di chiasso, teste rosse, adolescenti appiccicati gli uni agli altri.
“Dentro, svelti…non cedetemi il passo. Avanti, signorina Potter! E fate silenzio, prima che…” stava dicendo un’esasperata Minerva McGranitt, appena prima che il ritratto della madre di Black riprendesse a urlare. “Oh, santo cielo! Buona sera, Preside. Avanti, ho detto!”
Quelli che dovevano essere i gemelli Weasley e due ragazzine con i capelli rossi (una era Rose, Piton la riconobbe all’istante) entrarono salutando Silente e gli altri adulti con famigliarità, ma quattro ragazzini rimasero leggermente indietro.
“Perché quel quadro ci urla contro?” domandò una ragazza dai capelli ricci. La famosa Hermione?
 “Ci penso io!” si offrì la strega con i capelli rosa, cercando di oscurare la visuale del quadro con delle tende. Lupin si affrettò ad aiutarla.
“Nonostante quello che dice il ritratto di mia madre, il padrone di casa ora sono io,” disse Black facendosi avanti. Scambiò un’occhiata con Lily. “E voi siete i benvenuti.”
“Dov’è Hagrid?” chiese Molly Weasley, che aveva appena terminato di imbarazzare sua figlia, a giudicare dall’espressione di Ginny Weasley.
“Non è ancora tornato dal suo viaggio,” rispose criptico Silente.
“Sarebbe dovuto essere già qui?” chiese la ragazzina sconosciuta.
“Perché non volete dirci dov’è andato?” esordì Paciock stringendo i pugni. “È nostro amico, abbiamo il diritto di saperlo!”
“Sono faccende dell’Ordine, Neville,” replicò Silente, senza guardarlo.
“Ma starà bene?” chiese Harry.
“Sono sicuro di sì,” gli rispose il padre con un sorriso rassicurante.
“Bene! Ora, vecchi compagni, conoscete già quasi tutti, ma c’è qualcuno che vorrei presentarvi…” iniziò Silente. “La cucina è la stanza più accogliente. Vogliamo accomodarci? Molly, cara, un tè sarebbe troppo disturbo?”
“Oh, no, affatto, Preside! Dove credete di andare, voi due?” strillò all’improvviso la donna.
“In cucina.”
“A prendere il tè,” risposero i gemelli Weasley.
“Niente affatto! Di sopra, avanti!” ordinò la donna, gonfiandosi come un tacchino.
“Sai che appena finita la scuola entreremo nell’Ordine! Che senso ha aspettare?”
“Gli adulti devono parlare con Silente,” disse la signora Weasley, sbarrando fisicamente la strada ai figli.
“Non è giusto!”
“Non voglio ripeterlo: di sopra!”
“Vale anche per voi quattro,” intervenne Lily, rivolta al figlio e ai suoi amici.
“Cosa?”
“Non potete non dirci nulla!”
“Se è per combattere Voldemort, io voglio sapere!” gridò Paciock.
Piton si ritrasse sibilando, come anche Mundugus Fletcher dall’altro capo dell’ingresso.
“Perché non mi dite nulla? Ho il diritto di sapere! C’ero io in quel cimitero, quando Voldemort ha ucciso Cedric!” urlò ancora più forte il ragazzo.
Che pretese aveva il piccolo eroe arrogante, si disse Piton.
James Potter e Sirius Black si fecero avanti per placarlo, mentre curiosamente Silente gli dava le spalle.
Piton perse interesse nella scenata di Paciock quando notò Rose che lo fissava, a metà delle scale, ignorando la sua amica, la ragazza Weasley, che le parlava all’orecchio. Ora doveva aver circa tredici anni. Piton ricambiò il suo saluto discreto.
Rose posò gli occhi sulla madre che aveva sostituito il marito nella discussione con l’arrabbiatissimo Paciock, e tornò a fissare Piton. Lui sorrise.
“Sempre uguale,” le rispose, muovendo solo le labbra.
Rose si accese con trionfo. Prese la sua amica per mano e la trascinò di sopra.
Piton tornò a concentrarsi su quello che accadeva nell’ingresso, sospirando: quanto a lungo avrebbero permesso a quel bambino fastidioso di far perdere tempo a tutti? Notò che Potter lo fissava, i pugni contratti e la mascella serrata. Piton inarcò un sopracciglio.
Fu Lupin a sbloccare la situazione: si fece avanti, interrompendo il contatto visivo tra Piton e Potter e riuscì a riportare Paciock alla ragione.
O quasi: i suoi amici dovettero comunque trascinarlo via.
Piton si chiese fugacemente se anche Black e Lupin non pensassero ora che il coinvolgimento di Paciock, così irruento e infiammabile, potesse essere un azzardo.
“Prendiamo quel tè?” chiese Silente, allegro.
La cucina si affollò in pochi secondi. Piton entrò tra gli ultimi, incalzato da Moody, che rimase accanto alla porta chiusa, l’occhio magico che sorvegliava le scale attraverso il legno massiccio.
Silente scrutò il volto di ciascuno, soddisfatto: “Vi ringrazio tutti di essere qui. Non ci siamo tutti, ma più tardi arriverà anche Kingsley: non è riuscito a liberarsi,” disse ai Malandrini. “Per chi non lo conoscesse, questo è Severus Piton. Severus, questo è Alastor Moody, che credo tu conosca solo di vista…”
“E io, Preside?” intervenne la ragazzina coi capelli rosa.
“Ninfadora Tonks,” fece pronto Silente, “giovane e promettente Auror.”
“Mi chiami pure Tonks, signor Piton. Ninfadora è terribile,” disse lei arricciando il naso.
Piton grugnì qualcosa.
“É con grande piacere che vi annuncio che Severus diventerà il nuovo professore di Pozioni Avanzate e Direttore di Serpeverde.”
“Che gli sia permesso di restare a Hogwarts è già un errore, ma permettergli di stare a stretto contatto con i Serpeverde è davvero una follia,” esclamò James, come se non riuscisse più a trattenersi.
“È certamente una bella sorpresa, Albus,” gli diede manforte Moody. “Non avevo capito che avessi in mente un ruolo così…attivo…per Piton.”
“Se Voldemort pensasse di approfittare della posizione di Direttore di Piton per attirare a sé gli studenti di Serpeverde?” domandò Lupin.
Silente interruppe tutti: “Severus è stato una spia per conto dell’Ordine già durante la prima Guerra Magica. Ha ripreso il suo ruolo: fingerà di spiare Hogwarts per conto di Voldemort, e sono certo che non la farà con la massima serietà e risultando il più convincente possibile.”
Potter alzò gli occhi al cielo, borbottando tra sé: “Follia…”
Piton strinse le labbra: quindi se il Signore Oscuro gli avesse chiesto di reclutare nuovi Mangiamorte, come lui stesso era stato reclutato appena fuori da scuola, Silente si aspettava che lui obbedisse. Esattamente come pensava. Si trattenne a stento dal lanciare un’occhiata a Lily.
“Il momento è grave, la minaccia di Voldemort pende su noi tutti. Dovremo essere uniti per combatterla, altrimenti verremo spazzati via e la nostra comunità sarà distrutta.” Gli occhi di Silente brillarono dietro le lenti a mezzaluna. “Ma questo incontro mi dà speranza. Siamo tutti compagni, custodi gli uni dei segreti degli altri.”
“Siamo…parecchi, per mantenere segreti così potenti,” rispose Piton. “Non sarebbe stato più saggio che di questo almeno Paciock e gli altri ragazzini non fossero al corrente?”
“Ho la massima fiducia in ciascuno dei presenti, e anche in Neville e gli altri,” gli rispose Silente.
E così costringeva tutti gli altri a fare lo stesso, considerò Piton, forzandoli a esporsi, a contare sulla lealtà degli altri. Nessuna meraviglia che la cosa non piacesse a Potter. Non piaceva nemmeno a lui.
Silente passò a discutere la situazione che l’Ordine si trovava ad affrontare.
“Voldemort non è pronto a rivelarsi. Non vuole una guerra aperta, è molto più utile ai suoi piani che l’Ordine sia occupato su due fronti: lui e i suoi seguaci e il Ministero, che teme la mia influenza. Nel frattempo, cercherà di consolidare il proprio potere.”
“Infiltrando i suoi Mangiamorte al Ministero,” prese la parola Piton.
Tonks sussultò: “Ne è certo?”
“Piuttosto certo, sì,” le rispose lui con un sorrisetto acido. “Non si fida del tutto di me, ma di questo piano sono al corrente diversi dei suoi seguaci.”
“Ma anche noi abbiamo degli agenti al Ministero,” intervenne Arthur Weasley, “e li teniamo d’occhio.”
“C’è altro che puoi dirci, Piton?” chiese Black.
Piton annuì: “Non essere riuscito a uccidere Paciock in quel cimitero lo ha contrariato parecchio. È convinto di aver tralasciato qualcosa. Mi ha chiesto di ripetergli la Profezia che ho ascoltato quindici anni fa.”
“Solo io ascoltai la Profezia per intero,” disse Silente. “Ma come per tutte le Profezie, ne esiste una registrazione. Sappiamo cosa Voldemort cercherà di fare…”
“Cercherà di trovare quella registrazione?” chiese Lupin.
“Sicuramente. Per fortuna, essa si trova in un luogo ben protetto, e che noi proteggeremo ancora meglio,” rispose Silente.
“Dove?”
“Nell’Ufficio Misteri del Ministero,” disse il Preside.
“E come lo proteggeremo?” chiese Piton.
“Saranno altri ad occuparsene, Severus. Sorveglieremo le vie d’accesso all’Ufficio Misteri, nei momenti in cui il Ministero è vuoto.”
“Ovviamente non potrò farlo io: se il Signore Oscuro inviasse i Mangiamorte, la mia presenza sarebbe difficile da spiegare,” replicò lui con sarcasmo. “Mi domandavo cosa si aspetta da me, Preside…”
“Ciò che mi aspetto è che tu tenga le orecchie aperte tra i purosangue, e tra le fila di Voldemort.”  Valeva a dire tra i suoi studenti: voleva che tendesse l’orecchio ad eventuali fughe di notizie nelle famiglie dei Mangiamorte. Meschino, ma perfettamente in linea con la condotta del vecchio mago. Piton ripensò fugacemente a Draco Malfoy: chissà se il ragazzino era discreto e attento come il padre.
“Tutto qui?” domandò sarcastico. “Sono venuto fin qui solo per sentire questo?”
“Oh, no!” replicò Silente. “Sei venuto per prendere il tè. Per conoscere gli altri e farti conoscere. Noi,” e qui il vecchio scagliò un’occhiata penetrante prima ai Malandrini e poi a Piton, “parleremo ancora più tardi.”
Piton accettò finalmente il tè da Molly Weasley, scrutando guardingo tutti i presenti.
Ninfadora Tonks raggiunse Lupin, iniziando a chiacchierare, riuscendo in capo a trenta secondi a rovesciare il suo tè e quasi a ustionare fatalmente il lupo. Piton colse Black chiedere alla McGranitt se avrebbero tenuto le successive riunioni dell’Ordine in sala insegnanti.
Lily e Potter discutevano sottovoce.
“Perché non ci riuniamo agli altri?” propose Silente. “Non lasciamoli sprecare ulteriori energie per tentare di origliare…”
“Non fermatevi nell’ingresso, non svegliate ancora quel quadro odioso!” ordinò Molly Weasley. “Senza offesa, Sirius, caro…”
Black si strinse nelle spalle. Diede un’occhiata a Lupin, ma la presenza di Tonks sembrò disturbarlo. Raggiunse i Potter.
Piton si chiese quando Silente avrebbe finito con lui. Non contava certo di restare per cena.
I ragazzi Weasley, i Potter e i loro amici si affollarono attorno agli adulti, cercando di strappare loro qualche confessione.
Piton aggirò tutti e tornò nel salotto. Ricominciò a fumare, lasciando ai presenti il tempo di studiarlo.

Note:
Dopo secoli e difficoltà tecniche, sono tornata:) Scusate il ritardo, acnhe se forse diventerà una costante:/
Quanto mi mancava, pubblicare!
   
 
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