Jezebeth Flint & Willow Booth
1977
Entrarono
al San Mungo a passo di carica, finendo quasi con il
travolgere il Medimago che si stava affaccendando per unirsi ai suoi
colleghi e
soccorrere i feriti.
Jezebeth
l’afferrò per un braccio, accennando alla compagna
dal volto pallido e l’aria palesemente scossa.
-
Ci hanno chiamate dicendo che suo fratello e sua cognata
sono stati portati qui. –
-
Fanno parte delle vittime dell’attacco dei Mangiamorte?
–
Annuì.
-
Sono Auror. –
Il
Medimago le osservò per qualche secondo, come se stesse
cercando di confrontare il volto di Willow con quello delle decine di
vittime
che erano passate lì dentro nell’ultima
mezz’ora.
-
Forse ho capito di chi si tratta -, scorse la cartellina, -
Mason Booth e sua moglie? –
-
Sì – confermò Willow, la voce bassa e
sottile come molto di
rado era capitato nel corso degli anni in cui Jez aveva avuto modo di
conoscerla.
L’impulso
di abbracciarla e tenerla stretta a sé era
fortissimo, ma non sapeva se in quella particolare situazione fosse il
caso.
Un
abbraccio avrebbe significato che ci fosse qualcosa di
grave e lei non voleva pensare a quell’evenienza.
Voleva
essere ottimista, una volta tanto, e sperare che il
danno maggiore che Mason avesse riportato fosse qualche ferita
superficiale.
Ma
il volto del Medimago non prometteva nulla di buono.
Prese
leggermente Willow per un braccio, facendola spostare
quando una barella passò a velocità folle, poi
replicò: - Sono addolorato,
signorina Booth, ma suo fratello è arrivato al San Mungo in
fin di vita … è
morto prima ancora che i Medimaghi potessero intervenire. Quanto a sua
cognata …
sembrava che stesse reagendo bene alle cure, ma si è spenta
poco fa. –
Gli
occhi di Willow si riempirono di lacrime all’istante, che
corsero copiose lungo le guance rosee.
Sentì
con vaga consapevolezza le braccia di Jezebeth che si
chiudevano attorno a lei, stringendola con vigore, e la portavano via
da quel
corridoio. Incrociò lo sguardo della fidanzata, scorgendo
forse per la prima
volta delle lacrime nelle iridi brucianti della donna.
Fu
allora che un pensiero l’assalì.
-
Polaris. –
Sua
nipote, di appena un anno, era rimasta a casa con gli zii
e i cugini durante quella folle notte ma non avrebbe potuto rimanere
lì per
sempre.
-
Di Polaris ce ne occuperemo noi – replicò
all’istante
Jezebeth, sorprendendola.
Da
tempo aveva fatto l’abitudine all’idea che non
avrebbero
mai avuto dei bambini che correvano in giro per la loro casa e aveva a
lungo
creduto che Jezebeth non fosse affatto dispiaciuta dalla cosa, ma in
quel
momento la proposta le era sorta naturale come se ci avesse pensato fin
dal
primo istante in cui avevano saputo della tragedia.
-
Ne sei sicura? –
Annuì.
– Mason avrebbe voluto che crescesse con noi se gli
fosse capitato qualcosa. –
La
strinse nuovamente a sé, con più vigore, posando
il capo
sulla sua spalla.
Era
vero.
Se
suo fratello avesse potuto farlo, in quel momento avrebbe
detto che spettava a lei crescere Polaris.
Polaris Booth – 1976, Grifondoro
1981
Timoty
le rivolse un’occhiata divertita mentre si dirigevano
verso il refettorio dell’Accademia.
-
Pensavo avessi detto che ne avevi abbastanza di addestrare
novellini. –
-
Il lavoro d’ufficio mi annoia e almeno qui riesco a trovare
qualche minuto per dormire – replicò Jezebeth,
soffocando uno sbadiglio mentre
si allungava ad afferrare la tazza di caffè bollente.
-
Polaris? –
-
Già. Ha ancora la febbre e non riesce a dormire bene la
notte. –
-
Quindi il ruolo d’infermiera spetta a Willow? –
Soffocò
l’ennesimo sbadiglio.
-
In realtà ce lo alterniamo, ma lo sai che se non dormo per
quelle sette o otto ore filate non carburo. –
Timoty
ridacchiò.
-
Sì, ho una certa esperienza a riguardo … per
esempio il mese
scorso. –
-
Per l’ennesima volta, Tim, non l’ho fatto apposta.
–
-
Vallo a dire al mio mantello, quelle macchie ancora non se
ne sono andate. –
Jezebeth
roteò gli occhi al cielo, per poi minacciare: -
Ringrazia che non siano macchie di sangue, anche se non escludo che
possano
aggiungersi a quelle già presenti. –
Il
collega tuttavia si limitò a inarcare un sopracciglio,
sorridendo beffardo.
-
Lo sai che le tue minacce hanno perso di credibilità dopo
che ti ho vista giocare con le bambole con una bambina di cinque anni,
vero? –
Dannazione
a Willow e a quando aveva avuto la brillante idea
di invitare i loro colleghi a cena a casa loro.
1987
Jezebeth
cadde dalla sedia, battendo violentemente contro il
pavimento in marmo della cucina.
-
Che succede? –
Mantenendo
il silenzio, l’ex Serpeverde porse la lettera alla
compagna.
Willow
la scorse rapidamente, sorridendo quando si soffermò
sulla Casa in cui era stata Smistata Polaris.
-
Te l’avevo detto che non era come te. –
-
Se è per questo non è nemmeno finita in
Tassorosso come te –
replicò, trovando improvvisamente di nuovo la voce.
-
Già, ma Grifondoro mi sembra la scelta più
adatta. –
-
Ah, che fitta al cuore! Non dire mai più una cosa del
genere! –
-
Jez, non credi di stare esagerando? –
-
Per nulla. Devo parlare con Silente, quel Cappello si è
fatto decisamente un goccio di troppo. –
Willow
alzò gli occhi al cielo mentre la osservava prendere
pergamena e piuma e scrivere chissà quale lettera minatoria
indirizzata all’anziano
preside e al magico strumento.
-
E io che ho sempre pensato che fossero gli uomini quelli
ridicoli e fissati con queste cose. –
-
Io sono una fiera Serpeverde, permetti che mi senta
leggermente scossa dopo aver appreso una notizia del genere? –
-
Certo, certo … ma adesso calmati o finirai con
l’avere un
infarto. –
-
Mi calmerò solo dopo aver spedito questa lettera. –
L’ex
Tassorosso decise saggiamente di lasciar perdere la cosa
e non trascinare oltre la discussione.
Era
abbastanza certa che Silente, conoscendola, si aspettasse
già una lettera di quel tipo.
1994
-
Tu cosa? – ripetè incredula Jezebeth.
-
Ho detto che voglio provare a entrare all’Accademia
– ripetè
imperturbabile Polaris.
-
Hai preso un Bolide in testa di recente? –
-
Ah ah ah … che simpatica. –
-
Will, lo sta facendo di nuovo – urlò allora la
donna,
rivolgendosi verso la porta della cucina, dove la compagna era sparita
non
appena la nipote aveva fatto presente la cosa.
-
Polly, smettila di rispondere a tua zia! –
-
Lo farò solo quando dirà che posso fare domanda
per l’Accademia
– rilanciò la diciottenne, incrociando le braccia
al petto e fissandola dritta
negli occhi con aria di sfida.
Maledicendo
silenziosamente Godric Grifondoro e tutta quella
stirpe di insopportabili ostinati testoni che avevano seguito le sue
orme,
Jezebeth alzò gli occhi al cielo.
-
Perché vuoi farlo? –
-
Tu e zia Willow siete Auror, perché non posso esserlo anche
io? – rilanciò.
-
D’accordo -, alzò le mani in segno di resa, - ma
sia chiaro
che non cercherò di avvantaggiarti in alcun modo nel
processo di selezione. –
-
Bene, perché è già abbastanza
imbarazzante essere la
figlioccia della responsabile dell’Accademia Auror.
–
-
Che cosa?! –
Polaris
si affrettò a modificare la sua affermazione.
-
Intendevo dire che è imbarazzante perché
penseranno già tutti
che io sia raccomandata. –
-
D’accordo, puoi provarci – cedette.
-
Mi renderai l’Accademia un inferno, vero? –
Il
sorriso sul volto della donna si allargò.
-
Ci puoi giurare. –
-
Zia Will, lo sta facendo di nuovo! –
Willow
sorrise mentre controllava che il roastbeef cuocesse a
dovere.
Quelle
due erano fin troppo simili.
-
Jez, smettila di battibeccare con tua nipote! –
Spazio
autrice:
Salve!
Eccoci
qui anche con l’OS dedicata alla Willbeth.
Come sempre mi sono divertita tantissimo a scrivere di loro e spero che
l’OS
sia piaciuta anche a voi. A presto con quella dedicata a Sarah e
successivamente alla coppia d’amici formata da Uriel e
Andrew.
Stay
tuned.
XO
XO,
Mary