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Autore: WhiteLight Girl    03/02/2018    2 recensioni
Adrien aspetta Marinette per pranzare, ma quando lei non si presenta in orario al loro appuntamento alla pasticceria ci mette un po' a rendersi conto che Ladybug è in televisione. Un nuovo nemico è comparso a Parigi, ma quando Chat Noir raggiunge il posto è solo con un'immensa distesa di ragnatele. Prima di riuscire a trovare Ladybug e gli altri eroi, il ragazzo viene colpito alla nuca e perde i sensi. Si risveglia in ospedale, dove gli viene detto che Marinette è rimasta uccisa nel fuoco incrociato, ma lui si rifiuta di crederci.
***
La ripresa aerea non le rendeva giustizia, ma c’era ben poco da ammirare quando la sua comparsa significava guai seri in città e la presenza di Rena Rouge al suo fianco non faceva altro che avvalorare la tesi.
«A pensarci, forse dovrei telefonarle.» mormorò Adrien. Ad una prima occhiata, Plagg sembrava stupito dal suo repentino cambio di idea, ma Sabine si limitò a fargli l’occhiolino.
«Anzi, forse dovrei andarle incontro, assicurarmi che non si perda.»
Genere: Mistero, Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Alya, Chloè, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug, Nino
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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QUALCUNO DA CHIAMARE CASA

Adrien Agreste si era ripromesso di non toccare la torta che aveva davanti fino a quando Marinette non fosse stata lì, ma il profumino che lo stava inebriando da una decina di minuti buoni glielo stava rendendo davvero difficile.
Rimase a fissare la torta quasi con odio, come se la colpa della tentazione fosse tutta di quel dolce o come se in questo modo Marinette potesse arrivare prima. Adrien divaricò le narici ed inspirò a fondo, il brontolio della sua pancia quasi non si era fermato da quando Sabine, che da allora era rimasta a fissarlo divertita da dietro il bancone dei dolci, gli aveva presentato la sua nuova creazione. Adrien, imperterrito, resisteva.
«Guarda che Marinette non si offenderà se comincerai senza di lei.» gli disse Sabine, ammiccando.
Adrien poggiò il mento sulle braccia incrociate con uno sbuffo, sapeva che lei aveva ragione, ma era più forte di lui. «Non sarebbe carino da parte mia.»
Sentì Plagg ridacchiare contro il suo fianco; il Kwami era uscito dalla borsa, se ne stava sospeso tra la sua coscia e la parete e, nonostante fosse al riparo da occhi indiscreti, il ragazzo non riusciva a non temere che qualcuno lo vedesse, quindi lo spinse giù con una manata proprio nel momento in cui lo sentì borbottare: «Magari non ha letto il tuo biglietto.»
Plagg si sforzava di tenere la testa sollevata, si aggrappava con le zampette alle dita di Adrien per impedirgli di spingerlo dentro abbastanza da chiudere la zip dietro di lui, spasimava per poterlo prendere in giro ancora un po’.
«Certo che ha letto il mio biglietto.» disse Adrien a denti stretti.
Plagg rimbalzò contro il fondo della borsa e, arrampicandosi per risalire, stropicciò la copertina di uno dei libri. Il suo ghigno era una provocazione, ma Adrien non aveva alcuna voglia di coglierla, troppo preso dal pensiero del momento in cui avrebbe condiviso quel dolce prezioso con la sua anima gemella.
«Magari allora l’ha letto e non l’ha capito, oppure ha deciso di ignorarlo. Non puoi mica pretendere che ogni volta che le lasci un post-it lei molli tutto e corra da te.»
Adrien gonfiò le guance e strizzò gli occhi, la voglia di afferrarlo per la collottola e lanciarselo alle spalle per liberarsi della vista del suo musetto impertinente era tanta, ma riuscì a tenerla a bada.
«Ma lo fa sempre!» esclamò.
Sabine sollevò il capo con uno scatto e quando lo guardò confusa il cuore di lui balzò in gola. Perfino la cliente che la donna aveva davanti si era voltata a fissarlo. «Hai detto qualcosa?»
«No! Nulla!» si affrettò a rispondere.
Scambiò un sorriso con Sabine, per poi tornare a picchiettare i polpastrelli sul tavolino e, sconfortato, rimuginare su quelle che era convinto fossero le parole esatte che aveva scritto.
Forse era stato troppo lapidale, avendo scritto semplicemente la data, l’ora ed il luogo dell’appuntamento, oppure aveva in qualche modo sbagliato uno dei due? Marinette era sempre stata abbastanza brava ad interpretare i suoi criptici messaggi – fin da quel primo angolo di foglio che le aveva passato in biblioteca anni prima –, ma qualora ci fosse stato un suo errore non avrebbe potuto certo biasimarla.
Si morse l’interno di una guancia, perdendosi nei ricordi di quel magnifico pomeriggio e delle guance rosse della ragazza che lo aveva guardato di sottecchi per tutta l’ora successiva, davanti ai loro più che perplessi migliori amici. Avrebbe potuto inviarle un sms in ogni momento, a dire il vero, ma perché rovinare un metodo di comunicazione così particolare e romantico a favore della fredda, meccanica e moderna tecnologia?
Non avrebbe mai potuto farlo, neanche per salvare il dolce più delizioso e soffice del mondo dal perdere la sua fragranza migliore, ma prese comunque tra le mani il telefono per guardare l’orario indicato dal display. Con il senno di poi, probabilmente, programmare un appuntamento ed un pranzo attorno ad una singola torta non sembrava più una buona idea, specialmente senza aver avuto un minimo di conferma da parte della persona con cui avrebbe dovuto dividerla.
L’attesa non avrebbe potuto essere più snervante, ad Adrien serviva qualcosa per passare il tempo; non aveva manga o riviste da leggere, si rifiutava di calmare il languorino con qualche bignè della sua pasticceria preferita, ma forse avrebbe potuto farsi passare un panino; magari Sabine gli avrebbe permesso di cercare qualche salume nel frigo al piano di sopra.
«Hai già provato a telefonarle o a scriverle un sms?» domandò lei, mentre salutava la cliente del momento. Adrien dischiuse le labbra ed inclinò il capo.
«Sto aspettando la risposta.» mentì.
Era troppo tardi per chiedere quel panino? Come se Sabine Dupain-Cheng potesse permettere che lui facesse uno spuntino veloce senza proporgli anche altro. No, sicuramente avrebbe tirato fuori gli avanzi del pranzo e della cena precedente e glieli avrebbe scaldati in un battibaleno, presentandoglieli con qualche deliziosa focaccia appena sfornata.
Magari solo un croissant, pensò Adrien. Si trovò a ragionare sulla sua esitazione, realizzando che solo fino a poco tempo prima avrebbe assaggiato uno di tutto senza alcuna esitazione. E l’aveva fatto – oh, se lo aveva fatto! – quei primi giorni in compagnia di Marinette.
Se solo quello che aveva davanti fosse stato uno dei dolci classici della pasticceria invece che una novità assoluta, allora avrebbe potuto smettere di rimuginarci sopra e tutto il resto per mandarlo giù senza remore.
Si concentrò su quello che era cambiato da quando si era seduto a quel tavolo per la prima volta: la parete era stata ritinteggiata giusto per rinfrescarne il colore, la posizione dei vari tipi di dolci invertita per semplice sfizio, era stata installato un televisore che, appeso al soffitto, era sempre sintonizzato sul canale locale ed altri piccoli dettagli privi di importanza.
Adrien doveva ammetterlo, l’idea del televisore, opera di Marinette, era stata davvero una genialata; aveva permesso loro di tenere d’occhio le notizie senza dare sospetti e, all’occorrenza, intervenire negli attacchi Akuma. Era sempre bastata un’occhiata verso lo schermo, che in assenza di Marinette era spesso muto. Per questo il ragazzo non l’aveva notato, per questo era rimasto lì a crogiolarsi nella fame e nei dubbi di dove lei fosse finita, quando gli sarebbe bastato alzare lo sguardo per vederla in tutto il suo splendore avvolta nel suo costume rosso da supereroina.
La ripresa aerea non le rendeva giustizia, ma c’era ben poco da ammirare quando la sua comparsa significava guai seri in città e la presenza di Rena Rouge al suo fianco non faceva altro che avvalorare la tesi. «A pensarci, forse dovrei telefonarle.» mormorò Adrien. Ad una prima occhiata, Plagg sembrava stupito dal suo repentino cambio di idea, ma Sabine si limitò a fargli l’occhiolino.
«Anzi, forse dovrei andarle incontro, assicurarmi che non si perda.»
Mise la borsa in spalla e si alzò, lanciando un’ultima occhiata bramosa alla torta mentre la sollevava tra le mani.
Assicurarmi che non si perda? si chiese. Come se potesse dimenticare come tornare a casa sua.
«Puoi tenercelo da parte?» domandò a Sabine poggiando il piatto davanti a lei.
L’uomo che si stava apprestando a pagare il suo vassoio di pasticcini appena riempito, Adrien non l’aveva notato fino ad allora, inspirò a fondo il profumino lanciando un’occhiata bramosa alla torta che Sabine mise prontamente via.
«La ritroverai qui, tranquillo.» lo rassicurò, ma a quel punto Adrien era già fuori di lì.
La campanella della pasticceria tintinnò dietro di lui, che invece di correre in mezzo alla strada voltò l’angolo e si diresse sul retro. La tracolla era ancora aperta, i libri oscillavano sul fondo schiacciando Plagg contro la stoffa della borsa ed il Barattolo di latta con il camembert rotolò fino a cozzare contro il portapenne.
«Avresti dovuto inventarti una scusa migliore.» gli fece notare il Kwami, infastidito.
Adrien non poteva dargli torto. «Fuori gli artigli.»
Pochi minuti dopo stava sfrecciando sui tetti di Parigi, era come se un elastico invisibile lo stesse trascinando alla svelta verso Ladybug. Ogni passo lo portava più vicino a lei, ma contribuiva anche a gonfiare sempre di più quella bolla nel suo petto che gli toglieva il respiro, spingendolo a correre più veloce per arrivare prima.
In ogni secondo che lo separava da Ladybug – e da Rena Rouge – sarebbe potuto accadere di tutto.
Non si era neanche preoccupato di capire bene cosa fosse successo, prima di accorrere.
Il piazzale che aveva scorto attraverso lo schermo era vicino, ma la prima cosa che Chat Noir vide furono i chiassosi elicotteri della televisione sospesi sui tetti di Parigi, l’ennesimo balzo lo portò a superare un capannello di auto della polizia che sfrecciavano in strada a sirene spiegate. Era già pronto a lanciarsi nella piazza, quando fu costretto a fermarsi di colpo, inchiodando sul bordo dell’ultimo tetto. Davanti a lui c’era un intreccio di fili bianchi che ricopriva l’intera area rendendo impossibile vedere cosa ci fosse dall’altra parte, di Ladybug e Rena Rouge nessun segno, ma lui era certo che le avrebbe trovate oltre quella ragnatela. Indietreggiò per prendere la rincorsa e tuffarsi dentro, la mano già pronta sul suo bastone per farsi largo attraverso qualunque cosa si fosse trovato davanti, ma il dolore alla nuca lo colse di sorpresa, rendendo il suo mondo un insieme di macchie bianche e nere che lo accompagnarono verso l’oblio.


***


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