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Autore: VenerediRimmel    24/01/2018    1 recensioni
E una volta in cui è successo di proposito.
[Peter Parker & Wade Wilson - Peter Parker & Tony Stark - post!Spiderman: Homecoming & post!Deadpool]
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Questa storia è una traduzione di "Five Times Peter Parker and Wade Wilson Crossed Paths By Accident" che potete trovare su ao3
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Deadpool, Peter Parker, Un po' tutti
Note: Movieverse, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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V

“Ragazzo?” Happy lo chiamò esitante.
Peter non rispose e rimase, con gli occhi chiusi, schiacciato contro il finestrino dell’auto, la fronte premuta contro il vetro freddo e il suo respiro ad appannarlo.
“Lasciamolo stare finché non siamo alla base” gli disse Tony.
“Sarà sicuramente sotto shock” ribatté Happy, incerto.
Tony borbottò in accordo, perciò Happy iniziò a dire qualcos’altro ma Peter strizzò maggiormente i suoi occhi, cercando di bloccare le loro voci. L’immagine del corpo senza vita di Alice gli balenò disgustosamente in mente, e deglutì faticosamente per trattenere la conseguente voglia di vomitare.
Alla fine, l’auto si arrestò. Peter sentì Tony e Happy uscire dalla macchina, così recalcitrante rimosse la fronte dal finestrino non appena Happy gli aprì lo sportello.
“La camera degli ospiti accanto a Vision è pronta per accoglierti” gli disse gentilmente.
Peter annuì, sfregandosi gli occhi. Senza fiatare, si trascinò attraverso l’entrata principale e su per le scale.  Percepì senza ascoltare attentamente il vociare di Happy e Tony che continuavano a discutere di lui.
Aprì la porta e notò subito una camera degli ospiti estremamente ben arredata. Un paio di pantaloni con una maglietta erano stati sistemati per lui sul letto immacolato, mentre lo spazzolino per i denti era sul comodino.
Peter sapeva che sarebbe stato impossibile dormire, così si spogliò per infilarsi sotto la doccia nel bagno privato, rimanendo immobile sotto il getto dell’acqua fino a quando la sua pelle non divenne rossa e la sua testa non iniziò a girare vorticosamente.
Si passò distrattamente un asciugamano tra i capelli, indossando i pantaloni della tuta e la maglietta, chiedendosi pigramente se non fossero di Tony. Ignorando lo spazzolino da denti, si distese sul grande inquietante letto e fissò il soffitto.
Peter emise un soffocato urlo di sorpresa, quando Vision attraversò senza troppe cerimonie il muro, tenendo in mano una tazza fumante. L'androide sembrava profondamente pentito per lo spavento procuratogli: "Mi dispiace tanto, signor Parker," disse. "In realtà, Wanda mi ha detto che gli umani ritengono sconcertante il mio passaggio attraverso i muri. È un'abitudine che sto ancora cercando di togliermi".
“Tu sai la mia vera identità?”
“Sei Peter Parker” ammise Vision con semplicità. “Altrimenti conosciuto come Spiderman”.
Gli occhi di Peter si spalancarono allarmati.
“Oh, non preoccuparti. Sono l’unico, oltre a Tony Stark, a conoscere la tua vera identità”
“Ma come--?”
“Lo so che non siamo stati formalmente presentati, ma non è stato molto difficile per me capire che tipo di legame ci fosse tra il tirocinante di Tony e il giovane vigilante” convenne Vision. “Ma il tuo segreto è al sicuro con me, Peter”.
Peter lo fissò. Vision gli si avvicinò tendendogli la tazza come un’offerta di pace. “Wanda mi ha anche detto che nei momenti di difficoltà gli umani trovano confortante bere qualcosa di caldo. Ho sentito ciò che è successo da Tony”
Il nodo alla gola lo colse di sorpresa. Sbatté rapidamente le palpebre, cercando di trattenere le lacrime, e allungò le mani prendendo la tazza offertagli da Vision. “Grazie” disse con voce rauca.
Vision annuì. “È terribile vedere qualcuno morire davanti ai tuoi occhi” gli disse dolcemente. “Immagino non sia stata per te la prima volta… ma non è nemmeno qualcosa a cui ci si abitua, non credi?”
Peter fece oscillare quella che riconobbe come cioccolata calda tra le proprie mani. “No” disse. “Non ci si abitua”.
“Sembra che tu ti faccia una colpa per ciò che è accaduto” convenne Vision.
Peter svicolò il proprio sguardo. “Non riesco a smettere di pensare a tutto ciò che avrei potuto fare per far andare le cose diversamente, tutte le eventualità che avrebbero potuto salvarla”.
“Queste cose sono facili da pensare, dopo che è accaduto” gli rispose. “Ma sono sicuro che tu abbia fatto tutto il possibile in quel momento”.
Le lacrime iniziarono a scendere copiosamente dal viso di Peter. Cercò di nasconderle, alzando la tazza di cioccolata calda alle labbra e prendendo un lungo sorso. C’era così tanta cioccolata in polvere in eccesso che tossì dopo averne inalata un po’.
“Spero che ci sia abbastanza cioccolato” affermò Vision preoccupato. “Ho aggiunto tre bustine per esserne certo…”
A dispetto di come si sentiva, Peter rise nel pianto. “Ce n’è un sacco”. Posò la tazza sul comodino, guardando pensosamente fuori dalla finestra. “Vorrei avere la certezza che questa sia l’ultima volta che ho fallito nel salvare qualcuno. Ma non lo sarà, vero?”
“No” rispose Vision. “Non lo sarà”.
Peter sospirò, piegando le gambe verso il proprio petto e appoggiando la testa sulle proprie ginocchia. “E se non fossi stato lì? Forse la polizia avrebbe potuto fare il proprio lavoro, cercando di salvarla, invece di pensare a far scendere prima me”.
“Penso sia qualcosa contro cui ognuno di noi combatte” disse Vision pensieroso. "Se abbiamo fallito lì dove qualcuno avrebbe potuto far meglio... se una situazione è stata migliorata o peggiorata dal nostro coinvolgimento...tutto ciò che è tipicamente impossibile da valutare. È un peso che bisogna sopportare per fare ciò che facciamo ".
Peter annuì lentamente. Prese un altro sorso di cioccolata e si sentì confortato dal calore che divampò nel suo petto.
“Non ho alcun dubbio che ciò che Spiderman ha fatto sia stato un guadagno per le persone di questa città, Peter. Cerca di ricordarlo sempre, in momenti come questo e anche in quelli migliori”. Vision rimase in silenzio per un po’. “So per esperienza che è più facile a dirsi che a farsi”.
Il bussare alla porta li interruppe. Vision gli sorrise, poggiando una mano sulla sua spalla. “Sono nella stanza accanto, se hai bisogno. Ti prometto che la prossima volta userò la porta”.
Peter ricambiò il sorriso. “Gr- grazie, Vision”.
Vision scomparve attraverso il muro mentre Peter apriva la porta, facendo comparire Tony. “È un problema se entro, ragazzo?”
Peter scosse il capo, facendosi da parte.
Tony si schiarì la voce, indicandogli subito la tazza. “Vision?”
Peter annuì.
“Dà consigli migliori dei miei” ammise Tony. “Sarà difficile esserne all’altezza, ma… volevo controllare…”
Peter sospirò. “Non riesco a smettere di vedere il suo viso”.
Tony fece una smorfia preoccupata. Allungò una mano verso Peter, ma sembrò ripensarci, intrecciando le mani davanti a sé. “Lo so, ragazzo. Lo so”
“Come fai a conviverci?”
“Bevendoci su” rispose Tony senza mezzi termini.
La fronte di Peter si corrugò a disagio.
“Te l’ho già detto, ragazzo. Voglio che tu sia migliore di me, perché non ne vado affatto fiero. Ad ogni modo… non è più così.  Ora, per lo più mi tengo occupato lavorando o ne parlo con Pepper. Abbiamo tutti bisogno di qualcosa”.
Peter annuì. Il silenzio si frappose fra i due. Tony lo studiò. “Non è stata colpa tua, Peter”
Peter sospirò rumorosamente. “Lo so”.
“No, ragazzo. Guardami. E dillo ad alta voce”.
Peter deglutì. “Non- non è stata colpa mia”.
“Di nuovo”.
Peter si ricompose. Poi, con voce leggermente più forte, “non è stata colpa mia."
“Bravo” affermò Tony. “Ora… c’è un’altra cosa di cui dobbiamo parlare”.
“Cosa?”
“Come ci sei finito invischiato con Wade Wilson?”
“Non sono invischiato con lui… è successo tutto per caso. La prima volta, ho impedito che assassinasse il Punitore”.
“La prima volta? Quante volte lo hai visto?”
“Un po’ in questo anno. La seconda volta è successo in uno strip club-”
“Un- COSA?”
Peter arrossì. “Non è come sembra! Un tipo aveva preso in ostaggio un gruppo di persone, all’interno dello strip club, e la sua fidanzata lavora lì- e l’assalitore la stava tenendo in ostaggio, perciò io-”
“Hai salvato la fidanzata spogliarellista di Wade Wilson?”
Peter annuì. “Quella sera ho scoperto la sua vera identità. Prima lo conoscevo solo come Deadpool”.
Tony negò col capo, incredulo. Peter riprese a parlare: “Poi lui è venuto alla mia scuola, per rinchiudere Flash dentro un armadietto…”
Tony appariva incredibilmente sempre più incredulo mentre Peter gli raccontava di ogni suo incontro con Wade.
“Peter… mi rincuora sapere che non sia successo nulla di grave, perché fidati, quel ragazzo è pericoloso. Instabile. Devi stargli lontano”.
“Non ho cercato intenzionalmente di imbattermi in lui” esclamò Peter difendendosi. “Continua soltanto a spuntare fuori ogni volta”.
“Hai mai pensato che forse non è una mera coincidenza?”
“Che vorresti dire?”
“Mi spiego, c’è una reale possibilità che questo ragazzo ti abbia seguito, tenuto d’occhio” disse Tony. “In particolar modo ora che sa la tua identità”
“Signor Stark, non credo sia così… Non c’è ragione di pensare che lui possa sapere sempre dove trovarmi”
“Peter, è addestrato per cacciare le persone. Ascoltami, da diverso tempo è nel nostro radar. È violento. Potrebbe star divertendosi con te come fossi un giocattolo, soltanto per cercare di farti abbassare la guardia…”
“Perché dovrebbe fare una cosa del genere?”
“Perché si annoia ed è questo che fa per divertirsi. Qualsiasi cosa potrebbe essere il motivo e per noi potrebbe non aver alcun senso, perché lui è uno psicopatico”.
Peter ricordò il modo in cui Wade lo aveva consolato nel vicolo, percependo un cupo rossore di imbarazzo mentre ricordava il modo in cui si era aggrappato a lui. Non importava cosa gli avesse detto Tony, non poteva credere che la preoccupazione di Wade fosse stata calcolata. Se Wade aveva davvero avuto il desiderio di ferirlo, Peter pensò che fosse altamente assurdo che non lo avesse già fatto.
Tony lo guardava con attenzione come se sapesse esattamente cosa stesse pensando. “Se dovessi rivederlo, voglio che mi chiami immediatamente, okay?”
Peter esitò, poi annuì. “Okay”.
“Ora riposati”.
Peter tirò indietro le coperte del letto, scivolando sotto di esse quando Tony si alzò per permetterglielo. “Luci accese o spente, ragazzo?”
“Accese” disse Peter in un sussurro. “Signor Stark? Potreste… magari… rimanere per qualche minuto ancora?” Peter arrossì per l’imbarazzo. Tony lo fissò, pensandoci. La sua espressione si addolcì. “Certo, ragazzo. Ho del lavoro arretrato, ma nulla mi impedisce di farlo qui. Aspettami un momento…”
Tony lasciò la stanza per cinque minuti, per poi riapparire con il proprio computer portatile, sedendosi sulla scrivania di fronte al letto e iniziando a lavorare.
Confortato dalla sua presenza, Peter fu in grado di appisolarsi col suono della tastiera.
 
***

Soltanto dopo che la polizia liberò finalmente il luogo dell’accaduto, Wade fece ritorno al suo appartamento. E quando Vanessa tornò dal lavoro, Wade ebbe modo di raccontargli l’orribile vicenda di Alice e Peter.
“Oh, Gesù, la ragazza che abitava sopra di noi?” gli domandò Vanessa. “Lei è--?”
“Sì” affermò Wade.
Vanessa guardò fuori dalla finestra. “E il ragazzo?”
“Come dicevo… se ne è andato con Tony Stark. È stato tremendo. I giornalisti brulicavano tutt’intorno dopo l’accaduto, e Mabel era così entusiasta di parlare con ognuno di loro”.
Vanessa roteò gli occhi. “Quella idiota” contraccambiò poi lo sguardo di Wade. “Che cosa hai fatto per far incazzare Stark?”
“Beh, lui è a capo degli Avengers, no? E tutti loro sono per principio degli anti-mercenari”.
“Sì, okay, ma mi sembra fosse incazzato in modo particolare con te”.
“Sono bravo nel mio mestiere” disse Wade, ammiccandole. “E poi mi è sembrato molto protettivo nei confronti del ragazzino. Credo non gli sia piaciuto trovarlo in mia compagnia”.
“Forse è meglio se rimani lontano dal ragazzo per un po’, Wade”.
“Non che io lo faccia di proposito. Continua a spuntare fuori!”
“Sta attento, solo questo. L’ultima cosa che vogliamo è che tu finisca nel mirino degli Avengers più di quanto già non ci sia…”
Wade annuì rassegnato, baciando Vanessa e spegnendo le luci. Quando furono a letto, Wade rimase sveglio ancora un po’ mentre Vanessa già dormiva, cercando di non preoccuparsi per Peter. 
   
 
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