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Autore: Lila May    20/01/2018    2 recensioni
/ Sequel di Disaster Movie / romantico, slice of life, comico (si spera) /
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10 anni dopo la terribile, anzi, mostruosa convivenza con i ragazzi della Unicorno, Esther Greenland passeggia per le strade di New York a tacchi alti e mento fiero. Il suo sogno più grande si è finalmente realizzato, e tutto sembra procedere normale nella Grande Mela americana.
Eppure, chi l'avrebbe mai detto che proprio nel suo luogo di lavoro, il gelido bar affacciato sulla tredicesima, dove non va mai nessuno causa riscaldamento devastato, avrebbe riunito le strade con una delle persone più significative della sua vita?
Il solo incontro basterà per ribaltare il destino della giovane, che si vedrà nuovamente protagonista del secondo disastro più brutto e meraviglioso della sua esistenza.
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❥ storia terminata(!)
Genere: Comico, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Bobby/Domon, Dylan Keith, Eric/Kazuya, Mark Kruger
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Chapter six.

​Bed

 

Furono soltanto cinque ore di volo, nonostante gli oltre quattromila chilometri che avevano inizialmente spaventato le ragazze, eppure furono le cinque ore più lunghe e irritanti che Esther avesse mai potuto sopportare in tutta la sua vita.
Non per le continue turbolenze che l’avevano tenuta ancorata al braccio di Erik, non per l’atterraggio orribile che l’aveva fatta sbiancare di terrore, figurarsi.
Ma per Melanie.
Quella ragazza l’aveva piantata sotto chiodo per quasi tutto il viaggio, mentre al suo fianco, un Mark del tutto ignaro della situazione si era disteso sul tavolino per dormire. Evidentemente sapeva chi era e anche che cosa era rappresentata per il suo ragazzo. E sicuramente sapeva anche che non doveva esserci, ma c’era, e doveva farsela andare bene.
Esther non sapeva cosa dire, ne cosa dover imporsi di provare. Da una parte si sentiva un intralcio per la coppia, ma dall’altra, non poteva fare a meno di essere contenta.
Ci aveva riflettuto bene, e non aveva molto senso mantenere il muso, per due semplici fattori. Era in vacanza, con Mark, a Los Angeles. Lui l’aveva invitata ad alloggiare nella sua vecchia casa, non ci aveva neanche pensato due volte. Quindi se proprio Melanie ci teneva a dare scandalo, beh, doveva farlo con Kruger, perché per quanto si sentisse colpevole, lei non c’entrava proprio nulla.
Secondo, non voleva dare a Mark ulteriori preoccupazioni; era stato gentile a volerla ospitare in casa, sembrava contento di averla vicino.
Dopo dieci anni, finalmente insieme. Nello stesso posto che li aveva visti incontrarsi per la prima volta.
Ecco perché, ad un certo punto, scelse di accartocciare le noie e liberare la mente da qualsiasi nodo. Non era una semplice vacanza, quella. Era un tuffo nel passato, e Esther non aveva bisogno di incrociare gli occhi di Mark per sapere che anche lui provava lo stesso.
Fidanzata o meno di mezzo.
Arrivarono a Los Angeles di buon ora; alle undici e trenta erano già in macchina, direzione casa di Mark.
“Vecchia casa di Mark”, anzi.
Mary sorrise emozionata mentre si spogliava della felpa e metteva in bella mostra la sua canottiera piena di strass color rubino.
Era un vero colpo all’occhio, che avrebbe costretto tutti a buttarci su uno sguardo, ma Esther non aveva attenzioni che per la strada. Era immensa, a cinque corsie, più nera di un pozzo senza fine. Non la ricordava tanto ampia, forse perché non aveva mai avuto occasione di uscire da New York. Non prima di quel momento, almeno.
Faceva quasi impressione, ma abbassò comunque il finestrino, cacciando la testa fuori.
L’aria le smosse frenetica i capelli, che le ricaddero con rabbia sul viso. Chiuse gli occhi, godendosi l’insolita sensazione di libertà che le salì fino alla gola.
Fino a quando Mark non la ricacciò dentro con una sterzata degna dell’ultimo film di Fast and Furious, fatta apposta per ribaltarla contro la raccapricciante maglietta di Mary.
<< Dai, Mark! Ma sei scemo o cosa! >>
<< Mi oscuravi lo specchietto con la tua testa enorme. >>
<< Cretino. >>
Ma sorrise nel dirlo, e incontrò i suoi occhi divertiti nello specchietto retrovisore.
Dio, erano stupendi. Tutto era stupendo, persino la maglia orrenda di Mary, che in un secondo momento avrebbe sicuramente condannato al rogo.
<< Da zero a ventidue gradi*! Cavolo, sembra di essere atterrati su un'altra dimensione! >>
<< Spero vi siate portate il costume ragazze. >> Erik finalmente mise via il cellulare, degnando la compagnia della sua prestigiosa attenzione. Sembrava contento, tutto il magone era sparito non appena aveva messo piede fuori dall’aereo. La California pareva aver avuto un effetto molto positivo sui due ragazzi, solo a parlarne si erano emozionati. Doveva essere bello ritornare a casa, dai propri amici, in mezzo alle stesse case di una volta, lo stesso mare, la stessa discoteca. << I ventidue gradi saliranno a trenta se passa il Saint Ana anche quest’anno. >>
<< Che cazzo è? >>
<< Un vento caldo e secco. >> guardò Mary di sbieco, tirandole uno scappellotto. Il primo contatto fra i due, che scoccò nell’aria come una fioca scintilla. << Geografia, sorella. >>
<< Sorry se non sono intelligente come te, eh. Americano medio. >>
<< Oh, Mark! >>
Mark rivolse gli occhi allo specchietto per guardare l'amico.
<< Dylan e gli altri? Informati? >>
<< Certo, sta sera cena tutti insieme. >>
<< Ovvio, ahahah! >>
Esther nascose un sorriso di sorpresa quando Kruger sorpassò l'auto che gli stava dinanzi: forse per la fretta di tornare a casa, forse per l'esaltazione di poter risentire il sole caldo bruciargli i gomiti, ma mai avrebbe scommesso che uno calmo come lui potesse guidare in modo tanto veloce e sicuro. Sembrava che niente avrebbe potuto fermarlo, nemmeno una valanga improvvisa riversa sulla strada.
Era tutto così bello…
Nel posare la visuale davanti a sé incrociò lo sguardo con quello di Melanie. Lei la stava guardando.
E male, fin troppo.
Esther estrasse dalla borsa un paio di occhiali da sole e interruppe il contatto con un sorrisetto strafottente, prima di darle di spalle e ritornare a fissare il paesaggio oltre la finestra.

Non sono fatti tuoi, su. Lasciala pensare quello che vuole. Non permettere a una stupida di rovinarti il Natale più bello della tua vita.


 

Era proprio come la ricordava. Splendida.
La sua casa.
Mark avanzò trascinandosi dietro la valigia, calpestando con passo febbrile il lungo spiazzo erboso al cui lato sinistro si estendeva la piscina; dio, quel buco d’acqua aveva ospitato tante di quelle feste che non si contavano sulle dita. Si fermò davanti al pianerottolo e inspirò piano, poi sollevò il tappetino e prese la chiave.
Se la fece girare tra le dita, emozionato.
Era fredda, lui bollente dalla felicità.
Ritornare in California gli faceva sempre uno strano effetto, e non si trattava di patriottismo; la sua casa rimaneva la sua casa. Ci era nato, gli scorreva nelle vene.
Il sole, il caldo, il mare. Il caos delle strade, le urla della gente.
Faceva tutto parte di lui, ne portava i segni sulla pelle, nel cuore, nella persona che era diventata ora.
New York, New Orleans, Miami…
Nessuna città sapeva farlo sentire tranquillo come Los Angeles.
La sua Los Angeles.
Era difficile da spiegare a parole, e nemmeno servivano in quel momento. Spalancò la porta e rise di gioia.
Nessun posto poteva eguagliare quelle quattro mura che lo avevano protetto da tutto, persino da se stesso. Si perse a contemplare la sala, l’immenso divano color panna, le vetrate ai lati della tv, la moquette bianca su cui batteva un candido raggio di sole che sollevava minuscoli granelli di polvere. Sembrava che tutto fosse rimasto lì, immobile ad attendere in un suo ritorno. Magari definitivo. Sorrise. La casa era vuota, ma traboccava di amore da ogni foto, da ogni ammeniccolo. Sul tavolino in legno vi era un meraviglioso mazzo di rose, e sotto il vaso stava incastrato un biglietto dall’aspetto particolarmente invitante.
Lo prese e lo lesse.

 

Ciao Mark, sono Grace.
Ti lascio la casa libera per due settimane, come sai sono a casa di Marge. Passa a trovarci, mi raccomando, o ti faccio inseguire per tutta la città.
Ti chiedo solo un favore; prima di ritornare a New York, togli le lenzuola da tutti i letti e mettile in lavatrice.
Per il resto, pensa a divertirti.
Bentornato a casa Mark.
- Mamma.


Si morse il labbro inferiore e si infilò il biglietto nella tasca dei jeans, emozionato. Da adolescente avrebbe schifato un simile promemoria, ma ora lo trovava essenziale.
E basta.
<< Meno sentimentalismi, fratello. Siamo venuti qui per fare casino, non per baciare le lettere della mammina. >>
Era stato Erik a parlare. Gli venne accanto e gli passò un braccio intorno alle spalle, poi guardò oltre l’immensa vetrata che stava dietro il divano, la stessa che soleggiava tutto il salotto. Si persero a fissare il mare, ma senza vederlo davvero.
Erano immersi nei loro ricordi, quelli belli, indimenticabili.
Non c’erano parole per descrivere un ritorno del genere. Se non fosse stato per le tre ragazze lasciate sul pianerottolo, sarebbero scoppiati a piangere come femmine.
Melanie fu la prima ad entrare, e nel farlo diede una leggera spallata ad Esther.
La mora tuttavia la ignorò con orgoglio, persa nell’ammirare quella casa che una volta le era sembrata gigante, ma che ora la vedeva come un nido caldo e premuroso. Si avvicinò al camino e afferrò una delle numerose foto che vi erano posate sopra. Era Mark da piccolo, aggrappato al collo del padre.
Era più occhi che corpo, due immense farfalle cobalto coperte in parte da una zazzera color miele illuminata dai raggi del sole.
Era adorabile, ma non bello quanto ora. La rimise giù con un sorriso, adagiandola con delicatezza immane.
Durante il viaggio in auto, Mark le aveva spiegato che quando i suoi avevano divorziato, la madre era ritornata a Los Angeles, ma senza cambiare casa. Non se l’era sentita di abbandonare l’abitazione che aveva visto crescere i suoi pargoli, e quindi se l’era ripresa, cambiandone la mobilia da testa a coda.
Beh, Hanagrace aveva fatto bene: anche per Esther quella villa era simbolo di vecchi ricordi, come quello del bacio, ad esempio.
Decise di non pensarci, di ignorare che se avesse salito le scale avrebbe saputo riconoscere la porta della camera di Mark ad occhi chiusi.
Di sopperire l’immensa voglia che aveva di farlo, di entrare in quella dannata stanza e abbracciare il letto, sentirsi avvolta dalla sua morbidezza.
<< Come dividiamo le camere? >> domandò Melanie, riportando tutti alla realtà col suo tono di voce annoiato e pretenzioso. Sembrava scocciata di essere lì.
Kruger prese la parola. << Pensavo… >> rimuginò qualche secondo, poi si grattò tra i capelli con evidente impaccio. << uhm... io e te nel letto matrimoniale di mia madre, che dici? Tanto c’è--
La fidanzata non gli diede modo di aggiungere altro. Con uno scatto del braccio afferrò la valigia e cominciò a salire le scale con rabbia, fregandosene delle bestemmie nervose di Erik. Quando trovò la camera, la porta si chiuse con un tonfo secco. Quello del “non disturbatemi, o vi ammazzo”.
L'ansimo sconfitto di Mark non sfuggì all’udito di Esther, che aggrottò le sopracciglia con fare sospettoso. Qualcosa non tornava in quella relazione, era piuttosto visibile.
Lei sembrava gelosa, ma non lo voleva tra i piedi.
Lui era innamorato, ma non abbastanza da saperla tenere.
Non aveva avuto bisogno di una lente d’ingrandimento per rendersi conto che qualcosa tra loro non funzionava nel modo giusto, era ovvio a tutti.
Magari avevano solo litigato, perché no. Magari era lei che, in quanto donna, come al solito esagerava e dava spessore alla cosa.
Ma niente toglieva a Melanie il primato di ragazza più confusa del mondo. E poi, era sempre al cellulare.
Non sapeva staccarsi dallo schermo, come un’ossessa.
Si chiese come avesse fatto uno come Mark ad innamorarsi di lei, ma poi decise che non erano fatti suoi, in fondo.
Che forse Melanie era meglio di ciò che voleva dimostrare, che era una donna piena di sentimento e passione. Solo, le piaceva fare la dura.
A chi non piaceva atteggiarsi in quel modo, del resto.
<< Okay >> il biondo prese un respiro e riprese il filo del discorso, infastidito da quella scenata fuori programma. << Erik, tu dormi nella stanza di mia sorella, Mary in quella degli ospiti, è in fondo al corridoio. Potete andare. >>
<< Va bene fratello. Vieni Mary, ti faccio strada. >>
<< Che cavaliere. Le so salire le scale, eh, non ho bisogno del cicerone. >>
E così dicendo si dileguarono oltre le gradinate della villa, portandosi dietro le valige colme di abiti.
Mark aspettò che i due ragazzi si fossero chiusi nelle loro stanze temporanee, poi si avvicinò ad Esther e le sorrise con dolcezza. Una smorfia che poteva voler dire tutto, come poteva non significare nulla, ma che riuscì a disordinare tutti i sensi emotivi dell’amica, dal primo all’ultimo.
Greenland sapeva bene che stanza le era rimasta.
Eccome se lo sapeva, ma quando lui glielo disse, rimase ugualmente sconvolta. Dalla gioia. Il cuore le saltò al collo, battendo furioso contro la giugulare.
<< A te, ospite speciale, lascio l’onore di dormire nella mia camera. >>
Non sapeva cosa dire.
Non c’era bisogno di parole per descrivere una simile opportunità. << Mark… >> si fece avanti per abbracciarlo, timida, ma si bloccò con le braccia a mezz’aria quando incrociò il suo sguardo sfuggente. Aveva il viso tirato di felicità, almeno apparente, ma i suoi occhi brillavano di una luce che…
che lei non seppe decifrare.
Le dardeggiò un’occhiata carica di consapevolezza, una sensazione che le fece tremare il sangue nelle vene, il cuore, lo stomaco, il cervello, tutto.
Lui l’aveva messa lì apposta.
Perché all’interno di quella camera avevano intrecciato le labbra per la prima volta. Avevano provato sentimenti che lei ancora sentiva, nel profondo, e che avrebbe dato per poterli eliminare, ma ogni volta che ci pensava li percepiva svilupparsi, crescere dentro di lei, come una pianta baciata dai raggi del sole.
Smise di fissarlo e salì le scale in fretta e furia.

 

Si arrovellò su quell’occhiata per tutta la giornata.


 

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Nda

*negli USA si usano i gradi Fahrenheit, non i Celsius come in Italia. Però siccome io non ascolto MAI le lezioni di chimica e fisica, non li so trasformare – looool – e quindi per mettere in pace tutto il mondo userò i gradi, così non sono costretta a riportare sempre la temperatura. In ogni caso, 22 gradi italiani corrispondono a 71,6 gradi Fahrenheit. Ho usato il convertitore di internet, yeee.

E NIENTE, AUGURI KRUGER! mio dolce mr. Freedom. ♥​ Ebbene sì raga, oggi è il 20 Gennaio, e chi mi conosce dal lontano 2014 (?), sa che io ci vedo tanto bene Mark come un piccolo capricornino di Gennaio, e quindi niente, la data gliel'ho scelta io, e siccome quando io parlo detto legge, è vera. (?)

Anyway, parliamo del capitolo! Allora. Se avete letto la precedente storia saprete sicuramente del bacio tra Mark ed Esther. avvenuto a casa di lui. Se non l'avete letto, vi consiglio di farlo,è il capitolo 40, "Where are you Mark". In ogni caso vi basta sapere che è sul letto di Kruger che Esther gli ha fregato un baciettu, eheheheh, ecco perché è così emozionata quando sa che dovrà dormirci.
​Le cause e i perché comunque fanno parte del passato, e non sono importanti per questo sequel.
​ANDIAMO AVANTI.
Unicorns, godetevi questa quiete perché dal prossimo chappy cominceranno i casini, e non saranno pochi. Scopriremo diverse cose su Erik – come al solito, brutte -, accadrannò tante castronerie che vi faranno mettere le mani tra i capelli, vi faranno chiudere la storia e tanti saluti.

Per quanto riguarda Hanagrace, ve la ricordate no? La mamma di Mark! Avrà un ruolo anche lei, faccio solo un appunto.
Non è una modella. No chiariamo sta cosa. Allora, avevo 14 anni quando scelsi di farla modella.
… ero una bambina. Potete già capire la fantasia (?)
NON è UNA MODELLA, lo specifico; se lo fosse, Mark non avrebbe bisogno di lavorare, e mangerebbe torte tutti i giorni, alle Hawaii.
Quindi NON LO E'. So che nella vecchia storia c'era scritto così, ma siccome l'idea è mia, adesso vi chiedo di prendere l'informazione come una cosa dettata dal fatto che ero solo piccolina. La mamma di Mark lavora, ma ancora non ho deciso in quale settore.
Il babbo di Mark, Johann, è un avvocato. Questo era solo un piccolo appunto così, tanto per VIVA JOHANN.
Okay? GOOD. (?)
Se avete voglia lasciatemi un parere, mi farebbe tanto piacere cosa ne pensate!
Lasciate perdere la strafottenza di Melanie, fa così per un motivo, lo capirete più in là.
Baciii belli!

   
 
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