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Autore: bittersweet Mel    01/02/2018    1 recensioni
The World è una grande città spezzata a metà, da una parte le ville e il lusso, dall'altra le palazzine malfamate e la povertà.
Roxas vive nella sua splendida casa, il giardino perfetto e una famiglia all'apparenza perfetta; Axel convive con due amici e fatica a pagare l'affitto, ma continua a coltivare il sogno di diventare un attore.
Il giorno in cui si incontreranno tutte le problematiche della grande città si fonderanno e inizieranno a farsi pian piano sempre più pressanti.
[ Axel/Roxas ]
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Axel, Demyx, Roxas, Ventus
Note: AU, Lemon | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun gioco, Altro contesto
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Axel aveva camminato lentamente lungo la via di casa, proprio come si era ripromesso di fare.
Una sigaretta tra le labbra, la borsa a tracolla che ciondolava al suo fianco ad ogni passo, e il corpo stanco per l’intensa giornata di lavoro.
Il ragazzo aveva perso tempo a guardare le vetrine dei locali che più gli piacevano, sostando all’ingresso solo per osservare le persone che entravano e uscivano, finché il cielo non era andato via via a scurirsi.

« E’ il momento di tornare a casa », aveva mormorato allora, pronto a mangiare un panino e poi mettersi a letto, cercando di ignorare il desiderio di afferrare il cellulare e rimangiarsi la parola data.
Non avrebbe chiamato Roxas così come non gli avrebbe scritto, per lo meno per qualche giorno.
Non sapeva ancora cosa gli avrebbe detto o come si sarebbe giustificato, ma sicuramente, pensava, qualcosa avrebbe trovato.
Di  certo, alla fine,  non si aspettava di affrontare quella conversazione proprio quella sera; si era immaginato tante volte la scena, lui, seduto davanti ad un tè caldo, il biondo con le dita che torturavano le pellicine vicino all'unghia, ed Axel che parlava tranquillamente, sorseggiando la bevanda calda, spiegando tutto quello che gli era passato per la mente in quegli ultimi giorni. Una scenetta tranquilla, in un pomeriggio estivo, col sole al tramonto e il suono lontano delle automobili che si allontanavano dal centro città.
Axel aveva immaginato Roxas talmente tante volte in quei giorni che nemmeno si stupì nel vederlo davanti all’ingresso della sua palazzina proprio quella sera.
All’inizio l’aveva scambiato per l’ennesima fantasia – lì, all’ombra del condomino, lontano dall’unico lampione funzionante- , ma via via che gli si era avvicinato si era reso conto che quello era il vero Roxas, in carne ed ossa.
Allora il fulvo si era irrigidito immediatamente, fermandosi addirittura a pochi passi da lui come se gli occhi di Roxas avessero il potere di trasformarlo in pietra.
Una versione moderna di Medusa con i capelli biondi senza i serpenti e degli attributi in più tra le gambe.
Axel si leccò distrattamente le labbra secche e continuò a guardare Roxas poco lontano, appoggiato contro il muro pieno di graffiti, finché trovò il coraggio di andare lì da lui.
Si era aspettato una visita dell’altro ragazzo in quei giorni, dopotutto anche lui avrebbe fatto lo stesso se Roxas avesse smesso all’improvviso di rispondere alle sue chiamate, eppure ne era rimasto stupito e impreparato. 
Axel riprese a camminare, un passo nervoso dopo l’altro, e si fermò ancora una volta, non appena la flebile luce del lampione lontano non illuminò il volto del giovane.

«  Oddio, che hai fatto?! », riuscì a dire solamente, gli occhi che si sgranavano leggermente alla vista del sangue incrostato e dei vari lividi marcati sopra la guancia.
Roxas davanti a lui scrollò semplicemente le spalle, gli occhi puntati verso il volto di Axel.

«  Ora mi parli? », fu l’unica risposta che uscì dalle labbra del biondo, mentre il suo sguardo si faceva leggermente astioso, ma al tempo stesso offeso.
Gli occhi di Axel si socchiusero, colpevoli, e un leggero sospiro gli uscì dalle labbra.
Compì gli ultimi passi che lo separavano da Roxas e si fermò ad un solo passo di distanza da lui, gli occhi verdi che seguivano il contorno arrossato del livido più grande.

«  Davvero, che ti è successo?», domandò nuovamente Axel, mentre nella testa si diceva che non poteva essere stata Naminé, che una madre non avrebbe mai potuto fare una cosa del genere.
Eppure era quella la sua preoccupazione e Roxas parve intuirla, come se Axel l’avesse detto apertamente e non tra le righe come aveva appena fatto.

«  Ovviamente non è stata mia mamma. Cazzo Axel, non è quel tipo di donna », sbottò Roxas in risposta, scuotendo la testa e passandosi una mano tra i capelli, leggermente seccato.
Certo, sua madre non era la donna migliore del mondo, ma non era mai andata oltre ad uno o due schiaffi o qualche ciabatta lanciata nel corridoio quando trovava in giro troppo disordine.
Axel incassò le spalle, sentendosi un grandissimo stronzo per aver anche solo pensato una cosa del genere.

«  Scusa », mormorò solamente il fulvo, mentre allungava il braccio e passava delicatamente l’indice sopra lo zigomo del biondo.
Roxas gli scacciò via la mano l’istante dopo, occupando prontamente con il palmo aperto della mano l’intera guancia.

«  Scusa », bisbigliò ancora una volta il maggiore, ritraendo la mano solo per lasciarla ciondolare lungo il fianco.
Ancora gli occhi di Axel non riuscivano ad allontanarsi dai lividi di Roxas, attirati come una calamita al ferro.
Per qualche secondo calò un silenzio tetro, spezzato solamente dalle televisioni sintonizzate ad alto volume del condominio.
Axel sollevò il capo e guardò le finestre spalancate e le luci accese, ascoltando la televisione del primo piano che trasmetteva il telegiornale della sera.
Poi sospirò.

«  Davvero ….», cominciò a parlare, tornando ad abbassare lo sguardo verso Roxas, « che ti è successo? »
Roxas continuava a toccarsi la guancia, lasciando che gli occhi azzurri scivolassero sopra al volto di Axel con una certa indecisione.
Sembrava sempre sul punto di dire qualcosa, di aprire la bocca e dire ogni cosa gli passasse per la testa, ma per un motivo o per un altro non spiccicava parola.
Voleva dire ad Axel che gli era mancato, che era stato davvero uno stronzo a non rispondergli, ma soprattutto voleva dirgli apertamente che finalmente aveva capito che cosa voleva, chi voleva.
Eppure le labbra del biondo si limitavano a schiudersi, ma nessuna parola voleva uscire.
Axel inspirò piano, con il caldo della città che gli si appiccicava sulla pelle, e poi sospirò.
Prese a frugare nella borsa a tracolla alla ricerca delle chiavi.

«  Andiamo, vieni su in casa, ti do qualcosa per quei lividi. »
«  Non ho bisogno di niente», ribatté prontamente il biondo, allontanando la mano dalla guancia ferita e portandosi entrambe le braccia al petto.
Axel sospirò ancora una volta, le labbra che si assottigliavano leggermente.
Non aveva idea di cosa dire, di come spezzare quell’aria tesa che si riusciva a respirare tra di loro.
E di è la colpa?”, si domandò subito, dandosi dell’idiota.
Sua e di nessun altro.
Il fulvo si schiarì la voce e abbandonò la ricerca delle chiavi, lasciando scivolare la borsa contro la coscia.

« Roxas, se sei venuto qui dovrai pure volere qualcosa. »
Quella frase parve colpire nel vivo il ragazzo, perché finalmente l’espressione del biondo mutò leggermente.
Qualche piccola cambiamento qua e là, tra gli occhi e le sopracciglia, nella piega delle labbra e nel colorito delle guance.
Axel lo vide mormorare qualcosa e poi schiarirsi la voce.

«  Perché non hai risposto alle mie chiamate? E’ per questo che sono qui, voglio saperlo», Roxas si schiarì nuovamente la voce prima di continuare, « se non vuoi più vedermi almeno dimmelo, perché … perché sono rimasto due giorni interi a pensarti, a chiedermi che cosa diavolo ti avessi fatto, ed è stato così stupido che … che … »
Roxas serrò le labbra e scosse la testa, le parole che pian piano scemavano lentamente nel silenzio della notte.
Ancora una volta la televisione al piano di sopra suonò nella via e Axel sospirò.
Il fulvo si passò la mano tra i capelli e si sentì ancora peggio di poco prima; i sensi di colpa pian piano si fecero strada nel suo corpo e gli lasciarono la bocca secca.
Poi, finalmente, riprese la parola.

«  Hai solo sedici anni », disse alla fine, come se l’età di Roxas fosse l’unica causa dei quei giorni di silenzio.
Il biondo accusò il colpo, ma scosse la testa, negando le parole dell’altro.

«  Lo sapevi dall’inizio, mentre ora è un problema? »
«  No, cazzo, non è l’unico problema. Ti sei visto in faccia per caso? Quello è un problema, e non vuoi nemmeno dirmi cos’è successo », perché Axel era certo, sicuro al cento per cento, che ne fosse lui la causa.
Quante possibilità c’erano che Roxas fosse caduto ripetutamente dalle scale? Zero.
Quante probabilità c’erano, invece, che per colpa sua e di quel bacio ora il biondo si trovasse in qualche situazione scomoda? Molte di più.
Axel serrò le labbra e tornò a guardare il livido arrossato sopra lo zigomo di Roxas e sentì la pancia contrarsi dolorosamente. Represse a fatica l’istinto di avvicinarsi a lui e accarezzarlo nuovamente, di stringerlo a sé come se fosse il tesoro più prezioso.

« Questo non è importante », cominciò il biondo, indicandosi la faccia, «  non per me. »
« Ma per me sì, invece. Non voglio metterti in una brutta situazione. »
Era questo che temeva Axel, l’idea di poter trascinare Roxas in qualche dramma troppo grande per un sedicenne.
Era ancora un ragazzino, come poteva uscirne indenne?
Axel scosse ancora la testa, ma prima che potesse parlare il biondo tornò all’attacco.

«  Sono gli altri ad avere dei problemi, non io. Io voglio … Io voglio provare a stare con te, perché non dovrei stare insieme all’unica persona che mi fa sentire importante? »
Il fulvo si umettò le labbra, immagazzinando lentamente le parole di Roxas.
Voleva stare con lui.
Roxas.
Il ragazzo che aveva incontrato più di due mesi prima, il ragazzo che gli aveva tolto il fiato dalla prima volta.
Una sensazione di euforia e calore gli colorò le guance ma, al tempo stesso, non riuscì a dire semplicemente di sì, ad esultare ed esserne felice come avrebbe voluto davvero.
Axel scosse la testa, sospirando, mentre un sorriso amaro gli si formava sopra le labbra.

«  Tu non sei gay, Roxas », gli disse semplicemente, abbassando lo sguardo.
Non lo era due mesi prima, come poteva esserlo ora?
Roxas aprì la bocca per ribattere, ma Axel continuò a parlare, imperterrito.

«  Tu non baci i ragazzi, a te non piacciono gli uomini. Sei solo confuso. »
«  Non puoi saperlo te per me! »
Roxas fece un passo avanti, offeso come se Axel gli avesse appena tirato uno schiaffo in pieno volto.
Il maggiore osservò l’espressione ferita del biondo e deglutì, continuando ugualmente a parlare.

«  Prenditi due o tre giorni per pensare e ti renderai conto che  non vorrai passare il resto dei tuoi giorni insieme a me, insieme ad un ragazzo. Non è così semplice come sembra, non è facile dire a tutti “Ciao, sono gay” e aspettarti che il mondo intero lo apprezzi.
Roxas, ti prego, pensaci davvero.
»
Axel ne sarebbe stato felice, felice per davvero, e fino a qualche giorno prima avrebbe pagato quei pochi soldi che possedeva pur di sentire Roxas dire quelle parole, eppure ora voleva solo ricacciargliele in bocca.
Dopo aver visto lo sguardo di Naminé, dopo aver sentito le sue parole.
Come poteva prendere Roxas con sé sapendo che sua madre lo avrebbe detestato?
Axel scosse ancora la testa e fece un passo indietro, grattandosi nuovamente la nuca.

«  Non voglio costringerti a litigare con la tua famiglia, magari con i tuoi compagni di classe, non voglio essere io a farti stare male. »
«  Non sono un bambino, so esattamente cosa mi fa stare male e cosa mi fa stare bene! Axel…», Roxas avanzò di un passo, quello che Axel aveva compiuto a ritroso poco prima, «  mi piaci. »
«  No, ti prego, pensaci. »
«  Mi piaci », Roxas diminuì nuovamente la distanza tra di loro, tanto che Axel riuscì a notare ogni più piccolo dettaglio del suo volto.
Il sangue incrostato attorno al naso, poi, lo fece indietreggiare nuovamente.

«  Roxas, per favore. »
Il biondo compì un altro passo, spezzando il respiro del maggiore.
Axel mise una gamba all’indietro, già pronto a fuggire; non poteva non guardare i lividi sopra al suo volto, così come non riusciva ad ignorare la forma delle sue labbra quando pronunciava quelle parole, la decisione nel suo sguardo mentre avanzava.

«  Voglio stare con te, mi piaci.»
Oramai Axel non trovò più il coraggio di indietreggiare, gli occhi erano incatenati a quelli di Roxas e le orecchie incantate dalle sue parole.
Quel ragazzino, un dannatissimo sedicenne, aveva più coraggio di lui.
Il fulvo scosse la testa, ma non aveva più niente da negare.
Non riuscì a parlare nemmeno una volta, nonostante avesse ancora così tante cose da dire.
Non lo fare. Non venire così vicino. Non posso resisterti. Non …”
Baciarmi.
Le labbra di Roxas si appoggiarono alle sue delicatamente, così come le sue mani scivolarono sopra al volto di Axel.
Un bacio leggero, soffice come una nuvola, che strappò un respiro roco al maggiore.
Inizialmente Axel rimase immobile, così come la bocca di Roxas contro la sua, perfino il tempo parve fermarsi.
Era stupido pensare che i secondi potessero immobilizzarsi solo per loro due, eppure era così.
Nella testa di Axel il tempo non contava più niente e, dio, quanto avrebbe voluto che il Mondo si fermasse proprio ora, in quel momento.
Senza nessun problema, senza nessun dramma, solamente le loro labbra unite, il profumo secco dell’aria calda e quello dolce di Roxas.
Solo quello.
Eppure la televisione tornò a suonare nell’aria e il respiro di Roxas si spezzò sopra le sue labbra.
Il tempo scorreva e Axel non poteva lasciarlo sfuggire via così.
Quella sera aveva detto tante cose – alcune brutte, altre meno- ma non poteva allontanarsi dal biondo proprio adesso.
Era impossibile non appoggiare le mani sopra al suo corpo e stringerlo a sé, era impossibile allontanare le labbra e continuare a respingerlo.
Allora Axel chinò il capo e schiuse le labbra, lasciando correre la mano destra dietro la nuca di Roxas.
Strinse i suoi capelli come aveva sognato spesso di fare e lo avvicinò a sé, la bocca umida e desiderosa solamente di assaggiare sempre di più lo splendido sapore del biondo.
Al teatro ne aveva avuto un assaggio leggero e quello gli aveva fatto volare il cuore fino in gola, ma ora …
Ora sentiva il respiro di Roxas infrangersi contro la sua bocca, le sue mani tremolanti sopra il volto, e il cuore non era più in gola, stava esplodendo nelle sue orecchie.
Tum-tum-tum
Un rombo sordo che attutiva tutti gli altri suoni, tranne il leggero schioccare delle loro bocche unite.
Axel ricambiò ogni secondo di quel bacio, lasciando scivolare la bocca sopra quella di Roxas, spingendo il volto in avanti fino a far scivolare la lingua tra le labbra schiuse dell’altro.
Il fiato gli si mozzò in gola nel sentire il corpo del biondo tremare appena, nel percepire il respiro di Roxas mischiarsi al proprio.
Lo baciò a lungo, stringendolo a sé, dimenticandosi di tutti quei “ non posso e non voglio”, perché baciare Roxas era bello proprio come aveva sognato, se non di più.


 
***


 
 
«  Ahia, mi fai male! »
«  Se tu stessi fermo te ne farei molto di meno. »
«  Ho capito, ma devi proprio strofinarci la carta igienica sopra? Non puoi tamponare? »
Roxas era seduto sopra la tavoletta del bagno, l’espressione sofferente e le labbra corrugate.
Axel, in piedi davanti a lui, tentava di tamponargli la guancia con un pezzo informe di carta igienica mal arrotolato, cercando di ripulire quei pochi residui di sangue.
Il fulvo si lasciò scappare un sospiro e scosse la testa, allontanando la mano dal volto del biondo.

«  Chi è l’adulto qui? Io, oppure te? », gli domandò semplicemente, tornando a punzecchiare la guancia dell’altro con la carta igienica imbevuta di disinfettante.
Roxas affilò lo sguardo e si limitò ad un 
«  ‘fanculo » appena udibile.
Lasciò cadere le braccia lungo i fianchi e rimase fermo, perfino quando Axel si divertiva a tirargli indietro i capelli e tamburellare le dita sulla guancia destra.

«  Comunque se vedo in giro quel tipo giuro che gli faccio male, anche se potrei finire in carcere per aggressione di minore. Insomma, ne varrebbe la pena. »
Roxas scrollò le spalle e si limitò a sbuffare un’altra volta, cercando di non commentare in nessun modo.
Non voleva mettersi a parlare di Hayner e di Xion, non adesso che le cose sembravano aver preso una piega così piacevole.
Pochi minuti prima erano sotto casa a baciarsi appassionatamente e ora riuscivano a parlare come al solito, senza alcun imbarazzo; perché rovinare tutto e parlare dei giorni passati?!

«  Hey Axel. »
Il fulvo abbassò il capo nella sua direzione e sollevò un sopracciglio, rispondendo con un semplice: “dimmi baby” che strappò un mezzo sorriso al biondo.
«  Questa sera posso rimanere qui, vero? », e dietro quel semplice “ vero?” c’era una sorta di minaccia velata, in attesa dietro ai suoi occhi chiari.
Se  Axel l’avrebbe scacciato via gliel’avrebbe fatta pagare cara, perché non aveva alcuna intenzione di tornarsene a casa.
Non voleva rivedere sua madre e nemmeno Ventus.
Il fulvo corrugò appena la fronte e gettò nel cestino la carta igienica – oramai un ammasso informe e umido-, prima di pulirsi le mani sopra ai pantaloncini del Jimbo’s.

«  D’accordo, ma solo per ‘sta sera. Non puoi sparire da casa e stare qui da me, lo sai. »
Roxas si alzò dal gabinetto e si tastò la faccia, umida di disinfettante e leggermente rigonfia, poi incrociò le braccia al petto.
«  E perché non potrei, uhm? »
Axel schioccò la lingua al palato e mimò un “ tsk” stizzito prima di rispondere alla domanda dell’altro.
Il fulvo allargò le braccia attorno a sé e prese a parlare.

«  Punto primo: già in tre facciamo fatica a camminare nella stessa stanza, in quattro saremmo delle sardine», indicò se stesso, prima la sua faccia, poi il suo petto, «  e punto secondo: tua mamma ha visto la mia faccia e potrei finire sul telegiornale della sera come rapitore e molestatore di minori. Dio, vorrei finire in televisione, ma non per questo. »
Roxas gli dedicò un’occhiata impietosita e alla fine sbuffò un: « d’accordo, d’accordo » prima di abbandonare il piccolo abitacolo e uscire verso la sala.
Era solo la seconda volta che entrava lì dentro, ma quelle quattro mura lo rendevano felice.
Si avvicinò alla cucina e domandò un: 
«  posso?» rivolto al frigorifero.
«  C’è una fetta di formaggio, dell’acqua, della birra e credo, credo … forse del prosciutto », cominciò Axel, avvicinandosi al biondo e aprendo per lui lo sportello.
Osservò la desolazione che regnava all’interno del frigorifero e sospirò, afferrando una bottiglia di Heineken e porgendone una a Roxas.
Il biondo accettò e aspettò che Axel le aprisse entrambe, prima di fermarsi sulla soglia della cucina, a pochi centimetri dall’altro.
Axel, adagiato contro al tavolino, riprese a parlare.

«  Non tornerai a casa, domani, vero? », gli domandò semplicemente, scrutandolo in volto.
Se c’era una cosa che aveva imparato in quei due mesi, era che Roxas appariva come una persona abbastanza ostile e difficile da decifrare, ma sotto sotto, se riuscivi a riconoscere i segni, diventava come un libro aperto.

«  Andrò da mia nonna per qualche giorno, poi tornerò a casa quando si saranno calmate le acque. »
«  Credi si calmeranno mai, se te ne vai via senza dire una parola?», Axel prese un lungo sorso dalla bottiglia, sospirando, «  quando gli dirai che ufficialmente stai insieme ad un ragazzo ci sarà una specie di tsunami, piuttosto. »
Roxas serrò appena le labbra, mentre un leggero filo di imbarazzo gli fece contrarre lo stomaco.
Ah, era vero, ora era ufficialmente il ragazzo di Axel.
Il ragazzo di Axel.
Il ragazzo di Axel.
Per quanto continuava a ripeterselo suona difficile da credere.
Senza nemmeno volerlo le sue labbra si torsero in un piccolo sorriso.

«  Ti rende felice lo tsunami? Dio, come sei contorto », borbottò Axel in risposta al suo sorriso.
Roxas allungò la gamba destra e punzecchiò la coscia dell’altro, prima di borbottare un: 
« non era per quello. »
Come se Axel non l’avesse già capito.
Da quando erano saliti nell’appartamento, il fulvo non aveva fatto altro che sorridere sotto i baffi, completamente dimentico dei drammi che aveva messo in tavola fino a poco prima.
Roxas era certo che ancora ci stesse pensando – all’età differente, ai problemi con Naminé, alla scuola-, ma sembravano pesargli molto di meno.
Le sue risate erano tornate libere e cristalline, gli occhi più sereni e, soprattutto, di tanto in tanto le sue labbra erano tornate a posarsi sopra quelle di Roxas senza alcun motivo o avviso.
Semplicemente in quegli ultimi minuti Axel si era chinato sopra al suo volto solo per lasciargli un bacio, come se non potesse seriamente credere a quella situazione.
Effettivamente era un po’ surreale perfino per Roxas.
Chi l’avrebbe mai detto, mesi prima, che entro poco il biondo sarebbe cambiato tanto?
A bere birra a casa del suo ragazzo, talmente vicino a lui da sentirne il profumo secco e forte.
Ancora una volta le labbra di Roxas tornarono ad accennare un piccolo sorriso.

«  Ti ricordi qualche giorno fa, quando sono venuto qui?» , gli chiese alla fine, guardando prima Axel, poi la piccola sala lì affianco.
Il più grande annuì, schioccando le labbra.

« Certo.» 
« Quella sera … Hai pensato di baciarmi?», era una domanda che gli ronzava nella testa da un paio di giorni, amplificata dalle parole di Demyx e Zexion.
Axel arrossì leggermente sopra le orecchie, mentre la mano destra risaliva velocemente lungo il retro della testa e si grattava distrattamente la nuca.

«  Sinceramente?»
Roxas voleva togliersi questo dubbio, perché nella sua testa, quella notte passata insieme, era considerata come il punto di svolta, la notte che gli aveva fatto capire che Axel gli piaceva davvero, e non solo come un amico.
«  Sì, sinceramente», disse allora, annuendo e tornando con lo sguardo sopra al fulvo.
Axel accennò ad un mezzo sorriso, forse un po’ imbarazzato, dal modo in cui le labbra si tendevano e tremolavano.

«  D’accordo. Ho pensato a baciarti dalla prima volta che ti ho visto, quindi sì, quella notte avrei tanto voluto farlo, accidenti. », Axel si schiarì la voce, schioccando le labbra e allargando ancora di più il sorriso sopra le labbra. Allungò la mano destra e l’avvicinò alla nuca di Roxas, sfiorandogli qualche ciocca bionda, «  poi alla luce di Shining eri ancora più bello, con quell’aria un po’ da sociopatico che ti dona tanto.»
Roxas sbuffò una mezza risata e afferrò la mano di Axel, allontanandola dai propri capelli solo per poterla stringere tra le dita.
Il pensiero di poter fare un gesto del genere, un semplice stringersi di mani, gli fece aumentare il battito cardiaco.

«  Grazie, do il meglio di me con i film horror.»
«  Ci credo, non preoccuparti », commentò Axel, allontanandosi dal tavolo per compiere quei due passi che lo dividevano da Roxas.
Gli strinse maggiormente la mano nella propria e chinò il capo verso di lui, appoggiando le labbra sulla bocca del ragazzo.
Inspirò lentamente, lasciando a Roxas la possibilità di fare altrettanto.

«  Quindi d’ora in poi posso dire che sei il mio ragazzo?», gli chiese Axel, adagiando la nuca contro quella del più piccolo.
Roxas si limitò ad annuire, sollevando il volto per poter schioccare un altro bacio.
Era normale comportarsi così? Già dal primo giorno?
Che diavolo ne sapeva Roxas, dopotutto. Aveva un sacco di cose da chiedere ad Axel: come funzionava una relazione, cosa dovevano fare d’ora in avanti, oppure se Axel avesse già …
Roxas socchiuse gli occhi e osservò il volto dell’altro ragazzo, socchiudendo le labbra.
Sì, probabilmente Axel sapeva come si faceva sesso e l’aveva anche già fatto.

«  A che pensi, ‘xas?», tornò la voce di Axel nelle sue orecchie, allontanandolo da quei pensieri.
Roxas si schiarì appena la voce e scosse un po’ il capo.

«  Ti va di vedere un film horror? Possiamo guardarlo in streaming dal tuo pc.»
Axel sollevò un sopracciglio e ridacchiò leggermente, allontanando il capo da quello di Roxas solo per schiarirsi la voce e scuotere, ancora, la testa.
«  Se avessi un computer sarei la persona più felice del mondo. Diciamo che ho un cellulare, possiamo vedere qualcosa da lì. Su youtube ci sono diversi film horror.»
«  Passi le notti così di solito?», gli chiese Roxas, mentre Axel gli cingeva la vita con un braccio e tirava fuori il cellulare dalla tasca.
Il fulvo iniziò a trafficare tra i tasti, cercando qualche film che ancora non aveva visto.

«   Ovviamente, quando non sono troppo occupato a seppellire cadaveri. Sei ancora certo di voler rimanere a dormire qui? »
Roxas ridacchiò soffusamente, prima dondolare leggermente sul posto e spostare il corpo dell’altro verso la sala.
Il biondo osservò il divano striminzito e poi Axel al suo fianco.
Sì, era decisamente sicuro di voler passare la notte lì con lui. Meglio di casa sua, meglio della casa di sua nonna.
Quel piccolo appartamento era perfetto, per quando Axel continuasse a denigrarlo e desiderare qualcosa di più bello.

«  Al cento per cento », dichiarò semplicemente, seguendo l’altro sopra al divano e stravaccandosi al suo fianco.
Axel sollevò le gambe e appoggiò il cellulare sopra le ginocchia, così da mostrare lo schermo ad entrambi.
Roxas gli si avvicinò sempre di più, finché non si appoggiò del tutto sopra al corpo caldo dell’altro.
Axel sorrise semplicemente, fece partire il film, e si disse che il caldo non era poi così insopportabile, se poteva avere Roxas così vicino.







Mel;
Sono in ritardo, non ho nemmeno tenuto il conto di quanto, ma lo sono.
Mi dispiace incredibilmente, ma avevo così poca voglia di scrivere che ogni volta che aprivo e fissavo la pagina bianca scrivevo lentamente e uscivano solo schifezze e pensieri insensati.
Quindi mi duole, mi rammarico, mi costerno!!, ma la pubblicazione del prossimo capitolo arriverà dopo 15 giorni, non più 10.
Grazie ugualmente a chi legge e a chi segue.

 
   
 
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