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Autore: Uptrand    21/01/2018    12 recensioni
Raccolta di one shot dedicata agli uomini del primo reggimento dell'iniziativa di difesa galattica.
Sono presenti descrizioni prese dal codex del gioco.
Genere: Avventura, Azione, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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L’uomo era tranquillamente seduto, in giardino, su uno sgabello pieghevole sotto l’ombra di un piccolo albero, durante un piacevole pomeriggio sul pianeta Bekenstein.
Era una persona di colore, portava i capelli cortissimi per nascondere i primi cenni di calvizie, in faccia un paio di baffetti accennati. Di aspetto era giovane e aveva un fisico allenato, seppur nella norma. 
Osservava con piacere le tre galline rinchiuse nel piccolo recinto che lui stesso si era fatto. Un pollaio artigianale, con tutto il necessario. Amava perdersi nei lavori di precisione.
Per qualche motivo le galline gli erano sempre piaciute, come animali.
Si chiese se fosse il caso di prendere anche un gallo, ma temeva che avrebbe disturbato il vicino. Considerando che i vicini erano tutti suoi colleghi di lavoro, forse non era la migliore delle idee.
Passò una mano sul mento, continuando a ragionare su quella possibilità.
Al tatto, sentiva con piacere la barba appena accennata e perfettamente tagliata. 
Sia nel resto del in giardino che in casa, tutto era fatto per bene. Aveva sempre creduto che un lavoro andasse fatto bene o che non fosse il caso di farlo.
Non era un maniaco della precisione, sebbene la amasse non ricercava quella assoluta, ma un fanatico dei lavori fatti bene.
Aveva sviluppato questa passione diplomandosi in chimica, quando da li aveva lavorato come pompiere se l’era portata dietro.
Non era stato un pompiere nel termine più classico, sebbene fosse stato addestrato anche in quel ruolo, era un investigatore dei vigili del fuoco. 
Il suo compito era scoprire come un incendio aveva avuto inizio, di trovare i colpevoli se ne sarebbe occupata la polizia vera e propria. 
Il fatto di essere un chimico era stata la sua qualifica più importante per quel ruolo, chimiche erano infatti le sostanze incendiare usate e prima di ogni caso, nelle sue indagini, doveva partire da esse.
Poi un giorno mollò tutto, non aveva una ragione vera da dare. La più valida era che la monotonia della vita lo stava uccidendo. 
Senza altre idee si iscrisse nell’Alleanza dei Sistemi Uniti, entrando nell’esercito, in un reparto guastatori.
A un tratto si trovò a fare un lavoro che era l’opposto di quello precedente, ora doveva trovare un modo per appiccare nel miglior modo un incendio. L’avevano messo a lavorare con un unità di fanteria di lanciafiamme, più precisamente alla manutenzione e miglioramento dell’equipaggiamento.
Scoprì di amare quel ruolo.
Il fuoco era da sempre un elemento naturale dotato di grande attrazione e lui la sentiva tutta su di se, quando in esercitazioni o esperimenti, per migliorare la capacità delle armi, vedeva le fiamme accendersi e distruggere quello che le circondava. 
Riconobbe di riuscire in parte a capire i piromani, quegli individui con disturbi mentali che appiccavano incendi per ricavarne una qualche forma di piacere. 
Lui non avrebbe mai appiccato un incendio per divertimento, ma in quelle stanze, in quegli ambienti studiati per questo e controllati, si stava divertendo a fare proprio questo.
Venne la guerra, quella contro i “grigi” o Xalielt come pareva si chiamassero veramente e che si scoprì solo a guerra vinta dopo il loro sterminio, ma il nomignolo era sempre rimasto. 
Una razza antichissima, vecchia di eoni, sopravissuti ai razziatori erano ritornati, trasformando se stessi in esseri di pura energia biotica, per dominare nuovamente la galassia come ai loro tempi.
Aveva perso, con la distruzione della loro base principale che li manteneva in quella forma energetica questa si era semplicemente dispersa facendoli estinguere.
Lui si arruolò volontario nel I reggimento di Iniziativa di Difesa Galattica, non era un gran segreto che per metterlo assieme si stava cercando tra gli scarti di tutti gli eserciti delle razze che popolavano la galassia. Sarebbe servito come banco di prova per un nuovo tipo di tecnologia che potenziava l’individuo, chiamata biotecnologia che si voleva usare in questa guerra.
Seguirono strani eventi, un qualche tipo di sabotaggio, lui che perdeva conoscenza di se stesso, i suoi commilitoni trasformati in mostri. Lui fu uno dei cento I.D.G. che furono portati in salvo dalla resistenza sulla Cittadella. La sua volontà prigioniera nel suo corpo, da un’altra esterna che la soggiogava.
A un certo punto lui e gli altri novantanove vennero liberati, non sapeva il come ma erano coinvolti nome noti e importanti come quello di Olivia Williams Shepard  e Dasha Weaver. 
Troppo importanti perché lui potesse ottenere delle spiegazioni esaurienti, era nuovamente in se stesso e di questo si sarebbe dovuto accontentare. Anche il suo comandante lo era, Steve Williams Shepard.
Anche se erano in cento combatterono e si distinsero, ma meno di quarto di loro rimase in vita. 
Lui aveva perso una gamba nel combattimenti, ma la biotecnologia lo mantenne in vita e la medicina moderna gli fece ottenere un nuovo arto clonato.
Finita la guerra, venne deciso che gli I.D.G sarebbero diventati una realtà, la base per creare un esercito comunitario. 
Dal suo comandante in persona ricevette la proposta di diventare parte dello stato maggiore del I° reggimento. Avrebbe potuto rifiutare o arruolarsi nei rimanenti sei reggimenti I.D.G che si stavano istituendo.
Ma il I° era legalmente autorizzato a usare armi bandite dai trattati, anche se il loro utilizzo poteva venire solo dietro autorizzazione del Consiglio. Questo gli dava una possibilità insperata, che in altre posizioni non avrebbe mai avuto. Lavorare con il gas vespene.
Come molte altre scoperte, l’esistenza di questo gas fu dovuta a un errore da parte dei salarian nella ricerca di una nuova fonte di energia.
Il gas vespene aveva la proprietà di legare qualsiasi molecola d’idrogeno incendiandosi. Non solo quello presente nell’atmosfera ma di innescare una reazione con qualsiasi molecola d’idrogeno, indipendente dalla sua condizione.
L’entità del disastro che si aveva davanti si poteva facilmente capire col fatto che esso era l'elemento più abbondante dell'universo, formando fino al 75% della materia
Nei test su esseri viventi, in genere dei varren, la cavia non veniva solo bruciata ma incenerita in pochi secondi senza che di essa ne rimanessero ossa o altre tracce. Il vespene aveva reagito con l’idrogeno presente negli organismi viventi incendiandolo, di fatto il varren aveva preso fuoco contemporaneamente internamente ed esternamente a partire da ogni sua singola cellula. 
Ma il suo effetto non si limitava a essere viventi, anche del semplice terriccio bruciava come carta alla sua esposizione. 
Di fatto il vespene pareva in grado di carbonizzare tutto, l’unica cosa richiesta era la presenza d’idrogeno.
La sua vera pericolosità si mostrò quando venne effettuato un esperimento in ambiente acquatico.
Se normalmente irrorato come gas, il vespene incendiava tutto lo spazio che occupava posto in una vasca dalla capienza di cinquanta litri d’acqua.
Le fiamme che si sprigionarono bucarono il materiale della cisterna, l’acqua si riversò all’esterno. Tra lo stupore assoluto, acqua e vespene avevano reagito mutando in qualcosa di assolutamente imprevisto. Simili a lava il prodotto della loro unione si spargeva sul suolo consumando ogni cosa, alimentandosi dell’idrogeno normalmente presente nell’ambiente. Era come se il fuoco avesse preso una massa, si fosse dotato di un corpo fisico e tangibile. 
Fu possibile spegnere l’incendio solo dopo aver limitato lo spazio dell’incidente con una copertura, se infatti veniva spento si riaccendeva subito, e la conseguente irrorazione di gas inerti che prendessero il posto dell’idrogeno. 
Davanti a questi fatti e alla spaventosa possibilità che il vespene potesse raggiungere il mare di qualche mondo abitato la sua produzione e ogni successivo studio venne vietato. 
Divenuto capitano del I° reggimento, si adoperò per lo studio del gas vespene ottenendo quello che desiderava.
Attualmente lui gestiva il laboratorio noto come “La Raffineria”, situato lontano da qualsiasi centro urbano e corso d’acqua, era il laboratorio e sede di stoccaggio di questo gas. 
Al suo interno il vespene era conservato in cilindri di metallo, in stanze prive di idrogeno, congelato a – 270°C.
Esso era alla base della nuova unità da combattimento che aveva ideato: i Piromani, un’unità di fanteria incendiaria pesantemente corazzata.
Non troppo dissimili dai soliti fucilieri, spina dorsale delle forze I.D.G. , la loro armatura era una variante della  NC-13. Decisamente più pesante sfruttava tutta la capacità di carico, 80kg, di cui è capace per portare sulle spalle un bidone altamente corazzato, pieno di gas vespene.
Al posto del fucile a particelle T-17 e del suo sistema di autoricarica, in cui l’energia viene trasmessa dall’armatura all’arma semplicemente tenendola in mano, i piromani hanno sulle mani degli enormi augelli da cui viene spruzzato il gas vespene con una portata di venti metri.
In questo tragitto il gas da fuoco a tutto quello che incontra, privando chi subisce questo attacco di qualsiasi possibilità di riparo.
« Rodi! » Urlò qualcuno.
Lui alzò la testa udendo un asari, aveva pitture facciali argentate, chiamarlo « Nianma, problemi? » Domandò vedendola avvicinarsi.
« Dov’è il tuo omnitool? »
« In casa ovviamente. »
« Già, ovvio. Se ricevi qualche ordine, come pensi di fare? »
Lui assunse per un attimo un'espressione sospettosa e corse via, quando tornò l’aveva ma non per consultarlo e chiese direttamente a chi era meglio informato.
« Che mi sono perso? » Chiese a Nianma.
« Niente, visto che non mandavi una risposta e ti conosciamo, sono stata inviata per far si che tu guardassi i messaggi ricevuti. Non puoi portartelo in giro, come fanno tutti? »
« Odio essere sempre rintracciabile, almeno a casa potrò essere tranquillo. »
« Peccato che tu sia un ufficiale di una forza militare di pronto intervento, DEVI essere raggiungibile. »
Lui alzò le mani « Hai ragione, lo so! Mea Culpa. Adesso che novità ci sono? »
Lei si fece seria « Qualcosa di grosso, credo che qualcuno voglio che il I°  venga mobilitato? »
« Per intero? » Chiese lui scioccato e preoccupato. Per quella misura doveva essere scoppiata come minimo una guerra.
Fu sollevato a vedere l’asari che faceva di no con la testa « Solo i tuoi piromani e qualcuno del genio. È stato chiamato anche il colonnello Lofirn. »
Il quarian non solo era il terzo ufficiale più in alto della base e gestiva il genio militare, ma era il suo diretto superiore essendo i suoi piromani, registrati come reparto guastatori agli ordini del genio. Sotto il suo comando rientravano anche le artiglierie pesanti nella base. 
« Ci sarebbe dell’altro, ma questa è una voce. » Ammise lei.
« Di che si tratta…» 
« Credo che questo sia collegato a quello… trovato su Sarait. »
Rodi rimase a bocca aperta, cogliendo la gravità di quelle parole. Due settimane fa Niam e i fucilieri al suo comando avevano partecipato a una missione. 
Avevano scoperto un laboratorio segreto degli Yahg dove conducevano esperimenti su bambini comprati, insieme a molti corpi bruciati di questi. 
Il loro intervento aveva permesso di salvare una trentina di bambini. 
« Lo pensi veramente? »
Lei annuì vigorosa, lui si fece serio e chiese « Non è che daresti tu da magiare alle galline mentre non ci sono? »
Nianma accettò e rimase li con un sacchetto di mangime in mano mentre lui si allontanava diretto a una riunione per cui forse sarebbe arrivato appena in tempo. 
L’asari, incuriosita, alzò il tetto del pollaio. Aveva letto qualcosa su questo animale che i terrestri usavano soprattutto per la loro cucina. Uno stupido ed innocuo uccello. 
Infilò una mano carica di mangime, entrò appena che le galline saltarono sbattendo le ali per raggiungere le granaglie. Usando becchi e artigli.
Lei ritrasse la mano dolorante, quella reazione energica l’aveva completamente sorpresa. Aveva il segno di tre beccate, una di queste sanguinava, e diversi tagli.
Indirizzò diversi insulti agli animali e al loro padrone.
 
*****
 
Rodi sapeva che per quanto avrebbe provato a scommettere sulla sua destinazione, non ci avrebbe mai azzeccato. Heshtok, forse il più brutto pianeta di tutta la galassia se non si prendevano in considerazione la razza che lo abitava: i vorcha.
Con i Vorcha, diventava semplicemente una discarica grande quanto un pianeta. 
A suo avviso e di molti, la razza più brutta e inutile della galassia. Avevano una pelle giallognola, attraversata da striature rosse, mani a tre dita con artigli, gambe e breccia muscolose non per niente a volte si muovevano a quattro zampe. 
Il volto era brutto da vedersi e oblungo: ampie cavità oculari contenevano grossi e minacciosi occhi rossi; ampia parte del viso pareva essere schiacciata, erano privi di naso e sulla fronte avevano un’ampia cresta.
La bocca era ampia e scura rispetto al resto del corpo, questa era una semplice cavità che mostrava una serie di denti lunghissimi e affilati come lame.
Il pianeta presentava un'elevatissima attività vulcanica, che portava al rilascio periodico di gas tossici nelle riserve d'aria e d'acqua, oltre ad altre situazioni estreme alla base della leggendaria adattabilità dei vorcha, una specie selvaggia e altamente riproduttiva che lo avevano spogliato delle risorse naturali da generazioni. Il sovraffollamento e la distruzione di gran parte dell'ecosistema aveva dato origine a un pianeta ricoperto di piante infestanti e abitato da insetti resistenti. La mancanza di risorse aveva portato a una società basata su clan strettamente legati in cui quelli rivali conducevano una guerra costante contro gli altri per il controllo delle scarse risorse. 
Questa guerra incessante aveva reso ogni generazione di vorcha più forte e aggressiva della precedente, ma la loro continua mancanza di risorse aveva mantenuto la società dei vorcha estremamente primitiva.
I vorcha erano da sempre privi di qualsiasi forma governo. Le alleanze tra le linee dinastiche erano a dir poco fragili, le brevi e violente vite dei vorcha facevano sì che vi fossero poche istituzioni destinate a durare nel tempo. 
Erano conosciuti per una biologia piuttosto singolare che li differenziava dalle altre specie conosciute e che portava con sé una notevole serie di vantaggi e svantaggi. Possedevano ammassi di cellule non differenziate. Queste cellule davano ai vorcha limitate capacità rigenerative, oltre alla capacità di adattarsi rapidamente al loro ambiente, come lo sviluppo di una pelle più dura dopo essere stati scottati o una muscolatura più forte per sopravvivere all'alta gravità. Quando un vorcha era ferito o in pericolo, queste cellule si muovevano verso l'area e maturano rapidamente in forme specializzate che alleviavano il problema.
Un vorcha che subisce un taglio o una bruciatura si adatterà ad avere una pelle più dura. I polmoni di un vorcha situato in un'atmosfera poco respirabile si adatteranno a usare meglio i gas lì presenti. Gli ammassi di cellule non differenziate dei vorcha possono ricostituirsi da sole, ma il processo sarà lento. In generale, i vorcha erano in grado di adattarsi solo ad un singolo ambiente durante le loro brevi vite. Tuttavia, le cellule rimpiazzate permettono loro di guarire rapidamente, e anche di far ricrescere gli arti perduti dopo un periodo di mesi.
Tuttavia, come conseguenza, i vorcha non si evolvono più come fanno le altre specie. L'equivalente vorcha del DNA era rimasto immutato per milioni di anni. Per loro non c'era bisogno di evolvere come specie quando potevano adattarsi individualmente.
 
Rodi avrebbe voluto saperne di più sulla missione, ma tutto pareva sotto massimo riserbo. Si alzò, traballando leggermene a causa di una vibrazione che percorse il mezzo di trasporto su cui stava viaggiando. Erano da poco entrati nell’atmosfera di Heshtok.
Giunti fino li in astronave, stavano scendendo usando un Pellicano. Ideati dalla Noveria Corps nell’ultima guerra contro i grigi, erano pesanti bombardieri che potevano essere riadattati come trasporto truppe.
Uno solo di loro stava trasportando i suoi cento piromani e altrettanti fucilieri, al comando dell’operazione vi era Lofirn. Oltre al loro mezzo ve ne erano altri due, tenuti nella configurazione di bombardieri.
Viaggiavano senza scorta, non avendo i vorcha nessun tipo di aviazione propria. Su tutto il pianeta si poteva reperire al massimo qualche vecchia nave, ottenuta in genere uccidendone i legittimi possessori. 
Vi era anche una terza presenza alquanto insolita, un autentico s.p.e.t.t.r.o turian del Consiglio. Un agente segreto del governo galattico.
Anche il loro comandate aveva quel titolo, ma quello era più che altro per legittimare il fatto che il I° fosse autorizzato a violare qualsiasi legge. 
Lui non sapeva quali ma era sicuro che anche in quell’istante ne stessero violando qualcuno, l’unica nota positiva era che non esisteva un governo vorcha che avrebbe potuto protestare.
« Signore, le posso parlare? » Chiese rivolgendosi a Lofirn. Per qualche motivo gli aveva sempre dato l’impressione di essere un grande intellettuale, più adatto a una biblioteca. 
Lui sorrise tra se, rendendosi conto che l’idea che aveva del suo superiore, poteva essere data a ogni soldato del I°. Tutti loro sembravano essere nati per fare un altro lavoro. 
Non sapeva neanche lui bene il perché, forse per la forma elegante che tutti i quarian sembravano avere, con i loro corpi slanciati e la pelle tendente al viola e gli occhi molto chiari, di colore lilla e senza iridi. Erano più simili agli umani di tante altre razze avendo anche loro dei capelli, in genere scuri. « Capitano Tildon, ha bisogno? »
« Si, avrei un paio di domande se permette. » Al cenno d’assenso lui proseguì « Abbiamo due pellicani che da soli possono spazzare il terreno, duecento uomini del I° e uno s.p.e.t.t.r.o. Serve davvero tutto questo dispiegamento di forze? Quello che avremmo davanti è un clan vorcha, non mi aspetto una resistenza enorme. »
«Ha ragione, l’attacco sono convinto che non presenterà problemi. Il nostro obiettivo è la roccaforte del clan Shaaxyun, trovare quello che cerchiamo se presente e andarsene via prima del ritorno dei vorcha a saccheggiare. Ed è quest’ultimo a darci problemi. Sa capitano che quando un clan vorcha è in difficoltà per un attacco, magari di un altro clan, quelli abbastanza vicini si muovono per attaccarli a fine scontro? Sperando così di impadronirsi sia delle risorse dell’attaccante che del difensore, per questo questi scontri sono sempre brevi, non durano mai più di un paio d’ore. C’è sempre il rischio che altri clan vorcha rubino il bottino altrui. Uno scontro abbastanza celebre ha visto quella che era una lotta tra due clan, concludersi in una battaglia che ne coinvolgeva trentacinque. Inoltre, il clan “vincitore”, o dire sopravvissuto credo più esatto, tornando alla propria base ha scoperto che era stata assalita e saccheggiata. Quello che temo è che il nostro attacco attiri, sono quasi certo che avverrà, tutti i clan nelle vicinanze. Un clan vorcha a una popolazione media di cinquecento individui, supponendo anche solo che dieci clan intervengano dovremmo fronteggiare cinquemila vorcha. Per questo ho richiesto il suo gruppo, contro un muro di fuoco il numero degli aggressori conta poco. »
Rodi sorrise a quella frase, certo il vespene se ne fregava del numero di nemici e la gittata dei lanciafiamme sulle braccia gli permetteva di ridurre in cenere tutto nell’arco di venti metri, ma cinquemila nemici a essere ottimisti? Di sicuro non avevano così tanto vespene.
Tutto dipendeva, da quanto velocemente l’agente segreto avrebbe trovato quello che cercava. 
 
*****
 
La sede del clan bersaglio appariva poco più di una baraccopoli terrestre, l’unica costruzione che spiccava era scavata nella roccia, o per meglio dire inserita, ed era il muso di qualche vecchia astronave su cui era stato costruito tutt’attorno dandole vagamente l’aspetto di un castello. 
L’attacco dal cielo fu preciso e letale, le misere difese esterne furono spazzate, qualunque cosa tra loro e l’ingresso della base nemica fu annientata. 
A passo veloce, con i piromani all’esterno e i fucilieri al centro della formazione, si avvicinarono al bersaglio, mentre attorno a loro i sopravvissuti a quell’attacco scappavano, avrebbero potuto abbatterli senza problemi.
Lofirn però aveva dato l’ordine di non attaccare la popolazione civile, nei limiti del possibile voleva rispettare le regole di guerra. Di questo Rodi fu contento, voleva evitare di avere incubi o rimorsi che l’avrebbero tormentato.
Dalla roccaforte nemica cominciarono a sparare, un inutile dimostrazione di tenacia vorcha. Armi vecchie che nulla potevano contro l’armamento del I°.
I colpi rimbalzavano contro la corazza NC-13, mentre il fucile di T-17 faceva saltare in aria difensori e i loro ripari. 
In un attimo furono davanti all’ingresso, Rodi e due dei suoi uomini usarono i lanciafiamme.
Senza volerlo si mise a pensare alla lega di metallo della porta che li fermava, al suo punto di fusione, al tempo normalmente previsto a raggiungerlo. 
58 secondi dopo la porta era scomparsa, lasciando una grande pozzanghera di metallo fuso e un ingresso bruciato insieme ad alcuni corpi.
Alcuni dei difensori si erano posizionati subito dietro alla porta, ma quando questa aveva ceduto era stato il fuoco a fare irruzione. Ossa carbonizzate e cenere era quello che rimaneva, il vespene aveva bruciato tutto così a fondo da far sparire anche l’odore di carne bruciata.
Metà dei fucilieri con il loro comandate e lo s.p.e.t.t.r.o. entrarono di corsa mentre i piromani si mettevano all’esterno, la paura era che con le loro fiamme distruggessero casualmente quello per cui erano venuti.
Piromani e la restanti i fucilieri si misero di guardia all’esterno, agli ordini del capitano Tildon. Fece appostare un piromane ogni 15 mt, intercalando fra loro i fucilieri.
Nel cielo, i Pellicani volteggiavano come falchi pronti a colpire. Ben visibili.
 
Li vide arrivare ben prima di qualsiasi previsione, comparvero some una lunga ombra nera che si estendeva sul terreno, giù da una collina. Ed erano tanti, dannatamente tanti. Non sapeva chi o come, ma il calcolo sul contrattacco nemico era stato sbagliato e di tanto. 
Non capì come fosse possibile, sembrava quasi che avessero visto un segnale.
L’ombra di un pellicano passò su di lui, maledisse il fatto che nessuno ci avesse pensato. I Pellicani erano stati il miglior segnale possibile.
Non diversamente dagli avvoltoi che girano in tondo, in cielo, facevano scoprire la carcasse anche ai predatori di terra.
Li vide arrivare di corsa, incuranti di qualsiasi tattica, correvano anche a quattro zampe aggrappandosi al terreno con le mani artigliate, saltando energicamente ogni ostacolo che avessero davanti. Attaccandosi anche fra loro, per arrivare primi in quella specie di competizione che vedeva come premio le spoglie dei vinti.
Un gran rumore e numero di esplosioni, la polvere si alzò per un lungo tratto facendo scomparire di i vorcha alla vista. I pellicani avevano aperto il fuoco, il terreno vibrava martoriato dai loro colpì.
I vorcha sbucarono di corsa oltre il muro di polvere, un soldato si sarebbe fermato in cerca di riparo, ma la loro stupidità e aggressività li lanciava invece in quella corsa folle.
Incuranti dei loro simili fatti a pezzi da quell’attacco, che sembrava invece far salire la loro frenesia da battaglia. 
I fucilieri aprirono il fuoco, un solo colpo di T-17 bastava a tagliare in due vorcha o almeno a fargli perdere un arto. Da canto loro la NC-13 li proteggevano dai primi colpi che il nemico scambiava con loro.
Rodi stava a gambe aperte ben piazzato e fermo, respirando in modo controllato per rimanere più calmo possibile. “Venti metri” si ripeteva mentalmente, sul visore dell’armatura vedeva la distanza dai nemici più vicini, cercando di calcolare il momento esatto di quando usare le fiamme. 
Davanti a loro si estendeva terreno aperto ricoperto da erbe infestanti. Sembrava che sul pianeta non fosse rimasta altro tipo di piante, quello stupido pensiero lo tranquillizzò, non avrebbe incenerito qualche pianta di rara bellezza.
Un allarme risuonò nell’armatura, i Vorcha erano avevano superato i venti metri. I fucilieri retrocedettero mentre sparavano, i piromani restavano ben fermi.
« Fate brace! » Ordinò, con tono calmo, il capitano Tildon. 
Alzarono di scatto il braccio destro all’unisono, il vespene venne pompato con forza dal serbatoio fino agli augelli, dove fu liberato.
Una colata, uno spruzzo di fuoco che aggredì prima l’aria incendiandola e incendiandosi. Quando toccò terra questa divenne carbone e con essa ogni creatura che la calpestava. 
Una pozzanghera incandescente che si allargava senza sosta, consumando istantaneamente ogni cosa. I Vorcha vi finirono dentro. Come il resto divennero semplicemente cenere, alimentando  quel muro di fuoco che li aveva uccisi.
I vorcha più avanti si arrestarono, quelli indietro non furono altrettanto rapidi, molti furono spinti in avanti cadendo in quel muro di fuoco, che si estendeva per venti metri davanti a loro e che proteggeva gli I.D.G.
I piromani cambiarono braccio, continuando a incendiare il terreno davanti a loro mentre il destro si raffreddava.
Le due parti si osservarono un istante, separati da quella barriera. Entrambe sembravano sorprese che quell’espediente avesse funzionato. Un vorcha si voltò verso simile e lo pugnalò a morte.
« Che sta succedendo? » Domandò Rodi quando vide l’agitazione salire nuovamente tra i vorcha.
« Stanno combattendo fra loro. » - Asserì un fuciliere che sembrava saperne di più - « Con così tanti vorcha devono esserci molti clan, parecchi rancori, penso li stiano risolvendo adesso che noi siamo fuori dalla loro portata. »
Lui vide che i vorcha più vicini alle fiamme lottavano, per gettarvi dentro i propri simili. Si stavano massacrando in uno spettacolo che gli faceva venire la nausea.
« Riuscite a mantenere quelle fiamme? Vero? » Gli chiese lo stesso fuciliere. Lui rispose di si. Avevano vespene in quantità, la vera domanda era quanto tempo ci avrebbe messo il gruppo di 
Lofirn. 
Un rumore di metallo che si piegava, una figura sfondò una parete di metallo della roccaforte nemica, cadendo a quattro zampe nel centro dello loro formazione.
« Quello che roba è? » Domandò Rodi, non aveva mai visto niente di simile, sembrava un vorcha ma era decisamente più grosso, i tratti più bestiali e ancentuati, venature blu gli percorrevano il corpo.
La creatura guardò davanti a se, attaccò. I fucilieri reagirono, ma prima che i loro colpi raggiungessero il bersaglio, questo era sparito con incredibile velocità.
« Attenzione! È…» Ma il grido del fuciliere si perse quando un artigliò arrivò dal nulla, colpendolo dall’alto dritto in testa. Il casco lo protesse, ma il metallo della NC-13 era stato scalfito a mani nude da quella creatura. 
«…Biotico. » Mormorò fra se Rodi, completando la frase. Con uno spostamento di fase di era teletrasportato, sfuggendo ai colpi sperati e attaccando da un angolo cieco.
I fucilieri erano messi in difficoltà dalla sua agilità, amplificata dai suoi poteri, continuava a teletrasportarsi ma al contempo stava cominciando a far suo di altri poteri biotici come onda d’urto.
Qualcosa non andava e non era dovuto solo a quello strano essere, ma anche ai suoi poteri biotici che sembravano non esaurisci. Di norma, dopo un attacco ogni biotico necessitava di tempo per accumulare nuova energia oscura da usare, si poteva lanciare un attacco biotico ogni due minuti fino a quando lo sforzo fisico non diventava eccessivo. 
Quella creatura, invece, sembrava poter fare un uso infinto dei suoi poteri. 
« Sarà biotico, ma lo sono anch’io! » Dichiarò risoluto un fuciliere, un’asari. Non era l’unico. Di norma un biotico sarebbe stato sprecato con indosso un NC-13, ma nel reggimento si trovavano quelli di livello più basso e non oltre il livello 2. 
Usarono diversi attacchi biotici che però non sortirono nessun tipo di effetto, solo svanirono tutti prima di toccarla. 
Il fuciliere asari, che per primo aveva lanciato l’attacco, fu assalito dalla creatura che gli fu addosso mordendogli l’elmo e gettandolo a terra. 
L’asari lanciò urla di terrore alla vista dei denti che premevano davanti al suo volto, al rumore dell’elmo che scricchiolava  mentre percepiva gli artigli della bestia graffiare sempre più a fondo la corazza.
Il vorcha mutato saltò via, lasciando al presa, avvertendo un altro nemico in avvicinamento. Evito due vampate di fuoco, prima di riuscire a prendere le distanze.
Rodi stava affrontando personalmente la creatura, aveva cambiato le impostazioni degli augelli perché le fiamme non raggiungessero più di mezzo metro. 
In questo modo poteva affrontare il nemico da molto più vicino dei fucilieri, inoltre sarebbe bastata una fiammata di vespene a ridurlo in cenere. Gli altri piromani non si mossero, bloccati dal dovere di mantenere il muro di fiamme.
Prese a boxare come nell’allenamento militare, a ogni pugno seguiva vampata di fuoco che il suo avversario evitava. Era lento, l’armatura sotto quel punto di vista non aiutava. 
Il suo nemico invece era veloce, troppo. A ogni affondo che eseguiva con i suoi artigli li sentiva raschiare contro l’armatura e un paio di volte anche sul casco. Se non fosse stato un modello integrale, adesso si sarebbe ritrovato senza una faccia come lasciavano pensare tre incisioni sul davanti.
A un certo punto gli fu addosso, avvinghiandosi con i piedi all’altezza della vita e facendogli perdere l’equilibrio. Rodi cadde schienato a terra, mentre gli allarmi dell’armatura non smettevano di risuonare. 
Riuscì a parare un morso mettendo in mezzo il braccio sinistro su cui le fauci della bestia si chiusero. Altri allarmi si accesero, segnalando danni e malfunzionamento nel braccio sinistro.
Non gli importava, aveva il destro, a quella distanza non poteva mancarlo.
Con sorpresa scoprì di non poterlo muovere, la bestia aveva spostato un piede poggiandoglielo sopra capendo che doveva bloccargli le braccia per disarmarlo.
Per quanto ci provasse il braccio non si muoveva, normalmente una NC-13 poteva spostare fino a 80kg ma in quella posizione era solo il motore della spalla destra ad essere azionato, mentre la creatura faceva uso dei suoi poteri per aumentare la forza esercitata.
Lui lanciò un’occhiata agli allarmi, una rapida valutazione sul rivestimento esterno dell’armatura gli fece decidere di tentare. Usò i lanciafiamme del braccio sinistro.
Normalmente l’avrebbe mancato, ma i denti della creatura erano penetrati nella corazza. Avevano creato buchi.
La bestia urlò di dolore mentre lo lasciava , agitandosi dal dolore, rotolando a terra e mostrando di aver perso la bocca. I denti erano spariti, come anche la mascella. Diventati cenere da quel poco di gas vespene scappato lungo i tubi.
Rodi da parte sua cercava di togliersi il braccio sinistro dell’armatura, questo aveva preso fuoco sia dentro che fuori. Poteva sentire il calore delle fiamme. Un fuciliere si chinò su di lui, riconobbe l’asari di prima, per aiutarlo.
Davanti a loro, la creatura fu abbattuta da diverse raffiche di T-17. Sofferente per le ferite subite, non fu in grado di evitarle.
Le fiamme sul braccio di Rodi si erano intanto spente, il poco di gas vespene che era fuoriuscito aveva consumato tutto l’idrogeno che poteva prima di esaurisci.  Tuttavia il braccio meccanico sinistro era completamente fuori uso.
In quel momento il colonnello Lofirn riemerse dalla roccaforte nemica, pareva avessero incontrato una dura resistenza. La sua corazza aveva diversi segni « Ottimo! Siete riusciti ad eliminarlo. » Disse avvicinandosi alla cadavere del vorcha mutato, rivolgendosi al capitano Toldin che chiese « Signore, cos’era? »
« Non “era” capitano, ma “ sono” ne abbiamo trovati altri cinque come lui la sotto. Questo ci era scappato. Abbiamo preso tutte le prove e distrutto il resto. »
« È per questo che ci avete messo così tanto. Spero ne sia valsa la pena.»
« Lo spero anch’io. » - Mormorò il quarian - « Io…ho perso due uomini la sotto. »
A quelle parole Rodi rimase senza fiato, con infinite domande riguardo a quei strani vorcha mutanti.
« Andiamo via. » Ordinò Lofnir.
 
I fucilieri si disposero su due file, quella davanti in ginocchio e in piedi quella dietro. Davanti a tutti i piromani con le canne dei T-17 che sbucavano fra si essi. Formarono un quadrato perfetto. 
Quando le ultime fiamme si spensero, i vorcha smisero di combattersi e li assalirono.
I T-17 fecero fuoco senza un attimo di esitazione, nella calca del nemico era impossibile non centrare un vorcha qualsiasi. Il tiro si soppressione eliminò le prima file di nemici. 
I piromani incenerirono tutto quello che i lanciafiamme potevano raggiungere. Nessun nemico riuscì ad avvicinarsi a meno di venti metri. 
Poi a un tratto la pressione calò, i vorcha cominciarono ad ignorarli, correndo invece verso quella che era stata la roccaforte del clan. Nuovamente presero a massacrarsi fra loro.
Gli I.D.G. si erano dimostratati troppo duri da aggredire, questo li fece desistere facendoli preferire per qualcosa di più facile conquista. Avrebbero continuato a uccidersi fino a quando non sarebbe rimasto un solo clan a reclamare le spoglie dei morti.
Accortisi di non essere più l’oggetto del loro attacco gli I.D.G. sempre in formazione serrata si erano allontanati, a distanza opportuna Lofnir fece rompere la formazione e presero a correre, raggiungendo il sito dove delle navette li prelevarono per portarli sui Pellicani e da li al sicuro nello spazio.
 
*****
 
«Signore cosa, vuole fare? » Chiese Derica al suo comandate capo su Bekenstein. Erano nel suo ufficio.
« Domanda sbagliata, Sioux. » Borbottò Steve, chiamandola col soprannome  « Quello che voglio fare è niente, trovare un incarico tranquillo senza problemi. Quello che DEVO fare, è fare un paio di chiamate. Di quelle che mi daranno preoccupazioni che non mi faranno dormire la notte. Ci siamo beccati, davvero un bel problema. »
Lei annuì, dei vorcha modificati con tecnologia dei razziatori e con eezo 19 erano un problema di quelli seri. Avevano ottenuto alcune informazioni importanti, ma ancora non era chiaro chi ci stesse dietro.
Erano arrivati su Heshtok, da alcune informazioni ricavate da un assalto comandato da lei a un laboratorio segreto degli Yahg.
Avevano trovato tracce di qualche collaborazione tra Yahg e quel singolo clan Vorcha. Sembrava che i secondi avessero deciso di fare da corsari per i primi, in cambio ottenevano denaro e altri beni che su Heshtok potevano valere molto.
Tuttavia il laboratorio trovato era troppo moderno, si era escluso che fosse opera degli Yahg e questo lasciava aperta la possibilità a una terza fazione. Quale che fosse il suo ruolo era ancora da stabilire. 
Inoltre era difficile dire se si fosse interrotta la collaborazione tra Yahg e Vorcha, eliminato un clan non restava che trovarne un altro. Fortunatamente la ricerca di informazioni sarebbe toccata ad altri, il I° non era fatto per quel genere di lavori.
Sioux fu lieta di questo, ma aveva la sensazione di aver provato ad afferrare dell’acqua serrando la mano a pugno. Vide la stessa insoddisfazione sul volto del suo comandante.
Era davvero una brutta sensazione, di quelle che facevano pensare al peggio.
   
 
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