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Autore: Lisachan93    23/01/2018    0 recensioni
Jennifer va in gita in montagna con alcuni compagni di scuola. Raggiunto un bivio, i ragazzi si dividono in due gruppi per perlustrare la zona e Jennifer si ritrova a dover girovagare per i boschi insieme a Peter, un ragazzo solitario e introverso, conosciuto alla Clayton col soprannome di Mr. Tenebra. Jennifer è seccata dalla presenza taciturna del suo inaspettato compagno e lo diventa ancora di più quando realizza che lei e Peter si sono persi e che non vi è traccia degli altri. È notte fonda e continuare a camminare alla cieca può essere pericoloso. Per Jennifer sarà dura dover trascorrere la notte con Mr. Tenebra, ma cosa succederebbe se lui decidesse di aprirsi a lei e di rivelarle i suoi segreti più profondi?
Dal testo:
"A quell’ora sarei stata bell’e abbrustolita se avessi deciso di prendermi la tintarella al mare e invece in quel momento, tra l’acqua del fiume che mi scorreva addosso e ancora mi ghiacciava ogni singolo centimetro di pelle e i raggi del sole che cercavano di farsi spazio tra gli alberi del Lee State Wood, nulla poteva sembrarmi più perfetto".
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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LOST


“Perduti”. Questa fu la prima parola che mi venne in mente quando mi ritrovai nel mezzo del nulla insieme a Peter. Era passata più di un’ora da quando avevamo perso di vista James e gli altri e tutto per colpa della testardaggine di James; e c'era da dire che il Lee State Wood non era esattamente il genere di posto in cui perdersi, specialmente se in compagnia di Mr. Tenebra.
Arrivati a un bivio, James aveva suggerito di dividerci per esplorare entrambe i sentieri e scoprire quale dei due avrebbe condotto al fiume Lynches. Io non ero molto d’accordo. Da lì a poco avrebbe fatto buio e si mormorava che il Lee State Wood di notte fosse alquanto inquietante. Ma come tutti sanno, le cose inquietanti non fanno che attirare l'attenzione della squadra di basket del liceo e delle rispettive fidanzate cheerleaders, entrambi i team alla costante ricerca di fama e gloria. E fu così che al solito James si mostrò irremovibile nelle sue posizioni semisuicide e alla fine avevo dovuto cedere. Samara sarebbe dovuta venire con me e Peter, ma poi aveva piagnucolato che non voleva perdersi in "quel bosco brutto e terribile” lontano dal suo James e, a dimostrazione di quanto aveva appena detto, gli si appiccicò addosso come una piovra. Da un lato le fui grata del fatto che non si fosse unita al nostro gruppo, almeno così non avrei dovuto sorbirmi i suoi continui piagnistei.
D’altro canto, sebbene Peter fosse un tipo molto sulle sue e a tratti persino inquietante, mi fu abbastanza d’aiuto, anche se non emise un fiato per tutto il tragitto. Si limitava ad indicare un punto tra gli alberi in cui poter facilmente passare e io lo seguivo. Allo stesso modo faceva lui con me quando trovavo uno spiraglio accessibile tra i rovi. Era andata così per circa un’ora, dopodiché gli avevo annunciato che l’esplorazione poteva bastare, visto che il sentiero non conduceva chiaramente da nessuna parte, e che potevamo tornare al punto di incontro stabilito con James. Il sole era tramontanto già da un pezzo e la luna aveva appena fatto capolino tra i fitti rami degli alberi. Lui fece spallucce e si limitò a girare i tacchi, prendendo la direzione opposta. Tuttavia, il mio senso dell’orientamento non si dimostrò il massimo e a quanto pare neanche quello di Peter, perché quando gli chiesi se avesse idea di come tornare indietro mi rispose di non ricordarselo; per di più, era da venti minuti buoni che ci sembrava di girare in tondo. Insomma, per farla breve non riuscimmo a ritrovare la strada del ritorno e non avevamo lasciato dietro di noi nessuna traccia tangibile per ritrovare il percorso giusto. A farci da guida c’era solo la luce delle nostre torce, della luna e della tempesta di stelle nel cielo. «Bella merda», pensai ad alta voce, ma Peter sembrò non sentirmi.
Per fortuna avevamo con noi una tenda da campeggio, del cibo e acqua in gran quantità, in caso ci fossimo ritrovati proprio in situazioni simili. Situazioni di cui avrei voluto non si fossero mai creati i presupposti, ma ormai era fatta. “Male, molto male”, fu la seconda cosa che pensai, ma questa volta tenni il pensiero per me.
«Magari non vedendoci arrivare verranno a cercarci», dissi speranzosa a Peter, ma fu più o meno come parlare al muro, perché lui era occupato a guardarsi intorno con aria inquisitoria. Mi chiesi cosa avesse in mente e cosa diavolo stesse osservando. Lo vidi chinarsi e sondare il terreno con il palmo della mano. “Certo che è strano forte!”, pensai e mi trattenni dallo scoppiare a ridere. Leggendomi nel pensiero, mi rispose: «Scusami Jennifer, ti stavo ascoltando e spero anch’io che capiscano che ci siamo persi. James è in gamba, non vedendoci arrivare all’ora prestabilita si chiederà per certo che fine abbiamo fatto. Ad ogni modo, credo che l’unica soluzione per ora sia accamparci qui ed evitare di proseguire alla cieca, anche perché non è più sicuro. Questo posto sembra adatto a piantarci una tenda, il suolo è abbastanza malleabile da fissarci i chiodi, ma sufficientemente duro da non affossarci. In pratica, è perfetto», concluse con un sorriso, fissandomi diritto negli occhi.
Io restai a bocca aperta. Non sapevo se essere più sconvolta del fatto che ne sapesse così tanto di campeggio, che sapesse sorridere o che avesse appena fatto quello che probabilmente era stato il discorso più lungo della sua vita. Mi limitai ad annuire come un’ebete e rimasi in piedi a fissarlo. Probabilmente questa cosa lo mise a disagio, perché distolse lo sguardo e fece una breve risata grattandosi il capo. «Be’, visto che siamo entrambi d’accordo, passami lo zaino e mettiamoci al lavoro», disse, chiaramente in imbarazzo.
Per un attimo avevo completamente dimenticato di avere zaino con la tenda. Al momento della separazione dal gruppo di James, Peter si era offerto di portare lo zaino con cibo e acqua, che era molto pesante, quindi io avevo preso l’altro. Glielo passai subito e mi accovacciai accanto a lui.

Non fu molto difficile montare la tenda e in poco meno di mezz’ora era già pronta. Peter sembrava sapere bene cosa fare, tanto che mi ero semplicemente limitata ad eseguire i suoi ordini mentre la tiravamo su; poi cercammo dei rametti per accendere un piccolo fuoco. La notte era calda e non avevamo bisogno di metterci a cucinare visto che nello zaino avevamo cibi già pronti, ma pensammo che un fuoco potesse tenere lontani gli animali notturni e che il fumo avrebbe potuto attirare l’attenzione dei nostri compagni. Accendere il fuoco si dimostrò un’impresa un po’ più ardua visto che la notte era umida e afosa e per di più avevamo a disposizione solo un accendino e qualche fazzoletto di carta, ma alla fine riuscimmo ad ottenere un discreto falò. Dopodiché presi una stuoia dallo zaino e la distesi al suolo, non molto distante dal fuoco, poi mi ci sedetti sopra. Non ne avevo un’altra anche per Peter, per cui immaginai dovessi condividerla con lui. Lo cercai con lo sguardo e lo vidi seduto ai piedi di un albero sulla giacca a vento che fino a poco prima teneva stretta in vita.
«Non sporcarti la giacca», gli dissi, «qui sopra c’è abbastanza spazio per entrambi», e gli indicai la mia stuoia.
«Non preoccuparti, domani la metto in lavatrice», replicò Peter e dal suo tono intuii che non avesse altro da aggiungere.

  
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