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Autore: Lelaiah    03/02/2018    1 recensioni
Da diversi anni il genere umano è entrato in contatto con il mondo soprannaturale e la convivenza, nonostante alcuni alti e bassi, sembra essere tranquilla. L'arrivo del branco MacGregor a New York ha creato un grande scompiglio tra gli altri gruppi di licantropi e stuzzicato la curiosità della stampa.
Tutto quello che vuole Evan, figlio dell'Alfa del clan appena arrivato da oltreoceano, è poter vivere la propria vita in pace. Possibilmente evitando la maggior parte dei contatti col padre e ignorando le richieste egoiste della bella ed algida Crystal, sua moglie.
Nella stessa città vive anche Amanda, giovane assistente che condivide l'appartamento con la sorella Frances e il fidanzato di lei, Andrew. La loro vita scorre tranquilla, lontana da qualsiasi coinvolgimento col soprannaturale... almeno fino a quando tutti loro non si ritroveranno nel bel mezzo di un attacco perpetuato da alcuni licantropi di un clan locale.
L'inaspettata trasformazione di Drew porterà questi due mondi ad entrare in collisione. Far collimare stili di vita dissimili sembrerà ancora più difficile quando la città verrà sconvolta da una serie di omicidi, questa volta ai danni della comunità soprannaturale.
Umani e licantropi riusciranno a collaborare? E magari anche ad innamorarsi?
Buona lettura!
Genere: Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Cap. 22 Presagi
Scusate l'ennesima lunga attesa .-. Questi capitoli transitori mi stanno dando un po' di grattacapi ^^'
Comunque, avevamo lasciato il nostro branco col fiato sospeso: Andrew è morto? E che dire di Amanda? La situazione non è propriamente rose e fiori e, mi duole dirlo, potrebbe peggiorare... ma non voglio anticiparvi nulla!

Vi auguro buona lettura e un buon weekend! :)





Cap. 22 Presagi

   Accompagnò con delicatezza il capo del grosso lupo fino a terra, scosso da una moltitudine di sensazioni diverse per la prima volta da tempo. Tra tutte, la delusione verso se stesso e quel senso d’impotenza che poteva annullare qualsiasi altra cosa, rendendo l’uomo debole.
Si prese qualche istante per assicurarsi di non aver calcato troppo la mano, ferendo irrimediabilmente il giovane Andrew. Fortunatamente il petto del lupo si contraeva a ritmo normale, senza mostrare nessun segno di (eccessiva) sofferenza.
   Stava ancora ripercorrendo mentalmente quanto successo quella notte, quando un gemito lo riscosse dalle sue riflessioni.
Si raddrizzò, reprimendo una smorfia di dolore, e in due rapide falcate raggiunse il foro dove prima si trovava una delle finestre della zona giorno. Lo scavalcò e si accucciò accanto ad Amanda, che sembrava stesse riprendendo conoscenza. Con quanta più delicatezza possibile le mise due dita sotto la mascella per cercare il battito del cuore e verificare così le sue condizioni. La giovane aveva fatto un bel volo, atterrando di schiena contro il parapetto metallico delle scale antincendio: era un miracolo che non si fosse rotta l’osso del collo precipitando di sotto.
-Amanda.- sussurrò con urgenza. Se non si fosse ripresa entro poco avrebbe dovuto prendere in considerazione l’idea di chiamare i paramedici che si trovavano ai piedi dell’edificio. Aggiungendola così alla lista degli innocenti coinvolti ingiustamente nello scontro appena avvenuto.
“Scontro che non sarebbe successo se tu fossi stato più assennato.”, sentì la voce di suo padre prendere possesso dei suoi pensieri. Imprecò a denti stretti, scuotendo con forza il capo per schiarirsi le idee.
  Mentre lottava contro demoni che credeva di aver sconfitto da tempo, Amanda rinvenne con un singulto, portandosi immediatamente le mani al viso.
Evan fu lesto ad afferrarle i polsi, impedendole di farsi del male e controllando, al contempo, che non avesse schegge di vetro piantate nei palmi. La scandagliò rapidamente dalla testa ai piedi, cercando di decidere se fosse saggio farla alzare.
-B-Blake sta bene…?- fu la prima cosa che riuscì ad articolare la ragazza.
Lo scozzese si accigliò, stupito dalla domanda. Poi gettò uno sguardo oltre il parapetto, per accertarsi che il resto del branco fosse effettivamente al sicuro. -Sta bene.- disse solamente.
Lei sospirò, sollevata. -Meno male.
-Sei tu a non star bene. Ricordi cos’è successo?- le chiese invece lui.
Mandy aggrottò le sopracciglia, cercando di concentrarsi. -Credo di sì…- mormorò. Poi, quando la consapevolezza la raggiunse, sgranò gli occhi ed esalò:-Andrew!
Evan le impedì di muoversi premendo fermamente contro il suo petto. -Non farlo.- intimò. Poi, vedendo lo sguardo della ragazza, fece un breve cenno del capo. -Andrew è svenuto, ma sta bene.- disse.
-E’ ferito?- fu la logica domanda.
-Come tutti noi.- replicò il giovane MacGregor. Aggiungendo subito dopo:-Hai sensibilità alle estremità?
Gli occhi acquamarina della sua interlocutrice lo fissarono interrogativi. -C-come…? S-sì…- rispose, muovendo le dita della mano destra. -Ho solo sbattuto la schiena.- aggiunse, cercando di porre fine a quella conversazione.
-Non posso avere la certezza che tu sia bene. Non qui e non senza un adeguato controllo.- obiettò Evan.
-Sto benissimo.- senza dargli il tempo di reagire, Amanda si mise a sedere. Poi, afferrando saldamente il parapetto, si alzò in piedi. La brezza notturna la fece rabbrividire di colpo, ma non cedette. Van fu lesto ad imitarla ed in poco si ritrovarono a fissarsi, ignari di quello che stava succedendo sotto di loro.
   Ci fu un attimo di silenzio, poi la folla sottostante esplose in un boato, iniziando ad applaudire.


   -Oddio, sta bene! Per fortuna sta bene!- Frances si lasciò andare al pianto, sollevata di vedere la sorella muoversi senza difficoltà.
Al suo fianco, Emily rafforzò la presa su Blake, addormentatosi con la testa sulla sua spalla. Avrebbe voluto imitarla per poter dar sfogo alla paura che l’aveva attanagliata, ma sarebbe stata una cosa oltremodo umiliante per una della sua pasta, perciò si limitò ad un sospiro di sollievo.
   Alle spalle delle due ragazze, Alst ringraziò il buon Dio per aver risparmiato loro una sorte peggiore. Perfino David, che era stato scaraventato nel vuoto durante lo scontro, non se la passava troppo male: un paio di giorni e la frattura che aveva riportato sarebbe scomparsa.
Rimaneva solo da capire in quali condizioni si trovassero Evan e Amanda.
-Poteva andare peggio, eh?- la voce dell’inglese giunse leggermente strozzata. Alastair si girò e lo raggiunse, guardandolo con condiscendenza.
-Andiamo, Alst. Ho bisogno di un po’ di sarcasmo.- si giustificò quello.
-No, avreste bisogno della benedizione di Santa Brigida.- replicò l’altro, scuotendo il capo. –Siete qui da meno di due mesi e ho già perso il conto delle vostre ferite.
Il suo interlocutore si scrutò, pensieroso. –No, le mie si possono ancora contare facilmente.- disse, mantenendosi ironico. Alastair alzò gli occhi al cielo, preferendo non replicare.
In quel momento Evan li raggiunse, seguito a breve distanza da Amanda. La giovane era stata investita dall’abbraccio soffocante della sorella e si era fermata qualche metro più indietro.
-Come state?- fu la prima cosa che chiese. La preoccupazione si poteva leggere chiaramente nei suoi occhi.
-Dovremmo essere noi a chiederlo.- gli fece presente Alst.
Il giovane gli lanciò un’occhiata insofferente, pronto a ribattere. Alla fine preferì tacere e limitarsi ad una rapida ispezione delle proprie ferite. –Poteva andare peggio.- commentò.
-Ma poteva andare meglio.
-Van, non riuscirai a spuntarla. Fatti dare un’occhiata, così la smetterà di preoccuparsi.- intervenne David. Il suo migliore amico aprì la bocca per rispondere, ma lo anticipò aggiungendo:-Non discutere.
Scuotendo la testa, Evan si avvicinò ad Alastair e chiuse gli occhi con un lento sospiro, lasciando che l’altro lo ispezionasse con attenzione.
Alst aveva appena iniziato a maneggiare l’articolazione del braccio, quando la loro attenzione fu catturata dall’arrivo di una lupa. Stupito, Evan aprì gli occhi, ritrovandosi davanti una dei suoi sottoposti.
-Agente Simmons…- mormorò, irrigidendo la postura.
La donna lo salutò con un breve cenno del capo per poi chiedere:-State bene, capitano? Cos’è successo?
-Sì, sto bene. Ma voi cosa ci fate qui?
-La squadra è stata allertata a causa di uno scontro tra licantropi. Credevamo fosse in corso una regolazione di conti tra clan.- spiegò, indicando col capo le due volanti alle sue spalle.
-Non nel mio territorio.- Aleksandr fece la sua comparsa alle spalle dei presenti, evanescente come un fantasma.
Evan fu lesto a voltarsi e fronteggiarlo, pronto ad assumersi le proprie responsabilità. Lo salutò con un cenno del capo ed un rapido gesto della mano, in cui due dita sfiorarono brevemente la fronte.
I due rimasero a fissarsi in silenzio per diversi istanti, studiandosi attraverso la proiezione delle rispettive auree. Quella del russo era fredda come la carezza dell’inverno e avrebbe potuto essere altrettanto letale.
-Ebbene?- fu Aleksandr il primo a distogliere lo sguardo.
-Abbiamo avuto un problema con un nuovo affiliato.- fu la risposta.
L’uomo alzò il capo verso l’edificio di mattoni che era stato teatro dello scontro. –Questo lo vedo.- commentò solamente.
-E’ un problema interno al mio branco, la tua presenza non era necessaria.- Van non poté nascondere il proprio fastidio. Essere controllato a vista come fosse un pivellino gli faceva dubitare dei termini del loro accordo.
-Piuttosto il contrario, direi. Siete nel mio territorio e spetta a me mantenere l’ordine delle cose.- disse l’Alfa di Hamilton Heights. Dedicò un’altra breve occhiata ai danni provocati dai recenti combattimenti e tornò a guardare il proprio interlocutore.
Alastair, che si trovava alle spalle di Evan, fece di tutto per non intervenire. Una sua intromissione avrebbe minato l’autorità del giovane MacGregor, sminuendolo agli occhi dell’altro capobranco.
-Vi ho concesso ospitalità perché mi siete parsi degni di fiducia. Devo supporre di essermi sbagliato?- chiese Aleksandr, mellifluo.
Van assottigliò gli occhi. –Nessun errore. Solo un problema con la luna.- ribadì a denti stretti.
L’uomo sollevò un sopracciglio, scettico, poi passò in rassegna tutti i presenti. Si soffermò brevemente sull’agente Simmons, che salutò con un mezzo sorriso ed un cenno, e poi proseguì la propria ispezione.
Quando notò Frances ed Amanda, ancora abbracciate, si fece improvvisamente ombroso. –Esporre la tua compagna a tale pericolo...- mormorò, disgustato. –Beschestnyy*.
Evan lo fissò confuso, non capendo a cosa si stesse riferendo. Inoltre non conosceva il significato del termine appena udito, ma era palese che non fosse un complimento. -Non ho una compagna.- replicò, guardando con la coda dell’occhio Amanda e sua sorella.
Aleksandr sollevò un sopracciglio, divertito dal tono di sicurezza di quelle parole.
Ai suoi occhi la realtà dei fatti era innegabile, soprattutto considerato come l’aura del giovane scozzese si protendeva verso la ragazza dai capelli scuri. Fece per chiedergli spiegazioni, quando l’arrivo della piccola Sofiya lo prese in contropiede, infrangendo i suoi propositi.


   La giovane licantropa si vide fissare dal padre, particolarmente interessato dalla sua apparizione. Anche Evan e gli altri presenti fecero lo stesso, assumendo però un atteggiamento guardingo. Le uniche a non essersi accorte di nulla erano le due ragazze, ancora strette in un forte abbraccio.
Sofiya esitò un attimo, pensierosa, poi allungò una mano per attirare l’attenzione delle due sorelle. Le bastò poco più che un lieve tocco per porre fine al contatto durato tanto a lungo.
La prima a concentrarsi su di lei fu Amanda, sorpresa di trovarsi davanti una bambina in età scolare. -M-ma… e tu da dove vieni, piccola?- le venne naturale chiedere.
A quelle parole anche Frances si rese conto della presenza di Sofiya e si allontanò leggermente, spaventata dai suoi occhi di ghiaccio.
-Sono venuta con mio padre.- la piccola fece spallucce, tranquilla.
-Tuo padre…?- Amanda iniziò a guardarsi intorno ed individuò subito il fantomatico genitore. Si trovava accanto ad Evan e poteva dire con certezza che lo scozzese non era contento della sua presenza. -Oh, ho capito.
Chinò lentamente il capo in direzione dell’Alfa di Hamilton Heights, avendolo riconosciuto dalle descrizioni datele dai membri del branco. Cercò di mostrarsi il più sottomessa possibile per non rischiare di compromettere la conversazione che stava avendo con Evan.
   Compiaciuto, Aleksandr fece per dire qualcosa, ma venne battuto sul tempo dalla figlia. -Mi piace, papa.- il fantasma di un sorriso si fece spazio sul volto della piccola. Era come se non fosse presente a se stessa e stesse osservando la scena dall’esterno.
-Perché dici che ti piace? Hai percepito qualcosa?- le domandò l’uomo, addolcendo impercettibilmente il tono della voce.
Sofiya lanciò un’occhiata ad Amanda, di nuovo pensierosa, poi annuì. -E’ pura… e leale. E non ha paura di me.- fu la risposta.
Sia Evan che Amanda si fecero perplessi, ma non osarono contraddirla. Aleksandr, invece, si passò due dita sulle labbra, celando a malapena un sorriso sornione.
Per lui quelle parole sembravano avere un qualche significato, a quanto pareva.
-Possiamo andare, ora?- la voce eterea di Sofiya ruppe la bolla di silenzio che si era creata poco prima a causa delle sue stesse parole.
Suo padre fece un breve cenno del capo. -Certamente.- disse, raggiungendola con poche falcate. I due si scambiarono un’occhiata complice, poi la piccola insinuò la mano pallida in quella dell’uomo, pronta a dirigersi verso casa.
   Ma poco prima di avviarsi, si voltò nuovamente verso Amanda e, dopo un attimo d’esitazione, puntò lo sguardo su Frances. Non disse nulla, limitandosi a fissarla intensamente, ma tanto bastò per dare i brividi alla giovane.
Il contatto visivo durò qualche istante, poi Sofiya ed Aleksandr si congedarono, lasciandosi dietro molti interrogativi.
-Io non…
La frase di David fu interrotta dalla burrascosa, quanto improvvisa, comparsa del proprietario dell’edificio, che marciò su di loro come un cane rabbioso.
-Chi! Chi è stato a fare questo?!- gesticolò verso il fabbricato, furibondo.
Evan ed Alastair si scambiarono uno sguardo d’intesa, pronti all’ennesima battaglia.
Quella notte non avrebbero avuto pace.


   Quando finalmente ebbero placato il proprietario dello stabile (promettendogli di farsi carico di tutte le spese di ristrutturazione) era ormai l’alba.
Molte delle persone accorse per assistere al combattimento se n’erano andate, ormai private del brivido dell’azione. Lo stesso si poteva dire della squadra di Evan, che era rientrata in centrale per fare rapporto.
Rimanevano solo i paramedici, che avevano insistito parecchio per poter visitare tutte le persone rimaste coinvolte nello scontro, e i giornalisti.
Quelli erano come gli avvoltoi: una volta adocchiata una preda non la lasciavano andare per nulla al mondo. E se con Evan ed Alastair avevano presto capito che era meglio non tirare troppo la corda, lo stesso non si poteva dire delle due sorelle Miller, assediate da diversi registratori.
Frances si stava innervosendo, desiderosa di poter avere un po’ di pace, mentre Amanda stava cercando in tutti i modi di fare da paciere. Con scarsi risultati, purtroppo.
-Vi prego… abbiamo bisogno di riposare. Avete abbastanza materiale per poter scrivere i vostri articoli.- ripeté per l’ennesima volta la giovane.
-Chi era il lupo fuori controllo? Fa parte del branco? Perché non volete dircelo? E voi siete delle affiliate?- le domande continuavano a sprecarsi e i giornalisti si facevano sempre più pressanti.
Mandy arretrò, cercando di mantenersi sempre tra la sorella e la folla di assedianti. Con la coda dell’occhio cercò istintivamente Evan, ma lo trovò impegnato a parlare con David.
Doveva cavarsela da sola, quindi.
-Fran, raggiungi i ragazzi. Loro sono sicuramente più minacciosi di me.- sussurrò voltandosi a mezzo.
-E pensi che questo basterà?- fece scettica quella.
-No, ma…
Amanda non ebbe tempo di aggiungere altro perché si sentì improvvisamente svuotata: sbattè le palpebre un paio di volte, confusa, e poi svenne.
-MANDY!- Frances gridò terrorizzata, gettandosi in avanti per sorreggerla.
L’urlo della ragazza attirò l’attenzione dei licantropi presenti, incluso il tenente Simmons, rimasta ad aiutare. David si puntellò su un gomito, cercando di vedere cosa stesse succedendo, mentre Alastair ed Evan si fecero largo tra i presenti.
Emily si era addormentata da un po’, appoggiata al tronco di un albero vicino, e nessuno ebbe cuore di svegliarla: sembrava veramente esausta.
-Cos’è successo?- Alst fu il primo a raggiungere Amanda. Si inginocchiò davanti alle due ragazze ed appoggiò immediatamente due dita sulla gola della mora, pronto a contare i battiti del suo cuore. -Mhm… nessun problema cardiaco.- mormorò tra sé, proseguendo nell’ispezione.
Evan, dal canto suo, si prese l’onere di allontanare i giornalisti.
-Il tempo delle parole è finito. Andatavene.- disse senza tanti preamboli. Ma quelli non si fecero scoraggiare e mantennero le loro posizioni.
-Evan…- Alastair richiamò la sua attenzione. Il giovane MacGregor si voltò a guardarlo, attento. “Ha una lieve commozione cerebrale. Deve aver sbattuto la testa quando è stata attaccata da Andrew”, terminò la frase per via telepatica. Non era proprio il caso di aggiungere altra carne al fuoco, considerata la tendenza della stampa ad estremizzare qualsiasi accaduto.
Van assottigliò impercettibilmente gli occhi, poi fece un breve cenno del capo. Senza dire una parola si chinò e sollevò senza sforzo il corpo privo di sensi di Amanda. La osservò brevemente, ascoltando il suono del suo respiro ed il ritmo del suo battito cardiaco: sembrava che non fosse in pericolo di vita, nonostante il colpo subito.
Si raddrizzò in tutta la sua altezza e con deliberata lentezza scrutò uno ad uno tutti i presenti. -Andatevene.- la voce gli uscì distorta, quasi ringhiante. Lasciò che i suoi occhi rilucessero un poco, quel tanto che bastò per mettere in fuga i giornalisti. Soddisfatto, si rivolse ad Alastair dicendo:-Recupera il resto del branco. È ora di un po’ di meritato riposo.


***

   Attraversò la città silenziosamente, scartando i pochi passanti e i numerosi stormi di piccioni.
Il sole stava sorgendo, ma i suoi caldi raggi non avrebbero potuto nulla contro la gelida eternità che l’avvolgeva.
Da molto tempo ormai non provava più il dolce bacio della primavera o il morso dell’inverno, ma in cambio aveva ottenuto qualcosa di più prezioso. Poteva percorrere spazio e tempo immutato, assumendo le sembianze che più lo aggradavano. Non poteva essere imprigionato né soggiogato, a meno che non fosse lui stesso a decidere di mettersi al servizio di qualcuno.
   E quel qualcuno, almeno per il momento, era Rodrick.
La sete di vendetta ed il dolore che si erano radicati nel cuore del vecchio lupo l’avevano attirato come il canto di una sirena. Erano così simili, eppure le loro storie non potevano essere più diverse.
All’inizio si erano ripetutamente scontrati per quelle che avrebbero potuto essere considerate divergenze d’opinioni, ma alla fine erano arrivati ad un tacito accordo. Nessuno dei due avrebbe detenuto il potere in via esclusiva, così da mantenere la loro collaborazione il più democratica possibile. Non fosse che, per natura, avrebbero dovuto combattersi fino ad annientarsi.
   Ma poco importava, dato che i due riuscivano a comunicare in un modo che andava oltre il pensiero e la rivalità naturale. Il legame che si era creato tra loro era forte e radicato e dava ad entrambi la giusta dose di potere.
“Potere che nessuno sta usando.”, pensò scartando agilmente una macchina.
Lanciò un’occhiata ai palazzi attorno a sé, disgustato dal loro aspetto e dal modo in cui l’uomo aveva insozzato il proprio pianeta.
Nonostante tutto il tempo trascorso, nonostante tutte le cose viste, non avrebbe mai apprezzato quella cosa chiamata “progresso”. Il suo cuore sarebbe sempre rimasto in quel piccolo villaggio di Alba, tra i campi di grano e le foreste di querce.
“Non è il momento.”, si disse, mettendo a tacere i propri ricordi. Diede un’ultima, rapida occhiata a ciò che lo circondava ed affrettò il passo, diretto verso la propria meta.
Senza prestare veramente attenzione a dove metteva i piedi, ripercorse quanto aveva visto nelle ore precedenti.
   Lo scontro era stato violento, ma alla fine si era risolto abbastanza felicemente. Ancora non aveva chiare tutte le dinamiche presenti all’interno del branco, se di branco si poteva parlare, ma avrebbe potuto raccogliere altre informazioni in futuro.
Per quanto riguardava i rapporti interpersonali, invece, era convinto potessero essere un buon punto di partenza. Lo scopo era isolare un membro per volta, fino a lasciare il capobranco solo in mezzo alla tempesta.
“Mi chiedo se le umane possano essere sfruttate…”, ragionò, superando l’ingresso di un piccolo cimitero. Rallentò il passo fino a fermarsi del tutto. Scandagliò le lapidi con attenzione, avvertendo la presenza di un’energia simile alla sua. Lentamente ne solleticò il fulcro, attirando su di sé l’attenzione.
Subito diversi fuochi fatui emersero dalla foschia mattutina, volteggiandogli attorno con curiosità. Sollevò una mano per sfiorarne uno, lasciando che le loro auree entrassero in contatto. Assaporò i loro ricordi, le anime che si erano portati via e poi li lasciò andare, ritirando il proprio potere.
   E fu in quel momento che si accorse di essere osservato.
Voltò la testa di scatto, stupito, e si scontrò con un paio di occhi chiari ed indagatori appartenenti ad una giovane lupa.
I due si fissarono per alcuni istanti, in silenzio, fino a quando la piccola non fu distratta dalla voce del padre e distolse lo sguardo.
   Approfittando di quel momento di distrazione, lo spirito immortale se ne andò.
 
***



   Nonostante il braccio rotto e le numerose ferite, Evan trasportò Amanda lungo le scale e oltre la porta del suo appartamento, per poi adagiarla sul divano. Fatto ciò si spostò, cedendo il posto ad un solerte Alastair.
David, che era rimasto qualche metro indietro, si appoggiò pesantemente allo stipite della porta, ancora dolorante per la caduta. Emily, bruscamente risvegliata dal suo sonno ristoratore, si stava limitando ad osservare la scena in silenzio, avvolgendo il piccolo Blake con la propria aura per rassicurarlo. Sembrava assente, come se i suoi pensieri fossero altrove.
Frances, dimenticata da tutti, era letteralmente sull’orlo di una crisi di nervi.
Non sapeva se Andrew fosse vivo o morto e non sapeva se Amanda si sarebbe svegliata di lì a poco tempo. Non sapeva nulla e a nessuno sembrava importare un accidente.
-Insomma, come sta?!- sbottò all’improvviso. Le teste di tutti i presenti si voltarono verso di lei, sorprese. -I-io… scusate, ma… si riprenderà, vero?- smorzò un po’ i toni, imbarazzata.
-Ha una leggera commozione cerebrale, dobbiamo aspettare che…- iniziò Alastair, ma un lieve sibilo attirò la sua attenzione, interrompendolo. -O forse no.- sussurrò, stupito.
Le palpebre di Amanda fremettero e, dopo poco, si sollevarono. La ragazza restò immobile, cercando di mettere a fuoco il soffitto e nel contempo capire cosa fosse successo.
-Amanda!- Frances oltrepassò a gran velocità tutti quanti, gettando le braccia al collo della sorella. -Stai bene! Per fortuna stai bene!- iniziò a ripetere, scoppiando in un pianto dirotto. Era il secondo, quella notte.
Mandy non capiva perché Fran stesse piangendo e non ricordava assolutamente nulla da quando aveva parlato con la piccola Sofiya.
   Che avesse perso la memoria?
Spostò lo sguardo su Alastair e lo fissò smarrita, cercando di ottenere risposte. Il licantropo non si scompose e, con una calma straordinaria, la liberò dalla presa di sua sorella. -Frances, Amanda ha bisogno di tranquillità. Il colpo che ha ricevuto non va sottovalutato.- disse, pacato.
Fran tirò su col naso e poi annuì brevemente, scusandosi per la propria reazione.
Amanda cercò di sorriderle, ma sentiva tutti i muscoli del corpo indolenziti. Si guardò attorno, trovandosi sotto lo sguardo preoccupato ed indagatore di tutti i presenti e seppe con certezza di aver dimenticato qualcosa d’importate.
-Dove siamo…?- riuscì a formulare la frase con gran difficoltà. Era come se i neuroni del suo cervello avessero perso la capacità di dar vita a pensieri coerenti.
-Nel tuo appartamento. Ricordi lo scontro?- disse Frances, rabbrividendo al solo ricordo. Aveva avuto risposta ad uno dei suoi interrogativi, ma ancora non sapeva nulla circa le sorti di Andrew.
Lentamente, Mandy fece sì col capo. Ricordava quella parte, certo: come dimenticarsi che aveva rischiato di essere ammazzata da…
Spalancò gli occhi acquamarina e li puntò dritti verso Evan. -Andrew! Oddio, Andrew!- si portò una mano alla bocca, terrorizzata.
La sua reazione fu come una doccia fredda per Frances, che si rimise in piedi di colpo, quasi si fosse scottata.
Prima che la situazione degenerasse, Evan prese parola. -Andrew non è morto.- le ricordò. Lei lo fissò smarrita, come se sentisse quelle parole per la prima volta.
-Ne sei sicuro…?- azzardò a chiedere Fran, speranzosa.
Lui la guardò attentamente per qualche istante, poi annuì. -Però dovremo spostarlo e aspettare che si riprenda.- precisò.
-P-Posso aiutarvi?- chiese l’americana.
-No. È troppo pesante per un umano.- fu la risposta lapidaria.
Vedendo l’espressione della ragazza, David intervenne dicendo:-Però puoi accompagnare Alastair e assicurarti delle sue condizioni.
Quelle parole sembrarono scongiurare l’imminente crisi isterica e riportarono una parvenza di calma nel gruppo.
Alst decise di approfittarne per ritrovare un po’ dell’organizzazione perduta. -Bene. Io mi occuperò del giovane Drew, mentre voialtri andrete a riposare.- disse. -E con voialtri, intendo tutti. Anche tu, Evan.- aggiunse, scoccando un’occhiata ammonitrice al giovane Alfa.
Stranamente quello non protestò e si limitò ad alzare le mani in segno di resa. “Terrò sotto controllo Amanda, nel caso dovesse peggiorare.”, il pensiero venne captato da Alst senza problemi.
-Finalmente un po’ di disciplina.- borbottò l’uomo, annuendo impercettibilmente al suo figlioccio.


“Come credi che la prenderà?”, la voce di David s’insinuò nella mente di Alst ed il tono era chiaramente preoccupato.
“Immagina il peggiore degli scenari e sarai pronto a tutto.”, fu la risposta. Il giovane sollevò brevemente un angolo della bocca, reprimendo una smorfia: aveva capito che lo scozzese non aveva più voglia di scherzare.
“Mi dispiace.”, abbassò lo sguardo, fissando i gradini alternarsi sotto i propri piedi.
Dietro di loro Frances seguiva in silenzio, guardando con occhi sgranati l’enorme buco che si era creato nella parete.
“Non ce l’ho con te…”, Alastair si lasciò sfuggire un sospiro, stanco. “Vorrei solo che le cose fosse meno complicate. Ecco tutto.”, aggiunse, raggiungendo la porta sventrata dell’appartamento in cui viveva il branco.
Dave stava per aggiungere altro, ma l’espressione scioccata della loro giovane accompagnatrice glielo impedì. Cercando di alleggerire l’atmosfera, azzardò un:-Non è così male. Ho visto di peggio.
Frances gli lanciò un’occhiata allucinata mentre Alst scuoteva la testa.
-Sei sicura di voler entrare?- le domandò il rosso. Lei deglutì rumorosamente, immaginando tutte le possibili conseguenze di quello che stava per fare. Strinse brevemente i pugni e poi si limitò ad annuire. –Bene. Diamoci da fare.
Si mossero lentamente, facendo attenzione a non inciampare nei detriti sparsi un po’ ovunque. Andrew giaceva ancora in quel caos, immobile dopo il colpo subito.
Senza poterselo impedire, Frances si portò le mani alla bocca. –Siete sicuri che…?- iniziò.
-E’ vivo. Ha solo prosciugato le energie del proprio corpo.- la interruppe Alastair. Si chinò lentamente di fianco al giovane lupo e lo esaminò con occhio clinico. Il petto si abbassava ritmicamente, anche se aveva una o due costole incrinate.
-Tra quanto tornerà umano?- volle sapere lei.
Il licantropo scosse il capo. –Difficile dirlo. La trasformazione è stata emotivamente e fisicamente sfiancante…- dovette ammettere.
-Se vuoi puoi toccarlo: fargli sentire la tua presenza lo aiuterà.- suggerì David, incoraggiante. Non avrebbe mai dimenticato tutto l’aiuto offertogli dalla madre durante le prime trasformazioni né l’attacco che aveva perpetrato alla sua persona, durante la prima luna.
Al solo pensiero provava ancora disgusto per se stesso e la propria debolezza.
-Seriamente?- l’esitazione nella voce dell’americana lo riportò alla realtà.
-Seriamente. Lo dico per esperienza.- le sorrise brevemente.
Frances allora s’accosciò accanto al grosso lupo e lo osservò pensierosa per diversi istanti: sembrava non riuscisse ancora a capacitarsi che sotto tutto quel pelo ci fosse il suo compagno. Alla fine, molto lentamente, posò una mano sulla morbida testa, poco dietro l’orecchio sinistro.
-Adesso dobbiamo innescare la trasformazione.- l’avvertì Alastair. –Sarà più semplice trasportarlo, da umano...
-E se non dovesse funzionare? Ve lo caricherete in spalla come se niente fosse?- domandò Fran, lanciandogli un’occhiata dubbiosa.
-Esatto. Per quello abbiamo detto che non era un compito adatto a te.
Con estrema attenzione, Alastair estrasse una collana da sotto la casacca che indossava. Appesa alla catenella di metallo faceva bella mostra di sé una piccola fiala piena di quella che sembrava essere sabbia nera.
“Sempre pronto a tutto, vedo. Da quando porti con te del sorbo?”, fece David, ammirato.
“Da quando ci siamo trasferiti a New York.”, l’uomo lo guardò intensamente. Poi, rivolgendosi alla loro accompagnatrice umana, chiese:-Potresti offrirci il tuo aiuto, Frances?
Sentendosi interpellata, la ragazza si rimise in piedi ed annuì più volte. I suoi occhi erano puntati sul piccolo contenitore di vetro che ora se ne stava tra le mani dello scozzese.
-Quella che ho in mano è una fiala contenente polvere di sorbo degli uccellatori.- spiegò Alastair. –E’ una sostanza in grado di “purificare” noi licantropi, riportandoci al nostro aspetto umano.
-Dovrei usarla su Drew, giusto?- domandò, esitando leggermente nel pronunciare il nome del ragazzo che amava.
-Esattamente. Versane un po’ sul palmo della mano e poi accarezza il lupo.- confermò il Beta del branco MacGregor.
Senza chiedere ulteriori rassicurazioni, Frances prese l’oggetto che le veniva porto e si sporcò le mani con quella strana polvere nera. Una volta pronta, si voltò nuovamente verso il lupo ai suoi piedi e sperò con tutte le proprie forze di non fare ulteriori danni.
  Ci mancava solo che Andrew rimanesse bloccato in un limbo, senza potersi considerare né uomo né lupo.


-Emily, puoi ritirarti assieme a Blake.
Amanda vide Evan dare una rapida occhiata al nuovo acquisto del branco. La giovane non aveva una bella cera, probabilmente a causa dell’ansia provata per il piccolo Blake, e lui non sembrava intenzionato a peggiorare ulteriormente la sua condizione.
-S-sì… potete prendere la camera degli ospiti…- riuscì a trovare la forza di biascicare. –E’ in fondo al corridoio.- aggiunse, facendo un vago gesto con la mano.
Emily scambiò una rapida occhiata col proprio Alfa, quasi a chiedere il permesso. Quando quello annuì, si ritirò rapidamente, portando con sé suo nipote.
Dopo che la lupa fu inghiottita dal buio del corridoio, Mandy si voltò verso lo scozzese. -Non ho molto spazio per ospitarvi tutti…- considerò. Il suo cervello stava cercando di restare al passo con la situazione, ma i pensieri continuavano ad essere sfuggenti come pesci in un acquario.
Evan la guardò in silenzio per qualche istante. –Nessuno ti ha chiesto di ospitarci.- le fece presente.
Quelle parole la lasciarono visibilmente confusa, causandole piccole fitte di dolore nella parte occipitale. –Credevo…- iniziò, ma venne interrotta dalla vibrazione di un cellulare.
-Scusami un attimo.- Van estrasse rapidamente l’oggetto da una tasca interna della giacca e si allontanò per poter rispondere.
Amanda lo vide raddrizzare la schiena con un piccolo sussulto e poi rilassare i muscoli. Probabilmente il chiamante era una persona conosciuta, a giudicare dalla sua reazione.
Distolse lo sguardo, concentrandosi sulle fughe del pavimento.
Non voleva origliare la conversazione ed essere considerata una persona incapace di rispettare la privacy altrui. Senza contare che non si trovava nelle condizioni mentali per fare una cosa così sopraffina come origliare con discrezione.
Ad un certo punto le sembrò d’udire la frase “altri due morti” e qualcosa dentro di lei scattò.
Rivide le piccole fiammelle blu scorte al cimitero e gli occhi cristallini della piccola Sofiya presero possesso della sua mente.
Serrò con forza le palpebre e si prese la testa, chiudendosi a riccio per difendersi da quella misteriosa ed improvvisa minaccia. Sprazzi d’immagini continuavano a rincorrersi nella sua mente senza trovare una giusta collocazione.
Non sapeva cosa le stesse succedendo e sperò con tutto il cuore che fosse colpa della botta presa. In caso contrario, stava impazzendo.

   Notando con la coda dell’occhio l’improvviso movimento di Amanda, Evan si congedò rapidamente dal comandante Rogers, promettendo di farsi vivo il prima possibile.
Fece scivolare il cellulare di nuovo nella tasca e si avvicinò alla giovane. –Amanda..? Cosa sta succedendo?- chiese, guardingo.
Aveva un bagaglio di conoscenze mediche non indifferente, ma era Alastair quello ferrato in materia. E lui non aveva esattamente la precisione di un bisturi, quando si trattava di intervenire.
-Fitta… testa… blu… fiamme blu…- iniziò a ripetere la ragazza.
Van si accigliò, confuso. –Il tuo cervello fa fatica a processare le informazioni, ora come ora, ma non devi preoccuparti: è temporaneo.- cercò di farle allentare la presa sulla testa e di farla distendere sul divano.
Amanda oppose resistenza, sentendosi meno vulnerabile in quella posizione. Come se stare rannicchiata su se stessa potesse aiutarla a ritrovare il controllo della sua mente.
-Sofiya… blu… occhi… brividi… fiammelle… cimitero… fiammelle!- Evan la vide incuneare il capo tra le ginocchia.
Quel comportamento non era normale per una vittima di commozione cerebrale e la cosa iniziava a preoccuparlo. Facendo attenzione a non far leva sul braccio ferito, afferrò Amanda per una spalla e la obbligò, gentilmente ma con fermezza, a raddrizzarsi.
Quando si trovarono finalmente faccia a faccia, gli occhi della giovane erano lucidi ed spalancati su un mondo che solo lei riusciva a vedere. –Cosa mi sta succedendo…?- gemette, mettendolo a fuoco.
-Non lo so.- dovette ammettere lui. Temette che la risposta potesse farla scoppiare in lacrime, ma così non fu. –Spiegami cosa vedi.- disse allora.
Lappandosi le labbra, Amanda cercò di riafferrare il filo dei propri pensieri. All’inizio fu difficile, ma poi sembrò riuscirci. –Continuo a rivedere gli occhi della piccola lupa…- iniziò.
-Sofiya ha capacità sensoriali particolarmente sviluppate.- le spiegò. –Forse l’hai percepita scandagliare la tua mente e questo ha lasciato dei residui visivi…
Lei scosse la testa, passandosi distrattamente una mano tra i capelli arruffati. –No… non è così. Ha a che fare con l’occhiata che ha lanciato a Frances…- obiettò.
Con fare insolitamente paziente, Evan si sedette sul bracciolo del divano, lasciandole un po’ di spazio. –E cosa c’entrano le fiammelle..?- volle capire.
Amanda chiuse momentaneamente gli occhi, riafferrando il ricordo. –Stavo camminando e all’improvviso mi sono ritrovata vicino ad un cimitero. E le ho viste: piccole sfere fluttuanti di colore bluastro.- raccontò. –Non so cosa significhino…
All’udire quelle parole Evan si fece pensieroso. Quella che le aveva appena descritto l’americana era un’apparizione in piena regola di alcuni Will-o’-the-Wisp o, più comunemente, fuochi fatui. E nel suo mondo, vedere quelle fiammelle blu presagiva eventi nefasti al povero malcapitato che aveva la sfortuna di scorgerle.
Molto spesso, indicavano un lutto prossimo ad avvenire.
-Perché quell’espressione…?- Amanda smise di rincorrere le parole nella propria mente e si focalizzò sul suo interlocutore.
Evan, d’altro canto, non era intenzionato a raccontarle nulla. Un ulteriore shock non le avrebbe giovato, non in quel momento. –Non devi preoccuparti. Le due cose non sono correlate.- disse, sbrigativo.
Al che lei assottigliò gli occhi, guardinga. –Potrò anche avere una commozione cerebrale, ma non sono stupida. Quello che ho detto ha un significato, per te.- ribatté.
-Significato che non voglio condividere con te, ora.- replicò con calma il licantropo. –Invece di arrovellarti dovresti riposare.
-Non ho bisogno di…- iniziò col dire lei, ma una fitta acuta alla testa le impedì di continuare. –Ok, forse sì.- dovette ammettere, sdraiandosi lentamente.
-Chiudo le imposte. Tu prova a rilassarti.- Van si alzò con un movimento affettato e si diresse verso la finestra della cucina, intenzionato a chiudere fuori i raggi del sole nascente.
Aveva quasi portato a termine l’operazione, quando la voce di Amanda lo raggiunse in un sussurro:-Nel caso in cui dovesse essere un presagio, ti prego: aiutami ad evitare che si avveri.
“Mi auguro di riuscirci.”, fu il pensiero del giovane MacGregor.



*Il termine significa "disonorevole" in russo
  
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