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Autore: Il_Signore_Oscuro    07/02/2018    2 recensioni
Il mondo si ricorda solo dei grandi personaggi, di coloro che hanno avuto un ruolo centrale negli eventi più importanti del suo tempo. Mentre il grande meccanismo della Storia divora tutto il resto, precipitandolo nell'oblio. Io però ho scavato e scavato, consegnando alla vostra memoria una storia diversa, una storia che era rimasta nell'ombra. Una guerra più profonda, e combattuta lontano dagli occhi dei molti...
Da oltre dieci generazioni i Cangramo sono i leali alfieri degli Argona, i potenti sovrani della costa orientale di Clitalia, la terra divisa fra i molti re. I Cangramo dominano su una piccola contea nell'estremo sud-est, una contea che comprende il Porto del Volga, la Valspurga alle pendici del Monsiderio e l'antica Rocca Grigia, costruita su un'altura a strapiombo sul mare. I quattro fratelli Cangramo cercheranno di ritagliarsi un posto in un mondo violento e insidioso, intessuto di amori, battaglie, inganni e segreti. Mentre lontano dagli occhi, un male a lungo dimenticato, antico e potente, getta la sua ombra sul futuro degli uomini...
Genere: Avventura, Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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CAPITOLO XXI
IL PEZZO CHE MANCAVA
(MIRANDA)
 
 
 
I brividi correvano lesti come lampi in un cielo oscuro, scendendo dai capelli sino alle dita dei piedi. Miranda si sarebbe dovuta sentire esausta, e lo era, dopo le fatiche degli ultimi giorni: decidere la sistemazione di ogni singola stanza del Castello; scegliere arazzi e stole per la sala del banchetto; organizzare le portate e l’ordine in cui sarebbero state servite. Non era stata un’impresa semplice e le aveva portato via molto tempo, tanto da non trovarne un poco per salutare degnamente suo fratello Carlo. Tutto ciò che si era concessa era stato un frettoloso abbraccio prima di ritornare alle sue faccende.
Ma benché si sentisse svuotata e sfinita nel corpo, la sua mente si rifiutava categoricamente di placarsi e assopirsi nei cullanti flutti dei sogni notturni.

Il pensiero non faceva altro che ricamare, come una sarta solerte, le immagini del giorno a venire: declinando ogni variabile nelle decine di migliaia di scenari possibili. E, di tanto in tanto, saltava anche più in là: lasciandosi cadere con l’immaginazione tra le lenzuola di quel letto, accomodato dalla servitù con fiori variopinti posati sulle coperte.
“Cosa proverò quando Vittorio sarà dentro di me? Farà male? Dicono che possa essere doloroso la prima volta” aveva pensato “O forse sarà come quando mi tocco, solo che proverò più piacere e… non sarò sola” fu quell’ultima frase a rincuorarla.
“Non sarò mai più sola”.
Non le era mai mancato l’amore da parte dei suoi cari, ma aveva sempre desiderato che qualcuno fosse lì: lì, capace e aperto a comprendere cosa provava. I suoi fratelli erano troppo diversi da lei. E suo padre, beh, lui era sempre stato troppo distante, troppo in alto perché Miranda potesse aspettarsi che si abbassasse alle paure, alle domande, alle inquietudini di una ragazzina.
Poi, da quando Mowan era entrata a far parte della famiglia, le cose erano andate leggermente meglio. Ma chi era Mowan? Era un Mogul. Prima una guerriera e, solo dopo, una donna.
Più propensa a mettere mano alla spada che a sognare e vivere la propria femminilità.

Con Vittorio era nato un rapporto diverso: un’intesa particolare che si rispecchiava dall’amore per la varietà di cui era intriso il mondo, al decorso dei sentimenti che possono agitare un animo umano.
“Con lui io sento il tempo che si scioglie. Con lui io non ho paura” pensava “non devo convincermi di dover essere in un modo, mi viene semplicemente naturale essere come sono”.
E se pure Vittorio non trovava risposte alle sue domande, con lui accadeva qualcosa di differente e irripetibile: quegli stessi dubbi si svuotavano di significato e il cuore non dava loro più importanza.
Miranda non poteva sapere che tipo di vita avrebbe vissuto insieme con lui, ma era certa “una vita con queste premesse non può poi essere così male” e con la sua immagine al centro della mente, Miranda si addormentò, precipitando in un sonno profondo che non conobbe sogni.


L’acqua nella tinozza accolse il suo corpo nudo nel suo caldo abbraccio. Dalla superficie vapori densi e grigiastri si levavano verso il soffitto, velandole la vista. Miranda chiuse gli occhi.
Bice passava un coltello sulla saponetta all’aroma di vaniglia e miele, disperdendo sdruccioli profumati nell’acqua calda.
Con le sue piccole mani Mowan le portò in avanti la testa, la invitò a immergerla nell’acqua per bagnare i capelli: i lunghi ricci divennero un’unica macchia di colore fulvo. Poggiò la testa sul margine della vasca e lasciò che Mowan la pettinasse con una spazzola, districando i nodi.
Il cuore le batteva forte nel petto e ogni suono giungeva ovattato alle orecchie. Inspirò profondamente, gonfiando i seni sodi “Andrà tutto bene” e poi espirò, fino a svuotarsi i polmoni dell’ultima stilla d’aria che aveva in sé. Nembi di schiuma galleggiavano intorno a lei, Miranda ne raccolse qualcuno e cominciò a passarli sotto le ascelle, sul ventre e fra le gambe, strofinando per bene con le mani.
C’era gente che usava le spugne per detergersi, ma lei aveva sempre preferito sentire il proprio corpo sotto le dita. Conosceva ogni centimetro di sé: dal piccolo neo dietro il polpaccio, al peduncolo strizzato dietro il collo, nascosto dai lunghi capelli.
«Sarete bellissima oggi, ne sono sicura» esclamò Bice «la gente parlerà di questo matrimonio per anni!» le mani grassocce le tremavano vistosamente.
“Ci mancherebbe, con tutto il sangue e il sudore buttato perché tutto fosse perfetto” avrebbe voluto risponderle a questo modo, ma si limitò a un sorriso accondiscendente.
«Te la caverai, vedrai» la rassicurò semplicemente Mowan, a mezza voce.
«Ti sei sforzata piccola faina» la punzecchiò Bice, con una smorfia a tenderle il faccione da luna.
La Mogul la guardò in cagnesco «Ma che cazzo vuoi, nonna?!».
La badante sbuffò «È una vera fortuna che quaggiù non sia uso per la sposa avere delle damigelle: renderesti le cose davvero imbarazzanti»
«Smettetela. Adesso.» sentenziò Miranda, levandosi in piedi tutto a un tratto.
“Sono già abbastanza nervosa di mio, senza che queste due si scannino fra loro”.
«Mi scusi, signorina» replicò Bice, con un profondo inchino del capo. Mowan, dal canto suo, si limitò a brontolare, mettendo da parte la spazzola e porgendole gli asciugamani puliti.
«Mowan, vai a chiamare Rebecca. Che porti qui il vestito» solo dopo aver parlato Miranda si accorse di come il tono della sua voce sapesse di ordine dall’alto. La Mogul però non ci diede peso e si limitò ad obbedire, uscendo dalla stanza e richiudendo la porta dietro di sé.
Miranda infilò la biancheria intima e si accomodò, lasciando che Bice iniziasse ad asciugarle i capelli infradiciati.
«Come vi sentite, signorina?» chiese l’anziana balia, strizzandole una ciocca umida.
«Vuoi sapere la verità? Ho paura, tanta paura» richiuse le palpebre per un attimo, si lasciò andare a un sospiro «Amo Vittorio, eppure sento l’impulso di scappare il più lontano possibile da qui. Provo davvero amore, se penso cose del genere? Una moglie fedele non dovrebbe avere certe cose nella testa»
«Ah, Miranda» sospirò la balia «sei sempre stata una bambina intelligente, più di quanto non fosse sicuro per te stessa. È normale che tu abbia paura: dopo oggi la tua vita sarà completamente diversa. Ci saranno nuove responsabilità, nuovi doveri…»
«Tutto qui?» chiese, voltandosi a tre quarti «Se è solo fatiche in più, perché sposarsi allora?»
«Perché la vita cambia di continuo e non si può rimanere bambini per sempre» le rispose, non senza un cenno di severità «Gli altri non potranno sempre far ciò che dovremmo fare noi. Saranno proprio queste nuove sfide a fare della tua vita qualcosa di pieno, qualcosa che valga la pena vivere».
«Ma-» deglutì «io sarò felice?»
«Felice?» un sorriso ironico distese l’espressione della balia «Sì, di tanto in tanto, se sarai fortunata. Ma non è quello l’importante»
Miranda pensò che forse aveva capito cosa intendesse dire la balia “Gioia o dolore, basta che si tratti di qualcosa di nuovo…” e non si sentiva di darle torto, non del tutto almeno. Da che Vittorio era arrivato a Rocca Grigia non tutti i giorni passati insieme erano stati liberi di tensioni e scontri. Eppure, il fatto che queste costituissero una novità, bastava a colmare di senso quel tempo speso insieme.

Quando Rebecca arrivò, Miranda dovette decidere un’acconciatura per la cerimonia nuziale: molte donne nelle Terre Centrali solevano chiudere i capelli in uno chignon imperlato, ma Miranda non era una donna delle Terre Centrali. No, il suo sangue era lo stesso dei fieri e indomabili Kelta, non era una parte di sé che intendeva lasciare da parte! Così, optò per lasciare la chioma libera da ogni costrizione e farsi porre sul capo una corona di fiori: bucaneve intrecciati a rametti di lavanda, con denti di leone che facevano capolino qui è là.
Rebecca aveva cucito l’abito ormai tempo prima: la seta bianca avrebbe avvolto Miranda, insieme con drappi di pizzo argentato. La scollatura valorizzava il generoso decolté, senza per questo risultare eccessiva o volgare.
Le spalle erano state lasciate scoperte, con solo qualche ciocca riccioluta a velarle allo sguardo.
E mentre la sarta e le sue ancelle davano gli ultimi punti di sutura, Miranda recitò dentro di sé le promesse di matrimonio. Ovviamente esistevano formule classiche e preimpostate, ma “Vittorio non le userà mai, userà parole sue. E io non voglio essere da meno”.
Aveva trascorso intere giornate a mimarle con le labbra, arrivando a sostituirle alle preghiere della sera, le stesse che soleva recitare a bassa voce, quando momenti particolarmente difficili si profilavano all’orizzonte.

La celebrazione si tenne nella Sala Grande, i due promessi sposi si sarebbero uniti al cospetto del ceppo di pietra. Il calore del fuoco le accarezzava le guance.
Vittorio indossava calzoni in pelle di coccodrillo e un farsetto rosso dalle fasce viola in corrispondenza del ventre, sulle sue spalle era adagiato un mantello borgogna, con i risvolti in pelliccia di lupo grigio.
Lui e Miranda si scavavano negli occhi, mentre le voci, gli sguardi, le presenze di tutti gli altri, invitati e parenti, si facevano lontani dalla testa e dal cuore della ragazza.
“C’è solo lui. Lui è tutto ciò che conta”.
Quasi non la sentiva la voce del sacerdote chiamato a celebrare la funzione, il buon vecchio Don Matteotti, con il naso meno paonazzo di quanto fosse stato negli ultimi dieci anni. Con gentilezza li invitò a recitare le proprie promesse, Miranda accennò a parlare ma Vittorio la precedette.
«Di tutto il tempo che ho vissuto in lungo e in largo per il mondo,» non staccava gli occhi da lei mentre lo diceva «non ho mai veduto tanta bellezza quanta ne ho ritrovata qui, insieme con te, mia dolce Miranda. Gli alberi, il cielo, le stelle… è bastata la tua presenza perché brillassero di una luce nuova, di nuovi colori. Chi mi conosce sa che quest’uomo non ha mai avuto radici, che mi sono sempre rifiutato di averne» seguì un istante di silenzio, abbozzò un sorriso «ma quelle stesse radici ora mi legano a te, e non come la cupa costrizione di una prigionia. No, bensì come il germoglio da cui fioriscono nuove ali. Mia dolce Miranda, oggi e per sempre, in me avrai un marito, un confidente, un compagno»
Miranda sentì una lacrima forzarle gli occhi, le labbra tremare in un sorriso imbarazzato. Tirò un respiro, costringendosi alla calma, mentre la memoria richiamava a sé il lungo richiamo delle parole. La sua voce non esitò, fu ferma e potente nelle parole.
«Mio caro Vittorio. Hai nel tuo corpo ogni stagione: l’Inverno nel gelido azzurro degli occhi. L’autunno nel castano chiaro della chioma. La primavera nella voce sempre viva. E l’estate… l’estate è il tuo odore. Così tante persone invocano il Redivivo, perché siano preservate nel loro sentimento. Io non ne ho bisogno, mio dolce Vittorio. In te ho tutto ciò che ho sempre ricercato, che nel corso di questa breve vita ho sentito come il pezzo che mancava. Non ho bisogno di legarmi con una promessa, amarti non sarà mai un dovere. Amarti è la mia propensione naturale. Ho in me la sicurezza di ciò che vivo: per il tempo di questa vita, e anche lì dove i morti sono beati, sarò la tua compagna. Stringerò la tua mano, con la medesima forza, così nelle gioie, così nelle avversità» inspirò a fondo “Non devi commuoverti, stupida”, cercò nei suoi occhi la fermezza per continuare «Io sono tua, tu sei mio. Da ora sino a quando una notte eterna non cadrà sul mondo».
E Vittorio, come uno specchio in cui Miranda sapeva di potersi ritrovare, versò la stessa lacrima che aveva bagnato le sue guance di donna poco prima.
“Tu sei mio, io sono tua” pensò, stringendo le sue mani.
«Ora che le promesse sono state pronunciate. Io prego, prego per voi» Matteotti cominciò a recitare le formule di rito «affinché il Padre vi preservi nella rettitudine e guidi il vostro cammino» avrebbe voluto baciare il suo Vittorio adesso, era stanca di aspettare!
«Che la Furia vi dia la forza per combattere ogni tentazione» lui sorrise, le labbra gli tremavano come le sue.
«Che il Cuore cresca rigoglioso il vostro amore e i figli che ne genereranno. Per il Redivivo. Per colui che è uno e trino. Dichiaro te, Vittorio Belgi, e te, Miranda Cangramo, marito e moglie»

E le catene finalmente furono spezzate: come il fiore che non attende altro se non la primavera, così si giunsero entrambi, in quel bacio che aveva in sé tutto il sapore dell’eternità.  




NdA: Buonasera, eccolo finalmente, IL CAPITOLO del matrimonio! Quello che ho talmente tanto tergiversato prima di scriverlo che dal balcone di casa mia c'era gente con i forconi e le torce. Mi piace la sensazione di essere arrivato a uno dei Checkpoint della storia, non mi resta altro che continuare.

Un abbraccio a Polx, Fan of the Doors, morgengabe, Makil, Rory Jackson, Talia Baratheon e a tutti gli altri che seguono la storia :3
un abbraccio anche ai lettori silenziosi (so che ci siete, se vi va mandatemi un salutino per mp :** )

Al prossimo capitolo,
Il Signore Oscuro
   
 
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