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Autore: VeganWanderingWolf    28/01/2018    0 recensioni
questa è la seconda storia della serie '4 di picche' - Vero che Danny si aspettava di poter rivedere qualcuno dei “colleghi” dei 4 di picche, ma forse non così presto e in una situazione tanto potenzialmente grave. Non solo. Dal suo passato rispunta una vecchia conoscenza che sa essere tutt’altro che innocua. E per finire, sembra che la sua vecchia conoscenza abbia individuato con precisione uno dei suoi punti deboli per eccellenza… e che sia ad un passo dall’affondarci le zanne…
Genere: Comico, Mistero, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie '4 di picche'
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Capitolo 43

(Beyond and Momentum)

 

Una pausa inattesamente un poco più lunga del dovuto si aprì di colpo, nel bel mezzo dello scontro tra i due mezzi lupi che da lunghi minuti – passati come se fossero una sparsa e disordinata pioggia di scheggiati frammenti di scatti e morsi dilanianti la carne – si stavano battagliando senza alcuno spazio per la pietà o l’esitazione, in mezzo ad una strada di Tairans semi-affondata nella relativa oscurità della notte.

Nell’aria relativamente appesantita dal calore estivo, Danny si concesse il tempo di prendere lunghi respiri a muso semi-aperto, riprendendo un poco fiato. Metri più in là, Mara lo fronteggiava, tenendogli incollato addosso uno sguardo la cui intensità andava ben oltre il semplice tenere d’occhio il proprio avversario durante uno scontro.

Lo sguardo della mezza lupa era addensato in un livore così profondo, che Danny seppe senza ombra di dubbio alcuno che lei era giunta all’apice del suo odio e della sua furia. E ora che stavano prendendo qualche istante di pausa dall’incessante avvicendarsi di scattanti affondi e ritirate della lotta vera e propria, sapeva anche bene che lei per prima lo avrebbe ora chiaramente realizzato: a che punto di massima intenzione e determinazione era arrivata la sua volontà di ucciderlo il prima possibile.

Ma per raggiungere tale scopo, le era necessario riuscire a batterlo. E per qualche motivo sembrava che entrambi avessero inspiegabilmente dimenticato quel determinante particolare fino a poco prima, quando mano a mano che lo scontro si prolungava erano stati costretti a ricordarselo molto bene.

Danny si ritrovò a fare un’automatica registrazione sommaria dello stato in cui erano ridotti ora entrambi: i corpi percorsi da diverse ferite da morso, alcune più superficiali ma altre così profonde e dilanianti che sanguinavano abbastanza copiosamente.

Lui poteva sentire il peso di quelle ferite così chiaramente, ora che si stava concedendo di realizzarlo appieno e che non si stava muovendo senza possibilità di pausa o distrazione nel combattimento, da provarne il conseguente stato di debolezza. La sua forza e le sue capacità fisiche ora erano ben lontane dall’essere al loro massimo; ma l’adrenalina, che aveva accuratamente centellinato per tutti quegli ultimi minuti in modo da evitare di esaurirla completamente all’inizio, gli teneva ancora pienamente lucida la distinzione di se stesso e di ciò che lo circondava. Era tutto il contrario di quanto normalmente avrebbe fatto un mezzo lupo durante una caccia, quando la regola basilare era quasi sempre declinata nell’ordine di utilizzare subito il massimo possibile di energia adrenalinica all’inizio, per il decisivo scatto iniziale e la breve corsa il più rapida possibile che doveva portare a raggiungere la preda. Quando si aveva a che fare con il lottare con un altro mezzo lupo, dispiegarla in modo che durasse il più a lungo possibile sembrava una tecnica molto più adatta.

Ma anche l’adrenalina aveva i suoi limiti, specialmente di fronte a danni di una certa gravità sul piano puramente fisico. E sebbene nessuno dei morsi che Mara era riuscita ad infliggergli fossero così profondi o in punti così fondamentali per la sopravvivenza da risultare da soli in qualche modo così gravemente preoccupanti, nel complesso avevano un peso specifico molto vicino a raggiungere la somma oltre la quale Danny sapeva nessun tipo di volontà o adrenalina o disperazione sarebbe stata in grado di condurre il suo corpo a continuare a tenersi sulle quattro zampe, tantomeno a continuare a battersi. Le membra appesantite sembravano gridargli – metaforicamente parlando ma non per questo meno importantemente – che erano ormai sul punto di essere non più disposte a muoversi ancora, specialmente nel modo forzato e al massimo delle loro capacità che richiedeva un combattimento, e che di lì a poco ci sarebbero riuscite solo se strettamente necessario, e anche in quel caso comunque non avrebbero potuto reggere ancora a lungo.

Quello era esattamente il senso ultimo della tecnica che Mara aveva acquisito da un certo punto in poi dello scontro, e che si poteva riassumere, in poche semplici parole, nel vincerlo per esaustione piuttosto che per effettiva superiorità strategica. Ma lei in quel momento, per quanto ne poteva vedere e intuire Danny, non sembrava conciata molto meglio di lui, a proposito della distanza che la separava dal raggiungere la completa esaustione. Con la non secondaria differenza che, tuttavia, Mara sembrava in grado di poter andare persino oltre i limiti fisiologicamente e biologicamente imposti dal suo stesso corpo pur di riuscire a raggiungere l’obbiettivo di staccargli la testa.

Forse, sospettò Danny in quel momento, la sostanziale differenza dopotutto era tutta lì: lei aveva un chiaro e semplice obbiettivo da raggiungere, che si poteva riassumere nell’ucciderlo. Mentre lui non era sicuro di avere un preciso obbiettivo, e anzi, riteneva che se l’avesse effettivamente avuto, a quell’ora avrebbe dovuto poterselo delineare chiaramente ormai. Il suo scopo aveva più a che fare, a cercare di guardarlo tra sé e sé, con una collezione a malapena riuscita di vari motivi più che altro presi a sprazzi, e in ogni caso nessuno di essi gli appariva al momento interamente e chiaramente delineabile.

Il suo scopo non avrebbe dovuto essere il cercare di evitare che Uther venisse ucciso o trasformato in un mezzo lupo, o che gli abitanti di Tairans fossero sterminati? D’altro canto, non aveva mai davvero sperato di poter ragionevolmente riuscire a vincere passando attraverso il battersi da solo contro Mara più tutti quei mezzi lupi lì riuniti; non aveva mai davvero sperato di cavarsela lui per primo, figurarsi di poter ottenere di difendere chicchesia altro.

Non era allora in realtà e piuttosto magari semplicemente una specie di modo di decidere che non poteva voltare le spalle né tirarsi indietro di fronte ad una sorta di regolamento di conti a lungo rimandato con Mara? Per che cosa esattamente… beh, avrebbe potuto fare un lungo elenco di singole volte in cui lei lo aveva aggredito e ferito per qualche motivo che secondo lei meritava quella reazione punitiva, nel periodo che avevano passato vivendo insieme come un branco a due. Ma a dire la verità, a cercare di essere completamente sincero con se stesso, quello che non sarebbe veramente mai riuscito a perdonarle era l’unica cosa che lei gli aveva fatto a cui lui non aveva mai avuto la possibilità nemmeno di tentare di opporsi o sottrarsi. Contrariamente a tutte le volte che, nonostante il comportamento di lei, era rimasto insieme a lei in quel loro branco a due pur potendo almeno tentare di andarsene, l’unica volta in cui lei aveva deciso per lui senza possibilità che lui avesse voce in capitolo era stato quando lo aveva trasformato.

Gli sovvenne allora alla memoria di nuovo, seppur vagamente all’inizio, quel sogno di qualche giorno prima, quando aveva sognato di nuovo di quella notte, con stavolta quello spiccare chiaro come un faro nell’oscurità della presenza di Zoal, totalmente inesatta da ogni punto di vista cronologico e biografico. Ma ora, mentre prima aveva assunto quel particolare come normale per via della natura dei sogni di mischiare a volte cose realmente successe con altre mai successe, o di modificarle o storpiarle a piacimento tra il realistico e l’impossibile, realizzò che quell’inesattezza temporale aveva avuto un significato particolare nel sogno. Di colpo e in quel momento ricordò abbastanza precisamente il contenuto della breve conversazione che aveva avuto con Zoal nel sogno, di come avesse a che fare con il prima e il dopo nel tempo, e con una specie di concetto di dover ripetere ciò che era successo per poter arrivare alla stessa conclusione, quella a cui voleva arrivare perché era stata, ed era ancora, la prima cosa veramente positiva, aldilà di tutto, che aveva avuto nella sua intera vita: incontrare e diventare parte dei ‘4 di picche’.

E allora ricordò che Zoal gli aveva fatto notare, con sicurezza, l’insensatezza di quel modo di pensare in pratica fantascientifico, e sostanzialmente ingenuo per chiunque potesse conoscere anche solo di base le teorie della relatività e della successione del tempo e della concatenazione di eventi. Guardarsi indietro come se il passato, il già accaduto potesse in qualche modo cambiare era assurdo. Ogni cosa che giaceva nel tempo era destinata e costretta solo ad una cosa: a procedere davanti a sé, e sempre e solo in avanti. Lui non faceva certo eccezione. Quindi, cercare di pensare come se le cose fossero altrimenti che senso poteva avere dopotutto? Non era in fondo come un cane che si morde la coda, il continuare a vedere Mara come colei che lo aveva trasformato senza lasciargli possibilità di scelta, o il suo aver incontrato i ‘4 di picche’ come conseguenza proprio di quello? E che senso poteva avere guardarsi alle spalle come se fosse arrivato alla fine della sua vita, mentre d’altro canto era ancora vivo?

Ma Zoal, nel sogno, gli aveva lasciato una carta che lui sapeva essere un impossibile asso di quattro di picche, come una sorta di promemoria, o di promessa. E solo adesso Danny realizzò che, stando proprio a ciò che lei gli aveva detto in quel sogno, quell’oggetto che aveva avuto la certezza fin dall’inizio lei non avesse scelto a caso non era rivolto al passato, e non voleva essere come una memoria preziosa da portarsi appresso per affrontare il futuro. Più esattamente, poteva essere qualcosa a cui puntare nel futuro. Il che andava molto vicino a sembrare in tutto e per tutto, a guardarlo da quel punto di vista, come un obbiettivo. Solo che lui aveva completamente travisato la strada per puntare ad esso.

Sospettò d’improvviso, e con improvvisa lucidità simile ad una sorta di rivelazione, che Zoal avesse capito meglio di quanto lui non era stato in grado di riuscire a fare con se stesso quale era sempre stato, negli ultimi anni a quella parte, il suo più reale e sincero desiderio. Non era forse sempre stato quello di tornare da loro, insieme a loro, insieme ai ‘4 di picche’? Ma se non si poteva tornare indietro nel tempo, né illudersi di ripercorrerlo esattamente uguale o tentare di sfruttarne i meccanismi ormai già scattati del passato, come si poteva tornare indietro andando in avanti?

Ora come ora, i ‘4 di picche’ sembravano alle sue spalle, e davanti aveva giusto Mara, la sua morte incarnata per elezione.

A meno che… A meno che non fosse tutto lì.

A meno che non fosse mai stato sufficiente, dopotutto, consolarsi col poter pensare che, da qualche parte nel mondo, ognuno dei ‘4 di picche’ stesse continuando a condurre la propria vita cavandosela abbastanza bene, ottenendone abbastanza soddisfazioni. A meno che non si trattasse piuttosto ed effettivamente di continuare ad essere uno dei ‘4 di picche’. Il fatto che i ‘4 di picche’ come gruppo e attività esistessero effettivamente ancora o meno, che si fossero sciolti o meno, almeno ufficialmente e per quanto riguardava la parte strettamente attinente all’accettare casi e tentare di risolverli, sembrava al momento un particolare scioccamente irrilevante e praticamente superfluo.

Sì… forse ora ci era arrivato, infine. Zoal non voleva ricordargli che era stato parte dei ‘4 di picche’, ma che non avrebbe mai potuto veramente smettere di esserlo, e sospettava che lei fosse sicura che lo stesso valesse per ognuno dei componenti d’esso.

Il suo sguardo sembrò cambiare di colpo totalmente: tecnicamente parlando, i suoi occhi stavano vedendo esattamente lo stesso di ciò che stavano guardando prima, ma era come vederlo da una prospettiva totalmente diversa, perciocché le stesse identiche cose apparivano come trasfigurate.

Mara di fronte a lui, la sua avversaria, non sembrava più né affatto colei che non avrebbe mai potuto perdonare per ciò che gli aveva fatto, quanto più che altro semplicemente un ostacolo che si frapponeva ad un obbiettivo che andava ben oltre di lei e del preciso punto dove si trovava. Come se ora, quando sarebbe arrivato di lì a poco il momento in cui avrebbe dovuto scattare di nuovo contro e incontro a lei per proseguire la battaglia, la sua meta ultima non potesse più essere lo scontro diretto contro di lei ma il passarle in qualche modo attraverso per proseguire oltre. Un oltre indefinibile ma che in qualche modo non poteva che puntare in un’unica direzione. Verso qualsiasi strada potesse condurlo dai ‘4 di picche’, di nuovo ed ex-novo.

E i mezzi lupi che avevano deciso di rendersi accoliti di lei non erano più come una minaccia sospesa su qualcosa da difendere senza requie, ma anch’essi come una sorta di ostacolo, qualcosa da infrangere e al di sopra del quale saltare allo stesso tempo, per andare comunque oltre.

E il dito di Uther sul grilletto del fucile puntato, metri al di sopra delle loro teste, sospeso tra il trattenersi come sapeva di dover fare e la tentazione di muoversi e porre fine a quello approfittando di quel momento in cui la sua mira non era intralciata dalla troppo stretta vicinanza tra Danny e Mara nel combattere, non appariva più come qualcosa da evitare ad ogni costo ma come semplicemente qualcosa che Danny sapeva avrebbe in qualche maniera trovato il modo di non giungere se non al momento più opportuno, né prima né dopo.

La sua stessa posizione nell’intero universo sembrava essere cambiata, irrimediabilmente e radicalmente, ora. Non era più lui stesso l’ultima barriera di resistenza contro una temibile ondata di portata tragica che poteva abbattersi da un momento all’altro tra capo e collo di Uther e degli abitanti di Tairans, e chissà dove a seguire. Era qualcosa di molto più simile a qualcuno che ha trovato la traccia da seguire quando non sapeva nemmeno di doverla cercare.

Ma di una cosa era ora inamovibilmente certo: non avrebbe perso quella traccia per nulla al mondo. Non si sarebbe distolto né distratto dal seguirla, ovunque lo avrebbe portato. Non era sulla scia del passato che gli ritornava incontro che lo aspettava la fine del suo percorso. Non era la morte incarnata da Mara che gli veniva ad attraversare il cammino come se lo avesse aspettato a Samarcanda* proprio mentre cercava di scappare da essa. Era nel seguire quella traccia aperta davanti a lui e di cui non vedeva la fine né forse essa esisteva, che gli spettava di cadere.

Un cupo ringhio basso e gutturale, appena udibile alle orecchie di un mezzo lupo, eruppe allora dalla gola di Mara, costante. Danny ebbe il sospetto che, qualsiasi cosa fosse esattamente che era cambiato nell’aria intorno a lui, lei lo avesse percepito; così come sospettò distintamente che lei non avesse assolutamente capito di che cosa potesse trattarsi, ma semplicemente lo avesse istintivamente interpretato come qualcosa che le poteva risultare assai sgradevole.

Danny si mosse appena, lentamente e con calma, di nuovo spostando il peso e le sue zampe in modo da allargare un poco la sua base d’appoggio, di nuovo abbassandosi leggermente verso il terreno e rendendo la sua posizione più visibilmente pronta ad attaccare ed essere attaccato. Di nuovo il messaggio, come sapeva, attraversò l’aria che lo separava da Mara, raggiungendola senza possibilità di essere malcompreso: la pausa era finita.

 

***

 

Mara scattò di nuovo per prima, e Danny di nuovo attese semplicemente che gli arrivasse abbastanza vicina. Non sapeva ancora esattamente che cosa avrebbe fatto, finché non si ritrovò a farlo. Ben lontano dal decidere lucidamente, strategicamente e ragionevolmente ogni suo singolo movimento ormai di vitale importanza, si ritrovò a metterli in atto uno dopo l’altro, come se assecondasse semplicemente il flusso di una sorta di nuova ispirazione improvvisa e affatto del tutto comprensibile o auto-cosciente. E mentre le sue membra si muovevano, pesanti per le ferite e a malapena abbastanza ancora veloci da riuscire ad evitare il peggio per lui, quella specie di ispirazione aveva un che di leggero che suonava quasi scherzoso alla sua stessa impressione.

Non tentò nemmeno una volta di affondare di nuovo i denti in un morso nel corpo di Mara, al contrario di lei che non desinò nemmeno per un istante da quel tentativo di morderlo ancora e anche più terribilmente di quanto non avesse fatto fino a quel momento; invece, nello stesso modo in cui evitava i suoi morsi con appena sufficiente destrezza, così si limitava a darle delle spallate quasi di tutto peso, come se all’improvviso avesse deciso che quello era in realtà uno scontro giocoso e scherzoso.

Ma sebbene a guardarlo si sarebbe avuta la vivida impressione che dovesse essere impazzito per comportarsi in quel modo, non stava in realtà facendo niente di tutto quello per caso. Prima ancora che lui stesso lo realizzasse razionalmente, quel suo modo di combattere ora stava provocando due conseguenze che erano perfettamente coincidenti con quello che voleva esattamente ottenere. Da un lato, di fronte a quella maniera apparentemente provocatoria e affatto seria di affrontare la lotta, Mara si stava infuriando ancora di più e sempre più ciecamente; dall’altro lato, con ogni singolo spintone che Danny riusciva ad assestarle, stava testando sempre più accuratamente quanta forza e resistenza avesse lei ancora per riuscire a reggere quelle spinte inferte dritte dritte con quasi tutto il peso di lui.

Finché Danny non ebbe l’impressione di sentire come nell’aria che era arrivato il momento, quello che era designato da quella nuova sorta di istintiva ispirazione per essere quello del tentare il tutto per tutto, il ‘o la va o la spacca’. L’ultimo, lo sapeva. Perché quello che stava per fare non era giocare a filo di rasoio, ma effettivamente rischiare di morire nell’arco di pochi istanti, se avesse fallito o se i suoi calcoli e il suo gioco in buona parte di fortuna avessero sbagliato anche di soli pochi fondamentali millimetri. Tanto sarebbe bastato.

Mara tentò un affondo dritto verso di lui, le fauci che già si spalancavano per morderlo, e Danny scartò di lato, rapidamente e violentemente; ma non si limitò a togliersi dalla traiettoria dell’attacco, bensì riuscì a compiere una sorta di mezza piroetta facendo perno sulle zampe anteriori e sfruttando la forza del movimento che lui stesso aveva fatto un istante prima in avanti. Ruotò su se stesso fino a trovarsi parallelo al fianco di Mara, che colpì con il suo stesso fianco con quasi tutta la sua forza e il suo peso. Mara non era così debole né così meno pesante di lui da perdere totalmente l’equilibrio, ma lo perse abbastanza da non riuscire a compiere con la massima efficienza il movimento per voltare di scatto la testa verso di lui e approfittare della sua prossimità per affondare i denti. Danny stava già compiendo un altro movimento sulla stessa scia, come se fosse semplicemente il proseguo di quello che aveva appena eseguito, alzandosi un poco sulle zampe posteriori in un mezzo balzo in parte laterale.

E sapeva che così avrebbe irreparabilmente messo allo scoperto la gola; e sapeva che Mara lo avrebbe immediatamente notato.

Sebbene tutti quei movimenti in sequenza avessero ognuno una sola possibilità di riuscire come dovevano e decine di possibilità di fallire, quel singolo movimento era quello il cui fallimento avrebbe maggiormente potuto coincidere con la sua immediata morte. Bastava che Mara riuscisse ad affondargli le zanne nella gola. E Mara stava rivolgendo il movimento scattante delle sue fauci spalancate proprio verso la sua gola ora scoperta.

Danny si alzò quel tanto necessario per afferrare tra le fauci la parte superiore del collo di Mara, affondarvi i denti e stringere abbastanza da effettuare un’efficace presa, e solo quando sentì lo schiocco delle fauci di lei chiudersi a vuoto nell’aria seppe che dopotutto era ancora vivo, che lei aveva mancato la sua gola a causa dell’inatteso muoversi verso l’alto di lui. Mara si rifece tuttavia mordendo di nuovo, e stavolta riuscendo ad azzannargli una delle zampe anteriori, che strinse con tutte le sue forze tra i denti. Danny trattenne un guaito quando il dolore lancinante lo attraversò come una scarica elettrica, e dal momento che ormai in buona parte il suo peso si era trasferito direttamente su Mara, riuscì ad effettuare un rapido movimento, calciando con tutta la forza dell’altra zampa anteriore verso il muso di lei, cercando di colpire gli occhi perché, se c’era qualcosa che poteva riuscire a farle mollare la presa di quel morso era solo un sufficiente apporto di dolore. Che fosse stata semplicemente la violenza del colpo o l’essere effettivamente riuscito a colpirle un occhio, ad ogni modo riuscì a strapparsi di dosso, non meno dolorosamente, i denti di Mara, e non appena libero da quella presa ne approfittò immediatamente.

In qualche modo che nemmeno lui avrebbe sperato, riuscì con il suo peso e la presa dei denti sul dorso del collo di lei, e col suo movimento di forzato girarsi su stesso sulla schiena e su quella di Mara, a farle perdere l’equilibrio, a farla cadere a sua volta in un movimento rotolante. Mollò la presa sul dorso del collo solo quando sentì dal contatto che aveva con il corpo di lei che Mara stava definitivamente cadendo e rotolando sulla schiena; e lo fece solo per scattare fulmineamente sopra di lei e prima di tutto col muso in avanti, diretto e rapido come una freccia, le fauci ancora spalancate e che tornò a chiudere nell’istante stesso in cui trovarono strada per la gola di Mara.

Il tempo parve rallentare paurosamente; e poi fermarsi di netto.

 

 

Soundtrack: Debaser (Pixies)

 

Note per la comprensione:

*SAMARCANDA (o Samarra) è il nome di un’antica città tutt’ora esistente e popolata (attualmente nello stato dell’Uzbekistan). Qui però va intesa in base ad un’antica leggenda/storia araba, ripresa in ‘Appointment in Samarra’ di John O’Hara, e poi ripresa anche per la canzone ‘Samarcanda’ di Roberto Vecchioni (da cui ho sentito per prima questa storia, un po’ modificata ma non nella sostanza). Per capirne il senso (che non sto a ricapitolare qui perché diventerei ancora più logorroico e noioso), potete andarvi a fare una ricerca in internet insomma, ma basterebbe anche leggere il testo della canzone di Roberto Vecchioni se volete fare prima. O dare una letta a questa pagina anche: https://www.antiwarsongs.org/canzone.php?lang=it&id=7914

Mi scuso con chi ha letto questo capitolo all’inizio e non ha trovato questa nota, l’avevo dimenticata, very sorry…

 

Note dello scribacchiatore:

Anche questo capitolo mi è venuto un po’ pesantuccio alla lettura. L’ho riguardato e corretto più volte (sì, credeteci o meno, era anche peggio di così in prima stesura :p Ma se siete già abituati/e a leggere quello che scrivo ci crederete senza difficoltà, ne sono certo). Magari lo riaffronterò in futuro, ma per ora vado avanti con la messa on-line abbastanza di gran carriera perché sennò si fanno le calende greche qui. ;p

Spero comunque che nel bene e nel male sia un perlomeno decente compromesso tra pesantezza di stile e leggibilità! (potete comunque insultarmi nei commenti o per messaggio personale per questo, pur rispettando le regole del sito riguardo a insulti, e tenendo presente che se non sono motivati poi mordo anch’io :p Che ci volete fare, io e il mio cane seguiamo la filosofia pratica del ‘bite back’ ;p )

 

 

  
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