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Autore: xela182    26/01/2018    2 recensioni
Hogwarts: per alcuni era una casa, per altri solo una scuola, per tutti comunque un grande viaggio.
Questa è la storia del grande viaggio di Melanie Jack, una studentessa come tanti, che ha frequentato Hogwarts negli anni di Harry Potter.
Genere: Avventura, Commedia, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
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NdA: Manco da EFP direi... da secoli ormai. Ho perso smalto, ritmo e allenamento. 
Ma non la voglia e la fantasia per scrivere.
Mi cimento della prima storia con personaggi originali che è dentro il mondo di Harry Potter ma che ne porta tanto del mio.
Ogni suggerimento è bene accetto, così come ogni critica.
Mi scuso per eventuali refusi, ho controllato più volte ma come ho già detto, sono fuori allenamento e sono certa che qualcosa sia sfuggito sia a me che a word.
Buona lettura, sperando di non deludervi
P.S.: Grazie ad Andrea per la revisione





1 Novembre 1981

 
Le prime luci dell’alba disegnavano lunghe ombre sul vialetto di casa; non appena la sagoma ebbe sorpassato il cancello, le tende della finestra accanto alla porta si ricomposero ordinate e quando l’uomo varcò l’uscio e si abbassò il cappuccio del mantello il viso tirato, pallido e insonne fu visibile anche dalla donna.
- Cos’è successo? Dove sei stato?
La voce tremula e apprensiva solitamente non era nelle sue corde, ma l’evidente stato emotivo in cui versava ne erano la causa, anche se in quel momento lui parve non accorgersene.
- Ho avuto… ehm, - l’uomo fece una smorfia passandosi la mano sul viso – da fare…
La donna lo squadrò attentamente sentendosi salire le lacrime agli occhi.
- Sei ferito? Hai del…
- Sto bene, - tagliò corto lui – Ma quando me lo sono trovato davanti, io…
- Hai fatto bene! – disse lei in fretta, posandogli le mani sul braccio per sfilargli il mantello – Ti ha tradito! Vi ha tradito! Dovevi…
- Ma adesso sono ricercato! – urlò - Quando si verrà a sapere… - il volto era una maschera di terrore.
Gli occhi iniettati di sangue dell’uomo incrociarono quelli della donna, ma fu solo un attimo, prima che la rabbia prendesse il sopravvento.
- Io non posso rimanere qui!
Sfoderando la bacchetta illuminò a giorno la casa e prese a riempire febbrilmente la prima borsa che gli era capitata a tiro.
Le lacrime rigavano ormai il volto della donna che si accasciò sommessamente contro la porta, nonostante l’ingombrante pancione.
L’istante dopo, il piccolo caotico salotto fu invaso dagli Auror.
 

 

Melanie Jack
e il Prigioniero di Azkaban

 
 

 

I was cryin’ when I met you
Now I’m tryin’ to forget you
Love is sweet misery
I was cryin’ just to get you
Now I’m dyin’ cause I let you

(Aerosmith - Cryin’)
 

 
Le urla invadevano la stanza, mentre le ossa scricchiolavano come cracker.
Le candide mani venivano sostituite da lunghi artigli e la bocca contorcendosi mostrava una nuova aguzza dentatura canina.
Gli occhi iniettati di sangue volgevano al cielo in una supplica senza risposta.
Il dolore era insopportabile e con un ultimo ululato disperato, il ragazzo lasciava il posto ad una bestia enorme che desiderava solo ricongiungersi con la luna, splendente nel cielo terso.
Con un balzo feroce si liberò dalle quattro mura alla ricerca della prossima vittima tra le strade semideserte e quando la fanciulla sentì il suo respiro affannoso dietro di lei era troppo tardi; il licantropo le era già addosso famelico.
- Melanie! – esclamò una giovane donna alle sue spalle.
“Accidenti!” pensò la ragazzina che, veloce come un fulmine, balzò dal divano cercando a tastoni il telecomando e una volta ritrovatoselo miracolosamente tra le mani, spense la televisione.
Si voltò lentamente con stampato in volto un ghigno misto tra la consapevolezza di essere stata colta sul fatto e la malcelata soddisfazione di aver infranto le regole.
La donna sospirò e si avvicinò alla finestra; era una soleggiata giornata di fine luglio, di quelle che i turisti non immaginano possa esserci nella capitale inglese, famosa per la nebbia e la pioggia, ma sua figlia non poteva certo saperlo, dato che tutte le tapparelle erano abbassate.
Ogni tanto Claire faticava a comprenderla.
Non che sua figlia avesse qualcosa che non andasse, ma pur sapendo essere solare e spiritosa, tendeva sempre a isolarsi, a creare attorno a sé un mondo impenetrabile.
- Ancora quei film? Non ne avevamo già parlato?
Melanie, nel frattempo, aveva preso pigramente a sistemare il salotto, piegando la copertina sul divano e rimettendo nella custodia la videocassetta che stava guardando; diede una fugace occhiata alla madre che s’affrettava a sistemare la spesa in cucina così lei ne approfittò per sgattaiolare in camera sua senza dire una parola.
Una volta entrata, fece una smorfia alla luce accecante che proveniva dalla finestra e fu sufficiente alzare il braccio verso gli occhi per adombrare la stanza.
Si guardò attorno in cerca di ispirazione (non c’è molto da fare a undici anni se vivi in città e i tuoi amici sono in vacanza) tamburellandosi le gambe con le mani.
Era ancora troppo presto per tentare nuovamente di catturare il tramonto (gli album impilati alla sua destra erano la prova dei numerosi tentativi fatti fino a quel momento) quello che per Melanie era il momento migliore della giornata, l’alba di una nuova misteriosa e fresca serata.
Adocchiò i libri sparsi sul pavimento; si era appena decisa a riordinarli quando udì bussare alla porta, ma scrollò impercettibilmente le spalle come se stesse rispondendo ad una domanda nella sua testa, mentre i volumi le saltavano in mano.
Poco dopo però fece capolino dalla porta sua madre con un’aria piuttosto seria.
- Melanie… è una visita per te… per noi… insomma, vieni subito di là.
 
******
 
Melanie viveva da sempre con la madre.
Da che si ricordava erano sempre state solo loro due.
Non aveva sorelle, né fratelli e i nonni abitavano piuttosto lontano, a Cardiff e li vedeva soltanto un paio di volte l’anno.
Suo padre se n’era andato prima della sua nascita, sua madre era stata avara di dettagli; Melanie non aveva neanche idea di chi fosse, cosa facesse e neanche quale fosse il suo aspetto.
Sembrava che Claire avesse deciso di dimenticarlo forzatamente sotto una coltre di rancore e trascinasse anche la figlia in questa fuga dai ricordi.
 
- Tu devi essere Melanie Jack. – disse sorridendo incoraggiante l’uomo in piedi accanto al divano.
Aveva la mascella marcata e dei folti capelli scompigliati, che gli ricadevano sul viso.
Ma ciò che colpì Melanie era l’abbigliamento; sopra un completo marrone indossava un mantello viola.
- Il signor Podmor è qui per…ehm… - Claire tossicchiò nervosamente incerta su come terminare la frase.
Dopo averle stretto gentilmente la mano, cosa che di rado facevano gli adulti con lei, pensò Melanie, ed essersi presentato, le fece cenno di accomodarsi.
- Signorina Jack, sono qui per darle il benvenuto a nome della scuola di magia e stregoneria di Hogwarts!
Lo disse con una tale enfasi da far ridacchiare la ragazzina.
- Mi scusi, signor Podmor. - disse quando l’uomo parve adombrarsi, tentando di rimanere seria – Come fa a sapere che so muovere gli oggetti? – chiese poi arricciando le labbra.
- Oh, mia cara, tu non sai solo muovere gli oggetti, tu sei registrata ad Hogwarts dalla nascita. Sei una strega!
Il mago sorrise incoraggiante ad entrambe che però non parvero condividere la bellezza della notizia.
Erano passati sei anni e mezzo dalla memorabile festa di compleanno per la quale Claire aveva lavorato un’intera giornata per creare una favolosa torta crema e cioccolato di tre piani; Melanie dopo anni e anni ancora non riusciva a capacitarsi di cosa fosse accaduto.
Tutto ciò che ricordava era di essere in piedi sulla sedia davanti alla tavola imbandita di ogni leccornia e di avere intorno tutti i suoi amici e compagni che le cantavano “Tanti Auguri” mentre il cuore le batteva all’impazzata, le mani sudavano copiose e la vista cominciava a traballare.
Un istante più tardi la torta che Claire stava posando delicatamente sul tavolo era esplosa in mille pezzi inondando tutti gli invitati.
Da quel momento in diverse occasioni Melanie era riuscita a spostare gli oggetti col pensiero, prima inconsciamente, poi via via consapevolmente, anche se non sempre quello che riusciva a fare era esattamente come lo aveva pensato; come quella volta che in gita in campagna voleva aprire il cancello per vedere da vicino una mucca, invece aveva fatto sparire quello del toro che sbuffando aveva preso la rincorsa verso la scolaresca.
E in quel momento un tizio dall’aspetto insolito le stava spiegando che non era solo telecinesi, ma che aveva capacità magiche ben oltre quello.
Melanie era appassionata di letteratura quanto bastava per credere che la magia esistesse solo nei libri.
- Non sempre la magia è ereditaria, - stava spiegando il bizzarro signore – Ci sono numerosi casi di maghi nati da Babb… ehm, voglio dire da famiglie non magiche.
Melanie tentava di prestare attenzione a ciò che le veniva spiegato, ma sembrava che ad ogni parola pronunciata il suo cuore battesse più forte, come se dentro di lei sperasse che ciò che lo strano signore le stava dicendo fosse vero.
Claire d’altro canto non proferiva parola e dall’espressione, Melanie era certa che stesse meticolosamente registrando ogni cosa nella sua mente.
Ad una prima occhiata pareva più propensa lei a credere che la figlia fosse una strega.
Quando un paio d’ore più tardi il signor Podmor lasciò la casa con le istruzioni su come raggiungere il mondo magico e un suo recapito in caso di necessità, Melanie sentiva di avere solo bisogno di una bella dormita; probabilmente il mattino dopo si sarebbe convinta che era davvero tutto un sogno.
 
- Melanie! Ti vuoi alzare? Abbiamo un mondo di cose da fare, non puoi stare a poltrire!
Parlando come una macchinetta, Claire aveva alzato la tapparella e aperto la finestra, radunato jeans e maglietta per la figlia, posato un piatto con uova e salsicce sulla scrivania e reggendo in mano un rossetto andava dirigendosi verso il bagno.
Ancora sonnecchiando, la ragazzina scese dal letto e si vestì intervallando ogni indumento con un boccone di colazione e ciondolando andò verso il bagno.
Quando ne uscì, meno trasandata ma ancora assonnata, trovò la madre già pronta all’ingresso.
- Posso sapere dove siamo dirette con tutta questa fretta? – chiese sbadigliando mentre terminava di allacciarsi una scarpa.
- A Diagon Alley. – rispose con un occhiolino.
- E sai come arrivarci?
- Non ne ho la più pallida idea.
Finalmente una risata affiorò sul suo viso.
- E andiamo!
 
Giungere a Diagon Alley non fu così semplice; dopo aver sbagliato per due volte la fermata della metro, entrarono nel locale sbagliato (sebbene Melanie avesse espresso le sue perplessità) ossia “Il Diavolo Magico”, salvo poi scoprire che si trattava di merchandising sportivo babbano e quando infine entrarono al “Paiolo Magico” toccarono la parete sbagliata innescando il movimento della parete per la cantina e ritrovandosi così incastrate tra i barili di birra.
Quando finalmente raggiunsero la via corretta, rimasero incantate da ciò che videro: maghi e streghe, liberi di sfoggiare la magia, alle prese con incantesimi e fatture per mostrare i loro prodotti, gufi che svolazzavano in pieno giorno sul paese e oggetti misteriosi nelle vetrine.
Secondo le indicazioni, la prima cosa da fare era cambiare i soldi alla Gringott; una volta spinta la porta d’argento si ritrovarono dentro la banca che in quel momento non ospitava nessun altro; avere tutti gli occhi dei folletti addosso mise a disagio Melanie che si avvicinò alla madre.
Una parte di Melanie si aspettava di vedere il trucco che muovesse tali creature e faticò non poco a credere alla loro esistenza.
- Allora 29 zellini fanno una falce e 17 falci… - una volta alla luce del sole Claire stava rimandando ciò che le era stato insegnato.
- È inutile, Ma', non ho ancora capito il sistema delle sterline, dubito che riesca a ricordarmi questo…
Per prima cosa si diressero a comprare un baule; la lista di Hogwarts era talmente dettagliata che non sarebbero mai riuscite a trasportare tutto quanto a mano; Melanie ne vide uno con rifiniture d’argento e grosse farfalle stampate su, ma Claire si diresse sicura verso un baule verticale dove appendere le divise a sinistra e suddividere nei vari cassetti a destra gli altri oggetti, sperando che così fatto potesse rimanere in ordine nonostante Melanie.
Le successive tappe furono l’acquisto del calderone e degli altri strumenti di lavoro, le divise e l’abbigliamento da Madama McClan, dove Claire insistette per prendere anche una veste da strega (“Che non si sa mai”), per poi dirigersi in un delizioso localino a mangiare, dove Melanie era tentata di ordinare una decina di dessert.
Camminando verso la libreria incrociarono il negozio dei manici di scopa (“Eh, no, è espressamente vietato nella lista!”) e quello dei giochi dove il lato infantile di Melanie prese il sopravvento e si ritrovò a implorare la madre per un set di Gobbiglie (inutilmente).
Uscirono comunque con un pacchetto, fu chiaro quando Melanie prese a saltellare vivacemente, contenente una piccola macchina fotografica con il rullino magico.
Dopo pochi passi misero piede al Ghirigoro.
Mentre Claire sceglieva attentamente piume e inchiostri, Melanie sfogliava avidamente le pagine dei libri, portandone in cassa ben più di quelli previsti.
- Melanie!
- Me l’hai detto tu, Mamy, che devo provare e integrarmi, no? E come faccio a integrarmi se non so nulla di questo mondo?
Lo disse sfoderando un sorriso candido e falsamente sincero corredato da ritmico battito di ciglia.
Claire scrollò la testa, ma la verità era che i libri erano anche la sua passione e non vedeva l’ora di acquistare quei particolari e originali tomi.
L’ultimo negozio era la bottega di Olivander e l’acquisto della bacchetta magica; con il suo tipico atteggiamento misterioso, l’anziano fabbricante prese le misure di Melanie e le chiese con quale mano avrebbe impugnato la bacchetta.
Nonostante scrivesse con la destra, Melanie indicò vigorosamente la sinistra.
- Peculiare questa scelta, - commentò l’uomo – Usare entrambe le lateralità indica creatività ma anche stabilità… uhm… melo e peli di unicorno, nove pollici, rigida: la provi!
Con un forte groppo in gola, Melanie prese la bacchetta con una delicatezza che non le apparteneva e seguendo le istruzioni di Olivander la agitò; un piccolo sbuffo di fumo uscì dalla punta della bacchetta e null’altro.
- Mmm, no, troppo fiacca. Proviamo quest’altra; ciliegio e piuma di fenice, undici pollici, elastica. Avanti!
Melanie non aveva ancora afferrato saldamente la bacchetta che questa scagliò un incantesimo contro la pila di bacchette sul tavolo da lavoro, tanto che la ragazzina quasi la lanciò letteralmente al vecchio artigiano.
- D’accordo, d’accordo, vediamo questa, acacia e pelo di unicorno, dieci pollici, flessibile.
Claire fece un impercettibile passo indietro tenendo la mano appoggiata delicatamente sulla spalla della figlia.
Socchiudendo gli occhi, sufficientemente terrorizzata, Melanie prese la bacchetta la quale compì uno strano formicolio nella mano e delle scintille colorate dalla punta.
L’ansia accumulata era sparita e ciò che sentiva Melanie era solo calma e curiosità.
- Direi che questa bacchetta ti ha scelto, signorina.
Finalmente un sorriso sul volto di Olivander che incartò deliziato l’oggetto dando istruzioni a Melanie sulla manutenzione e pulizia della bacchetta.
Il sole stava cominciando a calare quando fecero ritorno al Paiolo Magico.
Nel viaggio in metro che ne seguì Melanie era così assonnata che appoggiò la testa contro la spalla della madre, che dovette scuoterla al momento di scendere.
 
*****
 
- Chissà da chi ho preso i geni magici… - si domandò ad alta voce Melanie una volta a casa, apparecchiando la tavola – Magari sono come gli occhi azzurri, - ridacchiò – saltano qualche generazione e poi spuntano fuori! Come alla cugina Miriam! Lei ha gli occhi chiari e io sono una strega!
A Claire sfuggì il coltello con cui stava affettando e si fece un minuscolo taglio.
- Tutto bene, Ma? – chiese Melanie, sbirciando l’entità della ferita – Preferivi che avessi io gli occhi azzurri?
- No, Mel, - sospirò la donna – Non è da qualche strano antenato che arriva la magia… è… tuo padre.
Melanie non era certa di aver compreso bene; l’argomento “papà” era sempre stato bandito in casa.
Alla sua espressione interrogativa, Claire sfoderò un sorriso di circostanza.
- Sì, Melanie; tuo padre è un mago.

 
  
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