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Autore: Sistxh    28/01/2018    5 recensioni
La prima cosa che dovete sapere leggendo queste pagine è che non vi è un vero e proprio inizio.
Né una vera conclusione, a dirla tutta. Questa è la mia versione dei fatti.
Questi sono i miei pensieri riguardo tutto quello che è successo e se state leggendo, quasi sicuramente è perché sono morto.
Qui non ci sono bugie -che è poi quello che vi aspettavate da me- solo la realtà dei fatti.
Diffidate di quello che vi è stato detto, l'Oscurità è una forza cosmica troppo vasta per comprenderla.
Datemi del cinico, freddo e disumano ma io non sono mai stato tipo da accettare le cose sulla parola,
e si dà il caso che sappia che la mia storia non è altro che trama e metafora, che è poi ciò di cui sono fatte tutte le storie.
E ciò che le rende un successo o una leggenda, è come la storia viene raccontata, e da chi.
Altri hanno già avuto l'occasione di raccontare la loro versione dei fatti.
Questa è la mia. Partiamo dal giorno in cui sono nato...
-Benjamin Solo.
Genere: Romantico, Science-fiction, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ben Solo/Kylo Ren, Han Solo, Kylo Ren, Luke Skywalker, Nuovo personaggio, Principessa Leia Organa
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Klelia and Kylo Trilogy.'
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                                                                                   IV.

Una volta usciti dalla sala da pranzo i tre dovettero separarsi. Han doveva andare a vedere se i controlli al Millennium Falcon fossero stati fatti in modo adeguato, mentre Leila e Ben dovevano recuperare il borsone di quest'ultimo rimasto nella sua camera da letto. 
"Leila, io vado agli hangar, vi aspetto lì." annunciò Han, dando un bacio sulla guancia a sua moglie. Ben abbassò lo sguardo ma quando il padre si avvicinò lo rialzò e cercò di trovare il coraggio di guardarlo negli occhi. Era una cosa che non riusciva mai a fare, guardare le persone negli occhi; era come se riuscissero a vedere dentro di lui. Infatti tutte le volte che succedeva, cercava di sostenere lo sguardo ma alla fine falliva sempre e lo spostava da un'altra parte, proprio come ora.
  Han era di fronte a lui e gli aveva messo le mani sulle spalle, Ben aveva il capo chino e osservava il pavimento "Ragazzo, ti ripeto ciò che già ti ho detto, non so cosa stia succedendo, io non conosco la Forza tanto meno la psicologia..." gli disse goffamente Han "Tutto quello che so è che voglio che tu stia bene, e farò tutto il possibile per assicurarmi che non ti succeda nulla, e ... ti amo, ragazzo."
 Ben alzò lentamente la testa sorridendo "Lo so."  
 
                                                                                                                 *** 
Dopo quella confessione da parte di Han si erano salutati goffamente con un abbraccio, e avevano preso strade diverse. Ora Leila e Ben si trovavano di fronte alla porta della camera da letto del ragazzo. Ben la aprì con cautela, fu il primo ad entrare; posò lo sguardo sul letto, il borsone era ancora lì proprio dove lo aveva lasciato prima della colazione. Rimase lì, immobile, al centro della stanza mentre lo guardava, sembrava lo stesse sfidando; quel borsone simboleggiava la sua partenza. Leila era ancora sulla soglia, non sapendo se entrare o meno; non voleva invadere lo spazio personale di suo figlio. Ma poi entrò, abbandonando la sua indecisione. 
  Mentre si avvicinava a lui a passi lenti notò quanto fosse rigido. "Ben... lo so che tutto questo è difficile per te, ma ti assicuro che lo è anche per me..." cercò di rassicurarlo "non averti qui sarà uno strazio, non poterti abbracciare, non poter vedere il tuo sorriso, tutto ciò mi distruggerà..." Ben si girò verso di lei "Se sono riuscita a trovare il coraggio per lasciarti andare è perché ho percepito il conflitto in te e voglio che tu ti chiarisca le idee... sei la cosa migliore che io abbia mai fatto." Leila aveva le lacrime agli occhi e la voce le morì in gola, si avvicinò a suo figlio e lo abbracciò. 
 Ben all'inizio non seppe cosa fare, percepì il calore che emanava il corpo della madre e si ricordò di quando da piccolo la sera, entrambi si stendevano nel letto sotto le coperte e la madre lo teneva fra braccia mentre gli raccontava storie per farlo dormire. Il ricordo aiutò a sciogliere un po' il suo cuore di ghiaccio e piano aprì le braccia e le cinse la vita stringendola forte a sé.

Si abbassò cercando di diminuire la distanza causata dalla differenza d'altezza; Leila era minuscola in confronto a lui.
Lentamente poggiò la testa sulla sua spalla "Madre, fidati quando ti dico che un giorno sarai orgogliosa e fiera di me." le sussurrò all'orecchio. 
Leila lo guardò "Ben, già lo sono." fu allora che anche lui si lasciò andare sorridendo.
Gli occhi di Leila erano pieni di meraviglia mentre si rendeva conto che il sorriso di suo figlio era identico a quello di suo marito, era un qualcosa di più bello delle stelle nel cielo notturno, forse la cosa più luminosa che avesse mai visto... avrebbe potuto fissarlo per ore.  
Lentamente i due si separarono da quell'abbraccio che sembrava essere durato per ore. Leila si asciugò gli occhi con la manica del vestito "Sei pronto ad andare?"
"Ora si." rispose Ben convinto. Il ragazzo prese il borsone dal letto e diede un ultimo sguardo alla sua camera da letto, a quelle quattro mura sulle quali sembravano esserci scritte tantissime storie che non avrebbe mai avuto il coraggio di raccontare a nessuno.
Ben sospirò e la madre gli poggiò una mano sulla spalla "Andiamo." lo incoraggiò.
 In risposta lui annuì semplicemente ed assieme uscirono dalla stanza. Ben chiuse la porta, lasciando dietro di sé una parte della sua vita che d'ora in poi non gli sarebbe più appartenuta. 
 
                                                                                                               *** 
Dopo aver recuperato il borsone, Leila aveva chiesto ad uno degli ufficiali di portarlo a bordo; l'uomo senza proferire parola aveva preso il borsone dalle braccia di Ben ed era subito scattato, pronto ad eseguire l'ordine il più in fretta possibile. Ben aveva sempre ammirato la madre, adorava il modo in cui si faceva rispettare.
Mentre percorrevano il lungo corridoio, entrambi assolti nei loro pensieri, Ben si mise a guardare fuori dalla grande vetrata; l'azzurro riempieva il cielo e al tempo stesso riempiva lui con speranza e felicità. Ammirò i piccoli dettagli, come l'ombra del sole contro le nuvole e i piccoli raggi di luce che cercavano di penetrare attraverso i vuoti.
Si incolpava. 
Perché non l'ho mai apprezzata?  
Stava continuando a contemplare il paesaggio ma raggiunta la fine del corridoio la vetrata finì.  
Perché deve finire? 
L'oscurità ritornò, pronta a consumarlo, e si chiedeva come facesse qualcosa di così bello a scomparire così velocemente. Si rese conto che l'Oscurità era necessaria; senza di essa non avremmo il tempo di riposarci, di ravvivarci e di renderci conto di molte cose. Ogni giorno porta nuove opportunità ma noi conserviamo le memorie dei tramonti precedenti.
Ben era confuso, addirittura combattuto. Era un ragazzo saggio ma non sapeva che quando meno ce l'aspettiamo, facciamo esperienza del più grande e più bel tramonto che abbiamo mai visto. 
 
Stavano scendendo le scale principali e a Ben sorse un dubbio.
"Madre, ci vorrà molto per raggiungere l'Accademia?" chiese curioso. Aveva sentito parlare a lungo dell'Accademia e sapeva che le informazioni sulla sua posizione erano altamente segrete; solo i genitori dei figli che avevano dimostrato di essere abili nell'uso della Forza, potevano ricevere le coordinate del pianeta.
"Vedi Ben, l'accademia si trova su Tython." rivelò Leila, scendendo l'ultimo scalino "Quindi ci vorranno un paio d'ore per raggiungerlo."
 "Tython, il nome non mi è nuovo..." Ben si sforzò di ricordare dove avesse già sentito quel nome, e gli venne in mente un libro che aveva trovato nella biblioteca della base, nella quale erano state conservate tutte le mappe galattiche.  
"Lessi di questo pianeta in un libro, sbaglio o si trova nella regione del nucleo profondo?" 
"È esattamente dove si trova!" rispose Leila "Ho sempre incolpato i libri per averti reso introverso, ma ti hanno anche dato l'opportunità di essere a conoscenza di cose che nessuno sa." "Madre, tu invece mi hai insegnato cose che i libri non potranno mai insegnarmi." ed era vero la madre gli aveva dato dei valori che solo una madre può dare al proprio figlio. Gli aveva insegnato ad amare, ad essere gentile e a farsi rispettare; in futuro ne avrebbe fatto buon uso. 
 
Erano di fronte all'enorme portone della base, Leila fece un cenno col capo e le due guardie lo aprirono; il sole era alto nel cielo, ciò significava che erano in ritardo e che dovevano sbrigarsi. 
A passo svelto si diressero verso gli hangar a cielo aperto che si trovavano affianco ai giardini adiacenti alla base. Appena i due fecero il loro ingresso i numerosi piloti li salutarono; Ben non ci fece caso perché la sua attenzione fu catturata da qualcos'altro. Leila guardò suo figlio che aveva gli occhi sognanti "Sì, quello è il Millennium Falcon."
Non riusciva a crederci, era finalmente davanti ai suoi occhi. L'aveva sempre osservato da lontano mentre decollava e mentre atterrava ma non l'aveva mai visto da così vicino, ne era affascinato; era l'astronave più bella che avesse mai visto. 
"Allora che te ne pare?" gli chiese Han che si trovava sulla rampa d'ingresso.
"È fantastico!" urlò Ben avvicinandosi di corsa.
 La madre dietro di lui "Hanno addirittura gli stessi gusti..."
"Vieni figliolo, entriamo che ti faccio fare un giro."  il ragazzo si avvicinò al padre e salirono la rampa assieme.
Han pigiò sul pulsante a fianco alla porta in metallo che subito si aprì permettendo ai due l'entrata. 
 Ben notò subito il contrasto fra i colori; il pavimento era di un nero lucido e le pareti in metallo bianco. Superato l'ingresso, si ritrovarono nella sala circolare al centro dell'astronave, dove vi erano a sinistra delle brande dove poter dormire, e a destra una specie di divano a "U" con al centro un tavolo-ologramma, che era in pratica un semplice tavolo che comprendeva un generatore di ologrammi con una base cilindrica e una scacchiera in bianco e nero sulla superficie superiore. 
 Padre e figlio iniziarono a conversare intensamente di cose che Leila non riusciva nemmeno a capire, ma amava il modo in cui interagivano e più li guardava, più si rendeva conto di quanto fossero simili. "Vedi Ben l'intera struttura è lunga 35 metri e larga 27," cominciò a spiegare Han "è dotato di iperguida in grado di spingere la nave ad una velocità superiore a quella della luce, raggiunge circa 1.050 km/h all’interno dell’atmosfera." Ben lo guardava incantato. "Inoltre ha i cannoni laser nascosti ed i cannoni laser quadrupli Corelliani." 
"Scommetto che prendono energia direttamente dal nucleo del motore." azzardò Ben.
"Corretto!" Han prese il ragazzo per un braccio e lo portò nella sala controlli "Qui abbiamo il pannello degli strumenti con due barre di comando e un monitor che mostra le mappe stellari, la scansione di astronavi circostanti e i sistemi di comunicazione e difesa." proferì indicando le varie parti.
"Di recente ho installato una grande parabola che consiste in un sensore fotoelettrico che combina luce visibile, raggi ultravioletti e infrarossi per mostrare le astronavi circostanti nella cabina di pilotaggio e nelle torrette." 
"La parabola riesce a oscurare la posizione del Falcon?" chiese Ben.
"Ovvio, inoltre blocca le trasmissioni di navi vicine... come fai a sapere queste cose?"
"La meccanica mi affascina, capire come funzionano le cose, ho costruito un paio di modellini di astronavi... "
"Costruiscine uno del Falcon, mi piacerebbe tanto averlo." 
"Lo costruirò di sicuro... per te padre." Han era così fiero di lui, se solo avesse avuto il coraggio di dirglielo. 
 
"Bene, adesso ti mostro la parte migliore." disse cambiando argomento.
"Di cosa stai parlando?" chiese Ben confuso mentre guardava suo padre aprire una specie di sportello di fronte al sedile di comando.
Han iniziò a frugare fra vari pezzi di carta e alla fine trovò cosa stava cercando.
Si girò di scatto, esclamando "Ta- Tadaan".
Ben allargò gli occhi e notò che in mano aveva un paio di dadi d'oro "Dadi?" 
"Sono i dadi che ho usato per giocare quando ho vinto il Millenium Falcon." rispose Han legandoli ad un tubo in alto.
"Quindi portano fortuna?"
"Sì, per scaramanzia tutte le volte prima di un volo li appendo," spiegò Han "un giorno saranno tuoi, assieme all'astronave."
"Dici sul serio?" chiese Ben pieno d'emozione. 
"Certo."
"Non credo che madre me la lascerà pilotare." 
 "Beh, non deve saperlo per forza." disse Han facendogli l'occhiolino ed entrambi scoppiarono a ridere. 
 Le loro risate furono interrotte da un ruggito. I due saltarono, girandosi verso la porta d'ingresso della sala comandi. "Chewbeeee!" esclamò Han allargando le braccia "Amico mio, finalmente c'è l'hai fatta!" 
 Chewbe si voltò verso Ben e restò a guardarlo impassibile. Tuttavia il ragazzo riuscì a vedere il dolore nei suoi grandi occhi chiari; attraverso la Forza percepiva la tristezza di colui che era stato il suo unico amico.  

Al wookiee vennero a mente tanti ricordi... la prima volta che prese in braccio Ben aveva pochi giorni di vita ma subito si creò un legame; Chewbe sentiva il dovere di proteggerlo, e così fece. Quando assieme ad Han tornava alla base, giocava sempre con Ben, se lo caricava sulle spalle correndo nei giardini. Se il bambino si faceva male ed iniziava a piangere, lo portava subito da Leila. Se non potevano giocare fuori, restavano nella stanza di Ben a leggere storie che il wookiee non aveva mai sentito. Quando Ben compì dieci anni, con il consenso di Han -senza dire nulla a Leila ovviamente- Chewbecca gli aveva insegnato ad usare la balestra; aveva la mira più precisa del padre e dello stesso wookiee.
All'età di quindici anni Ben si chiuse in sé stesso, non voleva più giocare. Un giorno di ritorno da un viaggio, Chewbe andò nella camera del ragazzo; Ben era seduto a guardare il tramonto fuori dalla finestra. Il wookiee si avvicinò, si sedette vicino a lui e gli propose di andare a camminare per il cortile come facevano sempre.
"Non mi va Chewbe, non oggi." rispose abbassando lo sguardo.
Ben si prese il capo fra le mani, il wookiee ringhiò e gli poggiò una zampa sulla schiena, cercando di confortarlo.
Lui si alzò di scatto "Lasciami in pace! Voglio stare da solo!"
"Rrrrrrr-ghghghghgh!" 
"Cosa mi succede!? Nessuno può capirlo, nemmeno tu!" urlò e a passo svelto uscì dalla stanza.  Lasciando l'essere lì da solo, ferito e deluso.  
 
La delusione che aveva provato quel giorno, era riflessa nei suoi occhi. Il wookiee si allontanò da Han e si avvicinò pericolosamente al ragazzo; Ben era abbastanza alto ma Chewbe con i suoi due metri e passa, torreggiava su di lui, facendolo sentire inferiore. Avvicinò il volto peloso a quello del ragazzo e ruggì con tutta la forza che aveva. Ben rimase sbalordito, si aspettava di essere insultato, invece Chewbecca gli aveva chiesto scusa.
"No Chewbe, sono io quello dispiaciuto, non avrei mai dovuto allontanarti." rivelò abbracciandolo.
All'improvviso comparve Leila "Ehi tu! Brutto mostro peloso, lascia stare mio figlio, non vedi che lo stai stritolando?" scherzò, aveva le mani sui fianchi ed era in posizione minacciosa, il wookiee subito si allontanò; un essere alto più di due metri che aveva paura di una donna che era la sua metà.
Han rise mentre Ben riprendeva fiato; Chewbe lo stava davvero soffocando. 
"Direi che è giunta l'ora di partire." annunciò Han.

Han e Chewbe erano sui sedili anteriori, rispettivamente a sinistra e a destra, come pilota e co-pilota; sui sedili posteriori invece vi erano Ben e Leila. Han cominciò a premere vari pulsanti, i pannelli si accesero emettendo suoni, mentre la rampa esterna rientrava; a quel punto furono pronti per partire.
"Salve comandate, qui Han Solo, chiedo il permesso di lasciare l'hangar." proferì Han attraverso un microfono.
"Qui comandante Wright, permesso accordato." 
"Va bene, allacciate le cinture, Chewbe tutto in regola?" chiese Han Il wookiee rispose ruggendo.
"Perfetto, pronti per il decollo."
Il Millennium Falcon iniziò a tremare.
Leila si avvicinò a suo marito "Mi raccomando cerca di non ucciderci."
Han scoppiò in una fragorosa risata "Questo mai, dolcezza." 
L'astronave si sollevò da terra, uscirono dall'hangar e cominciarono a volare sopra la base di Yavin IV.
Ben guardò fuori dal vetro, ancora non riusciva a credere di star lasciando quel paradiso. Si potevano vedere due monti quasi gemelli dai quali cominciava una valle, poi vi era un piccolo torrente nascente nell'elevazione destra di una cascata. Il fiume avanzava nella sua discesa per una pianura leggermente inclinata dove i colori iniziavano a cambiare; stavano volando sopra alla regione d'autunno dove i boschi sono attraversati dai corsi d’acqua fredda. La traiettoria fluviale fiancheggiata da rocce e ciottoli proseguiva il suo corso lento che formava un meandro sul terreno ora innevato. Erano al confine del pianeta, e iniziarono a salire verso l'alto, superando i vari strati dell'atmosfera; quando apparvero numerose nuvole, la calda luce solare si nascose. 
Si trovavano nello spazio.
Osservando le stelle nel buio, si disse che quello era il suo momento, e non doveva permettere alla paura di scoraggiarlo; non doveva guardare indietro a ciò che si stava lasciando alle spalle.
All'improvviso udì una voce, forte e chiara, nella sua mente.
"Ben, ti sto aspettando."
Luke.
   
 
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