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Autore: Crilu_98    21/01/2018    2 recensioni
Gli occhi severi di Ronja nascondono una bambina che non ha mai avuto davvero la possibilità di crescere, protetta dal mondo e dimenticata dal padre, un guerriero troppo occupato a conquistare nuovi territori per occuparsi di lei. Quando le viene imposto di comprare un nuovo schiavo, lei prende la prima decisione azzardata della sua vita: sceglie Aurelio, un ragazzo testardo che cova un malcelato disprezzo nei confronti di tutti i barbari. Lui sa che le deve la vita e il legame che si instaura tra la nobile Ostrogota e l'ex-legionario mescola antipatia e rispetto, lealtà e discussioni.
In un mondo sorretto a stento da alleanze deboli come ragnatele, i due dovranno sopravvivere non solo all'ostilità di un misterioso cavaliere vestito di nero che osserva ogni loro mossa, ma anche alle spietate lotte di potere che minacciano di trascinare di nuovo l'Italia nel caos.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Antichità, Antichità greco/romana, Medioevo
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Ronja stava osservando Vevika che ammassava il pane, ragionando sulle risorse che avevano a disposizione nella villa: non sarebbero durate in eterno e presto avrebbero dovuto recarsi in un villaggio vicino per rifornirsi.
Era una questione molto più complicata di quanto potesse sembrare all'apparenza, perché la ragazza non aveva idea di chi mandare: Vevika ed Ǻke non comprendevano una parola di latino e sarebbero stati facile preda dei truffatori; avrebbe voluto mandare Ingegärd, ma non si fidava a farla viaggiare da sola in terra straniera. In quanto barbara avrebbe suscitato l'odio di gran parte della popolazione.
 "Mio padre non si abbasserebbe mai a simili mansioni, anzi, andrebbe su tutte le furie se provassi a chiederglielo! Chi potrebbe accompagnarla, dunque? Io? Non sarebbe decoroso e correremmo gravi rischi… Aurelio? Coglierebbe l'opportunità per scappare, lo so!"
Aveva osservato attentamente il suo nuovo schiavo, negli ultimi giorni, e se da un lato ne aveva apprezzato l'ingegno e la perizia, dall'altro aveva notato anche l'insofferenza verso la sua autorità.
"E' un bene che il padrone non lo veda mai!" aveva sentenziato Ingegärd, interpellata in materia "Altrimenti l'avrebbe già frustato senza pietà! E gli starebbe anche bene!"
Non era infrequente, infatti, che il ragazzo rispondesse in malo modo agli ordini, o si intestardisse a svolgere un compito alla propria maniera; Ronja l'aveva lasciato fare, perché le sue intuizioni si erano rivelate sempre buone, ma era preoccupata da quel manifesto desiderio di libertà e iniziava a pensare di aver commesso un errore.
Quando l'aveva salvato era convinta che sarebbe bastato quello per conquistarsi la sua fiducia, ma non era stato così, anzi, Aurelio sembrava covare un perenne odio per le persone che lo circondavano, lei compresa. Eppure era proprio la fiamma della sfida che gli brillava nello sguardo a farle desiderare la sua lealtà; aveva provato ad indagare sul suo passato per scoprire quale fosse la chiave per guadagnarsi il suo rispetto, ma il ragazzo era stato troppo vago.
"E' a quest'uomo che dovrei affidare la mia vita?" pensò la ragazza con un brivido, proprio mentre Aurelio si affacciava in cucina con un carico di legna da ardere. Vevika voltò il capo verso di lei, perplessa:
"Avete freddo, mia signora?"
Ronja scosse la testa, infastidita dall'occhiata che le lanciò Aurelio, troppo lunga e sfacciata per uno nella sua posizione.
La ragazza si alzò in piedi con la solita compostezza ed alzò il mento con fare sprezzante: il suo servo la superava in altezza, anche se di poco, e questo le incuteva sempre un po' di soggezione.
"Vai a preparare il mio cavallo, Aurelio!"
Lui inarcò la fronte, poggiando a terra i ciocchi di legname ed asciugandosi il sudore dalla fronte con un braccio:
"Intendete uscire per una cavalcata con questo tempo, mia signora?" borbottò, accennando al cielo grigio e all'aria gelida che si respirava quella mattina, primo annuncio dell'inverno ormai prossimo.
"No. Io e te, oggi, andremo al mercato."
 
Aurelio stava controllando i finimenti di Angus, meditando sul da farsi.
Era da solo nelle stalle e nulla gli avrebbe impedito di allentare la sella del cavallo di Ronja, facendo sì che la ragazza cadesse al momento più opportuno e lui potesse darsi alla fuga senza che nessuno riuscisse a riacciuffarlo.
Scosse la testa con un grugnito contrariato: nelle due settimane passate alla villa aveva avuto decine di pensieri di quel genere, ma non il coraggio di metterli in pratica.
"E' solo una ragazzina. Che razza di uomo sarei se facessi del male ad una donna innocente?"
Per qualche bizzarro motivo, Ronja si era intestardita a voler comprare proprio lui, uno schiavo riottoso ed incattivito, più simile ad una bestia che ad un uomo; le doveva la vita e, sebbene fosse ancora fermo nel proprio proposito di scappare, Aurelio sapeva in cuor suo che non avrebbe mai tentato la fuga mettendo in pericolo la propria padrona.
"E' una questione di riconoscenza!" borbottò tra i denti ad Angus, che lo fissava con i suoi placidi occhi marroni.
Un'ombra oscurò la luce proveniente dall'unica porta delle stalle e voltandosi il ragazzo vide che era Ingegärd. La serva lo scrutava con le iridi socchiuse e una smorfia minacciosa aleggiava sulle sue labbra; gli si avvicinò a grandi passi e con sua enorme sorpresa lo spinse con forza contro la trave di legno a cui Angus era legato. Il cavallo sbuffò e batté uno zoccolo sul terreno, inquieto.
"Sei forte, per essere una donna!" mugugnò il ragazzo, massaggiandosi la testa. Ingegärd arricciò le labbra con aria di sfida:
"Questo è niente rispetto a ciò che ti farò se lei dovesse tornare anche solo con un piccolo graffio, romano. Ho cercato in tutti i modi di dissuaderla dall'andare con te, ma non vuole sentire ragioni: crede che tu non scapperai, abbandonandola al suo destino… Ma io non sono altrettanto ingenua!"
Si fece ancora più vicina, afferrandolo per il collo della tunica:
"Se dovesse succedere qualcosa a Ronja, sappi che ti verrò a cercare anche all'inferno e te ne farò pentire!"
Aurelio ghignò, liberandosi dalla sua presa:
"Quanto ardore! Ed io che iniziavo a credere che la vera dama di ghiaccio, tra le due, fossi tu e non lei!"
Ingegärd tentò di schiaffeggiarlo, ma lui la prevenne e le fermò il braccio a mezz'aria; poi lo torse e la fece cadere a terra con un gemito di dolore.
Lentamente si accucciò sui talloni, fissandola negli occhi grigi e tempestosi:
"Ho visto come ti trattano tutti qui dentro, Ingegärd. Ho visto come ti tratta Ronja… E ho visto come ti tratta suo padre."
La udì trattenere violentemente il respiro, mentre un lampo di paura le attraversava lo sguardo:
"Non ti preoccupare, non rivelerò il tuo piccolo segreto alla nostra padrona: voglio solo ricordarti che sei anche tu una schiava come noi, né più, né meno. E anche se credo che non siano affari tuoi, proverò a spiegarti cosa intercorre tra me e Ronja: lei si fida di me, perché sa che le devo la vita; a differenza tua, sa anche che non le farei mai del male. Sono un bastardo, un romano e un senza dio, ma non sono un ingrato."
Si rialzò in piedi con noncuranza, afferrando Angus per le briglie e le rivolse un sorriso astuto:
"Certo, questo non significa che adori questa vita. Anzi, voglio essere chiaro: odio voi barbari pulciosi!"
 
Ronja ed Aurelio avevano compiuto il tragitto in silenzio, lei in sella ad Angus e lui a piedi, con una mano poggiata sui finimenti del cavallo; il villaggio si stagliava tra la pianura ed il cielo uggioso e anche da quella distanza potevano udire i richiami dei mercanti.
Aurelio trattenne il cavallo per le briglie poco prima di entrare e si voltò verso di lei:
"Copritevi i capelli."
"Cosa? Perché?"
"Il mio compito è proteggervi, giusto? Beh, so come farlo al meglio quindi fareste bene a fidarvi di me: ora copritevi quei capelli e scendete dal cavallo!"
Ronja mugugnò qualcosa nella sua lingua, ma obbedì, tirando su il cappuccio; Aurelio abbozzò un sorriso e riprese a camminare. La ragazza gli strappò le briglie di mano.
"Temete che balzi in sella al vostro cavallo per scappare?" ridacchiò lui, senza guardarla. Dal cappuccio gli giunse solo uno sbuffo infastidito come risposta.
"State tranquilla, non lo farò. Dio solo sa perché…"
"Perché mi devi la vita, Aurelio!" ribatté lei pacatamente, seguendolo per le vie del villaggio.
Ben presto arrivarono sulla piazza del mercato, ricca di odori, colori e voci che risuonavano alte nell'aria tersa del mattino.
Aurelio procedeva con sicurezza, lanciando occhiate tutt'attorno per assicurarsi che Ronja non corresse pericoli; per l'ennesima volta si chiese perché quella ragazza avesse così tanta presa su di lui da spingerlo a rinunciare alla sua fuga. La osservò di sottecchi mentre soppesava cosa comprare da una contadina, ma i suoi lineamenti erano coperti dal cappuccio:
"Aurelio!" lo chiamò improvvisamente lei "Potresti darmi una mano?"
Il ragazzo sobbalzò, sorpreso dal tono dolce con cui aveva posto quella strana domanda e si avvicinò con cautela; sbalordito, vide Ronja prenderlo sottobraccio ed indicargli con vivacità la mercanzia esposta.
"Pensavo che sarebbe bello mettere a frutto quei terreni, ma non so davvero come funzionino queste cose! Sicuramente tu saprai cosa potremmo piantare…"
"Non è periodo" Borbottò lui distrattamente, tra i denti, cercando di capire perché il tocco della sua mano sembrava bruciare "Fra qualche settimana, forse, potremmo tornare e comprare qualcosa!"
Ronja annuì e gli rivolse un sorriso da sotto il cappuccio, poi si limitò a comprare degli ortaggi e a trascinarlo, sempre tenendolo per la manica della tunica, verso il banco successivo. Voltandosi verso Angus come se avesse voluto fargli una carezza, la ragazza abbassò la voce:
"Ci sono degli uomini che ci seguono. Ho pensato che fosse meglio non fargli intendere le nostre vere identità!"
Aurelio represse l'istinto di voltarsi ed annuì:
"Siete stata… Davvero saggia, mia signora."
"Aurelio! Non chiamarmi così!"
Ronja rafforzò la presa su di lui:
"Fai finta di non essere il mio schiavo, oggi. Immagina di essere qualcun altro!"
"Ho capito!" replicò lui, burbero ed irritato dal fatto che non aveva individuato per primo il pericolo. Ora poteva vedere bene quei quattro uomini dal volto minaccioso che osservavano ogni loro movimento.
"Va bene, sarò vostro marito!"
Questa volta fu Ronja a sobbalzare:
"Io pensavo più ad un fratello…" balbettò a mezza voce, ma Aurelio aveva già assunto il comando della situazione e la stava sospingendo in avanti.
Comprarono carne, frutta e farina, il massimo carico che Angus potesse sopportare; il ragazzo si sforzava di toccarla e parlarle con naturalezza, comportandosi da marito premuroso, ma sentiva sempre su di sé gli occhi inquisitori di quegli uomini e la cosa non gli piaceva affatto.
"Forse hanno capito che lei è un'Ostrogota!" pensò, mentre la sua preoccupazione aumentava. Con i lineamenti contratti si voltò verso Ronja per ordinarle di seguirlo alla svelta, ma si trattenne quando vide la sua espressione sognante: gli occhi, solitamente austeri ed impassibili, scintillavano di una strana luce, a metà tra il desiderio ed il rimpianto, mentre la ragazza osservava il banco di un mercante di gioielli.       
Solo allora Aurelio si accorse di non averne mai visto uno addosso a lei:
"Cosa ti piace?" le chiese, prima di potersi trattenere, avvicinandosi alla merce. Trattandosi di un misero villaggio di campagna, si trattava per la maggior parte di ninnoli di ferro e pietre colorate, nulla che potesse davvero risaltare sulla pelle d'alabastro di Ronja.
"Pelle di alabastro!? No, intendevo il suo pallore malaticcio, ecco. Da barbara…"
Ronja scosse la testa, come per svegliarsi da un sogno.
"Nulla, non mi piace nulla. E anche se fosse, non avremmo i soldi per comprarlo, giusto?"
Era una domanda sensata dato che avrebbe dovuto tenere lui i cordoni della borsa, da bravo marito; in realtà, essa era strettamente legata alla cintura della ragazza e Aurelio si limitò a lanciarle una lunga occhiata penetrante mentre superavano il mercante insoddisfatto.
"Perché non portate gioielli?" le domandò all'improvviso, non appena ebbero superato le ultime case. Ronja non era ancora montata in sella e il ragazzo poté vedere l'incertezza sul suo viso. Poi lei scrollò le spalle, mentre procedevano a passo spedito verso la villa, che distava almeno un'ora di cammino.
"Non ne ho mai avuti. Mio padre non ha mai avuto tempo per queste sciocchezze e prima d'ora non mi aveva mai affidato del denaro; del resto, non avrei saputo come spenderlo in un accampamento di guerrieri. Una volta mi disse che mia madre amava spendere molte monete d'oro per i monili d'ambra portati dai mercanti delle steppe orientali… Ma non so che fine abbiano fatto quei gioielli."
Aurelio annuì, meditabondo:
"Che fine ha fatto vostra madre?"
"E' morta tentando di dare alla luce un figlio maschio, diversi anni fa."
"Vi manca molto?"
Ronja piegò il capo di lato mentre rifletteva:
"Ero una bambina e all'epoca ne soffrii moltissimo, ma mio padre comprò Ingegärd per crescermi, nonostante fosse anche lei giovanissima, quindi non rimasi sola. Ritengo di essere fortunata per questo."
Aurelio si irrigidì, a disagio, e non rispose.
Poi, ad un tratto, udì un tramestio alle sue spalle ed agì d'istinto: si slanciò sulla ragazza e la buttò a terra; un istante dopo una freccia passò sibilando sopra le loro teste.
"State giù!" le ordinò, brusco, afferrando un ramo nodoso dal terreno e voltandosi per fronteggiare gli avversari. Erano in cinque, compreso l'arciere appostato dietro ad un albero, e tutti bene armati: sarebbe stata una dura sfida.
 
 
Angolo Autrice:
Mi scuso per la lunga assenza, ma gli esami universitari mi hanno inghiottito >.<
Nel frattempo Ronja ed Aurelio hanno fatto piccoli passi in avanti e il burbero romano è confuso dalla giovane barbara…
Cosa ne dite del capitolo?
 
   Crilu
 

 
 
 
   
 
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