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Autore: LadyMintLeaf    29/01/2018    1 recensioni
"Lei era bella e gentile a tal punto che nessun'altro fuorché un folle avrebbe potuto desiderare di farle del male.
Ma Loki le aveva fatto del male, molto male; troppo forse, ed in un istante ad esso tornarono in mente un antico poema runico norvegese che aveva letto una volta in un libro proveniente da Midgard.
"Þurs vældr kvinna kvillu, kátr værðr fár af illu", diceva e tradotto, significava "Il gigante causa dolore alle donne, pochi uomini gioiscono della sfortuna.".
E forse lui non era figlio di uno di quei giganti che tanto facevano tremare la gente al solo sentirli nominare?
Ma no.
Lui non voleva essere considerato un mostro..... Non voleva fare del male a nessuna donna.
Eppure a Sigyn aveva già fatto del male."
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Sigyn, Thor, Un po' tutti
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Spalancando gli occhi verdi di colpo, Loki si destò quasi di soprassalto e si tese in avanti di scatto, ma i suoi movimenti vennero trattenuti da qualcosa di duro e freddo che gli cingeva i polsi e le caviglie e lui fu immediatamente costretto a tornare al suo posto.
Al primo momento non riuscì a rammentare dove si trovava, con gli ultimi frammenti del sogno ancora vividi nella mente.
Ma poi, il peso delle catene, assieme ad un intenso dolore alla spalla destra e al labbro, lo riportarono alla realtà.
Era stato legato così immediatamente dopo essere stato gettato in quella gelida cella, orrenda e buia.
Le catene erano lunghe solo quanto bastava a permettergli di restare inginocchiato  ma non abbastanza da permettergli di alzarsi e muoversi, o magari di sdraiarsi a terra per riposare.
Quando dormiva lo faceva ancora in ginocchio, e riusciva a prendere sonno solo per via della troppa stanchezza.
Inoltre le catene stringevano in una maniera tremenda e gli ferivano la pelle in continuazione.
Sospirando sconsolato, Loki cambiò posizione, guardando l'oscurità che lo attorniava.
Lui conosceva bene i sotterranei del palazzo di Odino, ma non ricordava la stanza dove era stato imprigionato.
Doveva essere stato rinchiuso nell'antica prigione costruita secoli prima da Bor, nonno di Thor.
Quando suo figlio Odino era diventato Padre degli dei dopo di lui, aveva decretato che quelle celle umide e vuote venissero sigillate e dimenticate.
Dimenticate sino ad allora.
Per Loki, Odino aveva addirittura riaperto il passaggio che le collegava ad Asgard.
Le pareti che lo circondavano erano fatte di pietra e ferro e la stanza era quasi totalmente vuota.
Il sentore umido delle celle quasi gli mozzava il respiro ed il freddo che vi albergava, penetrava attraverso il pavimento di roccia, fino ai suoi piedi scalzi, ma Loki cercò di ignorarlo.
Il freddo non lo aveva mai infastidito.
Oltre la porta chiusa, tutto era silenzio ed era ben evidente che, otre a lui, lì sotto non c'era nessuno.
Era una situazione irreale.
Quando Odino aveva dato ordine di gettarlo in quella cella isolata e squallida, lui era sicuro che non lo avrebbero lasciato in pace, pensando che il Padre degli Dei avrebbe usato qualsiasi mezzo per umiliarlo, esattamente come lui aveva fatto con esso durante la sua reclusione.
Aveva cercato di convincere sé stesso che le parole del Padre degli Dei fossero vane e futili.
Invece non era stato così.
Odino gli aveva promesso una severa punizione, affermando che lo avrebbe praticamente abbandonato a sé stesso in un luogo spoglio e dimenticato da tutti ed era proprio così che le cose stavano andando.
Infatti, la maggior parte del tempo Loki era solo.
Solo talvolta, gli sembrava di sentire dei passi davanti alla porta della cella, ma probabilmente erano solo sue illusioni.
Nessuno pensava più a lui, ormai.
Era solo, abbandonato, dimenticato come aveva fatto suo padre.... Il suo vero padre, quando ancora in fasce lo aveva abbandonato sulle rocce ghiacciate di Jotunheim, ignorando il suo pianto disperato.
Dimenticato....
Lui aveva infranto le sue promesse a Frigga ma, a quanto pareva, il Padre degli Dei stava mantenendo le sue alla perfezione.
La vita ad Asgard continuava senza di lui, mentre il tempo nella prigione si trascinava in una successione interminabile di minuti, ore e giorni.
Era smarrito fra ombre e semioscurità, in un silenzio totale che non serviva ad altro se non a farlo impazzire.
L'isolamento nel quale si trovava non era più stato interrotto da quando, il primo giorno, alcune guardie; probabilmente le più coraggiose o le più incaute, lo avevano raggiunto per interrogarlo.
Gli avevano posto domande su domande e quando lui si era rifiutato di rispondere, ossia sempre, oppure aveva parlato loro con fare di scherno, il che era stato altrettanto frequente, gli Einherjar lo avevano colpito con pugni e calci, avvalendosi del fatto che Loki era prigioniero e perciò impossibilitato a reagire.
Avevano agito da codardi, e probabilmente avevano pensato di intimorirlo, così tronfi com'erano, mentre si crogiolavano nel loro attuale ma passeggero momento di gloria, e si erano creduti superiori a lui.
Odino, ovviamente, li aveva lasciati fare.
Forse non era stato ancora messo al corrente di come le sue adorate guardie stavano trattando Loki, anche se il Dio degli Inganni era assai più propenso a credere che quelle torture fossero state ideate dallo stesso padre degli Dei.
Non era da escludere che lui volesse prendersi una piccola rivincita personale sul principe traditore.
E poi, naturalmente, voleva estrapolargli dalle labbra il suo piccolo segreto.
Voleva sapere da lui dov'era finito il suo prezioso capitano degli Einherjar.
Ma Loki non avrebbe dato la soddisfazione ad Odino di rivelargli dove fosse Theoric.
Non all'uomo che lo aveva costretto lì sotto e lo aveva privato del suo potere....La sua magia; la sua anima... Per Loki non c'era alcuna differenza.
Se lo avesse fatto; se avesse ceduto, Loki sapeva che allora non avrebbe più avuto modo di parlare con qualcuno e, più di tutto, non avrebbe più avuto uno scopo utile a Odino e il Padre degli Dei avrebbe potuto decidere di toglierlo di mezzo definitivamente, condannandolo alla morte.
Ma fin quando solo lui sapeva la verità, il Padre degli Dei non avrebbe mai preso la decisione di farlo giustiziare.
Non gli importava se le guardie sarebbero tornate a torturarlo.
Non gli importava davvero...
Anzi,era stato quasi lieto, quel primo giorno, quando di tanto in tanto gli Einherjar erano andate da lui per interrogarlo.
Si era persino divertito a prendersi gioco di loro, ed il dolore, quando lo avevano colpito, gli era stato quasi di conforto, aiutandolo a sentirsi ancora vivo.
Sapeva che prima o poi sarebbero tornati; quasi lo sperava, e attendeva il momento delle torture quasi con ansia.
Sapeva che quel pensiero era perverso e malsano, ma era l'unico modo che aveva per poter vedere qualcun'altro.
L'unico modo per non scomparire inghiottito dalle tenebre della cella che lo circondavano e per non perdersi in quei pensieri sempre più confusi che continuavano ad assalire la sua mente, in quel momento così fragile e tormentata.
Lentamente abbassò il capo, guardando il proprio corpo prono.
Non indossava più la tunica di Theoric, di stoffa bianca e leggera, che veniva portata dagli Einherjar sotto all'armatura, né i pantaloni lunghi e gli stivali.
Questi gli erano stati letteralmente strappati di dosso con forza, prima che lui venisse condotto alle celle, ed era stato rivestito con una casacca sgualcita, dei calzoni corti fino al ginocchio e una specie di gilè di pelle stracciato.
Erano indumenti umili, da schiavo più che da principe e Loki sapeva bene che quella era stata un'altra idea del Padre degli Dei, per umiliarlo e farlo sentire ancora più inutile.
Mentre una nuova ondata d'ira lo assaliva, Loki desiderò con tutto sé stesso di non essere legato con le braccia alla parete alle sue spalle.
Se avesse avuto le mani libere si sarebbe di certo strappato di dosso quella orribile casacca.
Odiava quegli indumento, ed ora era costretto ad indossarli per tutto il tempo trascorso in quell'assurda prigionia.
Reprimendo a fatica quell'improvviso attacco di collera, Loki cercò di muoversi, con cautela, ma le catene glie lo impedivano e la spalla, ora insieme a molti altri punti del corpo, gli dolevano intensamente.
Allora Loki si abbandonò con la schiena contro la parete umida e fredda alle sue spalle, lasciando che tutto il peso del suo copro venisse sorretto dalle catene.
Si sentiva intorpidito dalla stanchezza al punto che sentiva solamente il dolore di giunture e muscoli.
Quanto era riuscito a dormire?
Non sapea dare una risposta a quella domanda.
Probabilmente non più di mezz'ora, visto che la posizione in cui era costretto gli faceva dolere tutto il corpo.
Tuttavia in quei pochi minuti di sonno, Loki aveva sognato.
Aveva sognato di lui e di Thor da bambini e la promessa che aveva fatto a sua madre tanti anni prima.
Un sogno.....Ecco cosa era stato....
Solo un orribile incubo che, però, ancora una volta, aveva riportato alla mente di Loki tutte le differenze che c'erano e c'erano state fra lui e Thor; il preferito da Odino.
Un sogno, ma non solo.
Il suo era stato anche un ricordo, Loki lo sapeva bene.
Il ricordo di un tempo in cui lui era ancora onesto e sincero; quando credeva che Odino fosse suo padre e Frigga sua madre.
Loki scosse il capo, desolato da quel pensiero crudele; perché sapeva che, per quanto avesse potuto fingere il contrario, pensava a Frigga ancora come a sua madre e sempre lo avrebbe fatto.
Perché se Thor aveva sempre avuto l'amore del Padre degli Dei, lui aveva invece avuto quello incondizionato di Frigga che non lo aveva mai considerato inferiore al fratello maggiore e lo aveva trattato come se Loki fosse stato veramente suo figlio, e lui per questo l'avrebbe sempre chiamata madre....
Sua madre....
Ancora una volta, come ormai capitava sempre più spesso, la mente di Loki iniziò a vagare per conto suo, sospinta lontano dai propri ricordi e dai propri pensieri.
Da quel giorno in cui Frigga gli aveva spiegato come poteva riuscire ad apprendere la magia grazie ai libri, Loki aveva iniziato a leggere ogni singola pagina dei volumi rilegati che giacevano nella vasta biblioteca di Asgard.
Si era esercitato di nascosto, quando Thor non lo vedeva, perché poi avrebbe voluto mostrare a lui per primo le sue capacità.
Voleva stupire il fratello maggiore con la propria magia.
Con il passare degli anni il suo potere era cresciuto, insieme con il suo corpo che, da quello di un bambino era diventato adolescente e poi uomo.
Così Loki si era trasformato in quello che tutti chiamavano il maestro della magia; l'uomo tenebroso e silenzioso; il fratello di Thor che per il suo comportamento e le sue idee; se ne stava molte volte in disparte, lontano da tutti.
Aveva iniziato anche a servirsi della magia per fare scherzi di ogni genere e tutti a corte lo evitavano.
Aveva ottenuto il rispetto che voleva, ma in un modo che certo non si era aspettato.
Prima di lui c'era sempre Thor e, da quando Loki aveva iniziato a fare magie, la maggior parte degli asgardiani aveva preso a guardarlo con inquietudine.....
Improvvisamente Loki venne colto da un capogiro e per un momento il suo stomaco parve rivoltarsi, riportandolo di nuovo bruscamente con i pensieri alla realtà.
Dovevano essere la fame e la sete che iniziavano a renderlo troppo debole.
Loki strinse i denti e, a poco a poco, l'ondata di malessere si attenuò.
Deglutendo a vuoto Loki tornò a scivolare inerte contro la parete fredda alle sue spalle.
Sapeva che la sua mente stava divagando e, sapeva con altrettanta certezza che, se avesse continuato a pensare a sua madre, avrebbe solo finito con il ferirsi con le sue stesse mani.
Eppure non riusciva a smettere di pensare a lei.
Loki aveva amato profondamente sua madre, quando ella era in vita, e la amava anche ora che se n'era andata.
L'amava, eppure era riuscito a fare del male anche a lei.
L'ultima volta che aveva avuto l'opportunità di parlarle, Loki si trovava ancora una volta imprigionato.
Lei era andata a fargli visita per consolarlo e per cercare di farlo ragionare e lui, invece di esserle grato per la sua vicinanza, le aveva parlato malamente.
Le aveva detto che lui non pensava che lei fosse sua madre.
Che non la riteneva sua madre....
Era stata una menzogna crudele.
Una menzogna delle tante che lui aveva raccontato agli altri, ma anche una delle più difficili da dimenticare.
Lui si era subito sentito un mostro, ma ormai era stato troppo tardi per rimediare.
Con quelle parole taglienti, lui lo sapeva bene, aveva fatto stare male Frigga; quella donna magnifica che gli aveva voluto bene come se lui fosse stato realmente suo figlio e non il bambino abbandonato di un perfido gigante di ghiaccio.
Lei che lo aveva sempre guardato con affetto e trattato con gentilezza, che lo aveva protetto innumerevoli volte dalla furia di Odino, sia da bambino, quando lui si limitava a combinare qualche innocuo scherzetto, sia da adulto, quando gli scherzi erano diventati tremendi e a volte spaventosi.
Lei non aveva mai smesso di fidarsi di lui, di pensare che in Loki ci fosse del buono.
Era stata sempre lei ad aiutarlo quando era in difficoltà, a consigliarlo, a dirgli che lui era speciale e ad avere sempre fiducia in tutto ciò che Loki faceva.
Frigga....
Loki poteva ancora sentire la sua voce dolce ma decisa, la sua mano soffice mentre gli carezzava la guancia o le sue braccia attorno al corpo quando lei lo stringeva a sé.
Pensò improvvisamente all'affetto particolare che li aveva legati, alla magia che avevano condiviso.....Tutto dissolto, ormai....
Loki trasse un intenso respiro fremente, sentendo una calda lacrima che dalle ciglia ruzzolava giù, sulla sua guancia, finendo a terra, dinnanzi alle sue ginocchia piegate.
Da quando lei era stata uccisa da Malekith, l'unico legame che Loki ancora aveva con Frigga era la magia che scorreva nelle sue vene, il dono di una madre al proprio figlio.
Un dono che lui aveva promesso di usare sempre con saggezza, senza mai perderlo; abbandonarlo.
Ma ora, dopo tanti anni, aveva infranto entrambe le promesse e Loki non era certo fiero di ciò che aveva fatto.
Il dolore per la perdita della magia era ancora vivo dentro di lui, così come l'odio bruciante verso il Padre degli Dei che lo aveva punito, privandolo dell'unica cosa che lo legava alla madre.
Per il momento non poteva fare nulla per cambiare i fatti; doveva solo continuare ad andare avanti, aspettando il momento più opportuno per plasmare nuovi inganni con cui liberarsi da quella cella.
Per il momento doveva sopportare l'assenza tormentosa della magia; la sua compagna da una vita intera.
Da piccolo aveva vissuto per anni senza utilizzarla, ignorandone addirittura l'esistenza, prima che Frigga gli insegnasse ad usarla.
Eppure non poteva fare a meno di soffrire.
Provava un indicibile senso di vuoto che lo consumava, come se avesse perso una parte importantissima di sé stesso.
Si ripeteva che lui era sempre lo stesso di quando aveva la magia.
Che era sempre capace di ingannare e creare illusioni, perché lui era e sarebbe sempre restato Loki; il Dio degli Inganni.
Eppure la magia gli mancava.
Gli mancava la sensazione del potere che riusciva ad evocare, la forza degli incantesimi che prendevano forma dalle sue mani.
Non avrebbe mai dovuto sostituirsi al vero Theoric, si rimproverò improvvisamente.
Avrebbe dovuto semplicemente fuggire attraverso il Bifrost per andare a nascondersi su Jotunheim, in attesa di riuscire ad ideare un piano più assennato.
Invece si era lasciato guidare dall'impulsività e aveva scelto la via sbagliata.
Ora era troppo tardi per rimediare a quell'errore.
Era stato costretto a sposare una donna che non amava; una sciocca fanciulla che era persino riuscita a smascherare il suo inganno ed ora era prigioniero nelle celle più remote della Città Eterna.
Una sensazione di inutilità si mescolò alla rabbia che già aveva invaso i suoi pensieri.
Aveva creduto che fosse impossibile che Thor e Odino potessero riuscire a trionfare di nuovo.
Ora sapeva che si era sbagliato.
Ed all'improvviso, quasi a tradimento, Loki sentì salire in lui la furia; il terrore di non poter mai uscire da quella lurida cella, di dover restare sempre imprigionato immobile contro alla parete della prigione, con le catene ai polsi e alle caviglie, oppure di morire di fame e sete.....
Allora, spinto dall'esasperazione Loki urlò e l'eco del suo grido rimbalzò sulle pareti della cella nella quale era prigioniero, moltiplicandosi all'infinito.
Gridò ancora e ancora, con tanta forza da ferirsi la gola.
Poi, lentamente, si lasciò ciondolare inerte, sostenuto solo dalle catene che lo legavano alla parete.
Fu allora che un lento, cupo sorriso, gli tese le labbra sottili.
Eccola lì, la follia, che strisciando silenziosamente, tornava a fargli compagnia.
 
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" Lo faccio solo per lui. Solo per Theoric."
Sigyn stava ancora ripetendo nella propria mente queste parole, come una sorta di preghiera che le potesse infondere il coraggio che ella sentiva di non possedere, quando il portone di metallo intarsiato che la separava dal resto di Asgard si chiuse pesantemente alle sue spalle, lasciandola sola e spaurita, nel buio più assoluto.
Per un istante la donna rimase ferma come una statua, nell'oscurità che la attorniava, ascoltando il suono del suo respiro affrettato e il battito del suo cuore agitato.
Poi, annaspando alla cieca, si mosse contro la parete, tastandola finché trovò una serie di torce infisse in staffe di ferro, inchiodate dalla roccia umida.
Dopo averne estratta una, la giovane donna sfregò insieme la pietra focaia ed il sasso che, fortunatamente si era ricordata di portare con lei, prima di mettere piede lì dentro, finché una scintilla riuscì ad accendere la pece di cui era rivestita la torcia.
Attorno a lei, dapprima fiocamente e poi sempre più chiaramente, iniziarono a delinearsi i contorni delle pareti della prigione.
Allora, tendendo alta la fiaccola davanti a sé, Sigyn lasciò che i suoi occhi si abituassero all'ambiente e quando ciò avvenne, lei si ritrovò ad osservare uno stretto corridoio che si delineava davanti a lei.
Poco più avanti, i deboli contorni di gradini rozzamente intagliati nella roccia scomparivano in basso, nel buio.
Con il cuore in gola, Sigyn iniziò ad avanzare, conscia che non aveva molto tempo a sua disposizione per trovare Loki e poter parlare con lui.
Heimdall era stato chiaro: avrebbe continuato a mantenere il segreto della sua visita a Loki solo se ella si fosse recata nelle prigioni disarmata e se avesse solamente parlato con il prigioniero.
Se avesse tentato di liberarlo, il guardiano del Bifrost avrebbe dato l'allarme.
Solo lei poteva andare ed inoltre aveva poco più di una ventina di minuti per farsi dire dal Dio degli Inganni che cosa lui avesse fatto a Theoric.
Venti minuti, perché era esattamente questo il tempo che Thor stimava sarebbe riuscito a trattenere le guardie lontano dalla porta principale delle prigioni con la scusante di un furto che, effettivamente, era realmente avvenuto.
Solo che le guardie non sapevano che il ladro era lo stesso Thor che, dopo averlo sottratto, aveva nascosto il maltolto in un posto sicuro, dove sperava che le guardie avrebbero impiegato parecchio tempo prima di rintracciare.
Normalmente, anche questo sarebbe stato considerato un tradimento da Heimdall, dato che Thor aveva orchestrato quella innocua messinscena solo per aiutare Sigyn a raggiungere le prigioni sotterranee; ma il grande guardiano dalla pelle scura aveva promesso alla giovane donna quel poco di tempo che forse le avrebbe permesso di ritrovare Theoric, perciò avrebbe lasciato correre.
Scaduto quel tempo, però, se Sigyn si fosse travata ancora nelle prigioni, sarebbe stata nei guai, perché nessuno più l'avrebbe potuta proteggere.
Nel buio, il suono solitario dei suoi passi si riverberava sulle pareti in echi strani, inquietanti.
Più si inoltrava nei corridoi più il gelo dell'atmosfera si intensificava, facendola rabbrividire di continuo.
Le prigioni erano fredde e sembravano conservare nelle loro mura un gelo antico che era stato sigillato con esse e con il loro ricordo, quando Odino aveva decretato che venissero costruite le nuove prigioni, più vicine a palazzo; direttamente nei suoi sotterranei.
Queste erano più lontane, dalla reggia del Padre degli Dei e perciò più scomode da raggiungere, anche se erano ancora ben funzionanti, a quanto sembrava.
Non sorvegliate da forze magiche come le prigioni nuove, ma semplicemente munite di buone e robuste porte di metallo e di catene ancor più resistenti.
Queste erano le prigioni più buie di Asgard; un luogo orribile che i più avevano dimenticato.
Non c'era infatti anima viva là sotto.
Essere tanto soli era strano, e anche spaventoso, pensò Sigyn mentre percorreva a passo lento, quasi controvoglia, il lungo corridoio della prigione.
Avrebbe dovuto avvertire almeno il palpitare della vita di persone che non fossero lei, magari il rumore dei passi di qualcuno che si aggirava fuori da quelle mura antiche.
Ma non era affatto così.
Non c'era nessuno lì; nessun insetto, nessun animaletto strisciante; nemmeno un topo.
Solo il silenzio, profondo e pervadente.
Sigyn s'impose la calma, dicendosi di non guardare indietro per evitare che il desiderio di tornare sui suoi passi la spingesse ad abbandonare i suoi propositi e continuò a camminare.
Ora capiva in quale tipo di solitudine era stato lasciato Loki.
Non era per nulla uguale a quella in cui si era trovata lei, in quei giorni passati chiusa nella sua camera.
Con lei c'era stata la presenza costante delle guardie, vigili sentinelle fuori dalla porta della camera.
Sigyn si era comunque sentita sola, ma adesso si vergognava quasi d'aver pensato certe cose.
Si sentiva come una bambina capricciosa, perché si rendeva conto che la sua solitudine non poteva essere minimamente paragonata a quella del fratello di Thor.
Tenendo la torcia davanti a sé, Sigyn continuò ad avanzare con cautela nella prigione dimenticata, scrutando smarrita le mura che si alzavano attorno a lei, domandandosi come avrebbe potuto riuscire a trovare il Dio degli Inganni in tutti quei cunicoli identici fra loro e, cosa ancora più importante, come avrebbe fatto a tornare fuori.
I suoi passi la condussero in un labirinto di corridoi bui, immersi nell'oscurità e mentre avanzava lentamente, tentando di scrutare in quel buio opprimente, quasi impenetrabile persino alla luce della torcia, riuscì ad individuare alcune porte di ferro situate ad intervalli regolari nelle solide pareti di pietra.
Ognuna di queste porte era munita di un chiavistello chiuso ed i cardini e la loro struttura erano quasi totalmente arrugginiti.
Mentre vedeva sfilare tutte quelle porte, Sigyn si sentì sopraffare dall'orrore, pensando alla gente che vi era stata rinchiusa.
Sapeva che erano stati tutti quanti dei criminali, ma la cosa serviva solamente a renderla ancor più allarmata.
Sigyn si avviluppò più strettamente il mantello azzurro attorno al corpo, costringendosi a proseguire, nonostante la propria riluttanza, scacciando la vocina interiore che le diceva di tornare sui suoi passi il più in fretta possibile.
Cautamente tornò a studiare le porte, alla ricerca di un qualche segno che le potesse far intuire se una di queste era stata aperta negli ultimi giorni.
I chiavistelli erano tutti ai loro posti, arrugginiti e nessuna dava impressione di essere stata usata.
Non negli ultimi cento anni, almeno.
Mentre imboccava un corridoio dopo l'altro, muovendosi quasi a caso, Sigyn iniziò a perdere il conto delle porte che vedeva sfilare ai due lati dei cunicoli scavati nella roccia.
Poi, improvvisamente un urlo lacerò l'aria circostante, facendola sobbalzare violentemente.
Per poco la fiaccola non le cadde di mano e Sigyn, tremando s'immobilizzò di colpo, facendo saettare lo sguardo da un lato all'altro del corridoio.
Era più che certa che quell'urlo fosse giunto al suo udito fuoriuscendo da una delle celle più vicine a lei.
Era stato un urlo disperato, potente, rauco e colmo di orrore.
Sigyn deglutì a vuoto e trattenne il fiato, senza trovare dentro di sè la forza per andare avanti.
Era la voce di Loki, quella?
Ella non poteva esserne sicura, perché l'urlo che aveva sentito era tanto sofferente e animalesco che avrebbe potuto appartenere a qualunque disperato rinchiuso in una di quelle celle dimenticate.
Ma lì sotto non c'era forse solo il fratello di Thor?
Sigyn rabbrividì, stringendosi il mantello sulle spalle, anche se sapeva bene, ormai, che il freddo che percepiva in tutto il corpo non era solo dovuto alla temperatura del luogo che la attorniava, ma scaturiva dal proprio timore.
Improvvisamente l'idea di avventurarsi da sola nelle antiche prigioni asgardiane gli piaceva sempre meno.
Ancora paralizzata da quell'urlo, continuò a trattenere il fiato, ascoltando intensamente, ma non avvertì altro.
Nelle prigioni era tornato il silenzio.
Il fuoco che ardeva all'estremità della fiaccola fra le sue mani, guizzò leggermente, quando lei tornò a respirare ed ella fissò per un istante la fiamma gialla, quasi sperasse di assorbire da essa un po del suo calore, per farsi coraggio.
Quindi, respingendo il nodo di terrore che le saliva alla gola, Sigyn percorse l'ultimo tratto che la separava da quella che lei stimava essere la cella da dove poco prima aveva sentito fuoriuscire quell'urlo disperato che tanto l'aveva atterrita.
Si fermò davanti alla porta della cella, con il cuore che le martellava in petto.
Per un istante rimase lì, immobile, a guardare la porta davanti a lei.
Questa, al contrario di tutte le altre porte, aveva molti graffi nel metallo e la polvere era stata spazzata via dal chiavistello.
Quella porta, quindi, era stata usata di recente.
" è pura follia!" pensò improvvisamente Sigyn, restando impalata dinnanzi alla porta ancora chiusa della cella " Loki non mi dirà mai la verità.".
Aveva paura, ma doveva dare a tutti i costi un'occhiata dentro.
Doveva provare a parlare con il fratello di Thor, anche se sapeva che lui avrebbe di certo tentato di ingannarla.
Così, tornò a volgere lo sguardo tutt'attorno a sé e immediatamente notò che, accanto alla porta, appesa ad un gancio, era sistemata la chiave che l'apriva.
Nessuna delle guardie si era curata di portarla via con sè, dato che nessuno immaginava che ci fosse qualcuno in tutta Asgard tanto dissennato da andare a fare visita al principe traditore.
Invece una persona tanto pazza da andare a cacciarsi lì sotto c'era, pensò amaramente Sigyn.
Ma lei lo stava facendo per Theoric, non per Loki, giusto?
Lentamente si allungò e sfilò la grande chiave dal supporto, soppesandola per un istante fra le mani, esitando solo un attimo, riconsiderando ciò che stava per fare.
Ma ormai era arrivata sin lì, aveva chiesto aiuto a Thor per riuscirvi e non poteva più tirarsi indietro.
Quindi, ricordando a sé stessa che il tempo a sua disposizione era poco, infilò la schiave nella serratura con mani tremanti, facendola girare due volte.
Il lucchetto cigolò, arrugginito dal tempo, poi il chiavistello scivolò via.
Allora Sigyn spinse la porta di ferro verso l'interno.
Fu allora che, improvvisamente, quasi a tradimento, nella mente di Sigyn tornarono a farsi sentire le ultime parole che Thor le aveva rivolto in tono pressante prima di lasciarla sola: << Stai attenta quando parli con Loki. Mio fratello non è una di quelle persone che possono essere definite tipi raccomandabili. Non ha più la magia dalla sua parte, ma resta pur sempre un ingannatore. Cercherà di confonderti e sviarti con indovinelli sulla verità che tu vuoi scoprire; schernendoti, dicendoti cose che tu non vorresti sentire e meno di quanto desideri sapere. Raccomandarti di fare attenzione è il minimo che io possa fare. Non lasciarti ingannare da lui. >>.
Sigyn sentì un tremito freddo, poi una lenta risata la accolse all'interno della cella.
  
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