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Autore: ArrowVI    21/01/2018    1 recensioni
L'Arcadia, un luogo idilliaco dove chiunque vive in tranquillità ed armonia, la nazione con meno criminalità e la qualità di vita migliore fra tutte...
Fino a quando rimani all'interno delle mura della sua capitale.
Dietro la facciata di "Nazione perfetta", si cela un lugubre teatro dove chi non è considerato utile alla nazione viene rapidamente allontanato, un mondo dove coloro che sviluppano abilità speciali sono considerati demoni e prontamente eliminati.
Si dice che la luce della speranza possa nascere anche nei luoghi più bui... Sarà veramente così?
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Capitolo 1-2: Un incontro voluto dal destino

 
Rimasi in silenzio, contando le persone che uscivano da dietro alcuni vicoli.
Da sei divennero otto, poi dieci. Era un gruppo troppo numeroso per essere dei semplici banditi, ma anche relativamente piccolo per essere l'unico in giro per le strade.

<< Siete troppi per essere semplici banditi. >>
Dissi, rompendo il silenzio intorno a noi.

<< Va' a casa, ragazzo. >>
Mi rispose l'uomo, facendo un gesto ai suoi subordinati.

<< Altrimenti. >>
Aggiunse, mentre quelle persone mi puntarono le loro armi contro.
Erano vestiti tutti con delle armature in pelle, o di maglia, marroni, e armati di armi da fuoco e da taglio.

Dieci in totale:
Due fucilieri, uno armato di coltello, uno di lancia, tre di spada e due di pistola.
Quell'uomo, invece, aveva una pistola e un coltello legati alla cinta.

<< Perché non andate via e basta, eh? Io non ho alcuna intenzione di andarmene. >>
Dissi all'uomo, con un tono cupo.

Non ricevetti risposta: fece un gesto a uno dei tre uomini armati di spada, il quale si lanciò rapidamente verso di me.

<< Come preferite, allora! >>
Dissi, preparandomi al contrattacco.


L'uomo cercò di colpirmi con un affondo in pieno petto, ma mi spostai di lato evitando l'attacco. Subito dopo lo colpii con un rapido pugno in volto: l'uomo, disorientato, fece un passo all'indietro reggendosi il viso con una mano e facendo versi di dolore.
Non appena si riprese lo colpii con un pugno nel mento, dall'alto verso il basso: cadde nel suolo, privo di sensi.

<< Avanti il prossimo. >>
Dissi, con un ghigno soddisfatto in volto, voltandomi verso il "leader".
Non era per niente stupito.

<< Uccidetelo, abbiamo altro da fare. >>
Disse ai suoi uomini.

I due fucilieri, e gli altri due armati di pistola, mi puntarono le loro armi contro, scaricandomi addosso i loro caricatori.

Rapidamente mossi un braccio davanti a me, come se stessi sollevando qualcosa dal suolo.
Dal palmo della mia mano uscirono una enorme quantità di nastri viola che si unirono rapidamente gli uni con gli altri, creando un gigantesco scudo davanti a me.


L' "Egida" era la mia migliore arma difensiva.

Questo era il nome che il mio maestro aveva scelto per quello scudo. Esso era formato da tantissimi nastri viola che si univano insieme, creando un gigantesco scudo sospeso in aria davanti a me, il quale poteva bloccare quasi qualsiasi cosa.
Era gigantesco, a forma d' ingranaggio viola.


Passarono una decina di secondi prima che la raffica di proiettili cessasse.
Feci scomparire l'Egida, riassorbendo i nastri con la mia mano, e poi guardai quelle persone con un ghigno divertito: quell'uomo era sorpreso.

<< Uh. D'accordo. >>
Disse, sorpreso.
Subito dopo si lanciarono contro di me quattro persone.
L'uomo armato di coltello provò a colpirmi, ma rapidamente gli afferrai il polso. Strinsi forte la presa, mentre lui cercava di liberarsi, fino a quando non fece cadere il coltello a terra. Subito dopo lo colpii con un pugno nel volto, facendolo cadere al suolo.

I due armati di spada furono i prossimi: uno provò a colpirmi con un fendente orizzontale, che evitai di spostandomi di lato. L'altro mi arrivò di lato, cercando di colpirmi con un secondo fendente, stavolta verticale. 

Non avendo il tempo per scansare anche questo attacco, feci materializzare rapidamente dei nastri viola, i quali uscirono dal palmo della mia mano e mi avvolsero un avambraccio, creando un grosso guanto metallico di colore viola intorno ad esso.
Portai l'avambraccio in avanti, intercettando l'attacco dell'uomo: non appena entrò in contatto con la spada, essa si spezzò come uno stuzzicadenti.

L'espressione dell'uomo era sorpresa e confusa, mentre osservava i resti della sua spada che cadevano rapidamente nel suolo. Approfittando della sua distrazione, lo colpii con un pugno dal basso verso l'alto, nel mento, facendo cadere anche lui nel suolo.

Nel frattempo il secondo uomo armato di spada mi stava correndo di nuovo contro.
Dopo aver fatto scomparire il guanto metallico, usai un singolo nastro come frusta per colpire l'uomo nel fianco.

Il terzo, e ultimo uomo, armato di lancia mi arrivò davanti, con l'intento di trapassarmi da parte a parte nel ventre.
Intercettai la sua lancia con il nastro viola, tagliandola nel mezzo, per poi corrergli incontro. Lo colpii con una ginocchiata nel ventre, seguita da un colpo dato con entrambe le mani dietro la nuca.

<< Prossimo? >>
Domandai, di nuovo, voltandomi verso le persone restanti, mentre l'uomo armato di lancia cadeva al suolo.
Il loro capo fece un verso infastidito, portandosi una mano nella cinta con l'intento di afferrare la sua pistola.

Rapidamente gli scagliai contro il nastro viola, colpendogli la mano e facendogli cadere l'arma al suolo. 
Guardò il nastro con una espressione sorpresa, il quale si avvolse intorno al suo polso: con la mano libera afferrò il coltello dalla sua cinta, con l'intento di tagliarlo.

<< Non lo taglierai con un semplice coltello. >>
Gli dissi, con un tono serio.

<< Cosa state facendo?! Sparatelo! >>
Disse, rivolgendosi ai suoi uomini, con un tono infastidito.

Rimase sorpreso notando che i "suoi uomini", con espressione preoccupate e spaventate, lo lasciarono da solo pochi istanti dopo.

Mi avvicinai verso di lui, lentamente, senza lasciare andare la presa sul suo polso.

<< Chi siete? Cosa volevate? >>
Gli domandai.

<< Non ti riguarda, ragazzino. È meglio che tu non ti metta in mezzo in questioni che non ti riguardano. >>
Mi rispose, con un tono infastidito.
Lo afferrai per la maglia, tirandolo verso di me con forza.

<< Siete dei ribelli, vero?!  Lo sapevo, eravate troppi per essere dei semplici banditi! >>
Esclamai, furioso.
Non mi rispose: mi guardò con una espressione cupa.

<< Non hai niente da dire, quindi?! Non solo ci sono i militari a trattarci come bestiame, ma anche quelli come voi! Odio i ribelli anche più di quanto non detesti l'impero: invece di aiutare le persone che soffrono come voi, le derubate e fate loro del male! Non provi davvero niente?! >>
Ero furioso, mi sembrava di esplodere da un momento all'altro.
Cominciai a respirare affannosamente, mentre stringevo sempre più forte la maglia dell'uomo, guardandolo dritto negli occhi e digrignando i denti.

<< Non hai alcun diritto di giudicarmi! Non hai la minima idea di cosa abbiamo dovuto fare per sopravvivere, scappare da loro è inutile: alla fine ti trovano. O li segui, o muori.  Credi che io non abbia provato a scappare da loro?! Non potevo dargli ciò che chiedevano, e siamo scappati! Ma ci hanno trovato: me, e la mia famiglia! Non hai la minima idea di cosa abbiamo provato, di cosa IO ho provato nel perdere mia moglie e vedere mia figlia stuprata davanti ai miei occhi! Non comportarti come se tu sapessi qualcosa, non sai un bel niente! >>

Mi rispose, con il fuoco negli occhi.
Rimasi in silenzio per qualche secondo ad ascoltarlo, mentre la mia presa su di lui si fece lentamente sempre più debole.
Lo capivo... Non aveva torto, lui non era altro che una vittima come tutti gli altri.
Ma non potevo scusarlo.

<< Faccio ciò che devo per sopravvivere. Per me e per mia figlia, anche se lei non ha bisogno di me. Non hai nessun diritto di giudicarmi: mi hanno ordinato di prendere ciò che c'era di valore nella chiesa, e ho obbedito. Ma tu ci hai fermati. Chi credi che soffrirà di più non appena tornerò da loro a mani vuote, eh? >>
Aggiunse, con un tono infastidito.

<< Non è una scusante. >>
Gli risposi, con un tono più calmo.

<< Meglio di morire. >>
Mi rispose, guardandomi dritto negli occhi.
Prima che potessi controbattere, sentii una voce femminile alle mie spalle.

<< Che sta succedendo qui? >>
Disse quella voce.
Mi voltai rapidamente, notando la ragazza dai capelli bianchi.

La sua espressione era preoccupata: si guardò intorno, notando delle armi nel terreno e alcune persone prive di sensi.
Mi guardò con occhi e bocca spalancati, portandosi le mani, unite, davanti al petto.

<< Cosa stai facendo qui fuori?! Torna dentro! >>
Esclamai, preoccupandomi per lei.
Non avrei mai dovuto distogliere lo sguardo da quell'uomo.


Un dolore indescrivibile pervase il mio corpo, seguito da un brivido nella schiena. 
Il nastro viola che avevo avvolto intorno al polso dell'uomo scomparve, e io caddi nel terreno dolorante, portandomi una mano nella spalla.

Un mio urlo di dolore pervase l'aria.
Mi guardai il braccio, capendo che quell'uomo mi aveva conficcato un coltello nella carne... Come se non bastasse, era proprio nella ferita che Blake aveva cucito poche ore prima.
Afferrai il coltello con una mano, estraendolo rapidamente. Emisi un secondo urlo di dolore mentre la lama usciva dalla mia spalla.

Non appena scagliai il coltello insanguinato al suolo, il mio sguardo cadde su quell'uomo: mi stava guardando con una espressione furiosa.

<< Te la sei cercata. >>
Mi disse.
Subito dopo si voltò verso la ragazza.

<< John? >>
Sentii dire da lei, con un tono sorpreso e spaventato.

<< Aspetta! >>
Esclamai, ma fu inutile: l'uomo uscì rapidamente dalla mia vista, girando un angolo e scomparendo nel nulla.
Abbassai lo sguardo nel terreno, ancora dolorante, con una mano sopra la ferita.
Potevo sentire il sangue che continuava a sgorgare dalla ferita, inzuppandomi la mano.
Respiravo faticosamente, mentre stringevo più forte possibile la ferita con la mano.

<< Oh mio Dio! >>
Sentii dire dalla ragazza, che si inginocchiò davanti a me.

<< Caz.... zo! >>
Esclamai, dolorante, senza guardarla, con il volto nel terreno.

<< P-Può rialzarsi? >>
Mi domandò con un tono preoccupato.
Non le risposi: cercando d' ignorare, per quanto possibile, il dolore, mi sollevai.
Le mie gambe tremavano, e vidi il sangue che gocciolava nel terreno.

<< Puoi aiutarmi? >>
Le domandai, con un occhio chiuso, sopportando il dolore.

<< C-Credo di poterlo fare! Per favore, mi segua dentro la chiesa! >>
Mi rispose, correndo verso il cancello di ferro e aprendolo.

<< Smetti di darmi del lei, mi stai facendo innervosire! >>
Esclamai, infastidito e dolorante.

<< S-Scusami! >>
Le sentii rispondere.

Respirando faticosamente e reggendomi la spalla, la seguii il più rapidamente possibile.
Non appena entrai all'interno della chiesa mi sedetti su una sedia che aveva preparato per me.

<< Siediti qui... Forse è meglio se ti levi la maglia per evitare che si attacci alla ferita con il sangue... >>
Mi disse, preoccupata.
Senza esitare neanche per mezzo secondo me la levai rapidamente, facendo attenzione a muovere il meno possibile il braccio ferito.
Non appena la lasciai cadere al suolo notai che era zuppa di sangue.

<< Quanto è brutta? >>
Domandai alla ragazza.

<< Non sono una dottoressa ma... Non è messa per niente bene... >>
Mi rispose, guardando la ferita.

Mi feci forza e sollevai leggermente il braccio destro per vedere la ferita.
Feci un verso infastidito.

<< Quel bastardo non poteva scegliere un posto peggiore per infilzarmi! Ha riaperto la ferita che Blake aveva cucito, merda! >>
Esclamai, chiudendo gli occhi e riabbassando il braccio.

<< Posso aiutarti, ma devi restare fermo... Ok? >>
Mi disse la ragazza.
Feci un cenno positivo con il capo.

<< Fa rapidamente, il dolore mi sta uccidendo! >>
Aggiunsi poco dopo.


La ragazza chiuse le palpebre e si inginocchiò davanti a me. 
Si mise in una posizione di preghiera, con capo inchinato e mani unite davanti al petto. Sotto il mio sguardo sorpreso, otto lame lucenti si materializzarono dietro di lei, fluttuando nell'aria e rivolte verso di me.

<< Cosa cazzo?! >>
Esclamai, preoccupandomi.

<< Ti prego, stai calmo... Non ti farà male, te lo assicuro! >>
Mi disse, senza aprire gli occhi e rimanendo in quella posizione.

Le otto lame si mossero lentamente verso di me, con la punta rivolta sulle mie ferite e cicatrici.
Lentamente cominciarono a penetrare dentro il mio corpo, ma era una sensazione strana: non provavo dolore e non mi stavano ferendo.

Sentivo una sensazione simile al piacere, in realtà.
Il mio respiro si fece sempre più lento, e mi lasciai andare: chiusi le palpebre, e dopo appena un minuto sentii di nuovo la sua voce.

<< Abbiamo finito... >>
Mi disse.
Quando riaprii gli occhi notai che lei era in piedi davanti a me, sorridendo, mentre le lame erano scomparse nel nulla.

<< Cosa è appena successo? >>
Le domandai, sorpreso e confuso, mentre mi guardai il corpo: tutte le cicatrici che avevo erano scomparse, anche la ferita che Blake mi aveva cucito era scomparsa nel nulla.
Sentivo, però, una sensazione di prurito dove prima ero stato accoltellato.

<< Sento prurito nel braccio... >>
Dissi.

<< S-Si, è normale... Ho curato le tue ferite, ma per qualche ora continuerai a provare quella sensazione di prurito dove prima c'era la ferita... Scusa, ma non posso fare niente per quello... >>
Mi rispose, abbassando lo sguardo.

<< No, non scusarti... Hai fatto un lavoro eccellente, sembra quasi che la ferita non ci sia mai stata... Come ci sei riuscita? >>
Le domandai, sorpreso.

<< È la mia abilità... Posso curare le ferite, fino a quando non sono troppo gravi... Ecco, già che c'ero ho pensato anche di rimuovere quelle cicatrici dal tuo corpo, non so se ho fatto bene... >>
Mi rispose, inchinandosi nel pavimento e afferrando la mia maglia.

<< Il bagno è di là, nonostante ho curato le tue ferite sei ancora zuppo di sangue... Nel mentre cucirò la tua maglia e la laverò, così poi potrai andare via senza attirare l'attenzione delle persone... Non passeresti inosservato con del sangue nel tuo braccio. >>
Mi disse, indicandomi una porta in legno a pochi metri da noi e dirigendosi verso un'altra stanza.


Quel posto era vecchio, ma allo stesso tempo non era male.
Sopra di me c'era un grosso lampadario appeso al soffitto in color oro, mentre davanti a me c'era un altare in argento. Il pavimento era fatto di marmo grigio, mentre sedie e panche erano in legno scuro.
Le vetrate erano a forma ovale composte da svariati pezzi di colore diverso uniti fra loro.


Dopo aver usufruito del bagno per lavarmi dal sangue che avevo addosso raggiunsi la ragazza nell'altra stanza.

<< Oh, hai finito? >>
Mi domandò, sorpresa dal mio arrivo.

<< Si, mi sono ripulito rapidamente dal sangue che avevo addosso... >>
Le risposi, guardandomi il braccio.
Cominciai a grattarmi istericamente dove prima c'era la ferita.

<< Continua a prudere, maledizione... >>
Aggiunsi, infastidito.

<< G-Già... Scusa ancora per quello, ma è un effetto indesiderato che non posso evitare... Comunque, la tua maglietta ora è pulita. Se mi dai una decina di minuti cucirò la ferita, e poi te la renderò. Va bene? >>
Mi domandò, mostrandomi la maglietta viola, zuppa, che indossavo fino a poco tempo addietro.

<< Conoscevi quel tipo? >>
Le domandai, appoggiandomi a un muro, con le braccia conserte.

<< Si... Il suo nome è John, ed è un falegname... Era da qualche anno che non lo vedevo più in giro... >>
Mi rispose, abbassando lo sguardo.

<< Era un membro dei ribelli, a quanto pare. Gli era stato ordinato di derubare la tua chiesa, e non voglio neanche pensare a cosa avrebbero fatto con te. >>
Le dissi, con un tono cupo.

<< N-No! Conoscevo sia lui che la figlia, non avrebbe mai potuto... >>
Mi rispose, abbassando lo sguardo, con un tono triste e le mani davanti al petto.
Stava stringendo forte la mia maglia inzuppata.

<< Forse non lui, ma c'erano altri nove uomini. >>
Le dissi, evitando di guardarla.

<< Credo... Che cucirò il taglio... >>
Mi rispose, dandomi le spalle.

Cadde uno strano silenzio per qualche minuto.
Avevo detto qualcosa che forse avrei fatto meglio a non dire.

<< Quale è il tuo nome, comunque? >>
Mi domandò, rompendo finalmente quel silenzio.

<< Yuushi Hikari. I miei amici mi chiamano Yuu. >>
Le risposi, rapidamente.

<< "Yuushi Hikari"? È... Un nome strano... >>
Mi rispose, con un tono stupito.

<< Già... Il mio Maestro lo scelse per me non appena mi trovò. In quel periodo non mi feci molte domande, anzi, credevo fosse figo. >>
Le risposi, sospirando.

<< Quindi non è il tuo vero nome? >>
Mi domandò, di nuovo, senza smettere di rattoppare la mia maglia.

<< No, non lo è. Questo nome, secondo il Maestro, doveva essere un "simbolo". Nella sua lingua, "Yuushi" significa qualcosa come "Eroe", mentre "Hikari" dovrebbe significare "Luce"... >>
Le risposi, spiegandole il significato del mio nome.

<< Oh, è carino. Mi piace. >>
Mi rispose, voltandosi verso di me.
Mi mostrò la mia maglia, con un grosso e gentile sorriso in volto. 


Rimasi quasi sorpreso vedendo quel sorriso.

<< Grazie mille. Davvero, non serviva che facessi tanto per me. >>
Le dissi, ricambiando il sorriso e muovendomi lentamente verso di lei. Afferrai la maglia e la indossai rapidamente: il mio sguardo cadde sul rattoppo.

<< P-Perché rosa? >>
Domandai, sorpreso e disorientato.

<< S-Scusa! Non avevo altro spago! >>
Mi rispose, deprimendosi.

Sospirai.

<< Non fa niente, va bene anche così. >>
Dissi.

<< Quale... 
È il tuo vero nome, quindi? >>
Mi domandò la ragazza.

Rimasi in silenzio per qualche secondo, guardandola con una espressione seria.

<< Se... Non ti dispiace dirmelo... >>
Aggiunse, quasi rimpicciolendosi. 

<< Gilles Leroy. >>
Le risposi, sospirando ed evitando il suo sguardo.

<< Non rivelerai il mio segreto, vero Gilles? >>
Mi domandò, con un tono spaventato.

<< Non chiamarmi con quel nome, ti prego. Non voglio più sentirlo. >>
Le risposi, con un tono infastidito.

<< Scusami... Yuu... >>
Si scusò rapidamente, abbassando lo sguardo.

<< Non so se lo hai visto, ma anche io ho una abilità. Non ho alcuna intenzione di rivelare il tuo segreto a nessuno, tranquilla. >>
Aggiunsi, concludendo il discorso.

<< Hai parlato di questo Maestro, ma non dei tuoi genitori... Sono morti? >>
Mi domandò, preoccupata.
Non le risposi.

<< Mi dispiace... Non volevo farmi gli affari tuoi... >>
Disse, scusandosi.

<< No, non sono morti...
È più complicato... >>
Le risposi, voltando lo sguardo.

<< Sei... Nato in questo paese, vero? >>
Mi domandò.
Non le risposi niente: il mio sguardo bastò per farle capire di non pormi altre domande.

<< Piuttosto, il tuo nome? >>
Le domandai, cambiando discorso.

La ragazza fece un verso sorpreso, quasi come se si fosse appena ricordata di qualcosa.

<< Oh! Mi dispiace, ero convinta di essermi presentata! >>
Esclamò, agitandosi.

<< N-Non devi agitarti per così poco... >>
Le dissi, cercando di farla calmare...
Inutilmente.

<< Il mio nome è Jeanne White! Piacere di conoscerti! >>
Aggiunse subito dopo, presentandosi e sorridendo.


Non so se è stato in quel momento, ma... Quel suo sorriso mi faceva sentire... Strano.
Era come un qualcosa che non avevo mai visto prima.
Ma non rimasi ancora a lungo in quel posto: dovevo incontrarmi di nuovo con Leona e il resto del gruppo. 

Dopo aver lasciato la chiesa, e aver salutato Jeanne, mi diressi verso il luogo di raccolta.

< Non ho finito la lista che mi era stata assegnata, alla fine... Spero non sia un problema... >
Pensai, mentre mi incamminavo nella strada.
Poco dopo, notai qualcosa di luminoso alla mia destra, sospeso in aria.

Mi voltai, rimanendo di stucco: era una di quelle lame che Jeanne aveva usato per curarmi.
Non appena mi fermai, la lama cadde al suolo: la raccolsi.

< È solida? >
Pensai, sorprendendomi dal fatto che potessi toccarla.

Il manico era a forma di croce, di colore oro, mentre la lama era chiarissima ai lati e più scura al centro.

<< Uh, è davvero bella. Mi chiedo quanto possa valere. >>
Dissi, istintivamente.

~ Vuoi venderla? ~

Mi domandò la voce.

Non risposi subito: il mio sguardo cadde su dei segni nell'impugnatura.
Erano delle lettere: " Y. H. ".

Un sorriso apparve nel mio volto.

<< Nah. Credo che stavolta non lo farò. >>
Gli risposi, mettendo la lama fra la cinta e i pantaloni, per evitare di perderla.


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Fine del capitolo 1-2, grazie di avermi seguito: alla prossima!



 
   
 
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