Crossover
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Autore: evil 65    27/01/2018    25 recensioni
Il Multiverso, così come lo conosciamo… non esiste più. In seguito ad un fenomeno distruttivo noto come Lo Scisma, un uomo misterioso che si fa chiamare il Maestro è riuscito creare una realtà completamente separata dalle altre, dov’è adorato come un dio onnipotente.
Apparentemente inarrestabile, il Maestro comanda col pugno di ferro questa nuova terra, chiamata "Battleground", nella quale vivono numerosi personaggi provenienti dai vari universi, tutti immemori delle loro vite precedenti.
Ogni storia ha il suo principio. E questa è la loro epopea...
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yuri | Personaggi: Anime/Manga, Film, Fumetti, Telefilm, Videogiochi
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ecco un nuovissimo capitolo! Due dei personaggi appartenenti a questo aggiornamento saranno OC, tutti gli altri appartengono a varie opere. Li trovate nelle schede a fine capitolo, insieme alle loro immagini. 
Questo aggiornamento e il prossimo saranno gli ultimi capitoli d'introduzione dei protagonisti, poi si passerà alla storia vera e propria.
Come al solito, vi auguriamo una buona lettura, speriamo di ricevere molti commenti.




Capitolo 5 - Two little pigs…


"Two mother pigs, lived in a pen. They each had four little piglets, and that made ten.
All the little piglets loved to play. And they rolled, and they rolled in the mud all day.
At night, there mothers curled up in a heep. They squealed, and they squealed, and then they went sleep.
And sleep well, for tomorrow… the axe shall fall."

(The Master)

 
Si ritiene che il battito d’ali di una farfalla, se fatto nel punto giusto, possa creare una tempesta al di là dell'oceano. Il cuore si può spezzare, ma è il più forte dei nostri muscoli, capace com'è di pompare sangue per lo spazio di una vita, settanta volte al minuto, e senza quasi perdere un colpo.
Perfino i sogni, la più delicata e intangibile delle cose, possono dimostrarsi assai resistenti a ogni tentativo di distruggerli. I racconti, come le persone e le farfalle, i cuori umani e i sogni, sono cose fragili, fatti con niente di più forte e duraturo che ventisei lettere e una manciata di segni di interpunzione.
Oppure sono parole nell'aria, composte di suoni e di idee - astratte, invisibili, che svaniscono appena pronunciate - e cosa può esserci mai di più fragile?
Ma ci sono piccoli e semplici racconti su avventure e persone capaci di cose incredibili, storie di miracoli e mostri, che sono durati molto più a lungo di coloro che le hanno narrate, e alcune sono durate anche più a lungo delle terre in cui sono nate.
Era una calda estate di anni migliori. Una piccola famigliola, composta da tre persone, genitori e figlio, giacevano spensierati in una spiaggia dall’aspetto quasi idilliaco.
<< Più in alto! Più in alto! >> gridò euforico il piccolo di appena quattro anni, mentre era a cavalluccio sulle spalle paterne.
Il paffuto e sorridente viso, simile a quello di un angelo, era contornato da corti capelli rossi, mentre gli occhi verdi come  l’erba illuminata dal sole erano privi delle preoccupazioni tipiche degli adulti.
<< Non posso andare più in alto. O  vuoi forse che papà inizi a volare? >> gli domandò il padre sorridente. Finalmente, dopo tanto lavoro, avrebbe potuto passare del tempo in compagnia della sua famiglia.
L’amato figlio aveva ereditato gran parte del suo aspetto proprio da lui, compresi gli occhi. Una volta cresciuto, sarebbe sicuramente diventato la copia del padre: alto e atletico, con un corpo ben definito e lunghi capelli rossi al pari del fuoco, ereditati dalla madre.
Ma il figlio era ancora troppo piccolo per pensare a cose così complicate. In quel momento, voleva solo ridere insieme al padre.
<< Vola! Vola! >> esclamò, con tono colmo di pura felicità. 
In quel momento, fu acchiappato dalle amorevoli mani della madre.
<< No, non puoi volare via dalla mamma! >> ribatté la donna, il volto adornato da un sorriso angelico.
Bellissima, divina: queste erano le parole che le si potevano attribuire al solo guardarla. Lunghi capelli del colore del buon vino stagionato, coronavano un paio di occhi scarlatti come il sangue, che la facevano somigliare ad una creatura ultraterrena. Il fisico era pallido e formoso, aggraziato come pochi.
A causa di eventi passati, la donna era convinta che non sarebbe mai più stata in grado di sorridere. Tuttavia, il destino  aveva deciso di proseguire la sua storia con una lieta novella. Infatti, alcuni anni orsono, la strega aveva incontrato il suo primo angelo. Poi, qualche tempo dopo, era giunto anche il secondo: il suo amato figlio, concessole dal cielo.
Il bimbo in questione si ritrovò solleticato dai capelli della madre e si lasciò cullare da loro profumo.
<< E no, oggi si gioca con papà! >> protestò scherzosamente il capofamiglia, voltandosi sorridente verso la sposa << Anzi, faccio il colpaccio e prendo anche la mamma! >>
Detto questo, afferrò la donna tra le forti braccia, sollevandola insieme al figlio.
La strega ridacchiò d’istinto.
<< Vola caro, vola! >> gridò, mentre teneva stretto il figlio.
<< Vola! >> ribattè l’infante, altrettanto entusiasmato dall’azione del genitore.
Nella manina destra teneva stretto il ciondolo che la madre  portava sempre appresso, raffigurante una lancia color cremisi.
<< E allora voliamo! >> rispose il padre.
Come dal nulla, un paio di grandi ali del colore del mare  fuouriuscirono dalla schiena dell’uomo, liberando una folata di vento. Con un leggero movimento, il genitore si alzò da terra, librandosi nel cielo infinito.
<< Che bello! >> sorrise allegro il piccolo rosso, mentre osservava la volta celeste farsi sempre più vicina. Gli sembrava quasi di poterla toccare con la sua piccola mano.
Poi, come dal nulla, i suoi occhi si posarono su qualcosa di decisamente inaspettato. Il sole tramontava rosso, come spesso faceva dopo giornate calde e serene che non fossero state guastate da un acquazzone pomeridiano. Ma mai in vita sua aveva visto un tramonto come quello. Aveva idea che le sole persone che ne erano state testimoni erano quelle che si trovavano nelle regioni più esterne della Terra.
No, pensò. Nemmeno loro. Perché quello non era il sole.
La massa di luce calante, infatti, non era un disco. Era un enorme papillon rosso con un ardente centro di forma circolare. Il settore occidentale del cielo era macchiato come da una sottile pellicola di sangue, che verso l’alto sfumava nell’arancione. Attraverso quel bagliore sfocato, l’orizzonte era quasi invisibile.
Una cometa. Ecco che cosa era.
Poi, come dal nulla, la volta divenne una tela nera come la pece, sormontata dalla figura delle luna e da un’infinità di stelle. La cometa scese verso di lui e poi cambiò magicamente forma, diventando una ragazza dai lunghi capelli neri e dai luminosi occhi blu.
La nuova arrivata gli tese quello che chiunque altro non avrebbe esitato a definire un semplice portachiavi. Sulla cima dell’oggetto, splendente contro la luce lunare che filtrava da dietro di lei, era appesa una stella dello stesso colore dei suoi occhi.
<< Per quando ci rivedremo, io avrò realizzato il mio sogno >> sussurrò la giovane donna, il volto pallido adornato da un sorriso che pareva più luminoso del satellite che le stava dietro.
<< E io avrò realizzato il mio! >> le rispose il rosso, che ora aveva l’aspetto di un alto giovane dai lunghi capelli cromati e dai luminosi occhi verdi.
Il tempo lo aveva reso quasi identico al padre, anche se gli occhi avevano mantenuto la stessa luce della madre. 
Afferrò la stella che gli era stata data.
<< Ti amo >> dissero i due, in perfetta sincronia.
Poi, entrambi, si sciolsero in un tenero bacio…
DRRRRRIINN! 
Ma quel momento quasi irreale venne infranto dall’acuto suono di una sveglia, che costrinse il ragazzo a destarsi.
Aprì gli occhi, fissando il soffitto azzurro che lui stesso aveva verniciato pochi giorni prima, e allungò pigramente la mano destra verso il comodino, spegnendo l’origine del suo malcontento.
<< Era un sogno… magari fosse stato reale >> sussurrò il rosso, sollevando il busto dal letto.
A dargli il buongiorno fu il miagolio tranquillo di una gattina dal manto nero e dagli occhi azzurri. Portava un collare di cuoio ,su cui era stato inciso il nome “Stella”.
<< Buongiorno, mia piccola Stella. Dormito bene? >> la salutò il rosso, accarezzandole dolcemente la testolina.
Ancora ricordava il giorno del loro primo incontro, quando l'aveva trovata abbandonata dentro una sgangherata scatola di cartone sul ciglio della strada. Colto da pietà, aveva deciso di salvarla e di darle una casa.
Forse per pura coincidenza o per uno strano scherzo del destino, quello fu anche lo stesso giorno in cui incontrò la ragazza che gli rubò il cuore.
Allontanando quei pensieri, l’adolescente si alzò completamente dal letto e aprì la finestra, facendo entrare l’aria fresca e umida tipica del primo mattino. Poi, cominciò a prepararsi per la giornata.
Il nome del suddetto ragazzo era Angel Arthur Hikaru. Vent’anni, italo-scozzese, residente ad un appartamento singolo nel centro di Londra, una delle città più fiorenti della Terra.
Non aveva scelto lui di vivere lì. Se per questo, nemmeno i suoi genitori lo avevano fatto, almeno così diceva a chi glielo chiedesse. Perché questo? Perché lui non aveva più i genitori.
I suoi ricordi iniziavano quando si risvegliò a dodici anni su un letto d’ospedale, con una fasciatura stretta intorno al capo. Il medico di turno, con tutto il tatto di cui era capace, gli spiegò che era stato coinvolto in un incidente stradale… di cui lui era stato l’unico superstite.
 Se si era salvato, era stato solo per puro intervento divino. In quel momento, però, tali parole non furono di conforto per il giovane rosso. Ben presto, era diventato consapevole di un'unica e semplice verità: era solo al mondo.
Eppure, la situazione non era poi così disperata, come venne a scoprire in seguito. I suoi genitori gli avevano lasciato molto: un piccolo conto in banca, una casa in cui vivere e, ancora più importante, qualcosa per andare avanti: una loro foto con dietro un augurio di buona fortuna, a fianco cui era stato posto un ciondolo contornato da una piccola lancia cremisi e una stella azzurra.
Aveva impiegato del tempo per risollevarsi e gliene ci era voluto ancora di più per decidere di cosa fare con la sua vita. Aveva speso gran parte delle sue energie nel tentativo di riottenere la memoria, frequentando vari corsi di monitoraggio e terapie ospedaliere.
I suoi ricordi erano sempre troppo sfocati: ricordava poco o niente dei suoi genitori. Quel sogno, tuttavia, lo faceva molto spesso. A volte, sperava quasi che si trattasse di un vero e proprio ricordo, tanto quanto la misteriosa ragazza che accompagnava le sue notti, e di cui  non rimembrava nemmeno il nome.
“Probabilmente l’ho conosciuta” si ritrovava spesso a pensare.
Scese le scale che portavano alla cucina e cominciò a preparare colazione per sé e per la sua gattina.
Driiiiin!
In quel preciso istante, l’interfono del citofono riecheggiò per tutta la lunghezza del fabbricato, attirando la sua attenzione. Per fortuna si era già vestito, ed era quasi pronto per uscire.
Indossava un paio di jeans ben stirati, contornati da una camicia bianca coperta da un gilet nero, attraversato da una linea rossa e obliqua. Ai piedi portava un paio di scarpe abbinate al maglione.
Aprì la porta, ben conscio di quale persona si sarebbe trovato davanti.
<< Buongiorno, caro Angel. Pronto per iniziare la giornata? >> lo salutò allegramente una voce femminile.  
Apparteneva ad una giovane donna dalla capigliatura castana, indossante un'uniforme scolastica. Il suo bel viso, pallido e perennemente sorridente, era adornato da un paio di occhi color sangue. I lunghi capelli castani, che le arrivavano fin sotto le spalle, erano tenuti insieme da una coda e da un nastro.
Si chiamava Najimi Ajimu, ma le piaceva farsi chiamare Anshin’in, che, nella sua lingua natia, significava “miss pace dei sensi”. Apparentemente, era originaria del Giappone ,ed era giunta a Londra attraverso uno scambio di studenti .
Lei e Angel frequentavano la stessa università, sebbene prendessero facoltà diverse.
<< Buongiorno Najimi. Sempre pronto a partire. Prego, entra! >> la salutò il rosso, invitandola ad accomodarsi con un rapido gesto della mano.
Nel vedere una faccia conosciuta, Stella andò ad accogliere la nuova arrivata, che si chinò ad accarezzarle il musetto.
<< Buongiorno anche a te, Stella. Hai tenuto a bada il nostro caro rosso? >> domandò la giovane donna.
Lei e il padrone di casa si erano incontrati proprio grazie a quella gattina. Provenivano da strade differenti ,ma entrambi erano stati attirati dai miagolii dell’animale. Che ne fossero consapevoli o meno, quella piccola creatura era diventata l’anello di congiunzione tra la coppia di adolescenti.
<< Ti unisci a me per la colazione? >> domandò Angel, porgendole un sorriso accomodante.
La studentessa ridacchiò divertita.
<< Sai come conquistare il cuore di una donna >> ridacchiò, facendosi strada all’interno della cucina << Vediamo che dice la nostra cara TV oggi! >>
E, preso il telecomando, accese la piccola televisione appesa sul muro della stanza.
Come di consueto, il volto da topo di Caesar Flickerman, il cronista più seguito dell’Impero, si materializzò dal nulla sulla schermata del dispositivo. Najimi rilasciò un sospiro rassegnato.
<< E ti pareva che non ci fosse lui a dare il buongiorno>> commentò con un broncio.
Prima che potesse cambiare canale, la voce di Angel la interruppe alle sue spalle.
<< Non preoccuparti, lascialo pure parlare>> dichiarò il rosso, mentre finiva di apparecchiare la tavola. Ormai si era abituato allo strano comportamento di quella ragazza.
Vestito con abiti firmati e di fattura elegante, Caesar volse alla folla di spettatori un sorriso smagliante. Fatto ciò, afferrò un pezzo di carta dalla tasca dei pantaloni e cominciò a leggerlo.
<< Ed ora, signore e signori, ecco le ultime notizie, direttamente dallo studio! Sembra proprio che i governatori di Alderaan abbiano un così disperato bisogno di forniture alimentari… che hanno presumibilmente inviato vari container pieni di materiale edile negli spazioporti del Centro Imperiale! Un gesto di buona volontà dicono, ma volete sapere come la penso? State ascoltando il mio programma, quindi deduco che lo vogliate sapere >> continuò, suscitando una sonora risata ad opera della folla << Io credo che bisogna far sapere  a quei dannati sobillatori cosa pensiamo di loro! Io credo sia giunta l'ora di vendicarci di quella ribellione da loro inscenata due anni fa! Io dico che stasera andiamo tutti su quelle navi e scarichiamo quella merda là dove dimora tutto ciò che proviene da quel pianeta in culo all’orlo! >> esclamò, ricevendo un urlo d’ovazione.
Il cronista ridacchiò a sua volta.
<< Vi è piaciuta ? Andiamo, che altro si può dire di quegli idioti? Un mondo che aveva tutto, assolutamente tutto, eppure non è riuscito a sanare per conto proprio una rivolta di barboni e contadini! La più grande colonia di ingrati della galassia. Perché? Perché è senza un Maestro!>> dichiarò, suscitando una seconda ovazione << Lasciate che lo ripeta ancora: è senza un Maestro! Non è stata la guerra che hanno iniziato, non è stata la rivolta che hanno creato, è stato il giudizio del Maestro a riportarli sotto il tacco del nostro glorioso Impero. Nessuno sfugge alla propria natura! Nessuno sfugge al giudizio del Maestro! >>
Se possibile, l’urlo degli spettatori si fece ancora più marcato. Quasi come ad un segnale, il viso di Caesar assunse un’espressione più pacata e affabile.
Volse lo sguardo in direzione della telecamera, dicendo: << Ed ora, la preghiera del mattino, regalataci dal nostro amato capo della chiesa, padre Kirei Kotomine. >>
L’immagine del televisore cambiò di colpo: sullo schermo, si stagliò la figura di un uomo alto e tarchiato, indossante un abito viola da sacerdote. Capelli corti e castani incorniciavano un volto dai lineamenti scolpiti, adornato da un paio di occhi vuoti e privi di alcun tipo di emozione. Alle sue spalle, spiccava un manifesto raffigurante il volto sorridente del Maestro.
Kirei Kotomine allargò ambe le braccia e prese un respiro profondo.
<< I cui piedi sono calzati di ferro, il cui cuore è di acciaio temperato, colui che ci ha concesso questo giorno e al cui trono ci inginocchiamo. Colui che ha mandato il fuoco e la pioggia purificatrice di quella tremenda notte, che ha sgominato i malvagi con la sua spada ma ci ha risparmiati. Una razza, una fede, una speranza. In te che ci hai amati nel momento del dolore e che ci hai risollevati dalla caduta! Preghiamo. O Maestro, che ci hai risparmiato il tuo giudizio, che ci hai dato il più terribile degli avvertimenti... aiutaci ad esser degni della tua pietà, aiutaci come quando la tua collera volle che il fuoco piovesse dal cielo. Aiutaci a resistere alle tentazioni del maligno che è certo tra noi in quest'ora di dolore. O Maestro, che tutto sai di noi, che sei il nostro ultimo destino, aiutaci a comprendere chiaramente la tua sacra volontà. Aiutaci a resistere alle lusinghe del maligno e a trovar forza in te. Una razza, una nazione unite nel tuo amore. Questo ti chiediamo, nel nome della tua carne, del tuo spirito e della tua santità. Per il Maestro, nostro signore. Amen. >>
<< Amen >> ripeté la folla.
La trasmissione terminò con un ultima panoramica del Maestro, prima d’interrompersi a causa della pubblicità.
Najimi rilasciò un sonoro sbuffo.
<< Sempre pieno di sé >> mormorò stizzita.
Angel la fissò confuso. Non ne capiva il motivo, ma la ragazza sembrava provare una certa avversione nei confronti del Maestro. A lui, personalmente, non importava molto di quell’uomo. Come molti abitanti di Battleground, accettava la sua esistenza con la stessa facilità con cui si accettava la presenza del cielo e della terra.
Finita la colazione, i due uscirono e si avviarono per prendere il classico bus a due piani che li avrebbe portati all’università.
Mentre prendevano posto sui sedili, Najimi propose all’amico di accompagnarla a fare spese.
<< Che ne dici se, dopo la scuola, andassimo a fare un giro in centro? C’è un negozio che ha attirato la mia attenzione! >>
<< Mi spiace, ma oggi non posso. Ho il lavoro, come ben sai. Per non parlare del compito di domani >> sospirò il giovane.
Infatti, sebbene fosse reduce dei copiosi risparmi ereditati dai suoi genitori, l’adolescente non voleva tirare avanti solo con quelli. Motivo per cui aveva deciso di lavorare nei pressi di un piccolo ristorante.
<< Giusto, me l’ero dimenticato >> sussurrò la ragazza, leggermente depressa.
Volse una rapida occhiata nei confronti di Angel.
<< Ancora mi chiedo perché perdi tempo a studiare. I tuoi voti sono tra i migliori dell’Istituto! >> esclamò, ricevendo una piccola risata ad opera del compagno.
<< Vero, ma per mantenere tali risultati è necessario studiare. Te lo prometto, domani sarò tutto tuo. >>
<< Non fare promesse che non puoi mantenere>> ribatté l’altra, recuperando il suo solito sorriso.
Detto ciò, si appoggiò alla spalla del rosso, continuando il viaggio in relativo silenzio.
 
                                                                                                                                                * * *
 
Era buio pesto. Nell’aria aleggiava uno strano aroma d’incenso. Sembrava un luogo chiuso, completamente oscurato. Non si udiva alcun tipo di suono.
Poi, tra le ombre di quella camera, qualcosa balzò alla vista dell’osservatore: due occhi scarlatti con pupille allungate e verticali. Sembravano gli occhi di una belva famelica pronta a balzare sulla preda ignara.
Per un tempo che sembrò interminabile, quegli occhi continuarono a fissare il buio come se lo volessero squarciare. Poi, all’improvviso, si mossero. Si sentì un clangore di lame, quasi come se qualcosa fosse stato tagliato e ridotto in pezzi.
Il rumore durò per pochi secondi . Poi, con la stessa rapidità con cui era iniziato… si fermò.
Ciò che rimase…furono quegli occhi scarlatti.
Una voce imperiosa gridò: << Luci! >>
In risposta al suo ordine, un lampo di luce abbagliante illuminò le fattezze di quel luogo nascosto. Era la riproduzione perfetta di un dojo giapponese.
Pavimento, pareti e tetto erano ricoperti da tegole di legno in fattura orientale. Lungo il soffitto era possibile intravedere una lunga serie di lanterne multicolore. Il tutto era costruito in un’ampia stanza di circa cento metri quadrati, avvolta da pareti candide come la neve.
Sul pavimento giacevano i resti di manichini metallici, tutti perfettamente tranciati in più parti. Infine, al centro della camera, vi era un uomo alto e dalla carnagione abbronzata.
Aveva un fisico perfetto, a tratti statuario, messo in bella mostra se non per un paio di pantaloni bianchi che lo coprivano dalla vita in giù. I corti capelli biondi erano sollevati verso l’alto, coronanti un volto dalle fattezze angeliche. Tuttavia… i suoi occhi erano tutt’altro che angelici. Parevano pozzi di sangue, rossi come lo sguardo della Morte stessa.
Mantenendo un’espressione impassibile, l’uomo scrutò i suoi dintorni, ammirando il risultato dei propri sforzi.
<< Ottimo lavoro signore, come sempre >> commentò una giovane donna dall’altra parte della stanza.
Aveva un fisico atletico e formoso, lunghi capelli bianchi e un volto pallido adornato da un paio di occhi viola. Si avvicinò all’uomo, porgendogli un asciugamano accuratamente piegato.
In tutta risposta, il biondo lo prese con una smorfia di insoddisfazione.
<< Non è ottimo, è un risultato a dir poco penoso! >> sibilò, il tono di voce ornato da una lieve punta d’irritazione.
 Detto ciò, s’incamminò verso l’unica uscita presente nella stanza, mentre i suoi occhi mutarono improvvisamente colore, diventando di un verde acido.
<< Il mio defunto maestro mi avrebbe aspramente ripreso! >>
<< Perdoni la mia ignoranza, signore, ma che cos’è che non l’ha soddisfatta? >> domandò la su assistente, visibilmente confusa.
<< I movimenti e la tempistica, mia cara Ellen. Non importa quanto si è forti: se quando sei al buio non sei capace di coordinare il tuo corpo in maniera adeguata, allora sei carne morta! >> esclamò, per poi assumere un’espressione visibilmente più pacata << Ma lasciamo perdere. Dimmi i programmi della giornata >> ordinò con fare imperioso.
<< Sì, signor Vorkye >> rispose automaticamente la donna, aprendo il suo tablet e iniziando a scorrere gli impegni raccolti nell’agenda.
Questo era il suo nome. Egli era Vorkye Bloodbles, detto anche Vorkye Drago del Sangue, ed era il presidente a capo delle Bloodbless Corp, una delle aziende commerciali più fiorenti e redditizie dell’universo di Battleground. Economicamente parlando, non vi era campo, settore o logistica  in cui tale impresa non fosse invischiata.
Vorkye era noto a tutti per essere uno degli alleati commerciali più vicini all’influenza del Maestro, cosa che gli aveva fatto guadagnare la reputazione di essere un personaggio praticamente intoccabile: un umano benedetto dagli dei. Ma in realtà, costui era ben lungi dall’essere un umano.
Egli, infatti, non era altro che l’ultimo esponente di una razza mutaforma nota col nome di soleani: creature umanoidi con caratteristiche animali e dal colore della pelle assai variegato.
Il loro mondo, incredibile ma vero, era la stella nana che illuminava l’universo da cui provenivano: il Sole della Via Lattea.
Tale razza era nota soprattutto per la sua resistenza e longevità, ottenute attraverso miliardi di anni di evoluzione svoltesi su quel mondo perennemente in fiamme. La vecchiaia li sfiorava di rado, i loro corpi non decadevano, anzi, diventavano più forti col passare del tempo. Ognuno di loro era in grado di utilizzare uno o più poteri legati alla natura, grazie all’innata capacità di sincronizzare le proprie auree con l’energia cosmica che aleggiava per l’Universo.
Ogni specie di soleano, identificabile in base al colore della propria pelle, possedeva un’abilita diversa che andava dal controllo degli elementi a concetti più marcati, come il controllo del sangue, e le loro facoltà mentali erano di gran lunga superiori a quelle di quasi ogni altra specie.
Eppure, nonostante fossero ben consapevoli di tale peculiarità, i soleani erano soliti fare uso dei propri doni non per schiavizzare o conquistare, bensì per aiutare le varie specie nel momento del bisogno. Per questo, in diverse occasioni, erano scesi sulla Terra del proprio universo e, sotto diverso aspetto, avevano aiutato i suoi abitanti a progredire.
Ma Vorkye non era mai stato come i suoi simili. No. Lui riteneva che il suo potere fosse suo e solo suo, e che nessun’altro avesse il diritto  di carpirlo. Per lui, il solo provarci equivaleva a morte istantanea.
Le sue idee tiranniche attirarono non pochi seguaci tra i membri di quella  razza che la pensavano esattamente come lui. E venne il giorno che, forte di questi potenti quanto sacrificabili alleati, il soleano decise di scendere in guerra contro il governo del suo mondo.
Mentre era perso nei suoi pensieri, Vorkye fu richiamato alla realtà dalle successive parole della segretaria.
<< Ci sarebbero queste piccole imprese che danno dei problemi al proseguire dei lavori >> informò la donna, mostrandogli titoli e azioni di piccole società, per lo più familiari, che non volevano vendere o si opponevano ad uno dei tanti progetti aziendali delle Bloodbless Corp.
La creatura si limitò a roteare gli occhi, apparentemente imperturbato da una simile notizia.
<< Fammi trovare dei titoli esecutivi entro oggi pomeriggio e contatta l’impresa di demolizione. Chi mi sta tra i piedi dev’essere cancellato >> dichiarò con tono freddo e impassibile.
Lanciò un occhiata laterale all’assistente.  
<< Tra i dipendenti, c’è forse qualcuno che merita una piccola chance di essere messo come cassiere o centralinista? >>
Dopotutto, era il tipo di uomo che preferiva non buttare mai via nulla. Se c’era qualcuno o qualcosa che attirava la sua attenzione, era solito prenderla senza dover chiedere il permesso a niente e nessuno.
Ellen scosse prontamente la testa. << Nessuno degno di nota. La maggior parte degli impiegati sono studenti freelance che lavorano part-time o anziani che hanno preferito rinunciare alla pensione. >>
<< Mi fiderò del tuo giudizio >> commentò il biondo, proseguendo lungo il corridoio << Per il tuo bene, spero che non si rivelerà mai una scelta errata. Non devo certo ricordati cosa sia successo al tuo predecessore, dopo che questi mi aveva deluso. >>
<< Certo, signoe... >> gli rispose prontamente la donna, impallidendo in corpo.
Vorkye arricciò ambe le labbra in un sorriso soddisfatto e agghiacciante allo stesso tempo.
<< Molto bene. Vado a darmi una rinfrescata. Se succede qualcosa di importante, avvisami >>.
Ritenendo la conversazione conclusa, il soleano si avviò verso i suoi quartieri privati.
 
Una volta entrato nelle sue stanze, chiuse la porta e si fissò al grande specchio che occupava più della metà dei bagni.
<< Per gli umani, queste sembianze sono magnifiche, il simbolo della perfezione >> commentò, mentre osservava ogni singolo centimetro del suo corpo, il volto adornato da una punta di soddisfazione << Chissà come reagirebbero, se vedessero il mio vero volto >> ridacchiò ironico.
Come ad un segnale, l’aspetto del soleano cominciò cambiare in maniera radicale.
Le sue dimensioni aumentarono fino a superare i cinque metri di altezza, il suo corpo si ricoprì di spesse scaglie color cremisi, mentre mani e piedi divennero zampe muscolose e artigliate. Dalla schiena fuoriuscirono un paio di ali a mo’ di pipistrello, rosse e lucenti come il resto della sua nuova forma, e una lunga coda a punta iniziò a muoversi liberamente dietro di lui, fuoriuscendo dalla parte posteriore del corpo.
Il volto si allungò e la bocca enorme fu contorniata da zanne aguzze e taglienti, mentre i capelli biondi e dalle sfumature dorate furono sostituiti da un paio di grandi corna. Parevano quasi l’immagine speculare di una corona.
Un drago umanoide: era questo il suo vero aspetto. Un mostro per gli umani, ma normale per i suoi simili. Anzi, se ciò che un tempo aveva programmato si fosse realizzato…bhe, in quel caso sarebbe diventato un mostro anche tra di loro.
Non che a lui sarebbe importato, sia chiaro. Avrebbe proseguito comunque i suoi obbiettivi, senza alcuna esitazione.
Sul  muso della bestia si disegnò nuovamente un sorriso predatorio.
 << Io sono sempre magnifico! >> esclamò, sollevando ambe le braccia in direzione della soffitto.
Poi tornò alla sua forma umana ed entrò sotto la doccia. Mentre l’acqua calda scorreva sul suo corpo, la mente di Vorkye fu attraversata da un ricordo lontano.
 << Fratello! >>
 Così il volto dell’unica persona cui teneva si delineò davanti a lui.
 
Vorkye nacque oltre cinque millenni orsono in una famiglia dell’alta borghesia del Sole. Ricordava poco o niente dei suoi genitori, gente che non era mai stata in grado di fornirgli le cure parentali di cui aveva bisogno.
Passò gran parte della sua vita in un enorme magione, privo di alcun tipo di amici o affetto. I vari soggetti che adornavano il corpo della servitù erano le uniche persone con cui gli era stato possibile interagire.
Poi, un giorno, i suoi genitori tornarono da un lungo viaggio d’affari e gli annunciarono che da lì a poco tempo non sarebbe più stato solo, perché presto avrebbe avuto un fratello.
Quella notizia riuscì a scuoterlo non poco. Avrebbe finalmente avuto qualcuno con cui giocare e passare il tempo? La cosa lo fece sorridere per la prima volta da un tempo molto lungo.
Non dovette aspettare molto. Pochi mesi dopo, infatti, sua madre dette alla luce il suo fratellino, Gilgamesh.
Quando lo vide per la prima volta, Vorkye capì che la sua via solitaria sarebbe cambiata per sempre e giurò a sé stesso che, anche se l’universo stesso fosse stato contro di lui, non avrebbe mai abbandonato questo nuovo membro della famiglia.
I due crebbero insieme, sani e forti come non mai. Quando furono abbastanza grandi, lasciarono insieme la casa che li aveva soffocati così a lungo.
Durante uno dei loro numerosi viaggi, incapparono nei pressi di un vecchio soleano senza nome. L’uomo in questione decise di ospitarli nella sua dimora per alcuni anni, fornendo loro cibo e riparo. Insegnò loro il valore della responsabilità e del dovere, spingendo la coppia di fratelli a fare ritorno alla casa d’origine.
La loro vita sembrava finalmente giungere ad una svolta positiva… ma così non fu.
Una volta giunti nei pressi dell’enorme magione, non ebbero nemmeno il tempo di mettervi piede che essa saltò misteriosamente in aria, sotto il fragore di una violenta esplosione.
In un lampo, il mondo che conoscevano e al quale volevano tornare sparì come il battito d’ali di una farfalla, e al centro di quella catastrofe, si materializzò la sagoma di un misterioso individuo. Non era un soleano. Somigliava più ad un essere umano, ma il sorriso e l’aura che fuoriuscivano da lui non avevano nulla di quella razza.
Sfoggiava uno abito nero come la pece, abbinato ad un cilindro di pregiata fattura.
Chi era costui? Era forse un demone? Un messaggero del caos che aveva deciso di generare scompiglio e disordine in quel mondo così sereno?
<< AHAHAHAH! Ed ecco che, in questo mare calmo e cristallino, io getto una goccia di nera oscurità, che lo farà agitare fino a formare un vortice dal motivo marmoreo! >> esclamò la creatura, volgendo uno sguardo folle in direzione della volta celeste.
Con un sorriso demoniaco, quel misterioso individuo si avvicinò alla coppia di fratelli, che lo osservarono senza parole.
<< Avete mai visitato la Terra, ragazzini? Io l’ho fatto! Gran bel posto, ve lo assicuro. Dicono che a Broadway c'è una lampadina spenta per ogni cuore, sapete? Dicono che la vita è un gioco, e puoi cambiare le carte in tavola. Ti danno le maschere, i costumi e il canovaccio... poi ti lasciano a improvvisare nel loro cabaret. Nelle città sconciate ci sono mani in pasta, ci sono mandati di arresto, moduli e tessere, e scarponi sulle scale. Ci sono morte, sesso e miseria umana in bianco e nero per un soldo. Ma, se non altro, i treni marciano sempre in orario… però non vanno in nessun posto! Impietrite, le signore non osano sottrarsi e affrontano le proprie responsabilità sulla schiena, oppure in ginocchio. E le vedove che rifiutano di piangere avranno giarrettiere e farfallino e impareranno a sgambettare in questo cabaret ! È tutto un melodramma! >>
Detto ciò, scoppiò in una risata agghiacciante, per poi volgere la propria attenzione nei confronti di Vorkye.
<<  Mi chiedo… il numero uno, solo, soletto… proteggerà fino alla fine il numero due? Oppure, alla prima occasione, lo abbandonerà per percorrere la strada che gli spetta? Quale strada, dite? Semplice: quella del dispotico tiranno che tingerà la terra col sangue dei suoi nemici!  Andrai lontano, ragazzino, fino alla meta finale che è il castello del boss! E, una volta conquistato, sarà tuo e tuo soltanto. >>
Puntò un dito in direzione del soleano tremante.
<< Ti consegno questo copione, figliolo. Studiatelo bene e inizia a ballare sul palcoscenico che ti ho preparato. Mi raccomando, crea tanto casino. Bye bye! >>
E, dopo aver pronunciato questo discorso insensato, quel portatore di morte e dolore sparì nel nulla, lasciando i due fratelli soli e disperati.
Non sapevano chi era ma, in appena un paio di secondi, aveva sconvolto e capovolto le loro vite nel peggiore dei modi. Apparentemente, tutto solo per il suo contorto e malato senso del divertimento.   
Da allora, i due fratelli sprofondarono in un oblio di odio e sete di potere, diventando due autentici mostri per gli abitanti di quella stella solitaria.
La loro forza attirò l’antico e potente maestro di un violento e arcano stile di lotta. Costui portava il nome di Akuma, e decise di prenderli sotto la sua ala.
 Passarono molti anni, tempo in cui la coppia di fratelli fu sottoposta ad un addestramento infernale, dal quale solo uno dei due sarebbe potuto uscire illeso.
Memore delle parole di colui che aveva distrutto la loro casa, Vorkye sostenne il fratello fino al completamento della pratica. E quando Akuma ordinò al suo allievo più promettente di uccidere il familiare, il soleano si rifiutò categoricamente, suscitando le ire dell’insegnante.
Dopo uno scontro devastante, Vorkye distrusse il tempio dell’uomo e fuggì con Gilgamsh.
 
Passati più di tre millenni, i due fratelli decisero di tentare la scalata al trono dei soleani.
Infatti, era tradizione di quel mondo che, nel caso il sovrano non fosse riuscito a generare alcun erede, si sarebbe tenuto un concorso aperto ad ogni singolo membro della popolazione, nel quale sarebbe stato scelto un candidato in grado di prenderne il posto del governatore in caso di morte.
In questo particolare rituale, i vari concorrenti sarebbero stati messi direttamente sotto esame dalla coscienza collettiva del Sole, formata dalle anime dei sovrani defunti. Era nota come la Prova del Nucleo. Tuttavia, con loro grande sconcerto, i due fratelli furono entrambi considerati indegni del titolo di governanti.
La coppia di guerrieri fu ben restia dall’accettare un simile responso. Fu così che, armati di nuovi propositi, decisero di prendersi il trono con la forza.
Radunando coloro che erano ritenuti la feccia del loro mondo, formarono un piccolo ma potente esercito. Sotto il comando di Vorkye, si mossero verso Kamn'erya, la capitale del regno, meditando la morte per chiunque si sarebbe opposto a loro.
Al fine di eliminare ogni possibile minaccia alla loro campagna, Gilgamesh propose al fratello di visitare l’Oracolo, un soleano che possedeva l’insolita capacità di prevedere tratti del futuro. Sotto le raccomandazioni del familiare, il signore della guerra accettò la proposta e tenne un incontro in solitaria con l’indovino.
Quest’ultimo rivelò a Vorkye la riuscita delle sue ambizioni, con grande soddisfazione del dragone. Tuttavia, le brutte notizie non tardarono ad arrivare.
L’Oracolo, infatti, presagì che se l’uomo avesse continuato per quel sentiero oscuro, sarebbe stato sconfitto da un guerriero dalla pelle blu.
Accecato dalla rabbia, Vorkye tentò di cambiare il suo destino, ordinando al suo feroce esercito di  uccidere tutti i Soleani Blu del regno. Fiducioso di aver ormai eliminato ogni singola minaccia al suo potere, il signore della guerra lanciò un’ultima offensiva alla capitale del Sole.
Tuttavia, pochi giorni prima della battaglia finale… accadde la tragedia.
 
Vorkye decise di andare a meditare in assoluta solitudine, al fine di preparare il suo spirito allo scontro che era sicuro avrebbe decretato il suo destino.
Inviò Gilgamesh e un piccolo contingente di truppe a razziare la Terra, così da poter accumulare abbastanza provviste da prolungare un assedio alla città.
“Ve la farò vedere io. Il trono sarà mio, ed io e mio fratello governeremo su tutto”.
Erano questi i pensieri che aleggiavano nella mente del soleano, mentre era seduto con braccia e gambe incrociate al di sopra di un enorme canyon. Poi, come dal nulla, uno scalpitare di passi riecheggiò lungo la formazione rocciosa.
<< Oh ma quanto è bello passeggiare, di tanto in tanto >> commentò una voce sconosciuta, da dietro il soleano.
<< Chi sei? Come osi interrompere la mia meditazione? >> domandò questi, scoprendo le zanne.  
Tuttavia, quando il signore della guerra mise a fuoco il nuovo arrivato, la prima figura a cui lo ricollegò fu proprio quella del misterioso individuo che molti anni prima aveva distrutto la sua casa. Non solo per il suo strano modo di vestire, ma anche per i suoi manierismi spensierati.
<< Cosa? Sei tu! >> esclamò, visibilmente scioccato da quell’improvvisa quanto sgradita apparizione.
In tutta risposta, l’uomo si limitò ad inarcare un sopracciglio.
<< Credo che tu abbia preso un abbaglio, ragazzo. Posso assicurarti che questa è la prima volta che ci incontriamo. >>
Tuttavia, il soleano cremisi non gli concesse il tempo di dire altro e alzò la mano destra in avanti.
<< Taci e muori! >> ruggì in pura collera.
D’istinto, il misterioso individuo si tastò lo stomaco. << Mhmm… Mi sento un po’…. >>
Non ebbe neanche il tempo di finire la frase. Come dal nulla, il suo corpo esplose dall’interno, riducendosi ad una grossa pozza di sangue e materiale organico.
Vorkye arricciò ambe le labbra in un sorriso soddisfatto. << Finalmente ti ho annientato. Ora sono pronto a...  >>
<< Lo dicevo, io: il chili mischiato ai fagioli può essere davvero indigesto! Devo levarlo dalla mia dieta e sconsigliarlo caldamente  >> commentò una voce al fianco del soleano.
Lì, apparentemente inalterato, vi era la figura dello stesso uomo che Vorkye aveva fatto esplodere appena pochi secondi prima.
Il dragone rilasciò un ringhio frustrato, fissando l’avversario con uno sguardo misto tra lo stupore e il furente.
<< Tu, dannato bastardo. Come hai fatto a rigenerarti da un simile attacco? >> domandò con una punta d’anticipazione.
Il nuovo arrivato si limitò a scrocchiare il collo.
<< Sai, è stato piuttosto esaltante. Sono stato accoltellato, impiccato, dilaniato, bruciato, perfino schiacciato con una golda, una volta… ma non mi avevano mai fatto esplodere dall’interno. Pensavo che i pelle rossa manipolassero il fuoco >> osservò divertito.
Vorkye rilasciò uno sbuffo sprezzante.
<< Se con pelle rossa ti riferisci ai Soleani Rossi, sappi che io sono color cremisi e manipolo il sangue. >>
Detto ciò, sollevò la mano destra una seconda volta.
<< Considera questa informazione come il mio regalo d’addio! >>
Così com’era avvenuto con l’attacco precedente, il corpo dell’uomo si tramutò in una massa informe e gelatinosa… solo per ricomporsi nella frazione di pochi secondi, vestiti compresi.
<< Che bel botto. Complimenti! >> esclamò l’essere, battendo ambe le mani in un sonoro applauso.
Vorkye compì un passo all’indietro, visibilmente scioccato. Poi, come dal nulla, una realizzazione sconvolgente cominciò a farsi strada attraverso la sua mente.
<< Tu… manipoli il tempo. Ogni volta che ti uccido riavvolgi il tuo tempo, come un orologio. Hai un potere dannatamente ostico! >> sibilò, ricevendo un’espressione visibilmente sorpresa ad opera dell’avversario.
<< Wow, complimenti! Sai, sei il secondo ad averlo capito, dopo averlo visto appena un paio di volte . Puoi respirare, non alcuna intenzione di combattere con te. >> 
Al sentire tali parole, la postura del soleano si rilassò un poco. Fissò il nuovo arrivato dritto negli occhi, un paio di pozzi gialli che parevano fuoriusciti direttamente dalle fiamme dell’inferno.
<< Ma tu chi diavolo sei? >> domandò con un ringhio.
L’uomo ben vestito indicò se stesso.
<< Io? Sono il re del nuovo millennio. Il cattivo. La nemesi... la pecora nera della famiglia ! Sono... il Maestro ! >> terminò, cimentandosi in un inchino beffardo.
Porse le braccia in segno di resa.
<< Ora, prima che tu mi faccia saltare di nuovo, che ne dici di ascoltare un attimo l’offerta che voglio farti? Non penso di chiederti troppo >> dichiarò con tono placido.
Vorkye strinse ambe le palpebre degli occhi.
<< …D’accordo, te lo concedo. Ma prima, c’è una cosa che voglio sapere, ed esigo la verità. Hai forse un qualche legame con quel misterioso demonio che molti anni orsono distrusse la mia casa? >>
Il Signore del Tempo scrollò le spalle.
<< Spiacente, ragazzo, non so di cosa tu stia parlando. Non ho mai avuto rapporti col Sole, almeno fino ad oggi >> fu la sua risposta pacata.
Detto ciò, volse al dragone un sorriso accomodante.
<< Ora, ascolta la mia proposta. Che ne dici di lavorare per me? Aspetta, aspetta, non farmi esplodere e lasciami finire! So che hai qualche problema con i pelle blu, dico bene? >>
<< Ti riferisci ai Soleani Blu? Come fai a saperlo? >> gli chiese Vorkye, diventato leggermente teso.
A parte lui e suo fratello, nessun altro era a conoscenza della profezia enunciata dall’Oracolo, quindi la rivelazione lo aveva lasciato a dir poco sorpreso.
<< Ho le mie fonti! >> ribattè l’altro, con tono allegro. 
Il soleano lo fissò con sospetto, prima di rilasciare uno sbuffo spazientito.
<< Non ha importanza. Sono tutti morti, me ne sono assicurato >> disse con fare fiducioso.
Il Mastro rilasciò una risata divertita.
<< Ed è qui che ti sbagli, amico mio! Devi sapere che, da dove vengo io, ce n’è uno, e dico uno soltanto , che potrebbe causarmi non pochi problemi. >>
Al sentire tali parole, il signore della guerra non poté fare altro che volgere al misterioso individuo un’espressione visibilmente adirata.
<< Cosa?! Impossibile ! >> esclamò, sbattendo violentemente un piede contro la superficie del canyon.
Il Signore del Tempo si limitò a stringersi nelle spalle. << Purtroppo è vero. Con i miei poteri potrei sbarazzarmene come e quando voglio ma, ahimè, ho dovuto firmare un contratto che mi vieta di torcergli anche un solo capello. C’è sempre la fregatura, dico bene? Ho pensato un po’ a come risolvere il problema e, alla fine, mi sono detto: chi meglio di un soleano, per abbatterne uno? Soprattutto se è ben motivato! >> continuò con un sorriso disarmante. 
Vorkye strinse le palpebre una seconda volta. << Capisco. Ed esattamente, dove si trova questo soleano sfuggente? >>
<< E qui sta il problema >> rispose l’altro, ricevendo un sopracciglio inarcato in cambio << Vedi, la persona con cui ho stipulato il contratto sapeva che avrei provato ad aggirare la clausola. Ecco perché ha pensato bene di nasconderlo ai miei occhi >> terminò con un sospiro sconsolato.
Il signore della guerra incrociò ambe le braccia sotto il petto muscoloso, il volto adornato da un’espressione accigliata.
<< Quindi, ricapitolando… non solo vuoi che uccida questo solenao per te, ma vuoi anche che lo trovi per conto mio. E in cambio? Che cosa ci guadagnerei? >> domandò stizzito.
Il Maestro rilasciò uno sbuffo divertito.
<< La vera domanda è: perché non dovresti farlo? Pensaci, se uccidi questo pelle blu avrai eliminato ogni possibile opposizione alla tua campagna! E non finisce certo qui, sia chiaro. Se mi aiuterai… farò sì che tu ottenga ciò che hai sempre desiderato: la possibilità di governare un impero! Ti darò tutti i mezzi che ti servono per trovare il tuo obiettivo e i passatempi che vorrai per ammazzare l’attesa. Che ne dici? Abbiamo un accordo? >> chiese porgendogli la mano destra.
Vorkye chiuse gli occhi, contemplando se accettare o meno l’offerta. 
Percependo la sua esitazione, il Signore del Tempo arricciò le labbra in un sorriso tirato. << Se possibile, vorrei che tu mi dessi una risposta immediata. Non ho molto tempo per stare qui. >>
Vorkye tacque per un altro paio di secondi, le braccia ancora incrociate. Poi…
<< D’accordo, affare fatto! >> dichiarò con tono convinto.
<< Splendido! >> esclamò il Maestro, battendo ambe la mani in un sonoro rintocco.
Fece per schioccare le dita, ma…
<< Ho solo una condizione: voglio che mio fratello venga con me >> lo interruppe Vorkye, poco prima che potesse completare il gesto.
Il Signore del tempo inarcò un sopracciglio. << Tuo fratello? >>
<< Sì, Gilgamesh. Voglio che si unisca a noi per questa impresa >> ripeté il soleano, annuendo a se stesso.
L’uomo sospirò, visibilmente irritato dalla richiesta. << Molto bene. Dove si trova? Ti porterò da lui. >>
<< L’ho inviato in una missione di ricognizione sulla Terra >> lo informò il dragone.
Un silenzio inesorabile sembrò calare nelle profondità del canyon. Per quasi mezzo minuto, il Maestro si ritrovò incapace di emettere alcun tipo di suono.
Poi, quando quel breve lasso di tempo giunse al suo termine…
<< Ah. E qui sorge un problema. >>
<< Ovvero? >> domandò Vorkye, il tono di voce ornato da una lieve punta di minaccia.
Il Signore del Tempo schioccò la lingua. << Guarda tu stesso. >>
E, dopo aver pronunciato tali parole, compì un rapido movimento con la mano destra. Per un attimo, non accadde niente. Poi, come dal nulla, l’aria attorno alla coppia cominciò ad incresparsi
Una folta coltre di nebbia avvolse l’area circostante. Né bianca né grigia. Al contrario, era nera come la notte stessa. Incuriosito, Vorkye la toccò.
Il contatto iniziale gli provocò un sussulto, come il dolore che lo raggiunse. Non era esattamente pena, però. Sembrava più una sorta di fibrillazione.
Uno o due battiti saltati, seguiti dal ritorno del normale ritmo cardiaco. Ma ora, nella sua mente, non circolava più soltanto il sangue, una volta stabilito il contatto. Le informazioni gli scorrevano dentro come un fiume
E allora… la vide.
Il sole si oscurò, come se una tetra gelida mano di morte l'avesse avvolto con le sue dita putrescenti. L'immagine, d'altro canto, non era molto distante dalla realtà, poiché dal cielo della Terra scese in una massa amorfa, senza coscienza o intelletto, ma dotata di malvagio desiderio di distruzione. Calò lentamente sulla landa mortale, simile ad un mostro le cui fauci erano pronte a consumare la sua preda.
Difatti, ove quest'orrore senza nome si posava, ecco la materia venire disgregata, divorata da un appetito senza tempo, scomparendo agli occhi sgranati di coloro che assistevano impotenti alla fine del loro mondo. La carne venne strappata dalle ossa da denti invisibili, mentre artigli incorporei trafissero pelle e organi.
La terra si spaccò. Le spirali serpentiformi della nube scavarono a fondo nelle sue radici, fino al suo magmatico cuore pulsante, e qui ne risucchiarono la linfa vitale, come un ragno che succhia via la vita da una mosca. In pochi attimi, gli oceani cessarono di esistere, e cosi le foreste rigogliose, le montagne innevate e i deserti.
I pargoli  si strinsero alle loro madri, i padri abbracciarono le figlie… e fu solo la follia.
Davanti alla fine dei tempi, l'essere umano impazzì. 
La Terra di quell’universo, nei suoi ultimi istanti, parve agli occhi di quei pochi ancora sani di mente un autentico inferno.
Sì, la Terra cadde in un baratro atroce, ma durò poco, poiché ben presto essa fu cancellata da ciò che era stato, che era e che sarebbe divenuto in futuro.
Di lei non rimase neanche un granello di polvere. Tutto venne divorato, annientato, schiacciato... e mai più fu.
Vorkye fissò il tutto con fare scioccato.
<< Cosa… cos’è questo? >> sussurrò il soleano, con lieve timore.
Fu presto affiancato dalla figura del Maestro.
<< Questo, ragazzo mio… è lo Scisma. Ed è anche a ragione per cui non abbiamo molto tempo. Vedi, alcuni tipi poco propensi al compromesso hanno deciso di dare il via all’Armageddon. Siamo alla frutta, caro il mio amico. Kaboom! Tutti gli universi stanno per essere cancellati, e non c’è nulla che possiamo fare per impedirlo >> continuò, per poi volgere lo sguardo in direzione dell’alieno << Sfortunatamente, quest’allegra banda di scavezzacollo ha deciso di cominciare l’opera di demolizione proprio col tuo. >>
<< Mi stai dicendo che mio fratello si trova in pericolo?! Devo salvarlo… portami da lui! >> esclamò il dragone, afferrando le spalle dell’uomo.
Il Maestro trasalì leggermente. << Temo che il tuo fratellino abbia lasciato questo mondo, Vorkye. >>
Il soleano scosse la testa, incapace di credere a quelle parole. << No, tu menti! Come può il mio universo essere stato cancellato? Siamo ancora qui, vivi e perfettamente in salute !>>
<< Quella sarebbe opera mia >> rivelò il Signore del Tempo << Sto utilizzando i miei poteri per aggirare temporaneamente il fenomeno. Tuttavia, non abbiamo molto tempo. Tra pochi minuti, anche questo mondo farà la stessa fine della Terra. L’universo in cui ho intenzione di portarti sarà l’unico che verrà risparmiato, dato che l’ho creato a loro insaputa, >>
Al sentire tali parole, il soleano crollò in ginocchio.
<< No! No, no! NOOOOOOOOO! >>
L’urlo bestiale riecheggiò per tutte la lunghezza della gola rocciosa, sorprendendo lo stesso Maestro.
L’uomo arricciò il volto in un sorriso apparentemente empatico. << Mi spiace, ragazzo. Questo è successo pochi minuti prima che t’incontrassi. Era già troppo tardi. >>
<< Maledetti. Che siate maledetti! >>
Vorkye si rialzò furente, e con occhi privi di pietà, fissò colui che riteneva essere il responsabile di ciò che era appena avvenuto.
Il Signore del Tempo alzò ambe le mani nel segno universale della pace.
<< Ehi, non prendertela con me. È colpa di quei capoccia se il tuo caro fratellino è morto. >>
<< Infatti saranno i miei prossimi bersagli. Prima ucciderò te e poi passerò a loro. Non m’importa se sono dèi o altro, li annienterò tutti con le mie stesse mani! >> esclamò il soleano, compiendo alcuni passi in direzione del Maestro.
Imperturbato dalle minacce della creatura, l’uomo annuì compiaciuto.
<< Questo è lo spirito! Tuttavia, credo di aver appena trovato una soluzione al problema >> rivelò, costringendo Vorkye a frenare la sua avanzata << Se si tratta solo di tuo fratello, penso di poterlo riportare in vita. >>
Il dragone dilatò le pupille, visibilmente scioccato. << Cosa? Puoi farlo davvero? >>
<< Sì, posso. Certo, ci vorrà un po’ di tempo, ma posso farlo >> confermò il Signore del Tempo.
Detto ciò, alzo l’indice della mano destra.
<< Ovviamente, ho un paio di condizioni che spero accetterai. Non sono molte, te lo garantisco. Punto uno: seguirai la prima parte del nostro accordo ed eliminerai quella seccatura per me. Punto due: saremo soci in affari. Nel nuovo mondo che ho costruito, come dire… avrò bisogno che qualcuno mi aiuti a gestire le cose. Voglio che tu ti unisca alla mia cerchia ristretta di seguaci. Come promesso, ti darò un impero da poter governare in solitaria, ma risponderai a me. >>
Dopo aver enunciato le sue richieste, il sorriso dell’uomo si trasformò di colpo da solare a diabolico.
<< Abbiamo un accordo ?>> domandò con un ghigno.
Vorkye schioccò la lingua, visibilmente adirato.
<< Avevo ragione a credere che tu fossi un demonio >> commentò il soleano, fissando il Signore del Tempo con occhi fiammeggianti << Ma se per riavere mio fratello devo scendere a patti con te… così sia! >>
<< Splendido! >> esclamò il Maestro. << Per curiosità, vuoi portare qualcun altro con te? Non sono schizzinoso. >>
La creatura draconica rimase in silenzio. Fissò la landa desolata che si stagliava oltre il canyon.
<< …No. Per quanto mi riguarda, questo mondo e tutti i suoi abitanti possono anche andare all’inferno. >>
<< Se è questo che vuoi >> commentò l’altro, stringendosi nelle spalle << Ora, che ne dici di mangiare qualcosa? Le trattative mi mettono sempre una fame da lupo! >>
Poi, appena un secondo dopo, entrambi scomparvero in un lampo di luce blu.  

I ricordi di quel giorno gli scivolarono via come l’acqua calda della doccia. Dopo aver scacciato dalla mente quei pensieri deprimenti, Vorkye si dette un’ultima sciacquata e fuoriuscì dal bagno.
Aprì le ante del suo guardaroba personale.
<< Vediamo un po’ che cosa mettere oggi >> mormorò, osservando il vestiario a disposizione.
Essendo un uomo d’affari, doveva anche indossare abiti degni di tale professione. Per tale motivo, aveva comprato un’intera azienda tessile specializzata nella creazione di abiti di marca. Passati un paio di minuti, decise di indossare un completo di Armani nero, abbinato ad un’elegante camicia bianca e cravatta rossa, scarpe di camoscio per i piedi e vari accessori da polso.
<< Perfetto come sempre >> commentò soddisfatto, mentre osservava la propria immagine allo specchio.
Il suo momento di autocompiacimento fu interrotto da qualcuno che bussò alla porta.
<< Avanti >> ordinò il biondo, sapendo già di chi si trattasse.
Ellen entrò nella stanza.
<< Signore, è l’ora della riunione >> esordì la segretaria, avvicinandosi a lui.
Il soleano annuì a se stesso.
<< Molto bene >> rispose Vorkye, avviandosi verso l’uscita.
Si fermò di colpo, volgendo una rapida occhiata laterale in direzione dell’assistente.
 << Dimmi un po’, come ti sembro? >>
<< Se devo essere onesta, signore, la preferivo quando era a torso nudo >> fu la sfacciata dichiarazione della donna.
<< Pff... AHAHAHAHAH! Apprezzo la tua sincerità. Potrei anche pensare di ricompensarla >> commentò l’altro, con fare divertito << Ne riparleremo stasera a cena. >>
E, detto questo, uscì dalla  stanza per svolgere la sue attività giornaliere.
  
                                                                                                                                                         * * *
  
<< Uff! >> sospirò Angel mentre camminava per le strade di Londra, il volto adornato da un’espressione sconsolata << Non posso credere che Il compito sia stato rimandato alla settimana prossima. E tutto a causa dei problemi personali del professore >> borbottò stizzito.
Da una parte, era contento di non dover passare il resto della giornata a studiare, ma di contro avrebbe dovuto riorganizzare tutto il suo itinerario.
“Be', se non altro, dopo il lavoro, potrò uscire un po’ con Najimi...”
Con questi pensieri in mente, l’adolescente cominciò a incamminarsi verso il ristorante in cui lavorava part-time come cameriere. Ma quello che vide… lo lasciò senza parole.
Il pub dava direttamente sul marciapiede. All'esterno, sotto una vecchia vite rinsecchita che offriva un'ombra irrisoria, si trovavano tavoli e sedie. Si trattava quindi di un locale per metà all'aperto e per metà al coperto, al quale si accedeva attraverso un muro di prefabbricato.
Davanti all’ingresso, era stato incollato un avviso che ne ordinava il sequestro.
A pochi passi dalla struttura, spiccava la figura di Joe Sims, il vecchio proprietario del locale. Sembrava quasi sull’orlo di un collasso.
<< Signor Sims! >>esclamò Angel, avvicinandosi all’uomo in fretta e furia.
<< Oh. Ciao Angel >> lo salutò il vecchio, senza girarsi per guardarlo << Come puoi vedere, è tutto finito. Tutto finito! >>
Dopo aver pronunciato tali parole, l’uomo crollò in ginocchio.
<< Attento! >> lo avvertì il giovane, balzando in avanti.
Reduce di abili riflessi, afferrò l’uomo prima che potesse cadere e lo aiutò a sedersi. Fatto ciò, afferrò le spalle di Sims, fissandolo dritto negli occhi.
<< Ma perché? Non avevate debiti o altro, me lo avete detto. Ed eravate a posto con le tasse! >>
<< La Bloodbles Corp! >> rispose l’altro, coprendosi il volto con le mani << Mi hanno prelevato il ristorante per demolirlo. Lo sostituiranno con una nuova attività. >> 
Incapace di trattenere le lacrime, il vecchio scoppiò a piangere, suscitando uno sguardo di pura compassione ad opera dell’ex dipendente.
<< Mi dispiace >> sussurrò il rosso, porgendogli un fazzoletto.
Sims lo afferrò di buon grado e lo usò per asciugarsi gli occhi. << Grazie, figliolo. >>
<< Vorrei poter fare qualcosa di più >> continuò Angel, volgendo la propria attenzione nei confronti del ristorante.
L’uomo rilasciò un sospiro sconfitto. << Purtroppo, è così che va il mondo, ragazzo mio. I pesci grandi mangiano i pesci piccoli. Quelli come me e te… non possono fare altro che accettarlo >> borbottò, prima di mettere una mano confortate sulla spalla dell’adolescente.
<< Sei una brava persona, Angel. Non dimenticarlo mai >> dichiarò con un sorriso.
Di fronte a parole tanto gentile, il rosso non potè fare altro che sorridere a sua volta.
<< Siete troppo buono. >>
 
Angel rimase in compagnia del suo vecchio datore di lavoro per qualche altro minuto. Una volta che cominciò a farsi buio, il rosso iniziò a incamminarsi per la sua strada, conscio del fatto che non avrebbe mai più rivisto quell’uomo.
In quel preciso istante, uno dei numerosi schermi presenti lungo la strada si illuminò. Come di consueto, comparve il volto sorridente del Maestro.
Angel lo ignorò. Attualmente, non era in vena di ascoltare i discorsi di un uomo che guardava tutti dall’alto in basso, senza curarsi minimamente di coloro che lo adoravano come se fosse una specie di dio.
E poi… accadde. Si bloccò di colpo.
Il tutto avvenne nella frazione di pochi secondi. Percepì un dolore immenso, un dolore che aveva provato molte altre volte. Era come se la testa stesse per scoppiargli, mentre gli occhi cominciarono a fuoriuscire dalle orbite. Afferrò la parte anteriore del cranio e ne scavò la carne con le unghie. 
Poi, come dal nulla, nella sua mente iniziarono ad ammassarsi una lunga serie di voci e pensieri distorti.
<< Benedici la mia anima, è il Maestro! >>
<< Il nostro Signore è qui! >>
<< Come si può non ammirarlo? >>
<< È un grande. Solo uno stupido non lo ammetterebbe! >>

<< N-No. N-non di nuovo >> sibilò, stringendosi la testa pulsante.
Aveva sviluppato questa capacità in maniera praticamente automatica. Ogni volta che si trovava in una zona circondata da un gran numero di persone, l’adolescente era solito percepire i pensieri e le emozioni di coloro che gli passavano accanto.
Quest’improvviso flusso psichico riusciva sempre a provocargli un dolore immenso. Aveva tentato in tutti i modi di arginare il fenomeno. Consultando libri, facendo ricerche…niente. Era perfino risultato negativo al test cerebrale utilizzato per identificare gli esper.
Ma il peggio doveva ancora venire.
<< Te l’ho detto e ripetuto un milione di volte… puoi risolvere il problema in un modo molto semplice! >> esclamò una voce più forte e profonda delle altre.
Infatti, quei segni annunciavano l’arrivo di qualcosa di molto peggio. Qualcosa che solo lui poteva vedere. Qualcosa… di mostruoso.
Un enorme figura si stagliò davanti a lui, in tutta la sua maestosità. Era alta circa una quindicina di metri.  Aveva un corpo squamoso color blu cielo, con grandi ali piumate che fuoriuscivano dalla schiena. Una lunga coda affusolata ne avvolgeva la parte inferiore del corpo. Occhi rossi come il sangue, adornati da un paio di pupille verdi, scrutavano Angel da capo a piedi.
Un drago. Un drago grande quasi quanto una piccola abitazione.
Il capo era adornato da un paio di corna contornate da anelli dorati. Parevano l’immagine speculare di una corona. L’adolescente notò che sul petto scoperto, la creatura aveva una cicatrice a forma di croce.
Non importa quante volte lo avesse già visto, ogni volta che i suoi occhi si posavano su quella bestia, il cuore cominciava a battergli a mille. Doveva essere l’adrenalina.
Eppure, la presenza di quella creatura non mancava mai di donargli una strana sensazione di fiducia e conforto. Un sentimento quasi contradditorio.
Il drago si porse in avanti.
<< Tu puoi bloccare queste voci, devi semplicemente ordinare loro di andarsene >> sussurrò, utilizzando un tono di voce calmo e pacato.
In tutta risposta, l’adolescente si voltò dall’altra parte e si mise a camminare a passo rapido. 
 << Ehi, non ignorarmi ancora! Andiamo, Angel, non puoi ignorarmi sempre così! >> urlò la bestia, spalancando le ali e cominciando a seguirlo.
Rendendosi conto di essere braccato, il rosso si mise a correre.
<< Lasciami stare! >> gridò, ricevendo espressioni e sguardi di puro sconcerto ad opera dei passanti.

                                                                                                                                              * * *
 
Angel si fermò, dopo aver corso per quasi dieci minuti buoni. Si guardò attorno, con fare frenetico.
Del drago… nessuna traccia.
<< Perché doveva capitare proprio a me ? >> sussurrò, mentre si appoggiava al muro più vicino per prendere fiato.
In quel preciso istante, il corpo dell’adolescente fu percorso da una sensazione mai provata. Sorpreso, il rosso si staccò subito dal muro e si voltò a osservarlo.
All’apparenza, era una comunissima parete delimitante una proprietà privata. Ma la domanda da porsi era quale fosse quella proprietà. Preso dalla curiosità, Angel decise di dare un’occhiata al complesso.
Quella sensazione non era stata qualcosa di negativo . Al contrario, lo aveva incuriosito come non mai e voleva vederci chiaro.
<< Cavoli, mi sto comportando come un bambino >> pensò ad alta voce.
Finalmente, vide il cancelletto che permetteva l’ingresso all’abitazione 
circondata dal verde: vi era un giardino ben curato con tanto di laghetto, carpe e alberi rigogliosi. Si trattava di una casetta in stile orientale di due piani. Le pareti erano fatte di lucido legno, il tetto aveva due tipologie di mattonelle, grigio chiaro sul lato di destro e verde scuro lungo la veranda; l’ingresso era delimitato da una porta rossa. Sul tetto e sopra i cardini erano dipinti dei simboli a forma di luna.
Angel si avvicinò all’ingresso per osservare meglio l’abitazione, ritenendola leggermente fuori posto.
<< Strano, siamo piuttosto lontani da China Town >> borbottò nel pensiero.
 Poi, successe qualcosa di decisamente inaspettato: le sue gambe si mossero contro la sua volontà e cominciarono a trascinarlo verso l’ingresso.
<< E-Ehi, ma che succede!? >>
Colto da un forte spavento, il rosso cercò di tornare sui suoi passi ma si ritrovò incapace di controllare i suoi arti. La sua attenzione fu poi attirata dalla porta, che si aprì di scatto.
Davanti a lui si presentò una coppia di bambine. Quella di sinistra aveva lunghi capelli azzurri che le arrivavano fino a terra, nonostante fossero intrecciati. Indossava una giacchetta marrone completa di piumino. Quella alla sua destra, invece, aveva corti capelli rosa e vestiva in un abito bianco a spolverino. 
<< Benvenuto! >> lo salutarono le due, con un innocente sorriso.

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<< Eh? No, c’è un erro-… >>
Il ragazzo tentò di spiegarsi, ma fu preso per le mani dalla coppia.
 << Un cliente per la padrona! >> dissero allegramente le bambine, mentre lo trascinavano all’interno dell’abitazione.
<< M-Ma che… >>
Angel si ritrovò a corto di parole. Erano piccole, certo, ma avevano una forza decisamente notevole. Tentò di frenare le sue gambe, ma queste non vollero sentire ragioni.
<< Cosa diavolo sta succedendo?! >>
<< Era inevitabile! >> gli rispose una voce femminile, facendolo sobbalzare.
Angel fu condotto davanti a una porta scorrevole, su cui erano state dipinte delle candide farfalle.
<< E lo è anche il fatto che tu sia entrato in questo posto >> continuò la stessa voce, dall’altra parte della porta.
Le due piccole lasciarono andare il rosso e, avvicinatesi alla porta, la aprirono in fretta e furia.
Angel fu investito da una nube di aria calda che, quando si disperse, rivelò l’interno della stanza. Si trattava di un piccolo salotto in legno, adornato da numerose decorazioni di  farfalle lungo le pareti.
La sua attenzione fu però catturata dall’unica persona che si trovava all’interno di quella camera. Comodamente adagiata su un divano rosso… vi era una donna.
Indossava un elegante kimono color cremisi ricamato con diverse decorazioni bianche, che le copriva un abito viola dalla scollatura generosa. Al collo, indossava un ciondolo a forma di luna crescente.
Il volto pallido era incorniciato da lunghi capelli neri, mentre una coppia di pragmatici occhi rossi si fermò a fissarlo. Nella mano destra teneva una lunga pipa, a cui diede una lunga boccata.
Per un istante, Angel la scrutò imbambolato: non era tanto il suo aspetto avvenente che lo aveva colpito, ma gli occhi. Erano simili a quelli della sua defunta madre. Colei che aveva visto in sogno più volte di quanto potesse ricordare.
<< Inevitabile? >> domandò l’adolescente, riprendendosi dal torpore << Ma io non sono un cliente! Stavo correndo e, per recuperare fiato, mi sono appoggiato al muro qua fuori e ho… sentito qualcosa di strano e poi… e poi le mie gambe hanno iniziato a muoversi da sole! >>
Rendendosi conto di quanto la sua affermazione suonasse ridicola, tentò di giustificarsi.
<< Sì, lo so che suona strano, ma… >>
<< Perché il muro è incantato >> ribatté la mora, che lo aveva osservato per tutto il tempo con un sorriso misto tra il divertito e il misterioso.
L’adolescente inarcò un sopracciglio. Magia… ovviamente, pensò stizzito.
<< Ah… capisco. Be', con permesso, ora me ne vado... >>
<< Aspetta! >> lo interruppe l’altra, fissandolo dritto negli occhi << Tira fuori quello che hai in tasca >> ordinò, porgendo la mano destra in avanti.
<< Perché, scusi? >> domandò Angel, visibilmente confuso da quell’insolita richiesta.
<< Dai, sbrigati >> gli disse lei, con tono tranquillo e pacato.
<< V-va bene >> balbettò il rosso, tirando fuori un vecchio orologio da taschino.
Senza dargli il tempo di chiedere ulteriori chiarimenti, la mora afferrò l’oggetto e cominciò a ispezionarlo.
<< Come ti chiami? >> domandò di punto in bianco, sorprendendo lo stesso giovane.
 << Eh? Oh, mi chiamo Angel. Angel Arthur Hikaru >> le rispose lui, senza pensarci troppo.
La donna arricciò ambe le labbra in un sorriso consapevole.
<< Angel come l'angelo, il messaggero di Dio. Arthur come Artù, il grande re di queste terre, e Hikaru, che in giapponese significa "luce". Un nome molto particolare, per un inglese >> commentò la mora, mentre apriva l’orologio.
Notò subito la  foto che faceva da sfondo all’intero, raffigurante il ragazzo da piccolo con i suoi genitori.
 <<  Questo sei tu? Eri davvero adorabile >> ridacchiò, ricevendo un rossore imbarazzato ad opera dell'altro. 
<< Ehm... grazie. Sono un italo-scozzese, in realtà. Ma i medici dell’ospedale mi hanno detto che ho un po’ di sangue giapponese in corpo. >>
<< Medici? >>
<< Lunga storia >> sospirò il giovane, liquidando la domanda con un gesto prezzante della mano.
In tutta risposta, la mora si limitò a fissarlo, il volto adornato da un’espressione incuriosita.
<< E quand’è il tuo compleanno? >> gli chiese, tonando ad osservare la foto.
Angel inclinò leggermente la testa. << Ehm… il primo di giugno >>
<< Ma dai, riveli il tuo vero nome e il tuo compleanno a una perfetta sconosciuta? Non sei saggio! >> commentò la donna, visibilmente divertita.
L’adolescente trasalì d’istinto.
<< M-ma siete stata voi a chiedermelo! >> protestò, mentre la coppia di bambine cominciò a danzare attorno a lui.
<< Rivelando il tuo nome a qualcuno… concedi a quella persona una parte della tua anima >> gli rispose la mora ,mentre si riempì la pipa con quello che sembrava del tabacco << Mentre la data di nascita equivale a far conoscere agli altri il tuo passato e il tuo futuro. >>
Angel la fissò con uno sguardo vuoto. << Ehm…ok. Se posso chiede-…>>
<< Vuoi sapere il mio nome, non è vero? >> lo anticipò la misteriosa donna.
Il volto dell’adolescente si fece rosso quasi quanto i suoi capelli.
<< N-no, no, non intendevo quello! >> balbettò, agitando ambe le braccia.
La sconosciuta ridacchiò divertita.
<< Va tutto bene, non è certo un problema. Mi chiamo
Yūko Ichihara. Ovviamente, è un nome falso! >> esclamò, suscitando una vena pulsante sulla fronte del ragazzo.
“Questa donna è fuori di testa” pensò stizzito.
Rilasciando un sospiro sconfitto, volse la propria attenzione nei confronti delle bambine. << Visto che ci siamo, sentiamo anche i vostri nomi. >> 
In tutta risposta,
Yūko 
indicò quella con i capelli azzurri.
<< Lei è Maru! Lei invece è Moru! >> continuò, indicando
quella con i capelli rosa << I loro nomi interi sono Marudashi e Morodashi. Non sono adorabili? >> domandò con fare retorico.
Il sopracciglio destro di Angel cominciò a contrarsi. << Se lo dite voi. Ora, per favore, restituitemi l’orologio. >>
<< Te ne vai? >> gli chiesero le due piccole, cimentandosi in un broncio adorabile.
Quasi come ad un segnale, la porta scorrevole si chiuse dietro di lui, lasciandolo senza parole.
<< Te l’ho detto, era inevitabile! >> gli disse Yūko
, apparentemente imperturbata dalla reazione dell’adolescente << In questo universo non esistono le coincidenze, ma solo l’inevitabile! >>
<<  …E va bene >> mormorò il ragazzo, sedendosi a gambe incrociate proprio di fronte a lei << Che cosa c’è di inevitabile? >> domandò con tono annoiato.
<< Sei ancora scettico? >> gli chiese la mora, mentre Maru e Moru le portavano una bacinella ricolma d’acqua.
Angel si strinse nelle spalle. << Mi concedo il lusso di avere il beneficio del dubbio >> fu la sua risposta.
<< Capisco >> commentò Yūko
, osservandolo con divertimento. 
Si alzò e mise una tavoletta di legno in mezzo alla bacinella , per poi iniziare a ripetere il nome del ragazzo. Come a rispondere alle sue parole, la tavoletta iniziò lentamente a girare.
<< Il luogo in cui vivi e quello in cui sei nato… non sono gli stessi >> sussurrò, ricevendo un’espressione di puro sconcerto ad opera del rosso.
La tavoletta iniziò a vorticare più velocemente e l’atmosfera del negozio si fece improvvisamente più pesante.
<< Adesso… anzi, sin da piccolo… hai avuto diverse preoccupazioni. Sia perché soffri di amnesia, sia per il soprannaturale al quale sei legato! >> dichiarò Yūko
, con fare consapevole.
I capelli della donna iniziarono a fluttuare, come avessero vita propria. Fissò l’interlocutore dritto negli occhi.
<< Tu vedi lo spirito di una grande bestia….e puoi sentire i pensieri di coloro che ti circondano. Dico bene? >> domandò con tono colmo d’anticipazione.
Angel deglutì a fatica. << Come… come fa a saperlo? >>
<< Ovvio, perché mi hai detto il tuo nome e la tua data di nascita >> gli rispose Yūko 
<< Una volta apprese tali informazioni, non è difficile valutare l’anima di una persona. >>
<< C-Capisco >> borbottò il rosso, osservando il suo riflesso nell’acqua della ciotola.
Soddisfatta dalla reazione dell’adolescente, la donna volse al ragazzo un sorriso compiaciuto. << Adesso il tuo orologio è mio, okay? >>
<< C-cosa!? Ma perché!? >> esclamò Angel, visibilmente adirato e contrariato.
<< Ovvio, è il tuo pagamento! >> ribatté la mora, riponendo l’oggetto all’interno di una scatola << Per ogni cosa ricevuta bisogna versare un equo pagamento. È sbagliato pagare troppo, come lo è anche pagare troppo poco. Il prezzo deve essere ragionevole, equo e bilanciato! >>
Volse la propria attenzione nei confronti del ragazzo.
<< Se così non fosse, si rischierebbe di provocare dei danni molto seri. >>
<<  Danni? A cosa? >>domandò Angel, la cui gola cominciò a farsi sempre più secca.

Yūko ridacchiò divertita.
<< Al corpo terreno. Al destino astrale. All’anima del cielo! >> elencò lei, utilizzando parole pragmatiche e ricche di misticismo.
<< Sì, ma io non ho chiesto nulla e non ho ricevuto nulla! >> protestò Angel, puntando un dito in direzione della mora.
Quest’ultima si limitò a sventolare le sue preoccupazioni. << Ma certo che lo hai fatto. Volevi una dimostrazione delle mie capacità, dico bene? >>
Porse il cofanetto nella mani di Moru e disse: << Mettetelo via, per favore. >>
<< E-ehi! Almeno ridatemi la foto! >> esclamò il giovane, facendo un passo in avanti.
Yuko sembrò prendere in considerazione la richiesta del “cliente". Dopo circa un paio di secondi, estrasse la foto dall’oggetto e la porse ad Angel.
<< Tieni! >> esclamò con un sorriso << Questa foto va ben oltre il costo pattuito. Non ha un equivalente! >>
<< Grazie >> borbottò l’altro, osservando l’immagine con un’espressione quasi nostalgica.
Arricciò ambe le labbra in un sorriso triste. << Eh… non mi sbagliavo. Siete molto simili. >>
<< Di che parli? >> gli chiese la mora, con una certa curiosità.
<< I vostri occhi. Sono identici a quelli di mia madre >> le rispose Angel << A causa dell’amnesia, non ricordo molto dei miei genitori. Ma gli occhi di mia madre… quelli mi sono sempre rimasti impressi. Rossi come rubini, capaci di guardare oltre le apparenze. >>
<< Capisco. Un ragionamento interessante >> commentò la donna, tirando una boccata dalla pipa. << Perciò… mi hai scambiato per tua madre! >> continuò con tono canzonatorio.
L’adolescente arrossì una terza volta. << M-ma figuratevi! Avete solo gli stessi occhi, niente di più! Cavoli, questo posto è un manicomio. >>
<< In realtà, è un negozio >> lo corresse
Yūko, continuando a fumare la sua pipa << Ed è specializzato nell’esaudire i desideri. >>
<< Esaudiremo i tuoi desideri! >> dissero in coro Maru e Moru, dall’altra parte della stanza << Se c’è una cosa che la padrona può fare è esaudire i desideri! >>
<< In cambio… >>
Yūko tirò un’altra boccata dalla sua pipa e la rilasciò in faccia al rosso << Riceverò un pagamento! Uno di pari valore, sia chiaro. Potrei anche chiedere la tua stessa anima! >>
<< La mia anima? Nel senso che mi uccideresti? >> domandò Angel, atterrito.
La donna si cimentò in una sonora risata. << Non ucciderei per nessun motivo! Privare qualcuno della vita equivale a un carico troppo rischioso. Comporterebbe un peso enorme! >> fu la sua criptica risposta.
<< Quindi, quando parlate di anima… a cosa vi riferite? >> le chiese il rosso, decisamente più tranquillo.

Yūko si strinse nelle spalle. << Con anima ci si può riferire anche a qualcosa che è molto prezioso per qualcuno. Per realizzare un desiderio di grande valore mi deve essere dato qualcosa di altrettanto importante. È così che funziona questo negozio >> lo informò con tono pratico.
Fissò l’adolescente con quegli occhi rossi e intelligenti.
<< Dunque, dimmi: che cosa desideri? >> domandò attraverso uno sbuffo di fumo << Vuoi che ti aiuti a fermare le voci? Vuoi liberarti dall’ombra di quella bestia ? O forse... vuoi recuperare la memoria? >>
Quell’ultimo frangente di domanda fece rabbrividire il giovane. Esitante, incontrò lo sguardo della donna.
<< Può… può realizzare per davvero un simile desiderio? >>
<< Posso farlo! >> esclamò l’altra, ricevendo cenni d’assenso ad opera di Maru e Moru.
<< Se la padrona dice che può farlo… >>
<< Allora lo farà! >> dissero all’unisono.
Angel rimase fermo e immobile, contemplando quell’affermazione con un pizzico di sale. Poteva davvero essere così semplice? Tutte le risposte alle sue domande… erano sempre state lì? Sembrava troppo bello, per essere vero.
<< …Va bene, ho il mio desiderio >> sussurrò, rompendo il silenzio che aleggiava per la camera.

Yūko si porse in avanti, gli occhi adornati da un luccichio malizioso.
Angel prese un respiro profondo e disse: << Non nego che ci sono volte in cui vorrei che le voci e il drago sparissero, ma… dentro di me… c’è qualcosa che mi dice che non è quello che voglio davvero. In realtà… c’è qualcosa che non mi ha mai convinto: quello che ho attorno. >>
<< Davvero? E che cosa ci sarebbe di strano in quello che hai intorno? >> gli chiese Ichihara, con un certo interesse.
<< Ogni cosa! >> esclamò il rosso, portandosi le mani alla testa << Ogni giorno mi alzo normalmente, ma ho come la sensazione che ciò che guardo fuori dalla finestra… non è il mondo che conosco. A volte, penso che nemmeno i miei ricordi siano reali. Lo penso sempre, ma poi la ragione mi dice che sto sbagliando, che sono solo i  deliri di un adolescente, io… non so cosa pensare! Tuttavia… non c’è solo la ragione a guidare una persona. Voglio solo sapere la verità! >>
<< E tu vorresti chiedermi un desiderio così indefinito? Per di più, stai dicendo queste cose ad una perfetta sconosciuta. Perché? >> domandò la mora, cimentandosi in un sorriso divertito..
<< Perché mi fido delle mie sensazioni >> ribatté l’altro, con tono fermo e deciso << E queste mi dicono che posso fidarmi di lei.  >>
<< Che adulatore! >> esclamò lei, il volto adornato da un’espressione birichina. << Molto bene, esaudirò il tuo desiderio. Ora, veniamo al pagamento! >> esclamò, ricevendo un sospiro sconsolato da parte dell’interlocutore.
<< Fammi indovinare… vuoi questa foto, non è vero? >>
<< Oh no. Il  valore di quell’immagine è ben superiore a quello tuo desiderio! Vediamo, fammi pensare >> borbottò la donna, picchiettandosi il mento.
Dopo circa una decina d secondi, schioccò le dita.
<< Ci sono! Lavorerai qui >> dichiarò come un dato di fatto.
Angel si limitò a fissarla con fare incredulo. << Cosa? Volete che lavori part-time per voi? >>
<< Esatto. Sarà questo il tuo pagamento. Lavorerai qui fino a quando il prezzo non sarà equivalente. Dopo di che, esaudirò il tuo desiderio. >>
<< Lavorerai qui! >> esclamarono Maru e Moru,saltellando allegramente attorno alla figura dell’adolescente.
<< Ora che ci penso, è da tanto tempo che non assumo qualcuno. Che ne dici di fare un piccolo party per festeggiare l’evento? >> domandò
Yūko, con una punta di divertimento.
Angel deglutì a fatica. << Ehm… non è necessario, dico davvero. >>
<< Per fare un party ci serviranno del buon sakè e del pesce di qualità >> continuò l’altra, ignorando le proteste del giovane << Oh, e serve anche un buon compagno di bevute! >> esclamò, puntando un dito in direzione del rosso << Ora, in quanto tuo nuovo capo, ecco la tua prima commissione: vai nel magazzino e porta qui il mio compagno di bevute >> ordinò, ricevendo un espressione visibilmente confusa da parte del ragazzo.
<< Eh? Nel magazzino? >> 
 
                                                                                                                                                  * * *
 
Seguendo le indicazioni di
Yūko, Angel scese nel magazzino sottostante il negozio. Era un corridoio lungo quanto la casa, tutto in penombra. Al rosso ci volle poco per abituarsi alla luce fioca.
Una cosa che notò furono i numerosi oggetti che vi erano conservati con cura: ognuno di loro rappresentava un pagamento per un desiderio espresso da una persona.
Per un attimo, il ragazzo si chiese quante persone avevano deciso di rinunciare a qualcosa di prezioso, al fine di veder realizzato un loro desiderio.
<< C’è nessuno? >> chiamò Angel, ma non ricevette alcuna risposta.
 "Possibile che qualcuno abbia deciso di abitare proprio qui sotto?” si chiese dubbioso.
Ma non ebbe il tempo di chiedersi altro poiché, a causa della penombra, mise il piede in fallo e perse l’equilibrio. Per istinto, afferrò una mensola su cui erano stati riposti diversi scatoloni, ma questa non resse e il ragazzo cadde in avanti. Centinaia di oggetti fuoriuscirono dai contenitori, a causa del contraccolpo.
Per fortuna, il rosso non si ruppe nulla. A rigor di ciò, qualcosa gli cadde in testa, provocandogli un certo dolore.
L’adolescente raccolse l’oggetto in questione.
<< Eh? Un animaletto di pezza? >>

Infatti, la cosa che lo aveva colpito non era altro che un curioso animaletto di pezza tutto nero, tondo come una piccola polpetta, con lunghe orecchie e una gemma azzurra sulla fronte. Sull’orecchio sinistro, portava un piccolo orecchino.

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Poi accadde qualcosa di decisamente impensabile. La curiosa polpetta nera aprì di colpo gli occhi, facendo quello che poteva quasi definirsi uno sbadiglio.
<< Ha parlato? >> si domandò il ragazzo ad alta voce.
<< Più o meno! >> gli rispose l’animaletto, sorridendo consapevolmente.
<< Non ci sono dubbi! >> esclamò il rosso, fissando la creatura con fare scioccato.
Il buffo coniglietto ridacchiò.  
<< Bel commento >> ribatté allegramente.
<< Incredibile >> borbottò Angel, pizzicandogli una guancia << Scommetto che sei tu il compagno di bevute della signorina
Yūko. >>
<< Indovinato! Io sono Mokona, e sono un animagico >> gli confermò l’esserino, presentandosi con un rapido inchino.
<< Ehm, Piacere di conoscerti, io sono Angel. Sono il nuovo assis-… >>
Tuttavia, poco prima che il rosso potesse completare la presentazione, qualcos’altro gli cadde sulla testa. L’adolescente afferrò l’oggetto.
 << Ma che dia-… un cappello di paglia? >>
In effetti, ciò che il ragazzo aveva tra le mani era proprio un cappello concavo realizzato con della paglia, attorno al quale era stato dipinto un nastro rosso. Doveva essere uscito da uno degli scatoloni.
Come dal nulla, un lampo di luce attraversò la visione del ragazzo, seguito da una voce femminile.
<< Quando ti sentirai triste, premilo stretto e chiudi gli occhi. Vedrai che i sentimenti di coloro che l’hanno indossato ti sapranno dare conforto! >>
<< Che ti prende? >> domandò Mokona, arricciando il volto in un’espressione curiosa.
Il rosso non gli rispose. Si limitò a indossare nuovamente quel buffo capello e a chiudere gli occhi.
All’inizio, pensò che non avrebbe visto nulla. Poi… accadde.
In un attimo, la sua mente fu invasa da immagini di luoghi, persone e avventure di cui non aveva nemmeno sospettato l’esistenza. Vide uomini dal solare sorriso alzare le mani verso un infinito orizzonte e gridare all’avventura insieme ai loro compagni. Ne percepì i sentimenti e le forti emozioni, le gioie e i dolori.
Davanti a loro c’era sempre un vasto oceano, abbracciato da un limpido cielo che si estendeva verso l’infinito. E poi, vide un bambino dai rossi capelli e dai luminosi occhi verdi, che osservava incantato quel paesaggio, mentre era tra le braccia di un uomo che volava sospeso nel vuoto…
<< Ehi! >>
Angel aprì gli occhi incredulo e fissò il cappello. Aveva visto per davvero quelle immagini? O erano state solo frutto della sua immaginazione? No. Erano troppo reali, calde e vivide. Che diamine?!
<< Ehi, ehi. Guarda che non puoi prendere un oggetto senza il permesso di
Yūko, lo sai? >> lo riprese la Mokona, saltandogli sulla spalla.
<< E se glielo chiedessi? >> domandò il rosso, per poi avviarsi verso l’uscita.
 
Una volta tornati nella stanza principale della magione, l’animagico si lanciò sulla figura di
Yūko.
 << Mokona, hai dormito bene? >> domandò questa, mentre lo teneva in braccio.
<< Yawn! Benissimo >> le rispose la creatura, stiracchiandosi contro il petto della donna.
Angel lo fissò con fare scettico. << Hai dormito per davvero in un posto del genere? >>
<< Sì, per tre anni >> gli rispose l’animaletto, sorprendendo il ragazzo.
“Tre anni ?! Ma che…”
<< Ah,
Yūko, Angel vorrebbe chiederti se può tenere questo con sé! >> continuò Mokona, interrompendo i pensieri del rosso.
Indicò il cappello che l’adolescente teneva tra le mani.
<< Ma tu guarda! >> commentò la mora, osservando il buffo accessorio << Mi ero quasi dimenticata di avere quell’affare. Perché lo vuoi? >> 
Per un attimo, Angel si ritrovò incapace di rispondere. Perché voleva quell’affare? Lo aveva indossato senza pensarci, quasi come se quell’azione fosse stata radicata in lui.
Deglutendo a fatica, sussurrò: << Perché… perché sento che è mio. >>
<< Davvero? Ne sei sicuro? >> mormorò l’altra, assaporando un po’ di tabacco.
L’adolescente scosse prontamente la testa, nel tentativo di schiarirsi le idee.
 << Io… so che sembra strano. È la prima volta che lo vedo, eppure… mi sembra familiare, come se lo avessi posseduto da bambino. >>
<< Che risposta criptica >> commentò Mokona, saltando sulla sua spalla del rosso e tirandogli la guancia.

Yūko si portò una mano al mento, apparentemente sovrappensiero. Dopo quasi un minuto buono, esclamò: << Era inevitabile! >>
Volse la propria attenzione nei confronti del rosso.
<< Va bene, il cappello è tuo, ma dovrai darmi un pagamento di pari valore. Il tuo portachiavi! >> ordinò, porgendo la mano destra in avanti.
Angel inarcò un sopracciglio, leggermente confuso dalla richiesta.
<<  Cosa? Vuoi solo questo? >> domandò, estraendo dalla tasca un portachiavi a forma di gattino cui erano state attaccate le chiavi dell’appartamento.

Yūko annuì in assenso. << Esattamente. >>
<< Ehm… okay. Prendilo pure >> borbottò il rosso, staccando le chiavi e posando il gattino nella mano della commerciante.
La donna ridacchiò soddisfatta.
<< Ottimo. Ed ora, facciamo un trucchetto di magia! >>
Detto questo, schioccò le dita. Per un attimo, non accadde nulla. Poi, appena pochi secondi dopo, il cappello di paglia si ridusse in dimensioni, diventando grande quanto il portachiavi che era stato appena usato per “comprarlo”.
Angel fissò il tutto con fare incredulo.
Afferrò l’oggetto e gridò: << Ma che… perché l’hai fatto?! >>
<< Quando capirai il motivo, potrai indossarlo di nuovo >> gli rispose la mora, con un sorrisino divertito<< Mokona, da oggi Angel lavorerà per noi. Festeggeremo facendo un bel party! >>
<< Evvai, si fa un party! >> esultò l’animaletto, saltellando allegramente.
“Che strana coppia” pensò il rosso, lo sguardo ancora fisso sul suo nuovo portachiavi.

Yūko battè ambe le mani in un rapido rintocco. << Su su, voi due, andate a fare la spesa per il party >> ordinò con fare giocoso.
L’occhio del suo nuovo impiegato cominciò a contrarsi pericolosamente. << Cioè… è un party in mio onore… e devo pure andare a fare la spesa? >>
<< Sì! Andiamo >> lo intimò Mokona, saltandogli sulla spalla sinistra.
Angel, tuttavia, non si mosse, rimanendo piantato a terra. Notando l’esitazione del ragazzo, la maga tentò di rassicurarlo.
<< Non preoccuparti. Una volta tornati, ti restituirò tutti i soldi spesi per le commissioni. >>
<< …Va bene >> sospirò Angel, visibilmente sconsolato.
Pochi secondi dopo, uscì dal negozio, accompagnato dalla creatura.
<< Torna presto! >> lo salutarono Maru e Moru, con un allegro sorriso.
L’unica che rimase in silenzio fu
Yūko
, che lo fissò fino a quando non ebbe svotato l’angolo. Poi i suoi occhi rossi si incrociarono con quelli di una misteriosa figura dall’altra parte della strada, nascosta tra le ombre del villeggiato.
Najimi Ajimu ricambiò lo sguardo, arricciando ambe le labbra in un sorriso complice.  
<< Spero che tu sappia ciò che stai facendo >> sussurrò una voce profonda, alle spalle della giovane donna.  
Come dal nulla, la figura di un enorme drago blu si materializzò al suo fianco.
<< Fidati, è la scelta migliore >> rispose la castana, il volto adornato da un cipiglio triste.
<< Me lo auguro >> borbottò la bestia << Se il Maestro dovesse scoprire dove si trova… >>
<< Non lo farà >> lo interruppe Najimi << Credimi... me ne assicurerò. >>



Personaggi 

Angel Arthur Hikaru
Opera: OC (Original Character)
Immagine: https://static.zerochan.net/Tachibana.Lind.full.1930396.jpg
Soundtrack: https://www.youtube.com/watch?v=f5DVa5iYgSY&feature=youtu.be
Autore: Nick Nibbio

 
Vorkye Bloodbless
Opera: OC (Original Character)
Immagine: https://static.zerochan.net/Gilgamesh.full.1993656.jpg
Soundtrack: https://www.youtube.com/watch?v=DelhLppPSxY&feature=youtu.be
Autore: Nick Nibbio

 

Yūko Ichihara
Opera: xxxHOLiC
Video Tribute: https://www.youtube.com/watch?v=LH2m5tStdZg&feature=youtu.be
Soundtrack: https://www.youtube.com/watch?v=EUPxfMTnFeg&feature=youtu.be
Autore: Nick Nibbio

 
Najimi Ajimu
Opera: Medaka Box
Immagine : http://pm1.narvii.com/6414/72789fdffdac64250999dac7a4396c981183794d_hq.jpg
Soundtrack: https://www.youtube.com/watch?v=EfmsfcvkWDA&feature=youtu.be
Autore: Nick Nibbio
 
L’aspetto del misterioso drago blu è questo:

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Il demone che ha distrutto la casa di Gilgamesh comparirà in seguito, e avrà un ruolo importante. Vi avvertiamo già che non si tratta di un OC. Anche la madre di Angel non è un OC.
I resto dei personaggi sono stati gestiti da Evil Ulquiorra.
  
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