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Autore: Merione    05/02/2018    2 recensioni
I Pooh sono stati uno tra i maggiori gruppi musicali italiani e nei loro 50 anni di carriera (1966-2016) ci hanno regalato centinaia di straordinarie canzoni. Da grande fan del gruppo, ho deciso di omaggiarli pubblicando (a cadenza irregolare) questa raccolta di brevi storie ispirate ai loro brani. Conterranno anche frasi tratte dai testi, integrate nella storia stessa e segnalate in grassetto. Per ogni storia, vengono indicati il titolo della canzone, l'album e l'anno di prima pubblicazione. L'autore sarà sempre Pooh.
Genere: Introspettivo, Slice of life, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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#2: "La leggenda di Mautoa" - Pooh, Boomerang (1978)

Le trentasei rosse vette del Kata Tjuta si ergevano spavalde nel mezzo del nulla. La loro presenza millenaria infonde sicurezza a chiunque le osservi. Fanno capire che la solidità della roccia rappresenta una certezza nella tempesta delle avversità.

Lì viveva Mautoa. Era solo. Solo da tanto, troppo tempo. Era ancora adolescente quando la sua famiglia e il suo popolo erano stati uccisi dai colonizzatori bianchi. Il suo ricordo più recente risaliva a poco prima dell'invasione. Suo padre gli si era avvicinato e, porgendogli un boomerang costruito da lui stesso, gli aveva detto:

"Mautoa, questo boomerang sei tu. Questo boomerang è la tua vita, la tua esperienza, che torna a te per supportarti, ogni volta che ti metti in gioco. Questo boomerang ti ricorderà che seppure oggi non ottieni i frutti dei tuoi sforzi, il mondo non si è dimenticato di te. Tutto ciò che hai dato, ti tornerà indietro. Il panico non è altro che un istante che precede la certezza della felicità che ritorna."

Da allora, Mautoa aveva conservato con cura quel boomerang, quasi fosse una reliquia di un dio benevolo da lungo tempo andato via da questa terra, e ne aveva fabbricato uno identico, per usarlo nella caccia che gli consentiva di sopravvivere. Con gli anni era diventato bravissimo: concentrava la forza nei muscoli, sferzava l'aria e tendeva il braccio verso il sole. E il boomerang partiva, roteando nell'aria, accumulando forza e momento. La sua superficie levigata scintillava al sole e chiunque l'avesse visto volare l'avrebbe per certo scambiato per una lama. E come una lama colpiva il bersaglio, infallibile e letale. L'animale colpito cadeva, silenzioso e quieto, già morto prima ancora di toccare terra.

Quella sera, Mautoa salì sulla vetta più alta del Kata Tjuta. L'aria era fresca, la notte limpida, ma il cuore di Mautoa era adombrato e la sua storia alla luna raccontò. Le raccontò della sua famiglia, dei suoi amici, dei colonizzatori bianchi. Di lei. Soprattutto di lei, quella dolce metà che un bianco bastardo gli aveva portato via. L'eco ancora non dormiva e la voce gli rubò. La portò lontano nel vento, per chilometri e chilometri, la bagnò nel fiume che la rese chiara, e gliela restituì. Rinnovata, dolce e soave, dal cielo al monte limpida risuonò.

Mautoa sussultò e tese l'orecchio, incredulo. Sentendo quella voce, dall'eco trasformata, gli si accese la speranza che lei fosse ritornata. Il suo cuore sobbalzò. Per un attimo restò in silenzio, ma poi gridò forte: "Vieni!". Il suo grido di gioia si elevò alto nel cielo, come il suo boomerang. E come il suo boomerang, tornò indietro. "Vieni!", sentì dire. Per ore continuò a parlarle, a raccontarle la sua solitudine e le sue giornate, e lei sembrava ascoltare, e capire. Per la prima volta, solo non era più.

Più e più volte tornò su quella cima, la più alta del Kata Tjuta, con la luna o con la pioggia, d'estate o d'inverno. E parlava. Ogni notte, mille notti dal monte la chiamò. Le chiedeva di tornare, di restituirgli quel dolce suo abbraccio che ormai poteva soltanto ricordare. E lei rispondeva, ma non tornava. E Mautoa s'innervosiva. Perché non tornava da lui? Era forse diventata un angelo che lo graziava della sua voce, ma null'altro? Era uno scherzo della natura? Mautoa non poteva crederci, e ben presto arrivò al punto in cui di lei solo la voce non gli bastava più. Voleva baciarla ancora. Voleva abbracciarla ancora. Voleva amarla ancora.

Per la prima volta nella sua vita, Matuoa lasciò il Kata Tjuta. Lasciò la sua vita. Lasciò il boomerang di suo padre. La cercò lontano, nel deserto infinito. Camminò per chissà quanti chilometri. Di giorno attraversava le dune e di notte la chiamava. Ma non era più sulla vetta del Kata Tjuta. L'eco non poteva sentirlo laggiù. Scese fino al mare e si costruì una zattera. Era disposto ad attraversare il grande mare blu pur di rincontrarla, sfidando il suo ineluttabile destino, remando nelle braccia della morte. E di notte la chiamava. Ancora. Ma l'eco senza cuore non gli rispose mai più.

   
 
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