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Autore: fortiX    11/02/2018    1 recensioni
Bassai dai é il nome di un kata del karate shotokan. Il termine vuol dire entrare nella fortezza. E cosa sono Sephiroth e Cloud se non due fortezze mai violate? Cloud sta aprendo la sua verso una nuova vita e si accorgerà presto che, nonstante le numerose sconfitte, il suo nemico mortale non é mai stato veramente conquistato. I segreti e le paure verranno mai svelati? Cloud avrà questo coraggio?
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Cloud Strife, Nuovo personaggio, Sephiroth, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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26.Takara

-MAMMA! -

La vocetta squillante di mia figlia mi evoca dall’altra parte della casa, trasudando la sua solita vena impaziente. Scuoto la testa, mentre me la rido sotto i baffi. Quando la raggiungo sulla veranda, la piccola mi attende con le braccia conserte e l’espressione imbronciata. Inutile dire che non riesce proprio a sembrare intimidatoria.

- Non fai per niente paura, sai? E comunque non vai da nessuna parte senza un cappellino. -, le dico rivolgendole un sorrisino furbetto, mentre le appongo l’indumento sulla capigliatura selvaggia.

La bambina grugnisce, offesa e capricciosa, ma il suo umore cambia in meno di un battito di ciglia, appena il suo nuovo giocattolo le si struscia alla gambina, attirando la sua attenzione.

- Meow, se sorridi sei molto più carina, sai? –

E’ il giocattolo più strano che abbia mai visto: è una sorta di robot a forma di gatto, ma è in grado di muoversi e parlare autonomamente.  Quando Sephiroth lo regalò a nostra figlia lo trovai davvero inquietante. E anche tutt’ora lo penso, ma Takara lo adora alla follia. Non so bene cosa ci trovi, ma sono piuttosto convinta che lo apprezzi solo perché è un presente di suo padre. L’unica nota positiva che personalmente riesco a trovare sono le modifiche approntate da Sephiroth stesso, affinché quel gatto sia capace di vegliare su nostra figlia.

- L’ho equipaggiato con alcune Materie difensive molto potenti, sebbene spero non le debba mai usare. -

Sorrido a questo ricordo e alla dolcezza con cui Sephiroth guardava sua figlia giocare giuliva col suo giocattolo nuovo. Mi manca tanto, ma ben presto, lui sarà solo mio. Lo hanno richiamato per la sua ultima missione, mi ha garantito.

In tutto questo, Natsu è in piedi accanto alla colonna delle scale e, appoggiata al suo bastone, assiste alla scena. Ella scuote la testa, fissando il felino.

- Non mi ci abituerò mai a quell’affare. –, commenta, contrariata.

Ridacchio, mentre guardo mia figlia coccolare il suo adorato Neko, come le piace chiamarlo; sebbene quest’ultimo asserisce di chiamarsi Caith Sith.

- Su, Takara, andiamo. -, dice la nonnina, porgendo la mano alla nipote, - Tu sei sicura di non venire? -, chiede poi rivolgendosi a me.

-Si', baba. Il piccolo fa un po’ le bizze in questi giorni. –, rispondo, passandomi la mano sul ventre. Comincia già ad arrotondarsi, sebbene sia solo al terzo mese. Istintivamente sorrido, mentre le mie mani si chiudono a coppa attorno a quella piccola collinetta, immaginando di accogliere il mio bambino nei miei palmi.

Natsu mi rivolge un sorriso rassicurante, mentre Takara attira la sua attenzione, scuotendole la mano, impaziente di andare.

- Va bene, Takara.  Andiamo. Tu riposati, onee-chan. –

Detto questo, le due iniziano ad avviarsi giù per le scale.

- Lo farò. –, rispondo; poi mi rivolgo a Takara, - Ciao, principessa! Fai la brava. –

La piccola si volta ed annuisce con decisione per poi rispondere al mio saluto scuotendo la sua minuscola manina.

Le guardo dirigersi verso il paese, seguite a ruota dal gatto-robot, prima di rientrare. Mi sento stanca in questi giorni e sento la necessità di stare un po' da sola per riappropriarmi di miei ritmi. Takara è diventata iperattiva da quando ha iniziato a camminare, costringendo me e Natsu a correre da ogni parte. Piccola diavoletta. Sorrido da sola a quel pensiero e inizio a sistemare un po' la casa, recuperando i giocattoli che mia figlia ama disseminare ovunque. Con l’intenzione di rimetterli al loro posto, mi dirigo canticchiando verso il soggiorno, dove abbiamo sistemato la cassa dei giochi di Takara. Appena varco la porta, mi accorgo di una presenza scura e allampanata che sbarra l’entrata principale, gettando un’inquietante e tagliente ombra lungo tutta la stanza. Sobbalzo dallo spavento e lascio cadere ciò che ho in mano. La sua figura è in controluce e fatico a metterne a fuoco i dettagli, ma la sagoma mi ricorda quella di mio marito. C'è qualcosa che stona, tuttavia.

-Sephiroth? -, domando, apponendo la mano sopra gli occhi, al fine di proteggerli dalla luce abbagliante.

-Per tua sfortuna, no... Sakura. -

Sgrano gli occhi. E' da parecchio che nessuno mi si rivolge con quel nome; ma la cosa che più mi stupisce è l’identità di quella voce.

No, non può essere...

-Genesis...? -, chiedo, mentre un sorriso malvagio fa capolino tra le tenebre, - No, tu sei morto. -

L'uomo alza il mento, superbo, e si liscia la pelle del viso con la mano: noto solo ora i segni del degrado.

- Diciamo che non sono né morto né vivo. Sono in un limbo di agonia e sofferenza. Incapace di vivere, quanto di morire. -

Non faccio in tempo a metabolizzare il significato di quella frase, che una mano guantata mi si avvolge attorno la gola, mentre tutto il mio corpo viene sollevato e scaraventato contro la parete alle mie spalle. Un dolore sordo si dipana dal retro della testa a tutta la schiena, stordendomi. Il suo viso deformato dall'odio si avvicina al mio, mentre un languido e sconcio sguardo scivola voglioso sul mio corpo, causandomi una scossa di disgusto.

-Sai,-, esordisce in tono mellifluo,-non c’è stata notte in cui non avrei voluto essere al posto di Sephiroth. -

A quella allusione, avverto la furia avvampare nel petto. La mia espressione s’indurisce, diventando truce. Sebbene quelle dita mi stiano strangolando, riesco a replicare.

- Tu avresti… avresti SEMPRE voluto essere Sephiroth... -, avverto la sua stretta farsi più debole, permettendomi di abbassare la testa e guardarlo in tralice, - Ma indovina, Comandante… tu non lo sei e non lo sarai mai. –

Un sorriso malvagio mi deforma il viso, dando peso alle parole appena proferite, le quali, come un maglio, lo colpiscono dritto nell’orgoglio. I suoi occhi blu mako s’incendiano di un’ira cieca e terribile.

- Questo lo vedremo! -, ruggisce, ebbro d’invidia.

Veloce come una vipera, la sua bocca crolla sulla mia, facendomi sbattere di nuovo la testa al muro; tuttavia ho la freddezza di mordergli il labbro. Lui si stacca, gemendo. Cerco di divincolarmi, ma la stretta attorno al collo si è rifatta inaspettatamente più serrata. Le mie mani corrono a cercare di allentare quella morsa d'acciaio. Lui, lentamente, si volta verso di me, rivolgendomi uno spaventoso sguardo carico d’odio. Dalle labbra scende un rigolo di sangue scurissimo, quasi nero, che attraversa quell’epidermide degradata, inondando le crepe della pelle, creando un intrico sempre più fitto ed esteso. Come un fiume con i suoi infiniti affluenti.

Nonostante la mia netta inferiorità, comunque, non lo temo. Ha fatto soffrire troppe persone, tra cui il mio Sephiroth. Non merita alcuna pietà.

- Visto? Non sei nemmeno in grado di baciarmi, miserabile verme. –

Genesis urla di rabbia e la sua mano libera si chiude in pugno, impattando sul mio viso.

Per un attimo, tutto diventa nero e silenzioso, tanto da credere che mi abbia staccato la testa. Poi, lentamente, ombre iniziano a fare capolino dalla mia visuale periferica e un fastidioso fischio fa da sottofondo alla mia confusione. Volto la testa in una direzione imprecisata e lo vedo. Riesco appena a metterlo a fuoco, che lui mi sovrasta e circonda il mio collo con entrambe le mani. La pressione è tale da chiudere totalmente le vie respiratorie. Apro la bocca in cerca d’aria, invano. Cerco di lottare contro quella presa, invano. L’unica cosa che posso fare è guardare. Fissare i suoi occhi brillare di furia omicida, concentrarmi sulla bava nerastra e schiumosa formarsi ai lati della bocca, mirare il mio sangue sporcargli quella pelle grigiastra ed insana. Contemplare la capitolazione della vanagloria, la miserabilità dell’uomo e la vittoria soverchiante del mostro.

Dopo un periodo infinito, durante il quale il tempo è sembrato stiracchiarsi, scricchiolii poco rassicuranti giungono al mio udito. Le ossa del collo non resisteranno a lungo sotto quella pressione disumana.

Non voglio morire, penso, terrorizzata. Poi, mi sovviene di non essere sola in questo momento.

Non POSSO morire!

Rinvigorita di una disperata forza, faccio correre la mano verso i miei capelli. Inizio a tastarmi la chioma. Il tempo a mia disposizione sta scadendo in fretta e il terrore di non farcela comincia a strisciare sottopelle, rendendomi vulnerabile ad un fatale panico. Sembra un miracolo appena le mie dita percepiscono ciò che stavo cercando: la bacchetta per i capelli. Senza indugi, mi strappo quell'affare dalle ciocche e lo dirigo direttamente alla base del collo del mio assalitore. Osservo la sottile lamina di metallo penetrare quei tessuti marci con una facilità impressionante, mentre il sangue nerastro spilla fuori dalle vene danneggiate. Genesis scatta all’indietro, mollando la presa, ululando di dolore. Inizio a tossire, ma non ho tempo per riprendere totalmente fiato. Incamero più aria che posso e lo spingo via con un calcio. Barcollando, mi riesco ad alzare e, grazie all’adrenalina, ritrovo la forza per correre verso l’uscita. Sono a pochi passi dalla salvezza, quando un dolore lancinante al ventre mi blocca. Abbasso lo sguardo: una lama fiammeggiante di mako rosso spunta dalla mia pancia. Non faccio in tempo a realizzare cosa mi sta succedendo, che quella lama viene sfilata con gesto secco. Il mio corpo barcolla sotto la prepotenza dell’azione e un grosso grumo di sangue risale dalla gola per poi venire sputato all’esterno. Muovo un passo in avanti.

Non posso… arrendermi, ma il mio corpo è troppo compromesso, ormai. Le gambe cedono e crollo in ginocchio. D’istinto, le mani corrono sul mio ventre. Ma non c’è niente…solo una voragine.

Il mio bambino...

Non so con quale coraggio oso guardare in basso, ma lo faccio. Smetto di respirare. Un dolore devastante sovrasta ogni altra emozione o sensazione. Inizio a piangere.

L’ho perso…

- Takara… -, evoco, esalando il mio ultimo respiro.

 

_________________________________________

 

- Maledetta cagna. -

L'ex SOLDIER avanza verso il cadavere della donna riversa in una pozza sempre più larga di sangue, mentre sfila dal collo l'arma impropria. Getta la bacchetta a terra con stizza e si tampona la ferita con la mano. S'inginocchia e studia il viso della sua vittima. Perfino nella morte è bella come un angelo. La sua espressione viene deformata dal fastidio.

- Che spreco. -, commenta, seccato.

Un fruscio di ali richiama l'attenzione del guerriero. Hollander.

-L'hai uccisa. -, constata, infastidito, -Almeno hai preso la bambina? -

-La mocciosa non è in casa. -, taglia corto Genesis, come se contemplare l’effetto delle sue azioni fosse una necessità più impellente.

Lo scienziato sgrana gli occhi, incredulo.

-Ti sei fatto dire dov'è? -, incalza il vecchio.

-Questa cagna non me l'avrebbe detto nemmeno sotto tortura. -, alza le spalle, senza distogliere lo sguardo dalla donna, -Tanto valeva divertirsi un po’. -, aggiunge, a tono più basso, tradendo un certo risentimento.

-Sei pazzo! Sephiroth te la farà pagare per questo! -

-Che venga...-

Genesis allunga la mano guantata verso un oggetto immerso nel sangue. Lo solleva, mentre il plasma gocciola tra le sue dita e lascia intravedere un anello dorato del tutto identico a quello che la donna ha attorno all'anulare destro.

- Avrà quel che cerca. -

-Ossia? La vendetta? -

Genesis stringe l'anello nella sua morsa e tira la catenina fino a spezzarla. Poi, alza lo sguardo verso il vecchio e risponde:

-La verità. –

Hollander rimane in silenzio per qualche istante, lasciando che la delusione passi.

- Che facciamo ora? –, chiede al Comandante.

- Recapitiamo la notizia al nostro caro Generale. -, risponde Genesis, assumendo un’espressione crudele.

L’ex-SOLDIER si alza e si avvia verso l’uscita, superando il vecchio scienziato. La grande ala nera si apre fiera sotto il sole debole dell’inverno. Senza voltarsi, Genesis ordina:

- Brucia tutto il villaggio. –

______________________________________________________________________________________

 

Mentre tutto attorno a me arde, affido questa preghiera ai miei ricordi:

Takara, mia adorata figlia,

se anche ti sentirai sola su questo Pianeta,

se anche tenderai le orecchie al silenzio,

se anche le tue parole non avranno destinatario,

sappi che la tua mamma troverà sempre il modo di raggiungerti.

Sii forte, mia piccola guerriera,

combatti come solo tu sai fare,

dimostra al mondo che niente e nessuno potrà mai fermarti.

Ti voglio bene, mia dolce principessa.

 

 

Apro gli occhi, lentamente, stupito dal fatto di essermi svegliato in modo normale dopo tanto tempo. La preghiera disperata di Evelyn ancora mi echeggia nella mente e sento che la sua supplica è indirizzata a me, affinché io possa riferirla a Takara. Ma perché proprio adesso?

Sbatto le palpebre un paio di volte e metto a fuoco il soffitto sovrastante. E’ fatto di legno, noto. Ciò mi fa capire che non mi trovo nella stanza del motel a Corel, in quanto le pareti erano fatte di cemento. Confuso, cerco di riordinare le idee e l’ultimo ricordo che mi sovviene è l’aggressione da parte di… Genesis?

Ma certo: rimembro bene la sua mano guantata occludermi le vie respiratorie, mentre una frase di LOVELESS mi accompagnava verso l’oblio.

Ma sono vivo, apparentemente. Respiro, avverto il cuore battere… ho appena sognato.

Quindi la sua intenzione non era uccidermi. Mi ha… rapito?

Dove mi ha portato?

Sento di essere sdraiato su qualcosa di morbido, in un luogo accogliente, non umido o freddo, ben illuminato e nessuna catena blocca i miei arti. Non mi considera una minaccia, forse?

Qualcosa non torna.

Avverto del vociare sommesso attorno a me. Ad una voce maschile risponde una femminile. La prima è dannatamente famigliare, mentre la seconda… anche, ma non ricordo dove l’ho già sentita. Lentamente alzo il busto con l’intenzione di mettermi seduto. La mia attenzione viene subito attirata proprio dal possessore della voce maschile: Genesis. In piedi al centro della stanza in cui mi trovo, mano sul suo fido stocco, postura ritta e fiera. Avverto i miei muscoli irrigidirsi d’istinto. Le palpebre si assottigliano, focalizzandomi sulla minaccia. Dal canto suo, il rosso ricambia il mio sguardo con uno molto più truce, mascherando il fastidio serpeggiante attraverso quegli occhi offuscati dalla superbia. Come se si sentisse letto dentro.

Ti senti in colpa, lurido verme?

- Ben svegliato, Cloud. –

La voce femminile mette fine alla nostra silenziosa battaglia con una nota gentile e mi costringe a distogliere lo sguardo da Genesis. Mi rivolgo alla mia sinistra e ...

Non ci credo…, penso, rimanendo di sasso e senza fiato, riconoscendola immediatamente, sebbene non l’abbia mai vista, se non attraverso i ricordi di Sephiroth ed Evelyn.

Su uno scranno, posizionato accanto al mio capezzale, elegantemente seduta, schiena dritta e fiera, sta una ragazza dai lunghi capelli bruni. Essi le scendono lungo la spalla destra e le si posano sul petto, come una cascata dai riflessi color resina. Una frangia ondulata le contorna il viso di porcellana pallida Esso è di un pallore quasi etereo, bellissimo, con tratti, sì ammorbiditi dalla giovane età, ma, per un certo verso, duri e granitici nella loro anormale serietà. L’insieme, tuttavia, si rivela armonioso ed elegante come una sinfonia d’altri tempi. Labbra rosse, carnose e piene circondano il centro di una boccuccia graziosa e si assottigliano elegantemente in direzione dei lati, come se fossero maliziosamente alla ricerca di un bacio da rubare. E poi, ci sono gli occhi… Esper santissimi! Non credo di aver mai visto nulla del genere. Profondi, penetranti, dotati di un’ancestrale saggezza e un’astuta sagacia. Occhi capaci di far abbassare lo sguardo anche al più arguto degli uomini. E quei colori… posso quasi vedere un piccolo Flusso Vitale scorrere in quelle iridi, il quale dona loro una sfumatura diversa di verde ogni volta che lei sbatte le palpebre.

Il cuore mi batte all’impazzata, mentre avverto mille sensazioni esplodere nella mia mente. Sephiroth è impazzito dalla felicità, lo avverto scalpitare, implorarmi, affinché io gli conceda la possibilità di emergere e parlare con lei, dopo così tanti anni.

 

Non avrei mai sperato di rivederla ancora… è diventata davvero una principessa.

 

Sorrido a quella frase così da padre, immaginandomi la dolcezza con cui ora lui la sta ammirando, sorpreso e fiero di aver creato un essere così bello e perfetto.

 

Ti prego, dille qualcosa.

 

- Alla fine, sei stata tu a trovarmi... –, proferisco, accogliendo la supplica del Generale, per poi aggiungere, dopo un attimo di silenzio, - Takara. –

La ragazza mi concede un timido sorriso d’intesa, infrangendo la sua impassibilità.

- Ho dovuto farlo. -, ribatte lei, calma, - Prima che lo facessero altri. –

Avverto un brivido fin troppo famigliare percorrermi la schiena. La sua voce, la sua espressione, i suoi gesti, la sua postura… ogni cosa è spaventosamente somigliante a Sephiroth. Questi anni di lontananza non l’hanno resa meno simile a suo padre, a quanto pare.

Hanno ragione… lei è la tua copia in tutto e per tutto

- Perché? –, chiedo.

La ragazza si fa indietro e si appoggia comodamente allo scranno, incrociando le dita sul suo grembo, mentre le gambe vengono accavallate l’una sull’altra. La veste lunga emette un fruscio, mentre cade di lato, scoprendo pesanti stivali di pelle. Noto adesso che indossa un completo totalmente nero. L’abito che veste sembra spesso e resistente, come un’armatura, e la fa sembrare più robusta di quanto non sia in realtà. Perfino i suoi stivali hanno una suola abbastanza spessa, tanto da donarle qualche centimetro in più. Ciò la rende austera e seria, oltre a conferirle una certa autorità, motivo per cui, penso, lei vesta quei panni. Tutto ciò è a scapito della giovanissima età, poiché sembra molto più matura di quanto non sia in realtà. Anche se, temo, non sembro essere troppo lontano dal vero.

 

Non era questo che volevo per lei.

 

- Vuoi sapere perché ti cercavo, Cloud? Beh, la risposta è semplice. Tu hai qualcosa che mi appartiene. –

La sua mano destra si allunga in quella direzione e afferra un libro appoggiato su un comodino. La copertina nera svetta tra le sue mani bianche, mentre lei lo maneggia con dolce premura, accarezzandone la pelle. Se lo appoggia sulla gamba accavallata e lo osserva assorta per qualche istante, sospirando. Ciò tradisce un complesso intrico di emozioni, di cui riesco, tuttavia, solo a scorgerne una piccola parte. Il resto è celato dietro quella maschera di fredda perfezione. Pensieri sepolti in profondità nel suo animo, ma che, davanti a quel libro, non può fare a meno di mostrare.

Come se ti sentissi finalmente a casa.

Poi, come riscossasi da un pensiero, si rivolge finalmente a me.

- Io non provo alcun desiderio di vendetta nei tuoi confronti, Cloud Strife. -, esordisce, guardandomi dritto negli occhi, - Capisco le tue motivazioni e le condivido. Anch’io, in questi anni, ho cercato di fare ammenda dei peccati di mio padre, aiutando quante più persone ho potuto, accogliendole qui, in questa vecchia fortezza abbandonata. -, si ferma un momento, guardandosi intorno, per poi ritornare a fissarmi, gonfiando il petto con fierezza, - Allo stesso tempo, tuttavia, non mi vergogno nemmeno delle mie origini; poiché mio padre, come tutti noi, ha combattuto con l’intenzione di mettere la parola ‘fine’ su questa guerra millenaria. -, le ragazza rilassa i muscoli e aggiunge a bassa voce, lasciando vagare lo sguardo triste su un punto imprecisato, - Non oso immaginare in che stato i miei genitori ora vagano nell’aldilà per aver tentato di dimostrare che la pace è possibile. –

Stringo le labbra, lasciando intendere che la ragazza ha visto giusto.

- Ma la Shinra non fa altro che intralciarci. -, afferma, alzando lo sguardo di scatto, la voce vibrante di rabbia, le dita che si stringono con più forza sul libro, - Loro non hanno mai smesso di cercare Jenova. E finché quel potere verrà usato, chiunque ne sarà toccato, gli sarà impedito l’accesso alla Terra Promessa, per chi si trova già nell’aldilà, come i miei genitori, o a rifluire nel Lifestream, per chi si trova da questa parte. Come loro. –

Seguo con lo sguardo la direzione indicata dalla mano, la quale punta verso Genesis. Lo osservo con più attenzione e noto quanto si discosti dal giovane banoriano pieno di vita e frizzante appartenete a un passato troppo lontano da dirsi veramente esistito. Il tempo non è stato affatto clemente con lui. A differenza di Takara, la quale sembra una giovane rosa in piena fioritura; egli è uno stelo giunto al termine del suo mandato, stanco e rinsecchito da un gelido e buio inverno. Il suo viso magro ed emaciato è quasi del tutto nascosto da una capigliatura che ha perso la sua antica colorazione fiammante, sostituita da un rame spento, reso ancora più chiaro da striature di capelli bianchi. La chioma gli scivola disordinata lungo i lati del collo ben oltre le spalle, le quali sono difese dai suoi ben conosciuti spallacci di pelle nera. Come la sua protetta, veste completamente di nero, a parte il suo immancabile impermeabile rosso, sebbene dell’antica gloria ne sia rimasto ben poco; poiché le sue parti mancati sono state sostituite da dondolanti frange di pelle nera, che rassomigliano quel cappotto ad un’accozzaglia di stracci vecchi e malandati. Inoltre, il tessuto è talmente consunto che in alcune parti il colore originario si è addirittura perso. L’unica caratteristica sfuggita dagli artigli del tempo sono gli occhi scavati nella pelle mortalmente pallida. Blu mako brillante di ira cupa e oscuro risentimento, superbia e orgoglio. E sotto tutto questo inferno: tristezza. Infinita tristezza.

 

Te l’ho promesso, vecchio mio: tu marcirai.

 

Poi la mia attenzione viene catturata da un essere emergere dai piedi dello scranno e poggiare il suo muso argentato sulla gamba di Takara. E’ una specie di pantera ricoperta da una spessa armatura biologica di colore argento. Ciò che cattura la mia attenzione è la doppia ala bianca apposta sulla sua spalla destra.

- Una copia di Angeal? -, chiedo, esterrefatto, - Non credevo ce ne fossero ancora. –

Takara si lascia scappare uno sbuffo divertito.

- Questa non è una semplice copia. -, spiega, mentre accarezza il capo della belva, - Questo E’ Angeal. Almeno, una parte di lui. Dopo la sua morte, egli ha suddiviso la sua essenza in tre diversi recipienti. Questo è l’ultimo rimasto. –

Annuisco. Un po’ come face Sephiroth con Kadaj, Yazoo e Loz.

- Che fine hanno fatto gli altri? –, chiedo.

- La Shinra li ha uccisi. -, risponde Genesis, infrangendo il caparbio silenzio in cui è versato fino a questo momento. La sua espressione tradisce un forte odio per quella società. A quanto pare, il risentimento verso ciò che gli è stato fatto non è svanito in questi anni.

Ripercorro rapidamente la visione di Evelyn e mi domando con quale faccia tosta Genesis osi stare alla presenza di Takara, dopo aver massacrato senza pietà sua madre e condotto suo padre alla follia. Non so se la ragazza sia al corrente di questo, ma a giudicare dallo sguardo truce con il quale mi si rivolge, credo proprio che lui le abbia taciuto la verità sulle sue orribili azioni. Cosa crede di fare? Sostituirsi a suo padre per fare ammenda dei suoi peccati?

Viscido

 

Non cambi mai, Genesis.

 

Un sorriso malevolo mi deforma il viso. L’espressione dell’ex-SOLDIER vira da truce a terrorizzata in un nanosecondo, appena carpisce il significato celato dietro quell’azione. Impallidisce mortalmente.

- Genesis? Che succede? -, chiede Takara, notando il malessere del rosso.

Quest’ultimo scuote la testa e veicola lo sguardo in un angolo basso con un gesto stizzito. Stringe l’elsa dello stocco rosso con più forza, facendo scricchiolare la pelle dei guanti, al fine di darsi un contegno.

- Niente. -, risponde, secco, - Vado a controllare come se la cavano di sotto con quell’essere infernale. –, proclama, poi, nel tentativo di cavarsi d’impiccio.

Il Comandante gira i tacchi e, in gran carriera, si avvia verso l’uscita. La menzione a una fiera infernale, tuttavia, mi fa rendere conto di un dettaglio.

- Un momento. -, esclamo, alzando la mano verso il Comandante.

L’ex-SOLDIER si blocca sull’uscio. Posso avvertire il suo disappunto serpeggiare in ogni cellula del suo corpo.

- Quale essere infernale? –, chiedo, volgendo lo sguardo tra Genesis e Takara. Quest’ultima mi risponde.

- E’ una creatura che non ho mai visto prima. Ha inseguito Genesis fino a qui e per poco non lo ha ucciso. –, la ragazza guarda l’uomo con un accenno di preoccupazione, - Weiss chiama quell’essere Chaos. –

Sbarro gli occhi.

Vincent! Vincent mi ha inseguito fino a qui!

- Aspetta, vengo anch’io! –, decido, mentre salto giù dal letto e mi avvio anch’io verso l’uscita.

L’ex ufficiale si volta di scatto e mi punta la spada al collo, bloccandomi sul posto.

- Tu non vai da nessuna parte! Non dopo tutta la fatica che ho fatto per strapparti dagli artigli di quella bestia! –, ringhia il rosso, livido di rabbia.

Avverto Takara alle mie spalle balzare in piedi.

- Genesis… Cosa fai? –, chiede lei, attonita.

- Sono quasi morto per portarti questo avanzo di Jenova e non lo farò scappare così facilmente. –

La punta della sua spada mi si appoggia sul collo. Il freddo metallo apre un taglio sulla mia pelle. Io non desisto e lo osservo con aria di sfida. Accanto a me avverto la presenza rassicurante di Sephiroth, il quale rivolge al vecchio amico uno sguardo carico di odio.

E’ tutto tuo, Sephiroth.

- Chiunque attenti alla tua preziosa vita deve morire, vero Genesis? –

Il rosso desiste per un momento appena riconosce la voce del suo antico rivale. Tuttavia, dura solo un momento e la pressione della sua spada si fa più intensa.

- Tornatene nel tuo vaso di Pandora, Sephiroth. O faccio fuori il tuo prezioso burattino. –, ringhia a denti stretti.

In quel momento, Takara mi si affianca. La sua espressione è dura e inflessibile. Serissima.

- Genesis. Metti giù quella spada. -, ordina perentoria. Intanto, il mostro di Angeal le si para davanti, pronto a fare da scudo.

L’ex SOLDIER, in primo momento, cerca d’ignorare l’ordine e stringe la spada con più veemenza, ma la sua presa si fa incerta man mano che il tempo passa. Poi, compie l’errore di incrociare lo sguardo di Takara e, a quel punto, perde totalmente ogni oncia di baldanza che ha in corpo. La punta di Rapier tocca il pavimento emettendo un suono limpido.

Takara sospira sollevata e così la sua espressione si distende, tornando neutra. Volge poi l’attenzione su di me e mi fissa per un lungo istante, studiosa. Mi pare di vedere una domanda particolare agitarsi in quelle iridi di Lifestream, ma una necessità più impellente la porta ad accantonarla. Per ora.

- Perché vuoi vedere quel mostro? –, chiede, infatti.

Ci penso un attimo prima di rispondere. Credo che abbia il diritto di sapere di non essere totalmente sola al mondo, ma sono certo che a Vincent potrebbe non fare piacere essere svelato mentre veste quelle mostruose spoglie. Per non parlare di quello che potrebbe pensare Takara sull’argomento. Forse è meglio stare sul vago.

- Quel mostro è un mio amico. Si chiama Vincent e, come voi, è una vittima della Shinra. –

Tutti, attorno a me, si fanno attenti. La bocca della ragazza si dischiude appena, tradendo la sua sorpresa.

- Si è tramutato in quell’essere per proteggermi. Se vede che sto bene, dovrebbe tornare al suo aspetto originale. –

- “Dovrebbe” … -, ripete Genesis, velenoso.

Io gli rivolgo un’occhiata infastidita.

- Dovrebbe. -, reitero con tono di sfida.

Improvvisamente, Takara si avvia verso la porta, superandoci, incurante del nostro ennesimo battibecco. Il banoriano si ridesta appena si rende conto delle intenzioni della ragazza.

- Non vorrai davvero dargli credito? –, prorompe, allargando le braccia e girandosi verso Takara.

La ragazza si ferma sull’uscio e, misuratamente, si volta verso di noi con espressione sentenziosa stampata in viso.

- La sua spiegazione ha senso. Dopo tutto quello che ha passato per trovarmi, a che pro scappare ora?  E poi non possiamo lasciare che un nostro fratello soffra per un altro secondo di più. –

E senza aspettare alcuna risposta, sparisce nel corridoio, seguita a ruota dal mostro di Angeal. Genesis grugnisce, irritato.

- Stesso tono da maestrina. E poi c’è chi dubita che sia davvero tua figlia… -, commenta, rivolgendosi al vento.

Il banoriano mi squadra dalla testa ai piedi e poi esordisce, esasperato.

- Andiamo, sì o no? –

 

Le urla di Chaos sono sempre più raccapriccianti. I sotterranei ne sono invasi, riempiti da grida di cordoglio e rabbia cieca. Mi sento in colpa per aver costretto Vincent a tramutarsi in quella bestia. Chissà quali ricordi ora lo stanno tormentando. Raggiungiamo la cella a tenuta stagna dentro cui gli uomini di Takara, o i suoi ‘fratelli’ come lei ama chiamarli, lo hanno confinato. Sebbene quello sia acciaio temprato, la potenza di Chaos è in grado di piegarlo come burro appena egli si accanisce un po’ di più. Quella porta, infatti, non resisterà a lungo e, infatti, molti degli uomini stanno iniziando ad armarsi, così da tenersi pronti per respingere l’ennesimo attacco della bestia. Appena giungiamo nei sotterranei e tutti vedono Takara, una coperta di sbigottimento cala nella stanza. La nostra strada, infatti, viene, bloccata dal capo di quella combriccola. Weiss, l’Immacolato, l’ex leader di Deepground.

- Takara, che ci fa qui? -, chiede lo Tsviet con tono sinceramente preoccupato, per poi rivolgersi a Genesis, severo, - Pensavo di averti detto di tenerla lontano da questa zona. –

Weiss appunta uno sguardo d’accusa sul rosso, il quale lo sostiene con una semplice alzata di spalle.

-Prova a fermarla tu, se riesci. Lo sai com’è quando si mette in testa una cosa. –, commenta l’ex SOLDIER, scoccando un’occhiataccia alla ragazza.

- Smettetela. Sarò anche una bambina ai vostri occhi, ma sono io a comandare qui. -, ordina seccata, mettendo fine alla discussione con un secco movimento della mano.

Non posso fare a meno di sorridere di fronte a quello scambio di battute e avvertire una grande fierezza riempire il mio petto.

 

Non farti mettere in piedi in testa, figlia mia.

 

Poi ella si rivolge a me, appena giungiamo al limite dell’area di sicurezza.

- Avanti, Cloud, tocca a te. –, dice, facendomi cenno di avanzare.

Prendo un profondo respiro e mi avvio da solo verso la cella, dalla quale tonfi sempre più forti e sempre meno rassicuranti cigolii arrivano. Appena raggiungo l’entrata dilaniata dalle artigliate di Chaos, il mostro ringhia sommesso, studiandomi con i grandi occhi gialli attraverso le fessure.

Buon segno, penso.

- Vincent? –

Il mostro si fa attento e si abbassa alla mia altezza, annusando l’aria. Vedo un guizzo di riconoscimento nelle sue iridi dorate.

- Sì, Vincent, sono io. Sto bene, come vedi. -, la bestia continua ad ascoltarmi e studiarmi, come se fossi la cosa più interessante del mondo.

- L’abbiamo trovata, Vincent… Takara è qui. –

L’ex Turk sbarra gli occhi e avverto i suoi artigli stringersi attorno al metallo, il quale stride fastidiosamente sotto la pressione impressa. Subito dopo, egli smette di ringhiare e abbandona la porta, ritirandosi verso il fondo buio della cella. Tiro un sospiro di sollievo, convinto che egli si sia appartato per ritrasformarsi nell’ombra. Appena mi giro verso la combriccola, per far segno loro che il peggio è passato, Chaos riemerge dall’oscurità con rinnovata forza e divelta la porta, facendola crollare a terra con un grosso tonfo. La belva mi soprassa, schiacciandomi a terra a causa dello spostamento d’aria e si getta verso la gente alle mie spalle.

-VINCENT NO! -, urlo disperato, tendendo la mano nella sua direzione.

Distolgo lo sguardo inorridito e mi preparo ad ascoltare il suono raccapricciante di corpi squarciati, ma tutto ciò che sento è un improvviso e possente battito d’ali. La corsa forsennata del mostro, infatti, sembra bloccarsi di colpo. Le grandi ali sono totalmente spalancate, fungendo da bilanciere, così da evitare di cadere in avanti per il troppo slancio, altrimenti rischierebbe di cadere sopra qualcosa di troppo prezioso per essere travolto.

Mi alzo e cerco di sbirciare al di là del corpo del mostro e vedo Takara ferma di fronte a lui, fissarlo a bocca aperta.

Per attimi infiniti, nonno e nipote rimangono a fissarsi reciprocamente, senza muovere un singolo muscolo. Ad un certo punto, i tendini tesi di Vincent iniziano a rilassarsi e la belva si abbassa lentamente, scendendo verso il pavimento, fino a che non si accovaccia ai piedi della ragazza. Dal canto suo, lei segue con lo sguardo la lenta caduta della maestosa fiera. Altri secondi d’immobilità, durante i quali, Vincent studia il viso della nipote con una devozione commovente. L’attimo successivo, gli artigli di Chaos si alzano in direzione del viso della ragazza, lentamente, dolcemente. Dietro di loro, gli uomini di Takara iniziano ad emergere dai loro nascondigli, armi alla mano, pronti a proteggere la loro signora; ma lei li ferma con un semplice cenno. Appena gli artigli sfiorano la guancia della ragazza, la trasformazione inizia a regredire rapidamente. Le unghie acuminate si tramutano in mani umane, le quali sembrano tremare di un’emozione così potente da quasi impedire a Vincent di parlare. Ma quando ci riesce…avverto il mio sangue gelarsi.

- Lucrecia… -, sospira l’ex Turk, scrutando ogni singolo dettaglio di quel viso così familiare e, al contempo, sconosciuto. Le sopracciglia di Takara si corrucciano, concentrata nel tentativo di comprendere la situazione. Vincent ha perfettamente ragione: con quell’espressione persa, fragile e confusa stampata in volto, la ragazza è la copia della dottoressa Crescent.

- Mi spiace, ma io mi chiamo Takara. -, sottolinea la ragazza, addolorata.

Vincent sorride dolcemente e afferra il viso della nipote con entrambe le mani. I pollici le accarezzano gli zigomi.

- Certo, -, risponde l’ex Turk con una soavità mai sentita, - ma tu le somigli moltissimo. –

La ragazza è ancora più confusa.

- Perdonami, ma io non conosco questa persona. Dovrei? –

Per un attimo, il dolore deforma l’espressione del moro. E’ terribile come Hojo abbia cancellato la memoria di lei in modo così totale.

- E’ una lunga storia-, spiega Vincent, dolente, abbassando gli occhi; per poi rialzarli con rinnovata decisione, - Ma sappi questo: Lucrecia Crescent è il nome di tua nonna. La madre di tuo padre. –, proferisce, infine, con fierezza.

L’espressione di Takara si riempie di stupore, comprendendo la portata di quella notizia. Suo padre non è solo un mostro nato dai disumani esperimenti della Shinra, ma una persona. Una persona con una madre e un padre.

Alla stessa conclusione deve essere arrivata anche Takara, poiché chiede:

- Se Lucrecia Crescent è mia nonna e tu la conosci… tu chi sei, allora? –, con il tono di sapere già la risposta, ma bisognoso di conferme.

Vincent tentenna prima di rispondere.

Forza Vincent.

- Io sono Vincent Valentine. –, proferisce con un soffio, seguito da un altro lungo silenzio, durante il quale Vincent finalmente sembra accettare il suo vero e unico ruolo. Un ruolo che rimpiange di non aver accettato quasi quarant’anni fa.

- Sephiroth è mio figlio. -, proferisce infine quasi con sollievo.

Il silenzio si fa attonito, mentre la ragazza elabora quella notizia. Vedo mille emozioni agitarsi nelle sue iridi multiformi, confuse come un mare in tempesta; ma poi il sereno finalmente giunge. Così, per la prima volta da quando la conosco, Takara si apre nel sorriso più bello che abbia mai visto: luminoso come il sole d’estate, sebbene lacrime di gioia ne imperlino la perfezione. Ma è forse proprio quella sincera commozione a renderlo ancora più magnifico. Di colpo, il capo impassibile e freddo di quella combriccola di disperati, scompare, mostrando il viso di una bambina sola e spaventata, fragile e delicata che ha appena ritrovato un pezzo di quella famiglia che credeva perduta per sempre. E’ felice, come Sephiroth mi mostra nei suoi ricordi, e, con mesta dolcezza, egli rivede sua moglie rinascere in quel sorriso. Avverto una dolorosa stretta al cuore, mentre lacrime di commozione rigano anche le mie guance. Nel frattempo, la ragazza getta le sue braccia al collo di Vincent, accogliendolo con calore nel suo piccolo mondo. L’ex Turk ricambia l’abbraccio e inizia ad accarezzarle i capelli, coccolandola e consolandola, mentre il suono struggente di un pianto innocente soppianta il cordoglio rabbioso di Chaos.

- Va tutto bene, piccola, ci sono io ora con te. Non rimarrai più sola. -

- Me lo prometti? –

- Te lo prometto. –

E’ una scena che stringe il cuore, ma un pensiero mi fa morire il sorriso dalle labbra.

 

Con che coraggio riuscirò a spezzare quella promessa?

Vincent… mi dispiace…

 

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27 Ottobre XXXX

 

Sono passati mesi dalla fine della Guerra e il contemporaneo epilogo della Crisi di SOLDIER, ma i semi di quegli eventi stanno germogliando proprio in queste ore propizie di apparente pace tra grandi potenze. Cellule terroristiche anti-Shinra stanno nascendo in ogni angolo del mondo, armati da ciò che rimane della Crescente e della Resistenza di Wutai, unendo la loro voce alla ben conosciuta AVALANCHE. Gli attentati sono all’ordine del giorno e migliaia di lavoratori innocenti ne fanno le spese. Stime più o meno accurate indicano numeri allarmanti, paragonabili a quelli di una guerra in corso. E forse è proprio così, ma la Shinra non se ne rende conto e continua il suo sporco predominio, innalzandosi arrogante e ingrata sulle spalle di quelle famiglie rimaste senza sostentamento; mentre dall’altra tendono viziosamente la mano in un atto di finta misericordia. Perché, oramai, essere un dipendente della Shinra equivale ad avere un bersaglio disegnato dietro la testa; eppure non c’è altra Compagnia che sia rimasta florida e forte nonostante le guerre, anzi si è arricchita immensamente proprio grazie a quest’ultime. Nessuno può opporsi alla sua forsennata marcia verso il dominio assoluto e non importa quanto forte urlino i suoi oppositori, loro troveranno sempre il modo di zittire ogni singolo sospiro di protesta. Soprattutto se si ha il controllo di un Reparto militare del tutto scevro da pietà ed umanità. Sebbene la sua forza non sia più quella di una volta, SOLDIER rimane ancora quel Reparto pieno di persone rese folli dalla sete di sangue da cui il Presidente attinge sempre a piene mani. Soprattutto ora che ha il totale comando su di noi, in quanto il Direttore Lazard è scomparso.

E’ stato un duro colpo sia professionalmente che personalmente. Lui era l’unica testa dell’idra che rispettassi e che, effettivamente, ammirassi. Prima del suo arrivo, SOLDIER era un ammasso informe di uomini senza controllo, le cui uniche preoccupazioni erano la guerra e i soldi. Non eravamo soldati, ma mercenari organizzati in piccole tribù costantemente in lotta per il predominio assoluto. Come la maggior parte dei posti in cui ho vissuto, SOLDIER era l’ennesima prigione dentro cui sarei dovuto essere rinchiuso per tutto il resto della mia esistenza; ma, stavolta, invece di essere solo, ero pure male accompagnato. Ricordo la prima volta che misi piede in quella bolgia infernale. Avevo solo dodici anni. ‘La recluta più giovane nella storia di SOLDIER’, mi definirono i giornali a pieni polmoni. Una vanto per la Compagnia, ma nulla più che l’ultima ruota del carro per il Reparto. Un giocattolo nuovo con cui trastullarsi nelle lente ore di servizio. Miserabile carne fresca da triturare ed abusare fino a vita natural durante. Fin dal primo giorno, infatti, non hanno fatto altro che vessarmi e tormentarmi ogni singolo momento della giornata e con ogni mezzo a loro disposizione. A quell’età, tuttavia, aveva già visto abbastanza marciume per evitare di farmi mettere i piedi in testa da un ammasso di repressi senza cervello. Dopo anni passati ad essere la cavia preferita di Hojo, quegli esseri abietti non erano affatto degni avversari e risultarono essere uomini più malleabili del previsto. Non mi ci volle molto capire il funzionamento di quel mondo caotico, la cui unica regola era quella dettata dal più.

Sii il meglio in ogni aspetto, solo così ti conquisterai la loro ammirazione e il loro rispetto. Solo così li avrai in pugno.”

Così mi venne insegnato da un vecchio veterano, il quale mi prese stranamente in simpatia. Le sue parole furono d’ispirazione, tant’è che non ci misi molto a raggiungere il comando dell’allora gerarchia SOLDIER, in modi più o meno onorevoli. Poteva capitare che qualche Capitano ricevesse una pallottola dritta in testa, o venisse pugnalato alle spalle o il suo battaglione si rivoltasse contro di lui, o morisse in un semplice scontro all’ultimo sangue: i modi per levare di mezzo qualche personaggio scomodo erano centinaia, bastava avere un po’ di fantasia. La svolta per la mia definitiva ascesa al comando di SOLDIER, tuttavia, arrivò quando uccisi il mio mentore, da cui ereditai Masamune e battaglione. Quest’ultimo era il più potente e numericamente superiore dell’intero Reparto ed io ero un sedicenne in preda a turbe mentali ed ormonali. Impiegai quei mezzi nei modi più truculenti possibili. Desideravo vedere bruciare il mondo e godere della sofferenza altrui, così da, segretamente, nascondere la mia. Ma la mia parte pura ed innocente, quel Bambino che non ero mai stato, sapeva che così SOLDIER non sarebbe mai stato nulla di meglio di un manicomio per mercenari assetati di sangue. Sfortunatamente, mi era difficile frenare quel devastante desiderio di distruzione; poiché, nella mentalità tribale di quel mondo, io ero l’unica autorità che contava alla Shinra. C’era chi mi riteneva superiore perfino al Presidente stesso. E nella mente di un ragazzino che non aveva mai avuto alcun riconoscimento nella vita era una sensazione del tutto nuova e meravigliosa. Diventai una minaccia per il nascente impero Shinra, così, con la scusa di una maggiore efficienza e controllo, decisero di creare una nuova figura amministrativa a capo di SOLDIER. Come sempre accade, la Shinra tanto mi dà e troppo mi toglie. Ottenni l’effettivo riconoscimento del mio rango, a patto di accettare l’affiancamento di un Direttore che avrebbe valutato ogni mia singola mossa. Al primo passo falso, sarei stato destituito. Molti furono i Direttori che si susseguirono da quel giorno agli anni a seguire, poiché non tutti erano tagliati per quel ruolo. Metà dei soldati avevano imparato a temermi e rispettarmi nel periodo della mia rapida ascesa; mentre l’altra metà aveva vissuto la propria giovinezza all’ombra del mio mito. Ne consegue: ogni singolo agente SOLDIER avrebbe dato la vita per me.

Ho odiato tutti i predecessore di Lazard. Vecchi bacucchi capaci solo di sminuirmi per la mia giovane età, sebbene avessi più esperienza di loro messi insieme. Nonostante tutto, capii che mantenere SOLDIER allo stato in cui verteva in quei tempi non era per niente efficace e tanto più che la mia fama cresceva, erano sempre di più i ragazzini pronti ad entrare nelle fila del Reparto. E molti di loro non erano pronti. Fu così che chiesi l’istituzione di un periodo di apprendistato come fante nell’esercito regolare, a seguito un esame di ammissione, sia teorico che pratico, oltre che il solito test di affinità mako. Fu solo con Lazard, tuttavia, che tutto questo divenne una vera e propria prassi, mettendo fine al nepotismo di SOLDIER. Molti rampolli venivano gettati in pasto a uomini che avevano visto e fatto cose inimmaginabili, senza un minimo di scrupolo e del tutto privi di pietà. Per quanto mi dispiacesse per quei poveri ragazzi vittime dell’idiozia dei propri parenti, le regole vanno fatte rispettare, in un modo o nell’altro, e gli errori pagati. Una lezione ogni agente SOLDIER ha imparato e spesso a carissimo prezzo.

Sotto Lazard, comunque, le cose cominciarono ad andare per il meglio, trasformando SOLDIER in ciò che ho sempre voluto: un Reparto rispettabile con dei veri ideali e dei veri valori. Rimasi piacevolmente stupito nell’apprendere che finalmente il Presidente aveva ascoltato una delle mie richieste annuali, ossia quella di affiancarmi un Direttore con un approccio più collaborativo. Lazard era esattamente ciò che avevo chiesto. Aveva il comando nel sangue, ma sapeva essere comprensivo e diplomatico nelle questioni più spinose e aveva sempre la risposta pronta per tutto. Non era affatto un uomo d’azione, ma ci teneva essere presente sul campo nelle battaglie campali, al fine di risollevare il morale. Aveva a cuore i sogni di ogni singolo agente. Infatti, la sua domanda peculiare era: ’ Dimmi, qual è il tuo sogno?’, seguita a ruota da: ‘I sogni irrealizzabili sono i migliori.’ Lo chiese perfino a me, ma io non caddi nella sua trappola, perché sapevo benissimo che i miei sogni non si sarebbero realizzati. Di contro, gli rivoltai la sua stessa domanda con un pizzico di scherno. Il Direttore, serissimo, disse una frase che non dimenticherò mai.

‘ Dare vita ai sogni migliori. Perché nulla è irrealizzabile, se lo credi davvero. A quanto pare, tu non credi per nulla in te stesso, Sephiroth. ‘

MI lasciò di stucco e, devo ammettere, senza parole per replicare, impresa alquanto ardua. Fu in quel preciso momento che, dopo tanti anni, avevo di fronte a me un uomo degno del mio rispetto. Infatti, replicai: ‘No, non in me stesso, signore. Ma in lei, sì.’

Lo sguardo d’intesa che ci scambiammo fu l’inizio di una fiorente collaborazione. La vecchia cricca di SOLDIER venne eliminata e con l’arrivo di Angeal e Genesis ho sperato di avviarmi verso un futuro radioso per quel Reparto che piano piano era diventato la mia famiglia. Sì, perché è lì che, per la prima volta, mi sono sentito parte di qualcosa, che le mie azioni avrebbero avuto delle conseguenze non solo per me, ma anche per altre persone. Con l’avanzare dei ranghi, mi resi anche conto che le vite degli uomini sotto il mio comando erano nelle mie mani. Capii il significato della parola ‘responsabilità’. Ogni vita era preziosa e io non POTEVO più sprecarne, perché perdere un uomo oggi sarebbe significato averne uno in meno domani. Inoltre, assistere quelle famiglie piegate dal dolore era straziante e fu ancora più terribile quando realizzai che anche le loro speranze erano state in mano mia. Era un colpo al cuore vedere bambini e mogli e madri e padri piangere su quei corpi che non ero riuscito a portare in salvo e che quella perdita avrebbe completamente sconvolto le loro vite. Mi sentivo in colpa per la mia negligenza, tanto che avrei voluto togliermi la vita, ma Lazard aveva le parole giuste per ognuno di noi, me compreso.

“Quegli uomini stanno aiutando il Pianeta e non hanno mai smesso di lottare. Combattono per rendere il Lifestream più forte contro la Shinra.”

Mi stupii quando mi rivolse queste parole. Il Direttore non mi ha mai nascosto un certo risentimento per la famiglia Shinra anche se non ne ho mai compreso il reale motivo. Non che ne avesse tutti i torti, credo non esista anima viva che non abbia un conto in sospeso con la Compagnia. Con il loro sporco tocco hanno infangato tante, TROPPE vite. In effetti, non mi stupisco che esistano gli attivisti anti-Shinra.

La guerra non è mai finita e mai lo sarà, almeno finché questa realtà esisterà, finché i reattori mako continueranno a succhiare la vita del Pianeta, finché il Lifestream continuerà ad alimentare le nostre case, ci sarà sempre qualcuno da combattere. Il problema, ahimè, è che la forza e la fiducia di SOLDIER sono giunti al loro capolinea oramai. Le regole, i criteri, l’ordine costruiti in anni di collaborazione sono scomparsi assieme al Direttore. L’onore, la disciplina, la fiducia sono svanite con Angeal. La ribalta, l’appariscenza e l’elevatura intellettuale dissolti con la caduta di Genesis. Sono solo rimasti frammenti di quella prigione dorata dentro cui avevo sperato di realizzare me stesso in qualche modo. Quel mondo amato e odiato è sbiadito come un’antica fotografia, custodita gelosamente nei miei ricordi. SOLDIER è una famiglia sventrata, sopravvissuta per miracolo alla guerra, ma troppo ha perso per la via, menomata sia nel cuore che nel fisico. E così sono i suoi agenti. A causa della sfiducia dilagante tra la gente comune, una paura incondizionata si è diffusa tra il popolino, il quale cerca di esorcizzare questo timore con il disprezzo. Durante la Crisi ci sono state centinaia le campagne contro il Reparto, additandoci come pericolosi assassini pluripremiati. La pressione mediatica è stata così asfissiante da costringere la Compagnia a ritirare qualunque tipo di assistenza ai SOLDIER invalidi. In pochi giorni, centinaia di uomini che hanno vissuto esperienze scioccanti e traumatiche hanno visto il rispetto del popolo scomparire davanti ai loro occhi, la loro vita agiata strappata dalle mani e gettati in mezzo alla strada senza uno straccio di aiuto. Vedo ogni giorno, per le strade di Midgar, ex-compagni lasciati a morire di fame lungo i marciapiedi, sotto lo sguardo incurante della folla. Uomini incapaci di lavorare normalmente, dopo aver conosciuto il morso della guerra. Uomini distrutti sia nel corpo che nella mente, sacrificate per un futuro migliore per le proprie famiglie, ma di cui, ora, non è rimasto più niente. Proprio la scorsa settimana, mi stavo recando al lavoro e ho assistito a questa scena pietosa. Un gruppo di bulletti aveva attirato in una strada secondaria un senzatetto e lo aveva aggredito. L’uomo non era in grado di proteggersi da solo, poiché le sue gambe erano ridotte a due miseri moncherini, mentre le sue mani erano state entrambe amputate. Riconobbi il bagliore mako balenare per un attimo soltanto in quegli occhi gonfi dalle troppe percosse e annegate nella rassegnazione del proprio destino. Avvertii l’ira avvampare nel mio petto. Non conoscevo quell’uomo, ma non potevo accettare che, dopo tutto quello che aveva sacrificato, venisse trattato in quel modo. Da un gruppo di ragazzini viziati, tra l’altro. Intervenni, cacciando quei mocciosi da quel vicolo con la mia solo nefasta presenza. Scapparono a gambe levate, quegli inutili codardi. Erano in sette e hanno avuto paura di un singolo uomo. Nella loro visione ristretta era più facile prendersela con un poveraccio mutilato e impossibilitato a scappare che un guerriero in piena forma. Lo aiutati a risalire sul suo carretto sgangherato, mentre cercavo di valutare le sue condizioni. Il corpo aveva perso molto della sua antica solidità, di cui ne rimanevano solo flebili tracce, ma era ancora forte abbastanza da reggere un barbarico assalto. Aveva qualche taglio e tumefazione che spiccava da sotto i vestiti fatti di stracci, ma nulla di grave. Sebbene ci provai con tutte le mie forze, non riuscii a non fissare le ferite di guerra. Degli arti inferiori non vi era quasi nessuna traccia, se non per un terzo di coscia per parte, i quali gli permettevano d’inserirsi comodamente in quel carretto di fortuna. Gli arti superiori erano stati amputati all’altezza dei due polsi, poco sotto la nocetta dell’ulna. La pelle, nel punto d’appoggio, era piena di ferite e tagli, poiché niente la proteggeva dalle discrepanze del terreno. Sul viso presentava una vistosa bruciatura sulla parte destra, la quale si dipanava lungo tutto il collo e la spalla. Mi chiesi come si fosse procurato quelle ferite così gravi da amputare in modo così massivo, ma non ebbi il coraggio di domandarlo. Andai per deduzione, attingendo alla mia esperienza, e arrivai alla conclusione che una bomba lo avesse ridotto in quello stato pietoso. Come se mi avesse letto nel pensiero, egli mi rivelò di essere uno dei sopravvissuti di Meijin. Lo fissai a lungo allibito. Non ero al corrente che anche degli agenti SOLDIER erano rimasti coinvolti in quello scellerato attacco aereo ordinato da quello spocchioso ragazzino viziato di Rufus Shinra. Avvertii un’altra ondata di furia cieca prendere possesso di ogni cellula del mio corpo e mai come allora desiderai ammazzare ogni singolo componente di quella famiglia di mostri senza cuore. Trovai, inoltre, tragicamente inquietante il fatto che quell’uomo fosse uno degli agenti affidati a Genesis. Uno del suo battaglione, a cui, però, non era stato fatto il lavaggio del cervello. In ogni caso, non è che il suo destino lo avrebbe veicolato verso un fato migliore. Storpio, ma vivo, o mostro morente? Scelta ardua, ma tenni queste considerazioni per me. Lo portai in ospedale e mi assicurai che ricevesse ogni cosa di cui avesse bisogno. Mi accollai le sue spese sanitarie e gli assicurai un posto in cui spendere la sua degenza in modo dignitoso. Ho scoperto che a Kalm esiste un centro per i trattamento dei feriti di guerra. Trattano perfino soggetti con disturbi mentali gravi, come la PTSD. E’ estremamente costoso, ma non m’importa. Sebbene non siano più nell’esercito, quei poveracci là fuori hanno servito la loro patria, credendo in un ideale fasullo ed effimero che gli ha guidati verso una via di autodistruzione. Come tutti, sono vittime della Shinra. Ragazzi che hanno visto la loro giovane vita andare in frantumi troppo presto, destinati a morire soli, accolti soltanto dal disprezzo di un popolo che una volta li adorava e abbandonati da quella stessa Compagnia in cui hanno riposto il loro futuro. Hanno creduto alle bugie di un folle visionario e donato il loro corpo ad una scienza malata e perversa, alimentando così il giogo calato su questo Pianeta sfiancato da un famelico parassita. Sono il loro Generale, l’unica autorità davvero schierata dalla loro parte e che possa condividere e comprendere i dolori vissuti; oltre che essere dotata dell’umanità necessaria per rimarginare le ferite inferte dai gelidi artigli della vita. Da quel giorno, dopo il lavoro, mi aggiro per i quartieri malfamati della città alla ricerca di qualche commilitone bisognoso di aiuto. Ho provato a stanziare fondi per la costruzione di un centro come quello di Kalm, qui a Midgar, ma la sua realizzazione richiede tempi troppo lunghi. Il piano urbanistico della città si sta totalmente rivisitando e i soldi vengono tutti concentrati sulla creazione di nuovi impianti per la circolazione del mako. Il fine è quello di rendere lo scorrimento dell’energia planetaria più efficiente. Inoltre, ci sono voci di corridoio circa l’intenzione di costruire un cannone simile a quello di Junon, ma molto più potente. Il progetto sembrerebbe coinvolgere i sette reattori-pilastro del Piatto come fonte di energia. E’ il disegno di un’arma terribile. Nessuno ha mai davvero concepito l’intenzione di concentrare così tanta energia mako in un solo punto; ma al Presidente non importa del rischio. E’ diventato paranoico da quando Genesis ha dimostrato quanto la città sia vulnerabile, a causa dell’esiguità delle sue difese esterne e dalla slealtà che la corrode dall’interno. Poiché, senza Lazard, il piano di Genesis non avrebbe mai preso piede. Il perfetto Direttore di SOLDIER si è dimostrato indegno della fiducia riposta esattamente come i suoi agenti. Ricerche effettuate dai Turks hanno scoperto che Lazard finanziava con i soldi della Compagnia i progetti scellerati di Hollander e Genesis. Senza di lui, lo scienziato e l’ex Comandante non avrebbero mai avuto il loro esercito di copie assetate di sangue. Non avrebbero mai avuto accesso a tutti i macchinari per trasformare civili innocenti in mostri senza volontà. Senza di lui, Hollander non sarebbe mai scappato dalla sua prigione a Junon.

A causa di quest’ultimo evento, copie di Genesis e mostri si stanno diffondendo in tutto il globo. Segno che Hollander ha ripreso i suoi folli esperimenti, perseguendo caparbio il suo progetto di vendetta. Centinaia e centinaia di segnalazioni inondano il centralino ogni santo giorno. E tutti provenienti da zone in cui sono presenti reattori mako collegati con le viscere del Pianeta. Che cosa staranno tramando? Che Genesis sia veramente ancora vivo?

Anche Midgar è invasa da queste bestie immonde, soprattutto le zone degli Slums.

Mi reco spesso a casa loro o alla Chiesa, al fine di controllare le condizioni di Aerith e di Elmyra. Non che ce ne sia un reale bisogno, dal momento che il giovane Fair pedina la ragazza peggio degli stessi Turks che la controllano. Il neo-First si è davvero preso una gigantesca cotta. Non posso dargli torto, in effetti. La piccola Cetra è cresciuta in modo davvero magistrale e non c’è assolutamente da stupirsi che ogni uomo le cada letteralmente ai piedi. Inoltre, ha un carattere così adorabile e dolce che è impossibile non venirne attratti. Per quanto m’infastidisca il fatto che il gongaghiano ronzi attorno ad Aerith, provandoci scelleratamente, Fair è, forse, l’opzione migliore al momento. Spesso Elmyra mi punzecchia su questo dettaglio, siccome ho spesso mostrato segni di gelosia nei confronti di Aerith. L’ho vista praticamente crescere e mi è difficile accettare il fatto che da quella bambina pura e immacolata sia sbocciata una donna desiderabile e ammaliante. Il pensiero che un altro uomo, qualunque uomo, possa in un qualche modo inquinare la sua innocenza mi disgusta oltremodo.

MI scappa da ridere al pensiero che questo stesso discorso l’ho affrontato nei confronti di mia figlia. Takara ha compiuto un anno da poco e già ha uno stuolo di proposte di matrimonio da parte di tutti i padri di figli maschi di Honijin. Lei è l’ultima arrivata nel villaggio, per cui tutti s’industriano per tentare di accaparrarsi il posto prima degli altri. Non credetti alle mie orecchie quando Evelyn mi rivelò questo fatto e rimasi ancor più stupito quando mi resi conto che per lei era assolutamente normale prassi.

“Takara è diversa da tutti gli altri. Ha dei tratti che a Wutai sono rarissimi da trovare e ciò piace tanto agli uomini. E’ successo anche a me. Non hai idea di quante proposte di matrimonio ho ricevuto proprio per il mio aspetto.”

Wutai ha davvero un popolo peculiare: sono così attaccati alle loro tradizioni, alla loro patria, alla loro integrità; eppure non disdegnano il diverso, anzi spesso lo accettano di buon grado. Soprattutto in fatto di donne. Evelyn è riuscita a garantirsi un futuro proprio grazie ai suoi sfavillanti e rarissimi occhi color smeraldo e ai tratti leggermente orientali. Tutte caratteristiche che, unite alla sua naturale bellezza mozzafiato, attiravano gli uomini come api sul miele. E nemmeno io sono rimasto immune a tutto ciò. Come dicevo, tuttavia, per mia figlia il discorso è totalmente diverso. Per quanto ci sia brava gente nel villaggio, il solo pensiero che uno solo di quei mocciosi sbavanti osi solo pensare a Takara in quel senso mi vien voglia d’impiccarli con le loro stesse parti intime. Lei è la mia bambina e nessuno potrà mai portarmela via.

Evelyn e Natsu risero quando esposi loro questo concetto, a mio avviso, insindacabile, asserendo che la piccola non sarebbe stata per niente d’accordo quando l’evenienza si presenterà. Mi dissero che prima o poi avrei dovuto accettare che la mia bambina non sarebbe stata per sempre con noi.

“L’uccellino abbandona il nido, presto o tardi.”, ha affermato Evelyn, guardando nostra figlia con malinconia e, nello stesso tempo, accarezzandosi il ventre.

Non posso credere di stare per diventare padre per la seconda volta. Avverto un misto di gioia e trepidazione alla sola menzione e non posso che sorridere di cuore ripensando a quella piccola vita in pieno fermento. Sono così impaziente di conoscerlo o conoscerla. Chissà quali novità porterà? Io spero assomigli a mia moglie, poiché, devo ammetterlo, Takara è la mia copia in tutto per tutto. Sebbene sia molto piccola si è rivelata avere una personalità carismatica e decisa. Non ama ricevere ordini e battibecca per ogni minima ingiustizia, sfiancando l’avversario fino a che non ottiene ciò che vuole. Ha una mente deliziosa, arguta e scattante, curiosa e analitica. Trovo meraviglioso osservarla quando scopre qualcosa di nuovo, di come goffamente lo analizza e lo testa, al fine di giungere ad un’ipotesi tutta sua. Ipotesi spesso errata, ma è impossibile farle cambiare idea. E’ molto testarda. E la testardaggine e la determinazione sono una miscela esplosiva, dal momento che oltre a non cambiare assolutamente idea, lei le difende a spada tratta, come se ne andasse della sua stessa vita. Ritengo adorabili lei e sua madre, mentre discutono animatamente su controversie futili, ma che poi, con l’avanzare della diatriba, si trasformano in vere e proprie questioni di principio. Evelyn spesso deve chiedere il mio intervento o quello di Natsu per sperare di aver una qualche speranza contro una sempre più infuriata Takara. E quando la piccola si arrabbia è davvero terribile. Sono quei momenti in cui di nuovo quelle domande dilanianti ritornano a galla. Sebbene Takara stia trascorrendo un’infanzia del tutto normale, spesso essa manifesta comportamenti totalmente anormali per una bambina di quell’età. L’ira, ad esempio. Un normale infante sfocia in capricci plateali del tutto insensati dalla durata più o meno lunga, ma tutt’al più sono semplicemente noiosi da sopportare; Takara, al contrario, diventa fredda e rigida, sia nell’aspetto che nella postura. Spesso si ferisce i palmi delle mani da quanto forte stringe i pugni. Ciò che più ci terrorizza, invece, è lo sguardo. I suoi occhi si spalancano totalmente, mettendo in totale mostra le iridi pulsanti di mako verde e, al centro di esse, le pupille. Lunghe, affusolate, non umane. Quel momento, dura solo un secondo, poi sbatte le palpebre e tutto torna normale. Dopo queste crisi, Takara scorda qualunque cosa sia accaduta nei minuti prima dell’evento. Si sente solo molto stanca e, spesso, si addormenta. Al suo risveglio ritorna ad essere la bambina solare e allegra che abbiamo amato sin dal primo momento. Evelyn vorrebbe portarla da un medico, ma sarebbe inutile. Io SO cos’ha…

 

La Bestia

Come temevo, quella maledizione è passata anche a lei. Quell’istinto infernale di voler uccidere e massacrare ogni singolo essere vivente sulla faccia del Pianeta è presente nel suo essere. E non solo. Anche quel desiderio che ci richiama alle stelle, il desiderio di solcare l’intero universo, il desiderio di sentirci liberi nel buio assoluto. Spesso, nel cuore della notte, Takara si sveglia e si affaccia alla finestra della nostra camera, fissando il cielo notturno e limpido. I primi tempi la intimavo a tornare a letto, ma poi ho realizzato che, come me, non può farne a meno: quell’istinto è insito nel suo DNA. Quel DNA nefasto che le ho trasmesso.

Non volevo che questo fardello cadesse su altri, men che meno alla mia bambina. Certe volte, nel silenzio della notte, la osservo dormire beata nel suo lettino e l’eco di una voce sinistra mi invoglia a prendere quel cucino e premerglielo sul viso. Spesso devo ricorrere all’auto punizione per evitare di cedere a quegli istinti. Tante volte mi sono morso le labbra o le mani fino al sanguinamento per distogliere l’attenzione da mia figlia. Scappo in bagno per lavare via quel sangue, ma non è così facile. Spesso rimango ad osservare i rigoli convoluti e vermigli formatasi nell’acqua. Una spirale di sangue. Una spirale in cui la mia stessa esistenza è stata incatenata.

Sono figlio del peccato. Sono nato nel sangue e morirò nel sangue. Ma mia figlia… mia figlia è diversa. Mia figlia DEVE essere diversa. Il Pianeta deve avere pietà di lei. IO ho commesso l’errore e me ne assumo la piena responsabilità.

Gaia, ti prego, lasciala in pace. Lei è vittima del mio egoismo e, a differenza di me, lei può scegliere il suo destino. Ti prego, accoglila nelle tue grazie e donale un’esistenza ricca di gioie. I dolori lasciali a me, li accetto volentieri per lei.

Non so quante volte ho rivolto al Pianeta questa preghiera fra lacrime e sangue. Non so nemmeno se qualcuno abbia mai teso orecchio alle mie richieste. Se davvero gli antichi Cetra possono ascoltarci mi chiedo perché continuino ad ignorarmi. Ma la risposta, io, la so già…

Progetto G

Cellule J

Mostri

Cosa sono queste Cellule J? Da dove provengono? Da COSA provengono?

Hollander saprebbe rispondermi, magari dopo un’adeguata sessione di torture, costringerei quel vecchio a darmi le risposte che quel verme di Hojo si è divertito a tenere nascoste per tutta la mia vita. E ne avrei anche il diritto, dal momento che lo scienziato è considerato prigioniero di guerra. Sfortunatamente, è stato fatto evadere qualche settimana fa. Zack non è stato in grado d’impedire la sua fuga. Purtroppo sono arrivato troppo tardi per dargli il giusto supporto. Mi ci è voluto molto più tempo del previsto per convincere il Turk-pilota a deviare il percorso per Modeo verso Junon. Come dicevo qualche pagina addietro, la mia autorità comincia a risentire della sfiducia riposta negli alti ranghi del Reparto. E io non posso che dare loro ragione. Da quando Genesis e Angeal sono scomparsi, la mia lealtà nella Compagnia è morta con loro. Ormai, non m’importa più nulla- non che me ne sia mai importato-, ma è ben evidente a tutti che la mia sopportazione a tutto questo schifo è arrivata a un pericoloso limite. C’è chi si chiede come avrò intenzione di andarmene: da disertore o da eroe?

Per quanto non ami nessuno dei due appellativi, credo che il mio ultimo atto da Generale SOLDIER sia quello di dimostrare che non tutti sono come i due banoriani. Non ho assoluta intenzione di gettare ulteriore fango su un onore già di suo compromesso. SOLDIER fu la mia prima famiglia, uno dei pochi luoghi che ho potuto chiamare ‘casa’, un luogo che è stato il punto di partenza per la costruzione di questo presente. Se non fossi mai stato in SOLDIER non sarei mai andato in guerra, non avrei mai conosciuto mia moglie e non avrei mai avuto mia figlia. SOLDIER mi ha reso un uomo con un futuro, nonostante il mio passato tenebroso. Se c’era una luce alla fine di questo tunnel, il Reparto mi ha aiutato a trovarla. Tuttavia, è un fardello troppo pesante da portare sulla strada imboccata. La mia nuova vita mi aspetta lontano da questo. La vita normale ed ordinaria che ho sempre sognato è al di là del baratro. E’ un salto importante che può spaventare, ma le mie donne mi attendono e io non ho intenzione di farle aspettare oltre. Come non ho nessuna intenzione di abbandonare il Reparto senza averlo prima dotato di un futuro dignitoso. Motivo per il quale ho preso sotto la mia ala protettrice il giovane Zack. Non tanto per addestrarlo a combattere –per quello ha già fatto un lavoro egregio Angeal-, ma per addestrarlo al comando. Gli sto insegnando tutto quello che ho imparato in lunghi anni di servizio. Lo porto con me nelle varie missioni anti-AVALANCHE o pulizia mostri, concedendogli il comando di piccoli contingenti; lo coinvolgo nelle decisioni strategiche; mi affianca nelle indagini riguardanti gli strani fenomeni di sparizione di personale Shinra; considero la sua opinione decisiva per la valutazione delle nuove reclute. Queste ultime lo stanno iniziando a miticizzare, prendendolo come esempio. Lui è molto fiero di questo, mi confidò una volta Aerith. Credo che lo veda come un modo per mantenere gli ideali di Angeal intatti, nonostante le azioni del suo mentore. Zack non ha mai accettato che l’onore del suo maestro venisse infangato in quel modo; appena può lui lo difende a spada tratta. Sciorina i concetti di sogni, disciplina e onore esattamente come avrebbe fatto il banoriano, segno di come li tiene ben serbati nel cuore. Non c’è che dire, Zack è il degno successore di Angeal e io sono felice che almeno una parte di lui sia rimasta legata a questo mondo. Inoltre sono grato del fatto che, nonostante ciò che ha passato, Fair abbia mantenuto quel suo atteggiamento allegro e solare, capace di fare colpo su tutti. E’ un uomo onesto e sincero, il volto ideale a cui dare vita a questo Reparto sfiancato. In effetti, la vecchia cricca di SOLDIER non è del tutto scomparsa.

Io persisto.

Ed è il momento di andarsene e lasciare spazio a chi davvero si è meritato il rango che ricopro. Zack è partito dal fondo e ha scalato i ranghi grazie alle sua abilità e non a sporchi trucchi e giochi di potere. La sua modestia e umiltà è ciò che voglio lasciare al Reparto. Voglio che mi ricordino per questo atto di estrema modestia, piuttosto della mia disgustosa superbia. Voglio che si ricordino il sacrificio, invece dell’omicidio.

Voglio che, quando i miei figli cresceranno, venga loro raccontato di un uomo leale con a cuore la vita dei propri compagni, pronto a dare la vita per loro. Un uomo che ha sacrificato il proprio orgoglio per il bene superiore.

 

Voglio che si ricordino dell’uomo, non dell’eroe.

 

 

Saaaaalve!!! Ma che brava che sono stata! Sono riuscita a pubblicare con tempistiche umane!!! *applausi arrivano dal nulla* (ma chi è che applaude? ndCloud, io no ndSeph, nemmeno io ndVincent, *i tre si girano e vedono FortiX applaudire da sola, -______-‘, ndCSV)

Ehm-ehm… cooooomunque, i rari effettivi day off e la reclusione forzata che fanno pensare ai miei coinquilini che io sia morta hanno dato i loro frutti e finalmente il nuovo capitolo di questa serie è uscito. Capitolo caldissimo con la (finalmente ^.^) apparizione di Takara dei giorni nostri. Fatemi sapere che ne pensate della giovine figlia di Sephiroth. Non avete idea di che fatica abbia fatto a riuscire a trovare un’immagine decente e degna di un tale titolo, ma GOT è venuto in mio soccorso. Infatti, mi sono un po’ ispirata a Daenerys di casa Targaryen, poiché ritengo che lei sia un buon esempio di come una giovane donna possa destreggiarsi in un mondo al maschile e prevalere. Ovviamente senza i retroscena tipici della serie della HBO perché siamo in rating verde ricordo! (ci mancherebbe che fai fare certe cose a mia figlia, ndSeph).

Fatemi sapere che ne pensate!

Ora scappo e mi vado un po’ godere il sole d’estate australiano!

 

Alla prossima!

Besos

   
 
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