Capitolo 43
(Beyond
and Momentum)
Una pausa inattesamente un poco più lunga
del dovuto si aprì di colpo, nel bel mezzo dello scontro tra i due mezzi lupi
che da lunghi minuti – passati come se fossero una sparsa e disordinata pioggia
di scheggiati frammenti di scatti e morsi dilanianti la carne – si stavano
battagliando senza alcuno spazio per la pietà o l’esitazione, in mezzo ad una
strada di Tairans semi-affondata nella relativa
oscurità della notte.
Nell’aria relativamente appesantita dal
calore estivo, Danny si concesse il tempo di prendere lunghi respiri a muso
semi-aperto, riprendendo un poco fiato. Metri più in là, Mara lo fronteggiava,
tenendogli incollato addosso uno sguardo la cui intensità andava ben oltre il
semplice tenere d’occhio il proprio avversario durante uno scontro.
Lo sguardo della mezza lupa era addensato
in un livore così profondo, che Danny seppe senza ombra di dubbio alcuno che lei
era giunta all’apice del suo odio e della sua furia. E ora che stavano
prendendo qualche istante di pausa dall’incessante avvicendarsi di scattanti
affondi e ritirate della lotta vera e propria, sapeva anche bene che lei per
prima lo avrebbe ora chiaramente realizzato: a che punto di massima intenzione
e determinazione era arrivata la sua volontà di ucciderlo il prima possibile.
Ma per raggiungere tale scopo, le era
necessario riuscire a batterlo. E per qualche motivo sembrava che entrambi
avessero inspiegabilmente dimenticato quel determinante particolare fino a poco
prima, quando mano a mano che lo scontro si prolungava erano stati costretti a
ricordarselo molto bene.
Danny si ritrovò a fare un’automatica
registrazione sommaria dello stato in cui erano ridotti ora entrambi: i corpi
percorsi da diverse ferite da morso, alcune più superficiali ma altre così
profonde e dilanianti che sanguinavano abbastanza copiosamente.
Lui poteva sentire il peso di quelle
ferite così chiaramente, ora che si stava concedendo di realizzarlo appieno e
che non si stava muovendo senza possibilità di pausa o distrazione nel combattimento,
da provarne il conseguente stato di debolezza. La sua forza e le sue capacità
fisiche ora erano ben lontane dall’essere al loro massimo; ma l’adrenalina, che
aveva accuratamente centellinato per tutti quegli ultimi minuti in modo da evitare
di esaurirla completamente all’inizio, gli teneva ancora pienamente lucida la
distinzione di se stesso e di ciò che lo circondava.
Era tutto il contrario di quanto normalmente avrebbe fatto un mezzo lupo durante
una caccia, quando la regola basilare era quasi sempre declinata nell’ordine di
utilizzare subito il massimo possibile di energia adrenalinica all’inizio, per
il decisivo scatto iniziale e la breve corsa il più rapida possibile che doveva
portare a raggiungere la preda. Quando si aveva a che fare con il lottare con
un altro mezzo lupo, dispiegarla in modo che durasse il più a lungo possibile
sembrava una tecnica molto più adatta.
Ma anche l’adrenalina aveva i suoi limiti,
specialmente di fronte a danni di una certa gravità sul piano puramente fisico.
E sebbene nessuno dei morsi che Mara era riuscita ad infliggergli fossero così
profondi o in punti così fondamentali per la sopravvivenza da risultare da soli
in qualche modo così gravemente preoccupanti, nel complesso avevano un peso
specifico molto vicino a raggiungere la somma oltre la quale Danny sapeva
nessun tipo di volontà o adrenalina o disperazione sarebbe stata in grado di
condurre il suo corpo a continuare a tenersi sulle quattro zampe, tantomeno a
continuare a battersi. Le membra appesantite sembravano gridargli – metaforicamente
parlando ma non per questo meno importantemente – che erano ormai sul punto di
essere non più disposte a muoversi ancora, specialmente nel modo forzato e al
massimo delle loro capacità che richiedeva un combattimento, e che di lì a poco
ci sarebbero riuscite solo se strettamente necessario, e anche in quel caso
comunque non avrebbero potuto reggere ancora a lungo.
Quello era esattamente il senso ultimo
della tecnica che Mara aveva acquisito da un certo punto in poi dello scontro,
e che si poteva riassumere, in poche semplici parole, nel vincerlo per
esaustione piuttosto che per effettiva superiorità strategica. Ma lei in quel
momento, per quanto ne poteva vedere e intuire Danny, non sembrava conciata
molto meglio di lui, a proposito della distanza che la separava dal raggiungere
la completa esaustione. Con la non secondaria differenza che, tuttavia, Mara
sembrava in grado di poter andare persino oltre i limiti fisiologicamente e
biologicamente imposti dal suo stesso corpo pur di riuscire a raggiungere
l’obbiettivo di staccargli la testa.
Forse, sospettò Danny in quel momento, la
sostanziale differenza dopotutto era tutta lì: lei aveva un chiaro e semplice
obbiettivo da raggiungere, che si poteva riassumere nell’ucciderlo. Mentre lui
non era sicuro di avere un preciso obbiettivo, e anzi, riteneva che se l’avesse
effettivamente avuto, a quell’ora avrebbe dovuto poterselo delineare
chiaramente ormai. Il suo scopo aveva più a che fare, a cercare di guardarlo
tra sé e sé, con una collezione a malapena riuscita di vari motivi più che
altro presi a sprazzi, e in ogni caso nessuno di essi gli appariva al momento
interamente e chiaramente delineabile.
Il suo scopo non avrebbe dovuto essere il
cercare di evitare che Uther venisse ucciso o trasformato in un mezzo lupo, o
che gli abitanti di Tairans fossero sterminati?
D’altro canto, non aveva mai davvero sperato di poter ragionevolmente riuscire
a vincere passando attraverso il battersi da solo contro Mara più tutti quei
mezzi lupi lì riuniti; non aveva mai davvero sperato di cavarsela lui per
primo, figurarsi di poter ottenere di difendere chicchesia
altro.
Non era allora in realtà e piuttosto
magari semplicemente una specie di modo di decidere che non poteva voltare le
spalle né tirarsi indietro di fronte ad una sorta di regolamento di conti a
lungo rimandato con Mara? Per che cosa esattamente… beh, avrebbe potuto fare un
lungo elenco di singole volte in cui lei lo aveva aggredito e ferito per
qualche motivo che secondo lei meritava quella reazione punitiva, nel periodo
che avevano passato vivendo insieme come un branco a due. Ma a dire la verità,
a cercare di essere completamente sincero con se
stesso, quello che non sarebbe veramente mai riuscito a perdonarle era l’unica
cosa che lei gli aveva fatto a cui lui non aveva mai avuto la possibilità
nemmeno di tentare di opporsi o sottrarsi. Contrariamente a tutte le volte che,
nonostante il comportamento di lei, era rimasto insieme a lei in quel loro
branco a due pur potendo almeno tentare di andarsene, l’unica volta in cui lei
aveva deciso per lui senza possibilità che lui avesse voce in capitolo era
stato quando lo aveva trasformato.
Gli sovvenne allora alla memoria di nuovo,
seppur vagamente all’inizio, quel sogno di qualche giorno prima, quando aveva
sognato di nuovo di quella notte, con stavolta quello spiccare chiaro come un
faro nell’oscurità della presenza di Zoal, totalmente
inesatta da ogni punto di vista cronologico e biografico. Ma ora, mentre prima
aveva assunto quel particolare come normale per via della natura dei sogni di
mischiare a volte cose realmente successe con altre mai successe, o di
modificarle o storpiarle a piacimento tra il realistico e l’impossibile, realizzò
che quell’inesattezza temporale aveva avuto un significato particolare nel
sogno. Di colpo e in quel momento ricordò abbastanza precisamente il contenuto
della breve conversazione che aveva avuto con Zoal
nel sogno, di come avesse a che fare con il prima e il dopo nel tempo, e con
una specie di concetto di dover ripetere ciò che era successo per poter
arrivare alla stessa conclusione, quella a cui voleva arrivare perché era
stata, ed era ancora, la prima cosa veramente positiva, aldilà di tutto, che
aveva avuto nella sua intera vita: incontrare e diventare parte dei ‘4 di picche’.
E allora ricordò che Zoal
gli aveva fatto notare, con sicurezza, l’insensatezza di quel modo di pensare
in pratica fantascientifico, e sostanzialmente ingenuo per chiunque potesse
conoscere anche solo di base le teorie della relatività e della successione del
tempo e della concatenazione di eventi. Guardarsi indietro come se il passato,
il già accaduto potesse in qualche modo cambiare era assurdo. Ogni cosa che
giaceva nel tempo era destinata e costretta solo ad una cosa: a procedere davanti
a sé, e sempre e solo in avanti. Lui non faceva certo eccezione. Quindi,
cercare di pensare come se le cose fossero altrimenti che senso poteva avere
dopotutto? Non era in fondo come un cane che si morde la coda, il continuare a
vedere Mara come colei che lo aveva trasformato senza lasciargli possibilità di
scelta, o il suo aver incontrato i ‘4 di picche’ come
conseguenza proprio di quello? E che senso poteva avere guardarsi alle spalle
come se fosse arrivato alla fine della sua vita, mentre d’altro canto era
ancora vivo?
Ma Zoal, nel
sogno, gli aveva lasciato una carta che lui sapeva essere un impossibile asso
di quattro di picche, come una sorta di promemoria, o di promessa. E solo
adesso Danny realizzò che, stando proprio a ciò che lei gli aveva detto in quel
sogno, quell’oggetto che aveva avuto la certezza fin dall’inizio lei non avesse
scelto a caso non era rivolto al passato, e non voleva essere come una memoria
preziosa da portarsi appresso per affrontare il futuro. Più esattamente, poteva
essere qualcosa a cui puntare nel futuro. Il che andava molto vicino a sembrare
in tutto e per tutto, a guardarlo da quel punto di vista, come un obbiettivo.
Solo che lui aveva completamente travisato la strada per puntare ad esso.
Sospettò d’improvviso, e con improvvisa
lucidità simile ad una sorta di rivelazione, che Zoal
avesse capito meglio di quanto lui non era stato in grado di riuscire a fare
con se stesso quale era sempre stato, negli ultimi
anni a quella parte, il suo più reale e sincero desiderio. Non era forse sempre
stato quello di tornare da loro, insieme a loro, insieme ai ‘4 di picche’? Ma se non si poteva tornare indietro nel tempo, né
illudersi di ripercorrerlo esattamente uguale o tentare di sfruttarne i
meccanismi ormai già scattati del passato, come si poteva tornare indietro
andando in avanti?
Ora come ora, i ‘4 di picche’
sembravano alle sue spalle, e davanti aveva giusto Mara, la sua morte incarnata
per elezione.
A meno che… A meno che non fosse tutto lì.
A meno che non fosse mai stato sufficiente,
dopotutto, consolarsi col poter pensare che, da qualche parte nel mondo, ognuno
dei ‘4 di picche’ stesse continuando a condurre la
propria vita cavandosela abbastanza bene, ottenendone abbastanza soddisfazioni.
A meno che non si trattasse piuttosto ed effettivamente di continuare ad essere
uno dei ‘4 di picche’. Il fatto che i ‘4 di picche’ come gruppo e attività esistessero effettivamente
ancora o meno, che si fossero sciolti o meno, almeno ufficialmente e per quanto
riguardava la parte strettamente attinente all’accettare casi e tentare di
risolverli, sembrava al momento un particolare scioccamente irrilevante e
praticamente superfluo.
Sì… forse ora ci era arrivato, infine. Zoal non voleva ricordargli che era stato parte dei ‘4 di picche’, ma che non avrebbe mai potuto veramente smettere
di esserlo, e sospettava che lei fosse sicura che lo stesso valesse per ognuno
dei componenti d’esso.
Il suo sguardo sembrò cambiare di colpo
totalmente: tecnicamente parlando, i suoi occhi stavano vedendo esattamente lo stesso
di ciò che stavano guardando prima, ma era come vederlo da una prospettiva
totalmente diversa, perciocché le stesse identiche cose apparivano come trasfigurate.
Mara di fronte a lui, la sua avversaria,
non sembrava più né affatto colei che non avrebbe mai potuto perdonare per ciò
che gli aveva fatto, quanto più che altro semplicemente un ostacolo che si
frapponeva ad un obbiettivo che andava ben oltre di lei e del preciso punto
dove si trovava. Come se ora, quando sarebbe arrivato di lì a poco il momento
in cui avrebbe dovuto scattare di nuovo contro e incontro a lei per proseguire
la battaglia, la sua meta ultima non potesse più essere lo scontro diretto
contro di lei ma il passarle in qualche modo attraverso per proseguire oltre.
Un oltre indefinibile ma che in qualche modo non poteva che puntare in un’unica
direzione. Verso qualsiasi strada potesse condurlo dai ‘4 di picche’, di nuovo ed ex-novo.
E i mezzi lupi che avevano deciso di
rendersi accoliti di lei non erano più come una minaccia sospesa su qualcosa da
difendere senza requie, ma anch’essi come una sorta di ostacolo, qualcosa da
infrangere e al di sopra del quale saltare allo stesso tempo, per andare
comunque oltre.
E il dito di Uther sul grilletto del
fucile puntato, metri al di sopra delle loro teste, sospeso tra il trattenersi
come sapeva di dover fare e la tentazione di muoversi e porre fine a quello
approfittando di quel momento in cui la sua mira non era intralciata dalla
troppo stretta vicinanza tra Danny e Mara nel combattere, non appariva più come
qualcosa da evitare ad ogni costo ma come semplicemente qualcosa che Danny
sapeva avrebbe in qualche maniera trovato il modo di non giungere se non al
momento più opportuno, né prima né dopo.
La sua stessa posizione nell’intero
universo sembrava essere cambiata, irrimediabilmente e radicalmente, ora. Non
era più lui stesso l’ultima barriera di resistenza contro una temibile ondata
di portata tragica che poteva abbattersi da un momento all’altro tra capo e
collo di Uther e degli abitanti di Tairans, e chissà
dove a seguire. Era qualcosa di molto più simile a qualcuno che ha trovato la
traccia da seguire quando non sapeva nemmeno di doverla cercare.
Ma di una cosa era ora inamovibilmente
certo: non avrebbe perso quella traccia per nulla al mondo. Non si sarebbe
distolto né distratto dal seguirla, ovunque lo avrebbe portato. Non era sulla
scia del passato che gli ritornava incontro che lo aspettava la fine del suo
percorso. Non era la morte incarnata da Mara che gli veniva ad attraversare il
cammino come se lo avesse aspettato a Samarcanda* proprio mentre cercava di
scappare da essa. Era nel seguire quella traccia aperta davanti a lui e di cui
non vedeva la fine né forse essa esisteva, che gli spettava di cadere.
Un cupo ringhio basso e gutturale, appena
udibile alle orecchie di un mezzo lupo, eruppe allora dalla gola di Mara,
costante. Danny ebbe il sospetto che, qualsiasi cosa fosse esattamente che era
cambiato nell’aria intorno a lui, lei lo avesse percepito; così come sospettò
distintamente che lei non avesse assolutamente capito di che cosa potesse
trattarsi, ma semplicemente lo avesse istintivamente interpretato come qualcosa
che le poteva risultare assai sgradevole.
Danny si mosse appena, lentamente e con
calma, di nuovo spostando il peso e le sue zampe in modo da allargare un poco
la sua base d’appoggio, di nuovo abbassandosi leggermente verso il terreno e
rendendo la sua posizione più visibilmente pronta ad attaccare ed essere
attaccato. Di nuovo il messaggio, come sapeva, attraversò l’aria che lo
separava da Mara, raggiungendola senza possibilità di essere malcompreso: la pausa era finita.
***
Mara scattò di nuovo per prima, e Danny di
nuovo attese semplicemente che gli arrivasse abbastanza vicina. Non sapeva
ancora esattamente che cosa avrebbe fatto, finché non si ritrovò a farlo. Ben
lontano dal decidere lucidamente, strategicamente e ragionevolmente ogni suo
singolo movimento ormai di vitale importanza, si ritrovò a metterli in atto uno
dopo l’altro, come se assecondasse semplicemente il flusso di una sorta di
nuova ispirazione improvvisa e affatto del tutto comprensibile o
auto-cosciente. E mentre le sue membra si muovevano, pesanti per le ferite e a
malapena abbastanza ancora veloci da riuscire ad evitare il peggio per lui,
quella specie di ispirazione aveva un che di leggero che suonava quasi
scherzoso alla sua stessa impressione.
Non tentò nemmeno una volta di affondare
di nuovo i denti in un morso nel corpo di Mara, al contrario di lei che non
desinò nemmeno per un istante da quel tentativo di morderlo ancora e anche più
terribilmente di quanto non avesse fatto fino a quel momento; invece, nello
stesso modo in cui evitava i suoi morsi con appena sufficiente destrezza, così
si limitava a darle delle spallate quasi di tutto peso, come se all’improvviso
avesse deciso che quello era in realtà uno scontro giocoso e scherzoso.
Ma sebbene a guardarlo si sarebbe avuta la
vivida impressione che dovesse essere impazzito per comportarsi in quel modo,
non stava in realtà facendo niente di tutto quello per caso. Prima ancora che
lui stesso lo realizzasse razionalmente, quel suo modo di combattere ora stava
provocando due conseguenze che erano perfettamente coincidenti con quello che
voleva esattamente ottenere. Da un lato, di fronte a quella maniera apparentemente
provocatoria e affatto seria di affrontare la lotta, Mara si stava infuriando
ancora di più e sempre più ciecamente; dall’altro lato, con ogni singolo
spintone che Danny riusciva ad assestarle, stava testando sempre più
accuratamente quanta forza e resistenza avesse lei ancora per riuscire a
reggere quelle spinte inferte dritte dritte con quasi
tutto il peso di lui.
Finché Danny non ebbe l’impressione di
sentire come nell’aria che era arrivato il momento, quello che era designato da
quella nuova sorta di istintiva ispirazione per essere quello del tentare il
tutto per tutto, il ‘o la va o la spacca’. L’ultimo, lo sapeva. Perché quello
che stava per fare non era giocare a filo di rasoio, ma effettivamente
rischiare di morire nell’arco di pochi istanti, se avesse fallito o se i suoi
calcoli e il suo gioco in buona parte di fortuna avessero sbagliato anche di
soli pochi fondamentali millimetri. Tanto sarebbe bastato.
Mara tentò un affondo dritto verso di lui,
le fauci che già si spalancavano per morderlo, e Danny scartò di lato,
rapidamente e violentemente; ma non si limitò a togliersi dalla traiettoria
dell’attacco, bensì riuscì a compiere una sorta di mezza piroetta facendo perno
sulle zampe anteriori e sfruttando la forza del movimento che lui stesso aveva
fatto un istante prima in avanti. Ruotò su se stesso
fino a trovarsi parallelo al fianco di Mara, che colpì con il suo stesso fianco
con quasi tutta la sua forza e il suo peso. Mara non era così debole né così
meno pesante di lui da perdere totalmente l’equilibrio, ma lo perse abbastanza
da non riuscire a compiere con la massima efficienza il movimento per voltare
di scatto la testa verso di lui e approfittare della sua prossimità per
affondare i denti. Danny stava già compiendo un altro movimento sulla stessa
scia, come se fosse semplicemente il proseguo di quello che aveva appena
eseguito, alzandosi un poco sulle zampe posteriori in un mezzo balzo in parte
laterale.
E sapeva che così avrebbe irreparabilmente
messo allo scoperto la gola; e sapeva che Mara lo avrebbe immediatamente
notato.
Sebbene tutti quei movimenti in sequenza
avessero ognuno una sola possibilità di riuscire come dovevano e decine di
possibilità di fallire, quel singolo movimento era quello il cui fallimento
avrebbe maggiormente potuto coincidere con la sua immediata morte. Bastava che
Mara riuscisse ad affondargli le zanne nella gola. E Mara stava rivolgendo il
movimento scattante delle sue fauci spalancate proprio verso la sua gola ora
scoperta.
Danny si alzò quel tanto necessario per
afferrare tra le fauci la parte superiore del collo di Mara, affondarvi i denti
e stringere abbastanza da effettuare un’efficace presa, e solo quando sentì lo
schiocco delle fauci di lei chiudersi a vuoto nell’aria seppe che dopotutto era
ancora vivo, che lei aveva mancato la sua gola a causa dell’inatteso muoversi
verso l’alto di lui. Mara si rifece tuttavia mordendo di nuovo, e stavolta
riuscendo ad azzannargli una delle zampe anteriori, che strinse con tutte le
sue forze tra i denti. Danny trattenne un guaito quando il dolore lancinante lo
attraversò come una scarica elettrica, e dal momento che ormai in buona parte
il suo peso si era trasferito direttamente su Mara, riuscì ad effettuare un
rapido movimento, calciando con tutta la forza dell’altra zampa anteriore verso
il muso di lei, cercando di colpire gli occhi perché, se c’era qualcosa che
poteva riuscire a farle mollare la presa di quel morso era solo un sufficiente
apporto di dolore. Che fosse stata semplicemente la violenza del colpo o l’essere
effettivamente riuscito a colpirle un occhio, ad ogni modo riuscì a strapparsi
di dosso, non meno dolorosamente, i denti di Mara, e non appena libero da
quella presa ne approfittò immediatamente.
In qualche modo che nemmeno lui avrebbe
sperato, riuscì con il suo peso e la presa dei denti sul dorso del collo di lei,
e col suo movimento di forzato girarsi su stesso sulla schiena e su quella di
Mara, a farle perdere l’equilibrio, a farla cadere a sua volta in un movimento
rotolante. Mollò la presa sul dorso del collo solo quando sentì dal contatto
che aveva con il corpo di lei che Mara stava definitivamente cadendo e
rotolando sulla schiena; e lo fece solo per scattare fulmineamente sopra di lei
e prima di tutto col muso in avanti, diretto e rapido come una freccia, le
fauci ancora spalancate e che tornò a chiudere nell’istante stesso in cui
trovarono strada per la gola di Mara.
Il tempo parve rallentare paurosamente; e
poi fermarsi di netto.
Soundtrack: Debaser (Pixies)
Note
per la comprensione:
*SAMARCANDA
(o Samarra) è il nome di un’antica città tutt’ora esistente e popolata
(attualmente nello stato dell’Uzbekistan). Qui però va intesa in base ad un’antica
leggenda/storia araba, ripresa in ‘Appointment in
Samarra’ di John O’Hara, e poi ripresa anche per la canzone ‘Samarcanda’ di
Roberto Vecchioni (da cui ho sentito per prima questa storia, un po’ modificata
ma non nella sostanza). Per capirne il senso (che non sto a ricapitolare qui
perché diventerei ancora più logorroico e noioso), potete andarvi a fare una
ricerca in internet insomma, ma basterebbe anche leggere il testo della canzone
di Roberto Vecchioni se volete fare prima. O dare una letta a questa pagina
anche: https://www.antiwarsongs.org/canzone.php?lang=it&id=7914
Mi
scuso con chi ha letto questo capitolo all’inizio e non ha trovato questa nota,
l’avevo dimenticata, very sorry…
Note
dello scribacchiatore:
Anche
questo capitolo mi è venuto un po’ pesantuccio alla lettura. L’ho riguardato e
corretto più volte (sì, credeteci o meno, era anche peggio di così in prima stesura :p Ma se siete già abituati/e a leggere quello che
scrivo ci crederete senza difficoltà, ne sono certo). Magari lo riaffronterò in
futuro, ma per ora vado avanti con la messa on-line abbastanza di gran carriera
perché sennò si fanno le calende greche qui. ;p
Spero
comunque che nel bene e nel male sia un perlomeno decente compromesso tra
pesantezza di stile e leggibilità! (potete comunque insultarmi nei commenti o
per messaggio personale per questo, pur rispettando le regole del sito riguardo
a insulti, e tenendo presente che se non sono motivati poi mordo anch’io :p Che ci volete fare, io e il mio cane seguiamo la
filosofia pratica del ‘bite back’ ;p )