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Autore: EffyLou    22/01/2018    2 recensioni
Londra, Inghilterra. 1888.
«[...] Se siete qui è perché siete individui curiosi, coraggiosi, bramosi di scoprire nuovi mondi. E noi, umili artisti e fenomeni da baraccone, siamo al vostro più totale servizio Ma badate bene: non lasciatevi sopraffare dalle regole della società. Nel perimetro dell'Imaginaerum... non bisogna opporre resistenza. Potreste fronteggiare cose inspiegabili, magiche forse. Non fatevi domande, perché non avrete risposte»
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La compagnia circense Imaginaerum è sulla bocca di tutti e genera emozioni contrastanti nel popolo e nell'individuo singolo: provocano curiosità per la ventata di novità e il tocco osé, ma al contempo vengono disprezzati per i loro azzardi.
Quando Jack lo Squartatore comincerà ad infestare Whitechapel, Scotland Yard dovrà far fronte anche alla misteriosa scomparsa di bambini per mano di colui che viene chiamato il Pifferaio Magico. L'Imaginaerum finisce sotto i riflettori: non è possibile che quell'accozzaglia di straccioni non c'entri niente.
Genere: Dark, Mistero, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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Capitolo quarto

 
 
Jonathan Anderson si passò una mano tra i capelli castano ramati. Non era semplice essere il nuovo arrivato in un reparto di forze dell’ordine come Scotland Yard. Ma Anderson aveva, alle sue spalle, un paio d’anni di servizio nella polizia di Dublino, sua città natale.
Fu un trauma quando dovette separarsi da quelle strade e quei palazzi che l’avevano visto crescere, per recarsi in una città così bella e così corrotta come Londra. L’accoglienza, poi, non era stata delle migliori: Scotland Yard faticava ad accettare nuovi membri, i suoi agenti erano veterani e ormai si conoscevano da troppi anni per accettare un nuovo arrivo. Tantomeno se quel nuovo acquisto era un giovanotto di ventisei anni, visto sotto una luce poco positiva a causa del suo essere così insopportabilmente irlandese e sorprendentemente scapolo. Ventisei anni senza moglie e nemmeno una fidanzata, quell’Anderson non doveva essere un buon partito per una donna.
In realtà, Jonathan non aveva alcuna voglia di coniugarsi. Avventure notturne, aspirava solo a quelle, e per sua fortuna era munito di un fascino elegante e simpatico, che lo rendeva una piacevole compagnia per le donne e un buon amico per gli uomini. Ma, a giudicare dalle occhiatacce che tutti quegli agenti veterani gli scoccavano nella sala adibita al ristoro, l’agente Anderson non aveva nulla da spartire con loro.
Non era neanche vero che tutti, lì dentro, lo guardassero in cagnesco. Il commissario Meyers lo trovava in gamba, considerava uno spreco il disprezzo degli altri agenti nei suoi confronti, e per aiutarlo a farsi qualche amicizia gli aveva messo vicino – come un tutor – l’ispettore Charles Burke.
Un uomo di almeno quarant’anni che conservava i capelli e baffi neri. Capelli lunghi e peluria sul viso, a Londra, venivano categoricamente evitati dal momento che c’erano stati casi in cui zecche e pulci s’infilavano nelle barbe e si annidavano tra i capelli. Ma l’ispettore Burke affermava di avere una cura maniacale per i suoi baffi, e non aveva mai preso zecche o pulci.
A Jonathan, comunque, faceva sudare il solo pensiero di avere un filo di barba in quella tremenda afa di fine aprile.

«Non mi stai neanche ascoltano, moccioso».
La voce dell’ispettore gli arrivò lontana. Dovette sbattere le palpebre più di una volta per tornare alla realtà. Non si era accorto di essere stato raggiunto da Charles Burke, aveva tenuto gli occhi fissi sulle mani intrecciate tra le gambe e la mente lontana, fuori dalla finestra.
«No, scusa» ammise passandosi una mano sul viso.
Burke gli lanciò un’occhiata di disappunto. «Ma dormi la notte? O pensi solo a fare il cretino?»
«Dipende dal mio umore» rispose con un’alzata di spalle e il sorriso sfacciato.
«Anderson, finiscila e ascoltami» schioccò le dita di fronte al viso del ragazzo.
Jonathan si passò di nuovo la mano sul viso, prima di posare il mento sul pugno chiuso, in attesa di sentire l’ispettore Burke ripetere ciò che non aveva assolutamente ascoltato.
«Abbiamo un caso».
Ora sì che Charles Burke aveva tutta l’attenzione del giovane agente. Il veterano se ne accorse dal lampo d’interesse negli occhi del ragazzo, nonostante l’ostentata noncuranza. Anche quando parlò, la sua voce si mantenne calma e tranquilla, ma l’ispettore poteva percepire la frenesia.
«Che caso?»
«Bambini scomparsi»
«L’età dei ragazzini?»
«Tutti compresi tra i cinque e i tredici anni» e gli lanciò un’occhiata aprensiva.
Qualsiasi cosa avesse a che fare con ragazzini sotto i quattordici anni, era catalogata come illegale, pedofilia o meno.
 Anderson sollevò un sopracciglio. «Ecco perché l’ha preso così tanto a cuore, questo caso»
«Già. Prima lo risolviamo, e prima potrò stare tranquillo per Jimmy»
Jonathan si alzò in piedi, strofinandosi le mani. «Bene, allora cominciamo subito. Ha già una pista?».
 


 
Non riusciva ad apprezzare del tutto Londra. Era sempre così sporca, puzzolente, malfamata. Anche i ricchi lo erano, nonostante cercassero di ostentare classe e raffinatezza mondana. In quell’afa primaverile, poi, la puzza e il caldo sembravano una cappa che impediva il respiro.
«Dio, che puzza di merda in questa città» borbottava Anderson, continuamente.
Charles Burke si limitava ad ignorarlo o scoccagli un’occhiata di vago rimprovero di tanto in tanto.
Passare il tempo con l’agente Anderson implicava sorbirsi, senza filtri e senza troppe cerimonie, tutto ciò che gli passava per quella sua testa matta. Era geniale, glielo riconosceva. Aveva un intuito paranormale quasi, una mente capace di ragionamenti veloci. Ma era giovane e tremendamente schietto; e a tratti lamentoso. Cosa che portò l’ispettore Burke a definirlo una spina nel fianco, senza fare alcun accenno alle sue qualità intellettive.
Fino a quel momento della giornata, comunque, non aveva avuto lampi di genio. Non si stava neanche impegnando con le indagini. L’ispettore si fermava nei luoghi dove erano stati avvistati i bambini scomparsi per l’ultima volta, facendo domande a chi era lì fisso: negozianti, prostitute, zingari, mendicanti. Rispondevano tutti con un’alzata di spalle, davvero frustrante. Burke non capiva se era omertà o menefreghismo, oppure non sapessero davvero.
«Scusa, ispettore. – intervenne la voce di Anderson. – Ma perché non chiede ai bambini?»
«Non voglio coinvolgerli» rispose semplicemente.
Jonathan arricciò il naso. «Non sono d’accordo, si rende conto che potrebbero essere gli unici in grado di aiutarci? Lei non li coinvolga, ma io voglio fare qualche domanda anche a loro»
«Anderson, sono minori. Lasciali stare»
«Non li devo mica rapire» replicò, asciutto.
Si avvicinò ad un gruppetto di bambini che giocavano con le biglie al lato della strada polverosa. Non avevano più di dodici anni. Quando Anderson si avvicinò, con le mani nelle tasche del cappotto, quelli smisero di ridere e lo guardarono con circospezione.
Jonathan si accovacciò tra loro, attirando gli sguardi incuriositi di alcuni passati – principalmente donne – ma ignorò tutto il resto per concentrarsi sui visi dei ragazzini. Facce scarne, con denti ingialliti e sporcizia sulla pelle, tra i capelli, sotto le unghie.
«Che ti serve?» fece uno di loro, gradasso. Probabilmente il capo della compagnia. Aveva i capelli ricci e castani, oltremodo sporchi; occhietti vispi, sulle guance una spruzzata di efelidi.
Jonathan sollevò i suoi occhi, tra l’azzurro e il verde, incontrando quelli castani del bambino. Gli sorrise. «Dovete aiutarmi, ragazzi. Davvero, ho bisogno del vostro aiuto»
«Tu sei di Scotland Yard» replicò.
«Appunto. Io e il mio compare baffone, lì dietro, stiamo lavorando ad un caso. Ma mentre lui chiede solo a tutti questi adulti rintronati, io voglio chiedere a voi. Si sa che i ragazzini stanno un passo avanti a tutti, no?»
Il ragazzino gonfiò il petto alle parole di Jonathan. «Va bene, agente. Ti aiutiamo»
«Molto gentile, come ti chiami?»
«Will»
«Io sono Jona. – sorrise ancora. – Ascolta, Will, tu bazzichi sempre da queste parti?»
«Sì, abito qui» si strinse nelle spalle.
«Quindi conoscevi un certo Robin Lewis»
Will si adombrò. «Era mio fratello»
«Che mi venga un colpo» sospirò Jonathan, passandosi la mano sul viso.
Charles Burke assisteva alle sue spalle come una tetra ombra nera, le braccia incrociate al petto con severità.
Bravo Anderson, davvero delicato.
«Ascolta, Will, te la senti di parlarne? Robin aveva comportamenti strani, conosceva qualcuno di poco raccomandabile o… non so, qualcosa di insolito…?» riprese Anderson, con più serietà.
«No, no. – scosse la testa riccioluta. – Non che io sappia»
«E del giorno della sua scomparsa? Tu c’eri?»
«C’ero. Lui è scappato. Stavamo tornando a casa, ha detto che sentiva una melodia bellissima. Si è allontanato solo per vedere da dove provenisse, ma…» scosse la testa.
Jonathan si accarezzò il viso. «Cosa credi sia successo, Will?»
Il ragazzino alzò le spalle. «Non lo so. Sono meno preoccupato di quanto dovrei, sento che è vivo e sta bene»
Charles Burke intervenne, come colto da un’illuminazione tetra. «Hai detto che sentiva una melodia bellissima. Tu la sentivi?»
Will aggrottò le sopracciglia. «No, io… forse non ci ho fatto caso. Ci sono tanti rumori»
«Da che parte è scappato?»
Il ragazzino indicò una direzione. L’ispettore si adombrò, sotto lo sguardo curioso di Jonathan. «Est. Che c’è ad est?»
«Il circo».
Anderson aggrottò le sopracciglia senza capire, ma si limitò a dare una pacca sulla spalla di Will e consolarlo, promettendogli che avrebbe ritrovato il fratello. Poi, mentre Charles Burke fumava la sua pipa, Jonathan comprò alcuni dolci per quei ragazzini. Comprò un paio di caramelle anche per sé e l’ispettore.
Forse smetterà di essere così acido.
Ne scartò una e la infilò in bocca, felice che fosse al gusto di arancia.
«Gliel’avevo detto, ispettore, che potevano darci una mano. Visto? Ora abbiamo una pista» si crogiolò nel suo piccolo trionfo.
Burke era cupo come un becchino. «Dannati fenomeni da baraccone»
«Non credo che dovrebbe accanirsi così tanto, non ha prove per accusare i circensi. – alzò le spalle, accomodante. – Secondo me dovremmo prima fare altre domande ad altri ragazzini, prima di sentire cos’hanno da dire al circo».
L’ispettore grugnì qualcosa di incomprensibile, ma Jonathan sorrise capendo che, tutto sommato, quel maledetto brontolone gli stava dando ragione. 





 
Ommioddio ma quanto tempo è passato? Anche troppo.
A mia discolpa posso dire che non mi sto comportando bene nemmeno con le altre storie, le sto lasciando quasi tutte brutalmente abbandonate. Tra lo studio, le relazioni, la tecnologia che mi odia, l'ispirazione che va e viene... ecco che alla fine aggiorno una volta ogni morto di papa.

Questo capitolo è corto, terribilmente corto.
"Ci fai aspettare secoli e secoli, e poi manco un capitolo lungo ci tiri fuori".
Già, dà fastidio anche a me. Ma mi sentivo ispirata, quindi carpe diem.
La storia non è molto lunga, secondo i miei calcoli (?), per questo siamo già arrivati all'accenno delle sparizioni dei bambini. E di conseguenza a questo, vediamo entrare in scena sia il padre di Jimmy che un nuovo personaggio, Jonathan! Così fastidiosamente Irish ♥

Non credo che per il prossimo aggiornamento vi farò aspettare troppo a lungo. O almeno, ci conto. Approfitto dell'ondata di ispirazione per scrivere, che è meglio!

Se vi va, lasciatemi un parere! Grazie a tutti, alla prossima ♥
   
 
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