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Autore: Lexy Styles    02/02/2018    0 recensioni
"Non importa quanto tempo l'amore venga rinchiuso, negando ogni suo contatto con il mondo reale, da qualche parte nel nostro animo si trova una porta a cui prima o poi avrà accesso. La chiave potrà essere la costanza, il desiderio forse, ma a volte basta una promessa per spalancare l'uscio e lasciare che il sentimento esca fuori".
Storia non mia, ispirata ad un libro che ho riadattato in ff Larry.
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Perché in tutti quegli anni non sei mai tornato Harry?

Perché, se volevi rompere ogni legame con questa terra inospitale, che ti aveva visto nascere e crescere, se volevi buttarti alle spalle ogni cosa che avesse a che fare con lei, continuavi, sebbene di rado, a scrivermi?

A cosa pensavi, cosa volevi farmi capire?

Sono ancora sveglio questa notte, i miei occhi sono vigili, puntano verso il buio, ma nelle mie riflessioni non ci sono risposte, e fino a quando la mia voce, o le mie mani, ne avevano la forza, non ho mai pensato di chiedertelo.

E' tardi adesso, ma la mia mente non ha il potere di trasmetterti i miei dubbi, ovunque tu sia in questo momento.

Dalla tua partenza, giorno dopo giorno, la rassegnazione iniziava a farsi strada dentro di me, il televisore con il tempo era arrivato anche nella nostra casa, ma io avevo ormai smesso di cercarti la dentro.

Non di pensarti.

Ogni singolo attimo di solitudine, dopo un'altra giornata di lavoro, il mio animo ti rincorreva, erano passati anni, su altri anni ancora, i miei figli crescevano, li avevo mandati da tempo a studiare in città, anche Doris, ero stato irremovibile, volevo dare a tutti e due il futuro migliore.

I miei capelli ingrigivano sempre di più, nel mio viso si formavano solchi profondi, levigati dal sole e dal lavoro, anche allora mi chiedevo che aspetto avessi tu.

Ma non tornavi, non era stato abbastanza forte il richiamo del nostro monte per farti rientrare, aspettavi qualcosa, aspettavi che cambiasse, ma ancora non sapevo cosa.

Gli anni passavano sui nostri visi, i miei trenta iniziavano a diventare quaranta.

Perché non eri ritornato Harry?

Te lo chiedo in questo buio nero, mentre aspetto di poterti incontrare nel sonno.

La vita andava avanti senza di te e, per quanto mi sia impegnato, non sono stato in grado di impedirlo.

Ero li.

Cercavo di non mutare dentro, custodivo tutto in me, come se dal nostro primo incontro non ci fossero stati giorni, o mesi, o anni a venire.

Ma tu non tornavi.

Chiudo gli occhi, nonostante le mie lacrime, ti cercherò tra i miei sogni, dove potrai riapparire per rendere ogni cosa differente da quella che realmente è stata.

**

Era quasi arrivato settembre.

Mancava ormai una settimana al matrimonio e nelle nostre famiglie infervoravano i preparativi per l'evento.

Stavo rientrando dall'ennesimo incontro con il prete, ero solo, la mia mente, a questo punto, ti aveva quasi rimosso del tutto e, di chiunque potessi trovarmi sulla strada, mai avrei pensato a te.

"E così ti sposi".

Sentire quella parlata particolare, a lungo scordata dalle mie orecchie, mi fece quasi trasalire.

Eri li, poggiato a un muro di quel viottolo, mi guardavi in modo diretto e inquisitore, non riuscii a rispondere, sentivo solo il cuore battere forte, mentre un groppo in gola salive e scendeva.

Guardai i miei piedi.

"Sembra quasi che abbia visto un fantasma, non sei nemmeno contento di rivedermi?".

Colsi l'ironia delle tue parole, fu di certo ciò che mi sbloccò una risposta.

"Sono cose che succedono nella vita di un uomo. Ci si sposa e si fanno dei figli, questa è la natura".

Dentro di me sentii il disagio per delle parole di cui non ero nemmeno tanto convinto.

"Perché quello che abbiamo fatto quasi un anno fa, non è da uomini?".

Non eri cambiato di una singola dannata virgola, forse eri solo leggermente più alto rispetto all'anno precedente, ma la tua pelle rimaneva bianco latte, i tuoi occhi grandi e intensi, le tue labbra sempre magnetiche.

Eri bellissimo.

Ma da dove avevi tirato fuori quella spavalderia?

Persi la testa, avevo faticato fin troppo per dimenticare quell'incidente, ero convinto che non avessi il diritto di tirarlo fuori e sbattermelo in faccia così, per strada e alla mercé di tutti, le mie mani si strinsero sulla tua giacca, sollevandoti di qualche centimetro dal terreno.

"Tu non devi più nominare quella notte maledetta. Non è successo niente. Ricordalo!" urlavo.

Mentre ansimavo tenevo i miei occhi adirati ben incollati dentro ai tuoi.

"Allora cosa vuoi farmi? Vuoi picchiarmi, uccidermi per dimenticare davvero la nostra storia?".

Ti lasciai andare, rosso, ma dalla vergogna.

"Tu sei matto" dicevo senza convinzione.

Mi voltai per andare via, ma tu non volevi lasciarmi, poggiandomi una mano grande e leggera sulla spalla, un brivido di piacere mi percorse tutta la schiena.

"Questa notte, dopo la mezzanotte, andrò al monte lungo il sentiero dell'acqua. Ci sarà la luna piena" mi sussurravi all'orecchio "E non avrò bisogno di luce. Se davvero non hai ancora dimenticato e se provi almeno un briciolo di quello che provo io per te, viene con me Louis. E se dovremo dirci addio me lo devi dire li, di fronte alla luna".

Poi mi lasciasti andare, mentre riprendevo il cammino, scuotendo ancora la testa, dicevo "Sei matto Styles".

Lo sentivo nella schiena il tuo sguardo di desiderio.

La sentivo dentro la voglia di esserci, di seguirti quella notte, per lasciarmi condurre dalla tua mano alle emozioni che erano ancora vive nei miei sensi.

Credevo che la tua fosse stregoneria e che io, un povero uomo, non potevo resisterle.

In alcun modo.

Quella notte semplicemente mi alzai dalla sedia, senza ulteriori cerimonie o comunicazioni.

Dovevo andare incontro al mio destino, dovevo capire se avessi avuto la forza di fare a meno di te.

Conoscevo la strada a memoria.

Ti vidi nei pressi della tua casa.

La luna era già sorta, luminosa, grande, pensavo che si stesse prendendo gioco di me.

Dovevi per forza avermi visto, perché iniziasti a camminare, col tuo passo leggero nel mezzo della strada, il paese sembrava deserto quella notte.

Notai a malapena che nella tua casa una luce era accesa, un leggero movimento di tende, ma non pensai che qualcuno potesse averci visto.

Nessun rumore ci sorprese se non il leggero vociare dell'aria, io sudavo, ma continuavo a seguirti dalla dovuta distanza, non volevo parlarti, osservavo il tuo corpo magro e incantatore farsi strada nei sentieri, fuori dal paese, diretto al monte.

A me, la tua, pareva quasi una danza, con l'ombra che si allungava alle tue spalle, quasi facendosi accarezzare dai miei piedi.

Non saprò mai se fosse stata la luna ad aver gettato i suoi occhi su di me durante il cammino, respiravo a fatica e cominciavo già a slacciarmi i pochi vestiti indossati, di tutti i propositi che avevo nella mente, non me ne veniva più nemmeno uno, via via che la strada sterrata si inerpicava tra i cespugli e rocce.

Ci volle poco meno di mezz'ora per vederti fermare nella radura piana, i rumori della notte infrangevano il silenzio, ma io mi ero ormai perso nei tuoi gesti.

Tra rocce e cespugli c'era una pozza d'acqua, il riflesso della luna illuminava il tuo corpo.

Con pochi gesti ti eri denudato, lasciando che la luce lunare risplendesse su ogni tua curva e lasciando me completamente senza fiato.

I miei sensi strariparono di desiderio e tu, intanto, ti immergevi tra quelle acque, pur di offrirti un po' di refrigerio, dopo la camminata notturna.

"Non vieni Louis?".

Colsi a malapena il tuo sussurro, perché già i miei vestiti cadevano tra i tuoi mischiandosi, mentre i miei piedi entravano in contatto con lo sciabordio della pozza.

Ero venuto li per dirti addio, per chiederti di uscire per sempre dalla mia vita e non farvi più ritorno, se le circostanze lo avessero preteso ti avrei anche ucciso, pur di dimenticare l'onta di ciò che mi avevi fatto fare un anno prima, ma quello che sotto la luna ti raggiunse era il mio corpo nudo, che ti desiderava come la mia stessa mente.

Come la mia stessa anima.

Le mie mani salde avevano iniziato ad accarezzarti, quasi autonomamente, anziché strozzarti come avrei dovuto fare, le tue braccia esili si stringevano a me, mentre le labbra si cercavano assetate, avevamo ripreso quel ballo già iniziato e interrotto l'anno precedente.

Non ho dimenticato nulla, in quel frangente tu costruivi l'unico tutto che non dovevo mai e poi mai lasciarmi sfuggire, fu il firmamento il vero testimone di quella nostra ennesima unione, non solo di membra, ma di spirito.

I tuoi denti bianchissimi ridevano di me, quando ti soffermavi ad indicare i disegni delle stelle del cielo e le loro storie.

La stella polare indicava la direzione.

La stella Antares che sembrava voler scoppiare.

La luna poi, che colorava i nostri corpi nudi con la magia.

Mi parlavi di queste cose, mi avevi detto di averle imparate a scuola e io non mi ero stancato mai di ascoltare la tua voce, e poi ancora unione, desiderio, noi che sgusciavamo l'un l'altro aderendo, incastrandoci perfettamente, come se nella nostra vita non ci fosse stato altro scopo che questo.

Ricordo ogni cosa, le tue parole.

Non so quante ore erano trascorse dal nostro arrivo, il cielo si rabbuiava. perché la luna continuava a compiere a compiere il suo giro nascondendosi dietro la cime del monte.

Eravamo distesi e abbracciati stretti sulla riva, il tuo respiro premeva sommesso sul mio ventre e tu nascondevi il tuo meraviglioso viso nel mio petto, baciandomelo con tenerezza in ogni suo punto.

"Ti amo" dicevi "Ti amo Lou. Voglio poterti dedicare tutta la mia vita, ti amo".

Il mio cuore accelerò, mentre tu risollevavi il viso e mi guardavi serio.

"Non dire nulla amore mio. So che stai per sposarti, solo per questo ho voluto portarti qua, oggi ho deciso di unire per sempre la mia anima alla tua, di dedicarmi a te. Considera questo momento come la nostra notte di nozze, l'unica che potremo mai avere".

La mia mano accarezzò il tuo viso delicato.

Non dissi niente, migliaia di sensazioni si erano accavallate nella mia mente, nel mio cuore e nessuna di esse riusciva a trovare la giusta strada per fuoriuscire dalla mia gola.

Avrei voluto però.

Avrei pianto, ma dalla gioia, perché quello che non potevo dire, apparteneva per sempre a te, soltanto a te Harry.

"Ti amo" continuavi a ripetermi.

Sorridevi nel dirlo, me lo confidavano i tuoi occhi che dentro avevi gioia per avermi incontrato, per avermi avuto, nonostante tutti i mesi trascorsi lontano, tu non avevi mai cercato di dimenticarmi.

Esternavi senza paure un sentimento.

Qualcosa che avevi coltivato dentro di te, facendolo crescere come il grano che imbiondiva i campi del nostro paese.

Io non ti risposi quella notte.

Non possedevo la voce per dirti quanto fosse grande e profondo il mio amore.

Presi il tuo viso tra le mie mani e ti baciai, a lungo, affidando ai miei gesti in canto di tutti i sentimenti che volevo esternare.

**

Non avrei mai potuto credere che i tempi sarebbero cambiati.

Quello che prima si poteva dare per scontato, tutte le certezze, le tradizioni, in quegli anni iniziavano a mutare senza che noi potessimo intervenire, e succedeva anche qui, agli antipodi della civiltà.

Mi sentivo in qualche modo tradito.

Tradito dai figli che volevano realizzarsi diversamente da me, il nostro monte dormiva, stagione dopo stagione, e io, anche se non lo volevo ammettere, mi sentivo tradito persino da te, che ormai non mi scrivevi più nemmeno una riga.

Il mio orgoglio si ostinava nel volerti cancellare per sempre dai miei pensieri.

Erano passati ben quindici anni.

C'erano giorni in cui mi fermavo su qualche particolare che mi facesse ricordare qualche cosa di te, poteva essere un albero, oppure il capanno dei nostri terreni, dove magari in silenzio ci eravamo rifugiati per qualche ora di amore tra noi.

Poi mesi interi in cui nemmeno pensavo che potessi venirmi in mente.

Non ho mai saputo quante e quali volte tu fossi tornato in paese, dimenticandoti di venire a salutarmi, ma non potevo pretenderlo, non dopo che mi avevi detto addio, non dopo che te lo avevo lasciato fare in quel modo.

Non c'eri più , ma in certi momenti eri più potente della forza di gravità e mi riportavi sempre a te e ai nostri anni migliori con struggente malinconia.

Chissà dov'eri, chissà cosa facevi?

Anche a te capitava di pensarmi Harry?

Eri informato di quello che mi succedeva, di come la nostra vita aveva subito delle modifiche sostanziali?

Pian piano io ed Eleanor rimanemmo soli nella nostra i casa, i figli lontani a vivere le loro vite, mi arrivarono anche le prime offerte di vendita del podere, ma ancora non volevo rassegnarmi, ancora non me ne volevo separare.

Quella terra, che nel corso degli anni della mia vita ti aveva conosciuto, visto crescere, amare, rimaneva l'unica cosa che non potevo abbandonare.

Lo so io il perché Harry.

Non volevo venderla per un motivo soltanto: lasciarla andare via avrebbe significato che, nel contempo, avrei dovuto rinunciare a te definitivamente.

**

La mattina, poco prima della cerimonia, mi sentivo soffocare.

Ero in piedi, con gli abiti della festa e sudavo, mi sentivo paralizzato dal terrore.

Temevo che, per qualsiasi caso fortuito del destino, qualcuno scoprisse cosa avessi fatto la notte prima con te, o meglio che qualcuno potesse addirittura leggermi in fronte quanto quel matrimonio, che mi apprestavo a fare, per me non avesse la stessa importanza dello stare con te.

Con il tuo corpo bianco latte, con i tuoi mugolii di piacere, ti desideravo Harry, anche in quel momento e mi chiedevo come mi sarei dovuto comportare avendoti di fronte, mentre dicevo di voler sposare Eleanor.

Mi sentivo prigioniero e a nulla valevano le continue pacche sulle spalle degli amici o i sorrisi eloquenti della mia famiglia, avvertivo nitido il senso di soffocamento.

Provavo a slacciare la camicia bianca, addirittura sentii il bisogno di levarmi tutto quanto e scappare lontano, magari poi farmi raggiungere da te e provare a vivere a modo nostro, ma quei pensieri, ahimè, non erano sostenuti dal coraggio, erano idee immonde, peccati.

E poi due creature perverse come noi, dove sarebbero mai potute andare?

Dove avremmo potuto trovare accoglienza e alloggio?

Cercai di scacciare quei pensieri dalla mia mente, ma mi sentivo tra due fuochi e stavo bruciando vivo.

Uscii fuori e mi incamminai a capo chino, seguendo tutti gli altri.

Fino all'ultimo ho sperato che quel corteo festoso deviasse, che non andasse dai Calder, ma che voltassimo verso casa tua.

Al matrimonio non ti eri presentato.

Solo Dio, e forse io, sapevamo il perché.

Non eri ancora ripartito per riprendere gli studi, di ciò ne avevo la certezza, ma quel giorno non ti facesti vedere, c'era tutta la tua famiglia, ma tu eri di nuovo scomparso.

Io ero impacciato, rinchiuso in quei vestiti nuovi che non mi facevano sentire libero.

Eleanor era bellissima e a tutti sembrava felice, io non sapevo come dovessi sentirmi, doveva essere il giorno più importante delle nostre vite, eppure continuavo ad avvertire il disagio per averti posseduto ancora.

Non era stato l'atto in se, era il modo in cui ci eravamo appartenuti.

Ma non era te che potevo sposare.

Mentre il sudore mi colava tra le tempie corrucciate, cercai di scacciare qualsiasi pensiero che ti riguardava dalla mia mente.

Io ed Eleanor fummo legati per la vita dal destino, e questo doveva essere l'unica cosa che appariva agli occhi distratti delle persone che avevamo intorno, ma tra i chicchi di grano e di riso, io cercavo un singolo segno della tua presenza, senza trovare pace.

Dov'eri finito quel giorno Harry Styles?

Eri nascosto in qualche angolo del paese, osservandoci in lontananza con i tuoi grandi occhi verdi?

La festa arrivò fino a notte, prima che venisse concesso a noi sposi di poter prendere possesso della casa che sarebbe divenuto il focolare della nostra vita, da quel momento in poi.

Quando arrivò il momento, io ed Eleanor, forse imbarazzati, ci aggrappammo l'un l'altro stringendoci la mano, non abituati ad avere addosso tutte quelle attenzione quegli sguardi.

Ho continuato a cercare i tuoi occhi fino all'ingresso in casa, i miei vagavano ubriachi su ogni viso, alla ricerca di quello sguardo dolce che mi aveva rapito l'anima.

Una volta chiusi dentro, rimanemmo soli io e lei.

Ero li, in piedi, a osservarla.

Ero paralizzato, non sapevo che fare, la tua immagine a volte sembrava sovrapporsi a lei e il cuore mi batteva forte, per la preoccupazione di sbagliare qualcosa.

Quell'attesa, su quel qualcosa che sarebbe dovuto accadere, anche se non sapevo bene come, mi stava trapanando la testa, Eleanor mi sorrideva, innocente, ignorando ogni mio trascorso e ogni mio turbamento.

Fu lei a portarmi in camera quando venne il momento, e fu lei a spogliarsi rimanendo nuda sul letto.

"Come sei bello marito mio" sussurrava, osservandomi dalla sua posizione.

Mi avvicinai lentamente, mentre lo sguardo indugiava su di lei, chiedendomi se avrei mai provato la stessa intensità che avevo vissuto con te.

Ma anche in quell'occasione fosti tu a venirmi in soccorso.

I miei occhi danzavano mentre stringevo Eleanor a me, i miei vestiti cadevano giù, sparsi, ci baciammo per la prima volta, scoprendoci nel reciproco sapore, ma non era lei che mi accarezzava quella notte, non era lei che mi abbracciava.

Eri tu che agivi al posto suo.

Eri tu.

I tuoi sussurri concitati, il tuo corpo magro che io ricoprivo con il mio vigore, cercando di andare abbastanza lentamente per non farti male e per amplificare quei momenti di intimità.

Stringevo tra le mani i suoi seni, ma in quel letto ricordavo l'odore dell'acqua che aveva bagnato il tuo corpo la sera precedente, dove io e te ci eravamo amati, ricordavo la luna che illuminava la tua pelle d'avorio.

Non aveva più importanza se non eri venuto, se non ti eri fatto vedere il giorno del mio matrimonio.

Non so come, non conosco nemmeno il perché, ma tu eri li, al suo posto.

Ero riuscito a portarti con me anche nella mia prima notte di nozze.

**

Il sole si attarda anche oggi nella mia finestra.

Da questa poltrona ne vedo la luce, di nuovo lentamente le giornate si stanno allungando.

Altri anni ancora erano trascorsi prima di accorgermi che i sintomi di Eleanor non potevano più essere trascurati.

Alla fine avevo venduto la terra, mettendo da parte un piccolo capitale che ci avrebbe aiutato per tutta la vecchiaia a venire, ero riuscito a fare quel salto che forse mi aveva liberato da ogni rimpianto su di te.

Ormai eravamo rimasti solamente io e lei, avevo più tempo per occuparmi di quello che rimaneva della famiglia, con tutti i nostri capelli inequivocabilmente grigi, mi resi conto che lei non stava bene.

Fu il nostro medico ad allarmarsi per primo, la mandò a fare degli accertamenti in città e Eleanor, nonostante i suoi evidenti malanni, non volle che l'accompagnassi.

Lo confesso ero in pensiero.

Avevo trascurato la mia famiglia in ogni modo possibile: prima veniva la terra, il lavoro, prima venivi tu.

"E ora" pensavo "Ora lei si sta vendicando di me".

Credo che fin da allora mi terrorizzasse l'idea di rimanere da solo in quella casa vuota.

Ricordo il sorriso di Eleanor al suo ritorno, la sera successiva, avevo capito fin da subito che era stanca e provata, ma non aveva dato peso alla sua situazione, come al solito mi aveva riferito che era andato tutto bene.

Mi disse che i suoi erano solamente acciacchi derivati dall'età e che le avevano dato una cura, io le avevo creduto quasi felice che alla fine nessuno mi avesse punito per tutto il male che le avevo fatto.

Una telefonata di Freddie, un'ora dopo, mentre lei esausta già dormiva, mi aveva nuovamente gettato nella preoccupazione, le cose non andavano bene per nulla, aveva parlato con i medici, gli avevano riferito di un sospetto tumore in stadio avanzato.

Io capii ogni cosa.

Non seppi chi maledire: me stesso. te, oppure Dio.

Una tragedia in quegli anni aveva strisciato di soppiatto nelle nostre vite, tutte le mattine e le sere in cui io non c'ero si era impossessata di mia moglie, la donna che avevo sposato promettendole una fedeltà che non ero stato in grado di garantirle, né in salute né in malattia, e ora chiedeva indietro il suo compenso.

Quella notte non chiusi occhi, rimasi su quella sedia col cuore in subbuglio, a vegliare sul sonno di Eleanor, da quel giorno mi imposi di dedicarle il resto della mia vita.

Non ci fu consulto o terapia a cui mi sottrassi, rimanevo con lei, stringendole la mano e, stancamente lei, non oppose più resistenza.

Era tardi, ma aveva capito di essersi riappropriata di quel marito, che forse non era mai stato, con tutti quei segreti, interamente suo.

Io ero li, solo per lei.

Non contava null'altro.

Almeno quello glielo dovevo e basta.

**

Ti rividi qualche giorno dopo la festa.

Ti eri presentato al terreno, gli altri erano già andati via.

Le cicale frinivano ancora intorno a noi e un leggero vento portava sollievo alla mia schiena accaldata, il profumo dell'uva si spandeva dolciastro nell'aria, un profumo che, non so per quale motivo, avevo imparato ad accostare a te.

"Volevo solo dirti che dopodomani riparto".
"Ancora i tuoi studi?".

Non avevo il coraggio di voltarmi nella tua direzione, sentivo che il tuo viso era rivolto alle mie spalle nude.

Mi eccitava.

"Non preoccuparti, sono andati via tutti e non c'è nessuno nel raggio di chilometri"
"Perché me lo dici?".
"Se ti volti vedrai che mi sono spogliato e disteso dietro di te. Lo so che ahi voglia di me, anche ora che sei un uomo sposato".

Mi voltai.

Tu ti eri realmente denudato e mi sorridevi con quelle fosse te che spuntavano maliziose sulle tue guance e che mi facevano impazzire, mi aspettavi.

Contro ogni pensiero razionale, ti presi, dissetandomi ancora della tua carne, quello che tra noi sembrava ormai un gioco, era diventato per me un'abitudine irrinunciabile, il crepuscolo avanzava ma noi, stretti al riparo di quel muro rude, continuavamo a regalarci tenerezza.

Non mi sentivo in colpa per quello che facevo, quasi fosse naturale avere una moglie che si occupasse della casa e te tra le mie braccia.

Avrei comunque imparato a mentirle molto presto.

Quella sera, dopo aver fatto l'amore, mi dicesti che per me si stava facendo tardi, che dovevo tornare da lei, avevi un viso contrito nel pronunciare quelle parole, io ti accarezzavo, chiedendoti cosa avessi.

"Non devi preoccuparti, so bene che quella è la tua vita, saprò adattarmi, ma tu giurami, ti prego, che avrai del tempo da dedicare soltanto a me".

Sul tuo viso scese una singola lacrima.

Il mio cuore si era sciolto a tal punto che avrei fatto qualsiasi cosa pur di non farti soffrire oltre, le mie dita cancellarono la tristezza dalle tue guance.

Ti abbracciai stretto.

"Te lo giuro Harry" dissi "Te lo giuro".

Mi guardavi intensamente, come a volermi levare il fiato.

"Grazie..ti amo".

Ti baciai, senza rispondere nulla.

"Forse dobbiamo davvero andare" dissi.
"Sicuro?".

Non capivo perché all'improvviso avessi iniziato a ridere in maniera beffarda, poi accadde tutto in un attimo, afferrasti i miei vestiti per scomparire tra le piante del campo, urlando soltanto "Vediamo se te ne andrai così in fretta".

Mi avevi lasciato solo e nudo dietro a quel muro.

Le tue risa si diffondevano nel silenzio, ti rincorsi tra i filari guidato dalla tua voce che mi chiamava, così com'ero, tra fanghiglia e e foglie, ti cercavo divertito.

Eccitato.

"E' ancora presto" pensavo, sarei rientrato più tardi a casa, con qualche scusa.

Ti avrei rincorso all'infinito, per di sentirti chiamare il mio nome in quel modo, puri di sentire la tua risata far vibrare l'aria, pur di riaverti tra le mie braccia, una volta acchiappato.

Da quel preciso momento iniziò la nostra storia, con tutte le sue paure.

Per mesi interi, quelli in cui tu studiavi lontano, non ricevevo tue notizie, ma tu tornavi in paese per ogni vacanza, venendomi subito a cercare.

Quante volte in quei giorni non ero andato al bar per rifugiarmi tra le tue braccia?

La mia vita si stava strutturando tra finzione e realtà, ma questo era l'unico modo per me, per noi, di tenere acceso quello che, incendiandoci il cuore, aveva sconvolto ogni regola di comportamento.

Commettevamo una bestemmia, ma era troppo pressante il desiderio di non rinunciare alle sensazioni che provavo solo in tua compagnia.

Eri tu il mio peccato.

Io, per tutti quegli anni, sarei bruciato all'inferno, pur di non privarmene.

Eri il mio bisogno, a cui non attribuivo mai un nome.

Il tuo era amore che esternavi senza alcun pentimento.

Il mio, di amore, aveva ancora paura di uscire allo scoperto.

**

Oggi è venuto a trovarmi Freddie.

Non saprei mai dire quanto mi assomigli, perché temo che lui possa leggermi nel pensiero e arrabbiarsi, ma ha le mie stesse smorfie di espressioni, i miei occhi, le mie stesse mani.

C'è stato un momento quest'oggi in cui lui mi ha stretto la mano.

Stava andando via, e i nostri occhi si sono incrociati, esprimendo tutte le nostre consapevolezze, ha preso la mia mano tra le sue, in silenzio, senza versare una sola lacrima.

E' così che mi sono ricordato di sua madre.

Il giorno che se n'è andata, c'ero solo io, a casa.

Non avevo voluto nessuno.

Lei era mia moglie, era mio compito assisterla, anche quando nessuna medicina ormai sembrava portarle sollievo.

Non vi fu nessuna terapia in grado di aiutarla, aveva appena compiuto da qualche anno i cinquanta eppure quel male, che le era sorto chissà dove, la stava divorando dentro velocemente.

Sono stati sei lunghi anni di lotta continua.

Nell'ultimo periodo lei non si alzava nemmeno più dal letto, io rimanevo li ad osservarla nel suo costante dormiveglia, chiedendomi perché Dio, anziché portar via me, avesse deciso di punirmi attraverso di lei.

Proprio lei, la moglie tradita che aveva dedicato alla nostra famiglia ogni fibra del suo corpo, ogni sforzo.

Forse Dio aveva deciso di giocare con le nostre vite, costringendomi ad accudirla, come contrappasso per tutte le volte che poteva aver avuto bisogno di me e io, non c'ero.

Magari ero al terreno, magari ero tra le tue braccia o immerso nelle tue lettere, non aveva importanza ormai.

Aspettavo, con il vuoto dentro, il momento della fine.

Una sera mi ritrovavo li, come sempre, presi la sua mano tra le mie stringendogliela un po', volevo trasmetterle la mia vicinanza, farle sentire che ero li con lei.

Eleanor aprì gli occhi di soprassalto, fissandoli nei miei, la sua voce, mentre la guardavo incredulo, rimbombò tra le mie meningi.

"Devi scrivergli. Giurami che lo farai Louis".
"A chi?" chiedevo, stupito e commosso.
"Devi scrivere a Harry. Non lasciar cadere ogni cosa nel silenzio".

Sentii il ghiaccio pervadere i miei arti.

A cosa si riferiva?

"Giuramelo Louis".
"Te lo giuro" sussurrai.

Poi si addormentò nuovamente, furono le ultime parole che mi disse.

Quella notte morì, mentre la vegliavo.ero in uno stato di interdizione, mi interrogavo ma non riuscivo a capire quello che era successo, lei sapeva e non mi aveva detto nulla in tutti quegli anni?

Come poteva averlo scoperto?

Mi convinsi quasi che avesse speso tutte le sue ultime riserve per riemergere dal suo torpore e dirmi di tornare da te, so che tutto questo è improbabile, però non ho trovato nessuna spiegazione, in tutti questi anni in cui ho custodito quest'avvenimento dentro, senza mai farne parola a nessuno.

Eleanor mi aveva amato così tanto che, nel dirmi addio, mi spronava a cercarti, a tornare dall'unica persona con cui io abbia davvero desiderato stare.

All'unica persona che avevo lasciato andar via da me per paura di fare i conti con i miei desideri.

I giorni seguenti ero talmente inebetito che facevo finta di dormire solo per trascorrere la notte su quel letto vuoto a chiedermi a cosa fosse servito il sacrificio di mia moglie, non mi scrivevi una parola da anni Harry.

Io ero vedovo a soli cinquantasei anni e non avevo nessuna intenzione di ricominciare una vita che per me non aveva più alcun senso, non credevo alle mie orecchie, il discorso di Eleanor riecheggiava nella mia mente a oltranza, ma non lo capivo.

Non sapevo nemmeno dove potessi vivere in quei giorni, magari eri morto.

Che senso poteva avere il mio giuramento a quel punto?

Volevo solo rimanere solo con me stesso, per trovare la forza di andare avanti o di lasciarmi morire.

Accadde due mesi dopo quel maledetto funerale.

Mi svegliai sudato nel letto, ti avevo sognato, ma stavolta tu eri insieme a lei.

Eleanor ti sorrideva.

Cercai, senza nemmeno cambiarmi, le tue lettere e appuntai su un foglio l'ultimo indirizzo da cui mi avevi scritto.

Non importa quanto tempo l'amore venga rinchiuso, negando ogni suo contatto con il mondo reale, da qualche parte del nostro animo si trova una porta a cui prima o poi avrà accesso.

La chiave potrà essere la costanza, il desiderio forse, ma a volte basta una promessa per spalancare l'uscio e lasciare che il sentimento esca fuori.

Fu così, in quell'occasione.

Accadde proprio a me.

Non comprendevo il senso di quel gesto, né se il mio messaggio ti avrebbe mai raggiunto, scrissi le mie povere parole su una pagina bianca, per poi richiuderle in una busta, sul retro c'era il tuo indirizzo.

Piansi solo una volta tornato a casa.

Non saprei dirti se lo feci più per te o per lei, piansi perché in suo nome onoravo la mia ultima promessa.

Eleanor è morta.
Non ho fatto altro in tutti questi anni che chiedermi perché non sei mai tornato Harry, non so neanche se leggerai queste mie povere parole.
Ma io non ti ho mai dimenticato, e penso che non lo farò mai.
Mi manchi. 
17 Marzo 1989. 
Louis.

**

Non ero riuscito a spostarmi da casa, non quella notte.

Eleanor era in pieno travaglio da qualche ora.

Quella notte ci saremmo dovuti incontrare, ma mi ero reso conto troppo tardi di non poter venire al nostro appuntamento segreto, ti avrei voluto mandare a chiamare, ma quale giustificazione avrei potuto addurre per la tua presenza?

Ero emozionato, inquieto.

Stavo per diventare padre e provavo dentro l'intenso desiderio di condividere con qualcuno quella sensazione del tutto nuova per me, ma l'unica persona, quella che forse mi aspettava al solito posto, senza avere ancora consapevolezza della mia assenza improvvisa, non poteva esserci.

Dovevamo essere cauti.

Era il nostro segreto e non dovevamo rivelarlo a nessuno.

Iniziai a pensare al battesimo, sapevo di averti promesso che saresti stato tu il suo padrino, ma come potevo giustificarlo agli occhi del mondo, il mio mondo?

Noi, che per il mondo, per il nostro paese non esistevamo, per il quale non c'era nessun noi che potesse riguardarci alla luce del sole.

Era un pensiero amaro, ma non avrei potuto, purtroppo, scegliere diversamente, quella sarebbe stata una delle tante promesse che ti avevo fatto e che non avrei potuto mantenere.

La preoccupazione e l'attesa fecero danzare questi pensieri tristi in un momento in cui avrei dovuto essere con te, poi un vagito, un lungo pianto di bambino.

Quel suono ebbe il potere di farmi riscuotere all'istante dal torpore e da quelle assurde riflessioni, il mio cuore ebbe un sussulto.

Era gioia.

Di li a qualche istante avrei finalmente conosciuto Freddie.

Quasi per magia mi scordai di ogni cosa, te compreso.

Nei giorni successivi, mentre Eleanor ancora si riprendeva dal parto, cercai il più possibile di temporeggiare.

Ci eravamo scambiati giusto qualche parola di sfuggita al terreno, non ero stato rimproverato per l'appuntamento mancato, di certo la voce si era sparsa per giungere fino a te, ed eri stato comprensivo.

Dentro mi portavo l'opprimente peso del disagio di tutte le cose che avevo fantasticato tra le tue braccia, nella notte scura, in merito a quel bambino che quasi per gioco già sentivi un po' tuo.

Mi avevi chiesto del battesimo, sapevo che dovevi ripartire per il tuo anno di studi, ma eri convinto di dover adempiere a quel ruolo che ti avevo promesso, per questo tardavi.

Te lo giuro, io mi ero auto convinto che non potevo deluderti anche in questo, ma il tempo per provvedere era poco e la mia famiglia premeva sulla scelta.

Il pomeriggio successivo, feci quel passo.

Alla fine avevo scelto quello che sarebbe stato il bene per la mia famiglia, i padrini sarebbero stati Liam Payne e sua moglie, come tutti desideravano.

Evitai accuratamente di incontrarti, con la vergogna per averti escluso a priori da quel rituale; anche se continuavo a giustificarmi con la scusa del bene per entrambi, in realtà sapevo perfettamente che ciò che tutelavo agli occhi di tutti era soltanto la mia integrità.

Sperai che tu ripartissi senza incontrarmi.

Trascorsi i giorni successivi chiedendomi se l'avessi già saputo e quanto ti fossi adirato, ero pronto a correre il rischio, non potevo fare altrimenti.

Ti presentasti da me la notte prima del battesimo.

Mi ero accorto per caso che aspettavi poco distante dall'uscio proprio mentre lo richiudevo per la notte, uno spicchio di luna tremolava nel cielo scuro.

"Che ci fai qua a quest'ora?" chiesi timidamente.

"Volevo chiederti una passeggiata veloce".

Senza replicare ti seguii, lasciando la porta spalancata, in casa dormivano tutti già da un pezzo.

Ci fermammo appena fuori dal boschetto, eravamo li, uno dinanzi all'altro, finalmente soli.

"In realtà volevo solo salutarti, domani mattina riparto".

"Senti, mi dispiace, ma non potevo fare altrimenti" dissi tutto d'un fiato.
"Lo so".

Ti guardai finalmente in viso, piccole gocce d'argento ti scendevano dalle gote scurendo le tue lunghe ciglia, il mio cuore si contraeva nel vedere quel dolore malcelato, posai una mano sulla tua spalla ma, allontanandoti, la scacciasti via.

Non sapevo che fare, se non continuare a guardarti.

Dopo un silenzio che mi sembrò interminabile, tu ricominciasti a parlare.

"Non credere che non lo capisca, è solo che non lo accetto. Non accetto che dobbiamo sempre nasconderci e privarci di quello che sentiamo, non accetto che tu ogni notte dorma con lei, e mi ferisce solo l'idea di quello che possiate fare. Non accetto e basta!".

"Come dovrei comportarmi? Domani in chiesa vuoi che invochi il tuo nome durante la funzione e magari strappi il bambino dalle braccia di Liam?".

"Senti Louis, ti ho già detto che non mi aspetto nulla. Va bene così. Io domani mattina riparto, ci rivedremo in un altro momento".

Ti voltasti, senza aggiungere nient'altro, incamminandoti sconfitto verso il paese.

"Mi saluti così? Te ne vai di nuovo, non saprò quando torni, e mi saluti così?".
"Passerà" sentii, quasi in lontananza.

Non una volta ti voltasti verso di me.

Non un rimpianto, un sorriso, un tuo tornare indietro.

Io, con i pugni stretti e un magone che mi chiudeva lo stomaco, ti avevo lasciato scomparire nella notte.

Il giorno dopo il prete del paese benedì il piccolo.

Era il giorno del battesimo di mio figlio, ma non mi sentivo felice, una nuova vita era sbocciata da appena dieci giorni, ma quasi non mi importava.

Ero arrabbiato con te, non avevo capito nulla della tua reazione, ricordai le tue lacrime e mi sentii in colpa.

Tu eri ripartito Harry, portandoti via, in quel giorno di gioia, gran parte della mia serenità.

   
 
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