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Autore: White_Oleander    27/06/2009    3 recensioni
I desideri? Qualcosa di effimero. Vorremo raggiungerli a tutti i costi, però si deve prestare attenzione a ciò che si desidera, perchè tante volte non è esattamente quello che ci potevamo aspettare.
Genere: Generale, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nami, Roronoa Zoro
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nella sua pelle2 Che posso dire? Grazie a chi legge e commenta. A dire il vero non so se metterla come ff comica o meno XD



Capitolo 1: Lei, lui…noi?

Avrebbe dovuto prestare più attenzione Nami. Se solo la sera prima si fosse guardata attorno invece di picchiare a sangue lo spadaccino, si sarebbe accorta di come gli indigeni fossero attratti da loro.
Ma non aveva il tempo materiale per farlo, no, l’idea di uccidere a suon di pugni Roronoa era stata molto più allettante. Su quella nave c’era poco da fare e doveva pur trovarsi un hobby.
Ma quella mattina non era certo iniziata col piede giusto. Non che la notte fosse passata molto meglio, aveva sprecato ore a rigirarsi nel suo comodo letto mentre una strana sensazione le attanagliava lo stomaco. La classica nottataccia in poche parole. In più si era svegliata ad un orario assurdo quando qualcosa di pesante le era finita sullo stomaco. Per non dire che borbottante come pochi, alzandosi, era andata a sbattere la sua graziosa testolina contro un’amaca. Eppure lei non ricordava che fosse lì quell’amaca.
Qualche segno di lucidità lo ebbe quando rischiò di uccidersi inciampando in un paio di sandali. Sandali che di certo non erano i suoi anzi, la forma le ricordava vagamente le calzature del suo capitano. Guardandosi attorno, con ancora un occhio chiuso, si accorse d’essere finita nella stanza dei maschietti della ciurma. E fu solo allora che il sonno passò lasciandole addosso solo un immensa sensazione di panico. Che fosse diventata sonnambula da un giorno all’altro?
Si passò le mani tra i capelli lasciandosi sfuggire un sospiro di sollievo quando si accorse che Sanji non c’era. Se l’avesse vista allora sì che sarebbero stati guai grossi. Ma qualcos’altro attirò di nuovo la sua attenzione, i capelli. Tastò con forza la zazzera corta che si ritrovava perché sì, i suoi capelli nell’arco di una nottata sembravano essersi accorciati e non di un paio di centimetri.
Scappò come un fulmine verso il bagno facendo un rumore assurdo, tanto che Usop aprì un occhio giusto in tempo per vedere un ciclone sparire dietro all’angolo.
“Ma che diavolo prende a quello di prima mattina?”
Ma nessuno rispose alla sua domanda biascicata e per sua fortuna nemmeno il tornado umano lo sentì, altrimenti le possibilità di ritrovarsi sotto ad un paio di metri di terra si alzavano di parecchio.
Fu un urlo però a raggiungerlo. Strozzato ed animalesco quasi.
E a ragione il cecchino pensò bene di tornarsene a dormire. Ci teneva alla pelle lui.


Fu svegliato da un lieve scrollare e ne fu infastidito. Se fosse stato svegliato di soprassalto da uno dei calci del cuoco, non avrebbe impiegato più di tre secondi netti ad afferrare le sue spade pronto ad affettare il biondino, però era stato svegliato dolcemente e senza urli, poteva anche lasciar correre.
Mugugnò qualcosa di incomprensibile, senza aprire gli occhi, ma questo bastò a far intuire che fosse sveglio, o almeno in grado di ascoltare poche semplici parole.
“Ti conviene svegliarti prima che il cuoco arrivi.”
Borbottando qualche altra parola incomprensibile, voltò le spalle a quella voce nascondendo la testa sotto al cuscino. Cosa gli importava a lui del cuoco? Di certo non sarebbe mai e poi mai andato a svegliarlo, lo avrebbe lasciato morire di fame quel cuoco balordo, altro che premurarsi di svegliarlo.
Però, se avesse fatto un po’ d’attenzione si sarebbe accorto che quella voce, la voce di chi lo aveva svegliato, assomigliava in maniera paurosa a quella di una delle due ragazze. Ma si sa, se aveva sonno aveva sonno e poco gli importava chi andasse a svegliarlo.
Di certo non fu più fortunato col secondo tentativo.
“ZORO!”
Soprattutto le sue povere orecchie.
Imprecante come pochi si alzò a sedere solo per scoprire che stava fissando se stesso.
“CHE DIAMINE È SUCCESSO?”
Pure la voce era la sua, anche se al momento sembrava toccare i picchi del terrore. Anzi, a ben pensarci sembrava furente e prossima all’omicidio.
Eppure qualcosa stonava. Lui era lì, seduto sul suo letto a fissare se stesso.
“Che ci faccio su di un letto?” Fu quella la prima cosa che disse con una vocina praticamente identica a quella della navigatrice.
Non era molto sveglio il nostro spadaccino se per prima cosa chiedeva perché fosse su di un comodo letto e Nami, cioè Zoro, cioè quella figura identica al caro Roronoa quasi lo avrebbe preso a sberle se non fosse stato che davanti c’era lei, Nami, insomma il corpo della navigatrice.
“Imbecille.”
Roronoa tornò a prestare attenzione alla propria figura mentre questa, a colpo sicuro come se sapesse dove cercare, rovistava in un cassetto tornando dopo pochi istanti.
“Ora non urlare.” Disse calmo Zoro, o forse Nami, ok, quella figura sedendosi sul letto e portando il piccolo specchio all’altezza degli occhi dell’altra figura.
Quello che trovò riflesso nello specchio non piacque per niente allo spadaccino. Si portò le mani al viso tastandone i lineamenti, poi i capelli più lunghi del solito.
“MA CHE CAZZO È STA STORIA?”
“MA CHE NE SO!”
Si tapparono in sincrono la bocca sentendo dei rumori fuori dalla porta. Alla velocità della luce il corpo di Roronoa scattò verso la maniglia sigillando la stanza e poggiando un orecchio al legno si assicurò che chiunque fosse se ne andasse senza porre domande.
“Che mi hai fatto strega?”
A quella frase Nami si girò di scatto pronta a massacrarlo, ma dovette trattenersi per la prima volta in tuta la sua vita. Imprecante strinse i pugni cercando di mantenere la calma.
“Ma che vuoi che ne sappia io.” Era sull’orlo di una crisi di nervi la navigatrice. Mai in tutta la sua vita aveva avuto risveglio peggiore.
Si fissarono per qualche istante negli occhi, non sapendo bene se mettersi a ridere o a piangere.
Poi un’illuminazione, o forse solo la consapevolezza di essersi ficcati in un guaio enorme.
“LA DEA!”
Se era vera quella maledetta targhetta, la dea in questione era davvero sadica.
“E ora?” Sbuffante Zoro incrociò le braccia al petto per poi lasciarle cadere lungo i fianchi. C’era un piccolo impedimento.
Nami aprì la porta lanciando un occhiata furtiva nel piccolo corridoio. Non voleva di certo trovarsi davanti qualcuno della ciurma. Appurato che nessuno sembrava essere in giro si voltò verso la propria figura ritrovandosi di nuovo sull’orlo delle lacrime.
“Cambiati e andiamo da quel vecchio. Di sicuro lui saprà qualcosa.” Scaltra come una volpe aveva trovato la soluzione in pochi istanti. In fin dei conti gli abitanti dovevano pur saperne qualcosa. Con un piede già fuori dalla porta pensò bene di fermarsi. “Vedi di non sbirciare.” Detto questo, con un’occhiata di fuoco, la navigatrice sparì richiudendo la porta della sua cabina.
Roronoa non se lo fece ripetere due volte. Guardò sotto la maglia.



  
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