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Autore: Pareidolia    23/01/2018    1 recensioni
"Il mondo è nulla. Non è in un modo ma nemmeno in un altro. E' chi ci vive a renderlo ciò che è, non ci sono forze esterne che ne dettano le regole se non su un piano puramente fisico. A dirla tutta, sono gli uomini a imporre il proprio volere e a influenzare le forze che reggono il mondo, non il contrario."
In un tempo in cui il pianeta sta per morire ed è popolato da strane forze nascoste nelle ombre, un ragazzino viaggia verso una montagna lontana e sconosciuta. Durante il viaggio, però, osserva e interagisce con svariate persone utilizzando i propri misteriosi poteri, scavando nelle loro vite e nei loro ricordi per poter affrontare una scelta complicata e segreta.
Genere: Avventura, Dark, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Immagina la notte più nera che ci sia, senza stelle e luna, pervasa da nuvole spesse e scure. In questa notte Ulrich cammina lentamente per il sentiero che dal bosco porta al villaggio e davanti a sé vede due figure avvolte da mantelli pesanti avanzare su quella stessa strada. Pioviggina e ogni cosa è mossa dal vento che ulula violentemente. Osserva con maggior attenzione le due figure, notando la differenza tra le loro altezze e i loro passi lenti, così come le strane forme che gli si formano sotto al mantello come se i loro corpi fossero in costante cambiamento. Si strofina gli occhi e, quando li riapre, davanti a lui non c’è più niente se non il buio della notte. Le due figure sono svanite.
Non appena la visione si concluse, il ragazzino si allontanò alla ricerca di quella strada nella speranza di trovare qualche indizio e noi spettatori restammo muti davanti a tutto ciò, guardandolo mentre si allontanava. Mai in tutta la nostra vita avevamo visto nulla di simile, perciò non potemmo trattenere le nostre bocche dall’aprirsi per la paura e la sorpresa, spaventati e affascinati da quello che, per noi, era a tutti gli effetti un mago.
La donna, nel frattempo, perlustrava tutto il villaggio coi suoi occhi chiusi. Fiutava l’aria, sfiorava ogni superficie con le mani dai palmi leggermente arrossati, percorreva ogni strada. S era tolta l’armatura, lasciandola nella propria stanza alla locanda e aveva lasciato scoperto il proprio busto, stretto solo da fasce bianche  che le coprivano giusto il seno e, perciò, il suo aspetto ora destava forti scandali per l’intero villaggio. Le donne vedendola arrossivano e gli uomini spalancavano gli occhi per vedere meglio, per cogliere qualcosa. Eppure lei non se ne curava minimamente. A volte si fermava e allargava un poco le braccia, assaporando con la pelle messa a nudo le sottili folate di vento che le carezzavano il corpo. Alcuni di noi iniziarono a pensare che fosse capace di parlarci, col vento, ma molti altri dissentirono completamente, giudicandola solo come una donna fuori di testa e che non meritava attenzione.
Più il tempo passava, però, e più alcune cose nel villaggio cambiavano. Ci fu un'altra vittima e una nuova fossa venne scavata nel cimitero. Le lapidi che si ergevano con vergogna, storte e macchiata, verso il cielo parevano tristi, poiché il corpo depositato nella tomba era nuovamente quello d’un bimbo. Quanti altri ancora sarebbero morti, ci domandammo. Quanto ancora questo demone avrebbe seguitato a gettar maledizioni su tutti noi?
Siccome nessuno dei due stranieri ancora aveva trovato una soluzione alla faccenda, nacquero rivolte. Alcuni contadini si alzarono nel pieno della notte e si diressero alla locanda con torce e spade arrugginite raccattate nel bosco molti anni prima, quando la guerra era passata fra quegli alberi in cui la nebbia non smette mai di danzare.
Sui volti di ognuno di loro erano dipinti rabbia e terrore ma a guidarli c’era Arlon, un altro anziano del villaggio. Un uomo che aveva combattuto, da giovane ma che a causa di una grave ferita s’era dovuto ritirare e aveva scelto la vita nei campi, cosa che tra i contadini gli aveva donato parecchio rispetto poiché, nel nostro mondo, i poveri sono sempre attratti da chi sparge sangue ed è quindi visto come un simbolo di potere.
Arlon bussò più volte, con colpi forti e decisi, alla porta della locanda e quando Lars, il padrone, venne ad aprirgli, questo non batté ciglio ma anzi, parve inasprirsi ancor più di prima. Il locandiere lo squadrò, prima di far scorrere lo sguardo sulla decina di uomini con le torce in mano alle sue spalle.
-Non ti sembra di esagerare, Arlon? Hai organizzato una rivolta civile per mettere alla gogna un ragazzino e una donna con un figlio?-
-Spostati, Lars, perché non è per te che siamo venuti.- Lo sguardo del locandiere si fece triste di colpo, mentre la forte consapevolezza di non potersi opporre si fece più forte ma, non appena si mise di lato per far passare l’anziano, tutti videro, in fondo alla locanda, la figura magra del ragazzino.
-Eccolo, fratelli! Ecco il demone che ha invaso la nostra casa e ci sta privando delle vite a cui tanto teniamo! E’ indubbiamente lui che ha ucciso Zavran per poi fingere di volerci aiutare col solo intento di sterminarci tutti!- Così urlò Arlon, gli occhi colmi di ira e follia e la voce sempre più distorta. Il ragazzino, senza parlare, lo osservò assottigliando gli occhi che iniziarono a brillare nella luce fioca della taverna.
-A me sembra che sia tu, piuttosto, a fingere. Cos’è accaduto alla tua voce? E da dove viene la luce che ti colma gli occhi mentre mi guardi e inciti la folla?-
-Taci demone e preparati a morire!- Urlò nuovamente Arlon alzando la spada con entrambe le mani e fiondandosi sul ragazzino. La lanterna che stringeva nella mano destra cadde a terra, appiccando fuoco al pavimento mentre il vecchio tirava fendenti contro il giovane il quale, però, schivava ogni colpo con estrema tranquillità.
Ad ogni movimento il corpo di Arlon veniva scosso da violenti fremiti e la sua carne si gonfiava freneticamente, come avesse vita propria. Gli uomini al suo seguito urlarono di spavento e fuggirono via, mentre il locandiere, in preda al panico, urlava aiuto e tentava di spegnere le fiamme che sempre più rapidamente si allungavano lungo tutte le superfici.
L’intero villaggio si svegliò nel panico, quella notte. Le grida mostruose di Arlon echeggiavano nell’aria insieme all’ululato del vento e allo scrosciare della pioggia che si faceva via via più fitta. Morì fra le fiamme senza smettere di strillare ma ormai in molti avevano visto cosa era diventato. La voce che il demone fosse lui si era sparsa rapidamente fra i sussurri e i pianti degli abitanti del villaggio, mentre la pioggia caduta all’improvviso spegneva le fiamme e le forti folate di vento allontanavano il fumo. Parve quasi, in quel momento, che una divinità stesse proteggendo il villaggio.
In tutto ciò, Lucia e il ragazzino osservavano la scena da lontano, in silenzio. A pensarci ora, però, non li ho mai visti scambiarsi una sola parola.
Per Arlon non ci fu alcun funerale, poiché gran parte dei contadini si rifiutò di eseguirlo. Furono aspri i litigi che scaturirono da questa decisione. Quello stesso mattino, però, il capo del villaggio uscì per la prima volta in tutto il mese dalla propria abitazione, accompagnato dalla figlia. Nei loro occhi c’era tristezza ma giurerei sul mio stesso corpo scarno e ingrigito dagli anni che anche qualcos’altro si annidava nel loro sguardo. Non qualcosa di demoniaco, intendiamoci, ma piuttosto una luce tremendamente umana. Guardandoli mi diedero l’impressione di qualcuno che sente di essere in pericolo ma non ci feci troppo caso, poiché al tempo ero ancora abbastanza giovane e ingenuo.
-Amici miei, fratelli, ascoltatemi! Il demone ora è morto e questo è un bene ma ciò ha portato anche una disgrazia non indifferente nel nostro villaggio. La perdita della locanda di Lars è un fatto assai grave. Proprio per questo, ora, tutti noi dobbiamo collaborare per rimetterla in piedi e renderla nuovamente un luogo accogliente per i viandanti che passano da qui. Non temete, ora che il demone è andato per sempre, sono certo che tutto tornerà come prima.- Questo fu ciò che il capo del villaggio disse in mezzo a tutti gli abitanti. Il suo sorriso era euforico e incitò un’ondata di gioia nei cuori di ognuno di noi eppure sua figlia, in piedi accanto a lui, non sembrava convinta. Nel suo sguardo giovane l’innocenza se n’era andata, facendo strada a un baratro nero e profondo. Se prima assomigliava a una delle fate che abitano i laghi di rugiada nelle regioni dell’ovest ed era circondata dalla loro stessa aura di gioia, ora pareva più uno spettro dei monti a sud, perennemente pervasi dalla tristezza. In pochi la notarono ma non poterono fare a meno di provare pietà e preoccupazione, quando se ne accorsero.
-Voi due, viandanti.- Chiamò il capo del villaggio, riferendosi al ragazzino e alla donna.
-Ora che la locanda va ricostruita potrete alloggiare nella mia abitazione, a meno che non desideriate riprendere subito il vostro viaggio.- Un sorriso gentile balenò sul suo viso barbuto, circondato da lunghi capelli castani dei quali solo alcuni ciuffi s’erano fatti bianchi.
Fu così che, per qualche giorno, i due stranieri alloggiarono nella grossa abitazione di Nicolas, il capo. Ogni mattina era sua figlia Hanna a svegliarli e a portar loro colazione, pranzo e cena. Vennero trattati come i migliori degli ospiti, senza che fosse loro negato nulla e tutto sembrava esser tornato come prima. Non era così, però.
   
 
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