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Autore: alessandroago_94    01/02/2018    7 recensioni
Altra raccolta di componimenti poetici molto semplici.
Genere: Generale, Poesia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il rumore della caduta

IL RUMORE DELLA CADUTA

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il rumore della caduta;

quando scivolo, la testa penduta

verso il basso,

la paura di aver commesso un passo falso,

il timore

provocato dalla consapevolezza dell’errore

commesso,

concesso,

spietato,

spiritato.

Caduto, mi fan male i ginocchi,

ai piedi legati dei blocchi

di cemento che m’impediscono di rialzarmi;

provo dolore, ma devo arrangiarmi,

nessuna mano amica ad aiutarmi,

soffoco e sopprimo un ardore inconsueto,

generato da un dolore profondo e pacato,

in qualche modo educato,

che nel mio cuore tanto spazio si è procurato.

Cado, e in bocca mi sembra di avere una manciata di sale,

dal tanto che provo disgusto e male,

male dentro,

male al centro

del petto, soffuso,

che si espande, generoso,

in un cuore tenebroso.

Non voglio ricordare il passato;

esso mi ha già plagiato,

condizionato,

se ricordo sto ancora peggio,

scivolo lungo il malevolo pendio,

se lo faccio sono spacciato,

ne esco devastato.

Meglio non ricordare,

e dal presente lasciarsi trasportare.

Allora sì,

così,

mi par di poter pensare meglio al futuro

e il mondo sembra meno duro.

Quindi mi rialzo,

con un balzo,

sono di nuovo in piedi

e non mi limito ad affrontare pesi medi,

vado sul tosto, sono pronto a tornare

per sfidare ogni genere di sfide amare.

Quando cado, però, non è sempre facile

rialzarmi da terra,

amabile,

un cervello chiuso in una serra,

nella sua umidità profonda,

da culla antica, rotonda,

cammino quasi fossi di ronda,

in trincea per combattere una lontana guerra.

E se provassi a resistere?

A non cadere?

A cercare di lottare,

di dire no a ciò che mi fa star male?

No, un no a quel che mi fa soffrire,

un no a ciò che il fondo mi fa sfiorare

con le dita delle mani,

dai miei polpastrelli vani,

dai sogni infranti

in una marea di sguardi sognanti.

Il rumore di una caduta

è pari all’effetto di qualche sorso di cicuta;

a volte, un no può salvare una giornata,

può donare un sorriso per una mattinata,

può non lasciarci ferire,

marcire,

infliggere pene pari al flagello,

che nel cuore poi genera peso e fardello.

Non voglio più cadere,

sono stanco di cadere,

il fondo è lì,

sì,

ad un passo,

ad un dito,

pare così inflitto,

colpo basso,

proibito;

e pensare che è come un panino farcito,

non si sa mai quel che ci potrà riservare,

non lo si può immaginare,

per comprenderlo bisogna soffrire,

prestarsi al suo gioco e al suo aggredire

costante,

mutante,

senza timore

di essere mordace, di fare rumore,

perché la caduta stessa è rumore,

rumore interiore,

e quando a nulla si crede più,

ecco che si cade definitivamente giù.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

NOTA DELL’AUTORE

 

 

Piccola poesia scritta puramente per svago, non porta alcun significato importante con sé, è solo una sorta di descrizione di quel che provo quando, a volte, deluso da qualcosa, mi sembra di toccare il fondo.

Grazie per l’attenzione, come sempre ^^

 

   
 
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