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Autore: kuutamo    23/01/2018    0 recensioni
'Mystic Falls. L'aria che si respira in questa cittadina mi è sempre sembrata ambigua. All'inizio sembra di trovarsi in un posto normale, ma basta poco per scoprire che pullula di esseri immondi e crudeli, degli assetati di sangue. Io sono uno di loro.
Il punto è che questa volta Mystic Falls sembra davvero una normale cittadina, tranquilla e felice.
Forse dovevo davvero lasciar perdere e non tornare: forse tutti qui sono stati meglio senza il vecchio e cattivo Damon. Ma ahimè, la felicità altrui non mi è mai interessata molto.'
Gli eventi sono stati ambientati (e scritti) durante la 6a stagione: Elena e Damon si sono lasciati, lei non è caduta nel sonno di Kai e gli eventi della 7a e 8a stagione non sono avvenuti. Inizialmente partita come una one-shot (dal nome "Dressing coffins for the souls I've left behind in time") e ora diventata una long. Buona lettura!
Genere: Fantasy, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bonnie Bennett, Damon Salvatore, Matt Donovan, Nuovo personaggio, Stefan Salvatore
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Maybe when we'll have another past


Quando il vampiro uscì dalla doccia ci mise poco a percepire un odore estraneo nella sua camera. Annusò affondo, come un animale selvatico, e riconobbe subito il profumo di Danaë. Era stata lì, ma perché? E soprattutto come aveva fatto a non accorgersene? Per un attimo fantasticò sul loro bacio di poco prima.

Si vestì, asciugandosi malamente e andò verso l’altra camera da letto a chiedere spiegazioni. Bussò, non udendo risposta entrò comunque, infondo anche lei lo aveva fatto. La stanza era silenziosa, immersa nella penombra, le pesanti tende color vinaccia erano semichiuse e la luce non riusciva ad illuminare la camera. Damon si guardò un pò intorno prima di notare il biglietto sul letto matrimoniale. Fece appena a tempo a prenderlo in mano quando udì delle voci provenire dal piano inferiore: una delle due, in particolare, lo scosse violentemente. Non poteva essere.

Il suo cervello era investito da mille sensazioni, era come se delle braccia immaginarie lo stessero strattonando verso direzioni diverse.

Scese le scale quasi con timore, ma allo stesso tempo un’apprensione sconosciuta. Quest’ultima sensazione si faceva largo pian piano dentro di lui: stringeva ancora il biglietto in mano. C’era qualcosa nell’aria, in tutta quella situazione, che gli suggeriva uno strano presentimento. Quando finalmente scese le scale si ritrovò dinnanzi la persona che pensava di non rivedere più nella sua vita. Elena era seduta sul divano rosso in salotto, gli dava le spalle, ma poteva scorgere la linea del suo profilo. Dopo l’iniziale confusione, nel suo campo visivo entrò anche Stefan, intento ad offrire da bere all’ospite.

“Damon, allora ce l’hai fatta!” disse suo fratello appena lo vide. Quando venne pronunciato quel nome, Elena si voltò.

Erano passati dieci anni da quando si erano guardati l’ultima volta. La ragazza era un pò invecchiata, ma era sempre uno schianto. Il vampiro ebbe un tuffo al cuore, e involontariamente ripensò a tutto ciò che c’era stato. Quel dolore pungente che lo aveva trafitto ogni notte per anni, tornò vivo e spazzò via la sua sorpresa. Fu lui a spezzare il silenzio che si era creato, deciso a liberarsi da quella situazione imbarazzante il prima possibile.

“Ciao, Damon” disse lei un pò incerta.

“Ciao.. - Damon si rivolse ad entrambi, poi smise di guardare la ragazza e posò lo sguardo impassibile sul fratello - Sai dov’è andata?” si riferiva a Danaë, ma non voleva pronunciare quel nome in quel momento, né includere nella conversazione qualcun’altro.

“Ero sicuro che non ne sapessi nulla neanche tu. Non l’avresti lasciata andare, vero?” rispose Stefan che finalmente vedeva Damon dargli ragione.

“Di che stai parlando Stefan? Spiegati”

“Danaë ha detto che Bonnie le ha trovato un appartamento qui vicino”

L’altro vampiro soppesò quelle parole, ma in esse non vi trovava alcun senso.

“Ha detto quando sarebbe tornata?” tornò a chiedere mentre si abbottonava le maniche della camicia.

“No.. Doveva portare i suoi vestiti nella nuova casa, credo sia con Bonnie”

Perché non gli aveva detto nulla di questa storia? Poteva almeno aspettare e dirglielo di persona. Il vampiro non sapeva se ritenersi offeso di esserne stato tenuto fuori o se si stava dando troppa importanza. Infondo cosa c’era stato tra loro due? Niente.

‘Proprio niente..’

Si accorse solo in quel momento del foglio ripiegato che stringeva fra le dita. Aveva la risposta letteralmente sotto il suo naso e se ne rendeva conto solo ora. ‘Che idiota’ pensò.

Aprì il foglietto ormai pieno di pieghe e il suo cuore perse un battito.

 

<

… Ti ho già messo in pericolo troppe volte, e non voglio più..

Grazie, Damon.

D.>>

 

Il suo sguardo saettava da una riga all’altra, cercando di dare un senso compiuto a quelle parole. Quelle parole erano talmente criptiche, che l’unica cosa chiara in mezzo a tutto il resto era il fatto che non c’era affatto nessun nuovo appartamento. Danaë non era con Bonnie, se ne era andata.

Quando alzò lo sguardo trovò quello di Stefan che lo guardava a sua volta con ormai nessun dubbio: aveva capito anche lui. Lo aveva capito dall’espressione grave che era calata sul volto di Damon. Il fatto che Elena si trovasse in quella stessa stanza, sembrava ormai essere un dettaglio del tutto marginale, non necessario.

“Quanto vantaggio ha?” chiese solo Damon stringendo i pugni. E il foglio si accartocciò di nuovo.

“Dieci minuti, minuto più minuto meno”

Damon si mise il pezzo di carta nella tasca dei jeans e prese la giacca.

“Damon, mi dispiace - disse Stefan - non ho capito. Le ho creduto, io..” aveva l’espressione contrita.

“Non fa niente” rispose ermetico l’altro prima di chiudersi la porta alle spalle.

Solo in quel momento realizzò che molto probabilmente Danaë aveva visto Elena lì pochi minuti prima. Nonostante questo particolare però, era dell’idea che andarsene le fosse venuto in mente molto prima. Altrimenti non avrebbe fatto in tempo a prendere le sue cose e scrivere quel dannato biglietto.

Richiuse lo sportello della sua mustang e rimase immobile con le mani sul volante. Nell’abitacolo percepiva ancora il suo odore. Non sapeva dove andare, dove lei potesse essere. Sapeva solo di dover girare la chiave ed andare.

 

 

 

Danaë era arrivata all’aereoporto di Atlanta e il fatto di aver trovato un posto sul primo volo per il mid-west, lo interpretò come un segno. Partendo, ebbe la conferma di fare la cosa giusta. Allacciò la cintura di sicurezza e abbassò gli occhiali da sole sugli occhi, nonostante fosse già tramontato il sole e il suo finestrino fosse coperto dalla tendina. Si voltò da questo lato e pianse tutte le lacrime che aveva. Quello, e ora poteva dirlo per certo, era il momento in cui si era sentita più sola in vita sua. Ora iniziava il suo piano.

 

Damon rivoltò ogni angolo di Mystic Falls come una casacca, ma quando la possibilità che Danaë avesse preso un aereo gli balenò nella mente, ormai era tardi. Arrivò all’aeroporto di Atlanta con il fiatone, per quanto un vampiro potesse averne, si guardava intorno spaesato in cerca di un qualche indizio, un’informazione, qualunque cosa che lo conducesse a quella ragazza, ma tutto ciò che vide intorno a lui furono persone. E nessuna di queste era Danaë. Esaminò con cura maniacale il tabellone <>, ma per quanto continuassero ossessivamente a scorrergli sotto gli occhi nomi di città e gate d’imbarco, la verità era che non sapeva quale delle ipotesi seguire. Poteva essere andata in qualunque parte del mondo, e nelle ultime due ore erano partiti più di venti voli. Così dopo aver cercato in lungo in largo una lunga chioma corvina tra la folla, ancora tribolante e con gli occhi lucidi, si lasciò ricadere su un sedile della sala d’aspetto al gate. Sembrava un lupo ferito ed impaurito che si leccava le proprie ferite in silenzio, senza chiedere aiuto a nessuno, sfoggiando una falsa freddezza contraendo la mandibola.

Nel vario ondeggiare d’immagini che si susseguirono, ad un certo punto colse la figura di una donna che digitava meccanicamente i tasti di un computer. Spalancò impercettibilmente gli occhi e si alzò di scatto diretto al bancone. Infischiandosene della fila prima di lui, tolse di mezzo chi gli si parava davanti e chiese prepotentemente informazioni alla donna ammaliandola.

“Ci sono diversi posti prenotati a nome Danaë Moloch, signore” la donna pronunciò in modo sbagliato il suo nome, ma almeno ora non opponeva alcuna resistenza; normalmente non avrebbe potuto fornire informazioni di questo tipo ad un civile, ma Damon conosceva senz’altro il modo di aprire molte porte.

“Dannazione” imprecò tra sé e sé.

‘Sei furba, piccola stronza. Hai pensato proprio a tutto’

Il vampiro si fece dare ugualmente la lista dei voli sui quali si era ipoteticamente imbarcata Danaë Moloch, che corrispondeva ad un totale di dieci, per le destinazioni più disparate. Vi era addirittura un boeing per l’Islanda. Era pressoché impossibile tirare a indovinare su quale aereo fosse davvero salita la ragazza: sicuramente aveva scelto la destinazione a caso, un posto che preferibilmente non avesse rivelato a Damon durante le loro chiacchierate.

Fu lì, in quel preciso posto e momento, che Damon si accorse di non conoscerla per niente, dopotutto.

Allora perché c’era quella fastidiosa vocina in un angolo della sua testa che gli diceva di conoscerla abbastanza da aver perso la testa? Perché ce n’era un’altra che se la prendeva con lui per essere stato tanto ingenuo da perderla?

Non si era mai guardato dentro davvero fino a quel momento, lo aveva evitato come la peste. E ancora oggi c’era una parte di lui che non voleva mettere nero su bianco come stavano davvero le cose. Se gli avessero squarciato il petto per strappargli il cuore, chiunque avrebbe visto il tumulto che agitava i suoi tessuti interni, intricati come i suoi pensieri.

Damon non era una persona facile. Non si lasciava andare facilmente, né permetteva agli altri di farsi vedere debole. Con Danaë, paradossalmente un’estranea, lo aveva fatto: per pochi momenti, certo, ma in quel lasso di tempo si era sentito a proprio agio, quasi cullato dalla sua comprensione. Non avevano condiviso molti momenti intimi, ma a volte si sa, alcuni sguardi, anche sguardi rubati, valgono più di mille parole. E tra di loro ce n’erano stati tanti di sguardi rubati, eccome. Sembrava che facessero la gara a chi guardava di più l’altro di nascosto, come se assumersi la responsabilità di quegli sguardi fosse un fatto atroce e scandaloso. C’era qualcosa nella loro testa che li bloccava, li inibiva l’un l’altro generando solo frustrazione.

Damon, dicevamo, non era per niente una persona facile, né tantomeno prendeva facilmente  una sbandata per una donna: basta pensare che in più di un secolo ne aveva prese due, e potremmo quasi azzardarci a dire che erano per la stessa donna. Il fatto di provare quel malessere all’altezza dello stomaco, non era per nulla un buon segno, non sapeva come fosse stato possibile. Dopo Elena, in realtà, non aveva avuto alcun interesse per niente e nessuno: quelli che aveva incontrato per la sua strada erano stati solo corpi e nulla più. Se ne era servito senza alcun rimorso, semmai delusione. Ma da quando aveva incontrato Danaë era diverso, gli sembrava di esser uscito da quella fase di apnea durata troppo a lungo. Ad un tratto, da quando aveva fatto ritorno a Mystic Falls, rideva di nuovo, aveva una flebile scintilla di speranza che lo metteva in moto al mattino, come una vecchia auto che riparte dopo anni di stasi, ma solo con le giuste cure. Lei non se ne accorgeva, perché fondamentalmente non conosceva il vampiro da molto tempo, ma gli faceva del bene, anche solo stando a contatto con lui nella stessa stanza, o mandandolo a quel paese. Stefan, che lo conosceva da tutta una vita, invece si era accorto di questi piccoli cambiamenti, ma non aveva di certo osato chiedigli qualcosa: sapeva com’era il caratteraccio di Damon quando voleva tenere per sé qualcosa. Inoltre, il più delle volte che il fratello non si esponeva, quel tipo di comportamento ambiguo era sintomo di una profonda confusione. Certamente Damon aveva e stava combattendo una sua lotta interiore, anche in quel momento, di nuovo abbandonato sul sedile della sala d’aspetto dell’aeroporto di Atlanta.

Prese di nuovo il biglietto accartocciato nella tasca dei jeans e lo lesse, stavolta non saltando neanche una parola.

 

<

Mi dispiace farlo così, ma è necessario. La verità, in parte, è che se te lo dicessi di persona, probabilmente mi bloccherei a metà, o peggio tu m’impediresti di fare ciò che voglio fare. Non puoi sapere quanto io ti sia grata.. Mi hai salvata così tante volte che ho perso il conto. Ora è il mio turno però. Vorrei restare qui a scriverti per pagine e pagine, ma poco importa ciò che avrei da dire. E va bene così.

Ringrazia Stefan, è stato un angelo, nonostante le mie insinuazioni su di lui. Anche Bonnie, senza di lei non sarei quella che sono oggi.

Spero di rincontrarti in un’altra vita, quando avremo un altro passato. Per quanto riguarda questa di vita, ti ho già messo in pericolo troppe volte, e non voglio più. Non posso.

Grazie, Damon.

D.>>


 
  
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