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Autore: Himenoshirotsuki    11/02/2018    4 recensioni
[Seguito di "Fuoco nelle Tenebre"] [La stori è un pausa un mesetto, ma non sospesa. Finisco Fighting Fire e riprendo ad aggiornare!]
Dopo gli ultimi eventi, il destino di Esperya sembra ancora più incerto. Lyssandra muove i fili da dietro le quinte, Mirya e i bambini sono rintanati ad Alabastria, mentre Ledah è stato catturato. Sembra che il ritorno di Aesir e della sua era dell'oscurità sia inevitabile, ma c'è ancora qualcuno che si oppone, qualcuno che ha pagato un prezzo di sangue per diventare ciò che è. Con un nuovo corpo e un solo anno a disposizione, Airis dovrà adempiere al suo compito di Guardiano affinchè i drow e il dio dell'oscurità non facciano di nuovo piombare Esperya in un caos di morte e distruzione.
Battaglia dopo battaglia, incontro dopo incontro, in un lungo viaggio attraverso lande desolate e città e regni meravigliosi, Airis scoprirà così i dettagli di una macchinazione destinata a cambiare le sorti del mondo, ma, soprattutto, la verità sul suo passato, una verità che potrebbe distruggerla.
Genere: Avventura, Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Guardiani'
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Fuoco 2

22

Credere

Melwen strinse le coperte per proteggersi dagli spifferi che si infilavano tra i vecchi infissi e fissò il soffitto, controllando l'intensità dei suoi respiri. I polmoni erano costretti dalle catene della stanchezza e un'irrequietezza notturna le serpeggiava tra i muscoli sotto forma di un lieve e costante tremore. Era come se fosse caduta preda della febbre. Quasi quasi sarebbe stato meglio.
Vicino a lei, Zefiro si girò, tirandosi le lenzuola fin sopra la testa. Nel buio, Melwen lo visualizzò mentre sprimacciava il cuscino e vi affondava il viso, una mano proprio sotto la testa e l'altra allungata verso di lei, con le dita appena piegate. Le sarebbe bastato protendere la propria per toccarla.
Deglutì e si leccò le labbra screpolate. La saliva ammorbidì la pelle, che, come una calza troppo tesa, si rilassò sui piccoli tagli umidi. Le facevano ancora male, ma il sapore del miele sovrastava quello del sangue quanto bastava per rendere quel fastidio sopportabile.
- Stai dormendo? - domandò Melwen.
La domanda aleggiò nella stanza, sfiorando la superficie di silenzio notturno come una falena.
- No. -
Il fruscio delle lenzuola l'avvertì che Zefiro si era girato ancora, stavolta verso di lei.
- Ti ho svegliato? -
- Non mi sono mai addormentato. - sbatté le palpebre e si mise una mano sulla bocca per coprire uno sbadiglio, - La tisana di Eogann non era poi così forte come diceva. -
Melwen si concesse un sorriso quando Zefiro si stropicciò gli occhi. La coscienza la bacchettò per averlo destato dal sonno, ma non riusciva a sentirsi veramente in colpa.
Si voltò verso di lui, poggiò la mano vicino al guanciale e gli avvolse un dito. La pelle era fresca, pareva ghiacciata a confronto con la sua.
- Sei caldissima. - constatò Zefiro con una punta di preoccupazione, - Vuoi che vada a chiamare Eogann? -
- No, non può fare nulla. È... è normale. Sarebbe successo in ogni caso, con quelle concentrazioni di efedra. -
- È tutta colpa di Nyi. Se non avesse esagerato, ora non staresti così male. -
Melwen fece un profondo respiro. Era inutile che cercasse di spiegargli perché lo avesse fatto. C'era troppa rabbia in lui, troppo rancore per quei giorni di marcia forzati, sotto lo sguardo rancoroso del suo maestro di giorno e in fuga dai suoi demoni personali di notte, quelli di cui le raccontava a mezza voce quando credeva che stesse dormendo.
- Passerà. Un paio di giorni e sarò di nuovo in forze. -
- Non riesco più a vederti in questo stato. A volte... a volte sembravi come loro. -
- Loro? Loro chi? -
Zefiro storse le labbra, a disagio.
- Come quelli che ci hanno attaccato a Luthien e ad Alabastria. Avevi gli occhi vuoti come i loro. -
Melwen rilasciò un sospiro. Sotto la patina di sudore che le ricopriva il corpo poté sentire il brivido freddo della paura.
Lo aveva pensato anche lei. Era stato un flash rapidissimo, che l'aveva gettata al cospetto di un viso cinereo. Gli occhi inespressivi di quelle creature, il lucore lattiginoso simile a pasta vitrea che ne annebbiava lo sguardo era lo stesso che aveva visto al funerale dell'amico di suo padre quando era piccola.
- Era solo l'effetto dell'efedra e della stanchezza. - asserì con la voce che tremava appena.
- Lo so, ma non ho potuto fare a meno di pensarlo. È tutto ancora così vivido, Melwen... mi basta chiudere gli occhi e mi sembra di essere ancora lì. - le acchiappò un altro dito e continuò in un sussurro, - Ho sonno e vorrei dormire, ma ho paura di vederli ancora. O di svegliarmi e scoprire che non siamo mai riusciti a scappare. -
Melwen non disse nulla. Ecco un altro segreto che Zefiro aveva confessato soltanto a lei. Una volta le aveva detto che provava invidia per il suo sonno leggero. Lui, invece, rimaneva intrappolato nei suoi incubi fino al mattino: per quanto urlasse, la sua voce echeggiava solo nella sua mente. Era stato sempre così, da quando era scappato da Amount-vinya fino alla fuga da Alabastria, prigioniero fino al sorgere del sole, come una maledizione.
Zefiro spostò le lenzuola e si puntellò sul gomito.
- Mamma è preoccupata per te. -
- Perché non parlo? -
- Lei e Nyi non sanno che con me lo fai. Non ti fidi di loro? -
Melwen scosse la testa: - Non è questo. -
- Allora perché? -
- Non lo so. Loro... -
Non sapeva cosa rispondere. Come poteva spiegargli che aveva timore di esporsi, di sentirsi ancora più colpevole di quello che già era? Perché sebbene Melwen fosse sopravvissuta, non poteva sentirsi grata di quel privilegio. Nei racconti a salvarsi erano i migliori, gli eletti latori di grandi cambiamenti. Ma lei? Cosa era la sua vita rispetto alle centinaia falciate via a Luthien e ad Alabastria? Ogni volta che aveva osato incontrare gli occhi di Nyi e di Myria si era sentita in dovere di trovare una giustificazione al fatto di essere ancora viva. Suo padre, Baldur, Nordri, coloro che avevano qualcosa da dare al mondo erano tutti morti. Lei, invece, una bambina senza meriti, era ancora lì.
- Melwen... -
- Non me la sento di affrontarli. Non ancora. -
Zefiro intrecciò le dita con le sue e le strinse forte. Lui più di tutti poteva capirla. Erano uguali: due innocenti ai ceppi, legati dalla colpa di essere vivi.
- Passerà. Un giorno capiremo perché. - il bambino abbozzò un sorriso, - Il passato è una certezza, il presente non esiste e il futuro è una sorpresa. Magari c'è qualcosa in serbo per noi che darà un senso a tutto questo. -
- Come nei libri. -
- Sì, come nei libri. C'è sempre un motivo dietro la morte dei genitori dell'eroe o la dipartita di un amico. Lo hai sempre detto anche tu: gli ostacoli servono per temprare i protagonisti delle storie. -
Melwen si mise supina a fissare il soffitto, che nel buio era punteggiato da una costellazione di incostanti macchioline colorate.
- Come fai a sentirti un protagonista dopo tutto ciò che ti è successo? - gli chiese, inclinò la testa e nascose lo sguardo dietro le onde dei propri riccioli, - Io mi sento un personaggio secondario in balia dei capricci di uno scrittore indeciso e incapace. Nessuno leggerebbe una storia così tragica e senza senso. -
- No, hai ragione, piacerebbe a troppe poche persone. - scherzò.
- Avrei detto a nessuno. -
- Solo perché la gente non sa aspettare. A me piacciono le storie che si sviluppano lentamente, che danno spazio anche ai personaggi di poco conto. Non so leggere molto bene, ma più delle ballate dei bardi ho sempre apprezzato i racconti di Alan e di mio padre. Loro davano importanza a tutte quelle piccole cose che nei libri più famosi non vengono nemmeno presi in considerazione. Dedicavano attenzione anche ai compagni meno conosciuti, quelli con cui avevano scambiato solo qualche parola, o ai mercanti, o agli accattoni o alle lavandaie. Nei loro racconti tutti erano protagonisti, in un modo o nell'altro. Tutti abbiamo qualcosa di speciale, Melwen. Solo che a volte è difficile da vedere, tutto qui. -
- Quest'ultima frase la pronunciano spesso anche i peggiori cantori. -
- Ma non significa che non sia vera. -
- Tu sei sicuramente diverso dagli altri. -
Melwen si strappò le coperte di dosso e si issò a sedere, le gambe incrociate sotto la leggera camicia da notte. Il sollievo che provò quando l'aria fresca della stanza le accarezzò la pelle accaldata le procurò un piacevole brivido freddo lungo le braccia e la spina dorsale.
- Non so nemmeno spiegare cosa sia successo, Melwen... -
- Ma è un chiaro segno che c'è qualcosa di speciale in te. Nessun uomo avrebbe mai potuto distruggere uno spallaccio così. - lo fissò con gli occhi sgranati, la mente di nuovo iperattiva che ricercava indizi, associava ipotesi e creava collegamenti logici, - È da quando me lo hai detto che ci penso, ma ancora non ho trovato una spiegazione. -
Zefiro seguì il suo esempio e si appoggiò alla testiera del letto.
- Ho paura di quello che sono. -
- E perché mai? Tu mi hai salvata. Se non fosse stato per te, sarei morta. -
L'euforia si infranse contro un muro di silenzio. Zefiro aveva giunto le mani in grembo e fissava il pavimento con la testa incassata nelle spalle, improvvisamente rimpicciolito, accartocciato su se stesso come se volesse sparire. Il peso di qualcosa di non detto divenne tangibile come l'aria che respiravano, sabbia in gola che si appiccicava al palato e rattrappiva la lingua.
- C'è qualcosa che non so? -
Non doveva essere una domanda, ma Melwen voleva concedersi il beneficio del dubbio.
- … no. - esitò, alzò lo sguardo su di lei e si spostò i capelli con una ventata di mano, - Ho molta sete. Ce la fai ad accompagnarmi in cucina a prendere un bicchier d'acqua? -
Melwen si morse l'interno della guancia. La sua mente scalpitava, avendo fiutato la bugia, e smaniava per il desiderio di stanarla, eviscerarla, analizzarla. Si sentiva offesa dalla sua sfiducia, ma, per quanto infastidita, l'istinto le cucì le labbra.
"Me ne parlerà. Ha solo bisogno di tempo, come me."
- Anch'io ho bisogno di qualcosa di fresco. - asserì e, si rese conto, non era poi così lontano dalla realtà.
La cucina e il salotto erano una stanza unica, piccola ma molto ordinata. La tovaglia era stata piegata accuratamente e sistemata sulla sedia accanto al tavolo di noce dove avevano cenato, il pavimento spazzato e le posate riposte nei cassetti. Le candele profumavano l'ambiente e scacciavano il buio, spandendo assieme alla luce l'essenza di limone, lavanda e cannella. Grosse e tozze, sembravano dei cristalli opachi ricoperti da finimenti di cera.
Melwen si fermò e inspirò a pieni polmoni.
- È davvero buono... -
- Più che buono, rilassante. -
La bambina aprì gli occhi e annuì. Andò fino al tavolo e prese la teiera di ceramica per il manico, sollevandola dalle piccole braci calde che sfrigolavano a qualche pollice dal legno.
- Avvicini le tazze? -
Zefiro non se lo fece ripetere. Le porse prima quella con un giglio dipinto sulla superficie e poi quella con un soldato stilizzato in groppa al suo destriero rampante. Almeno, quello doveva essere nell'immaginario del piccolo artista che lo aveva dipinto.
"Anche io ne avevo fatta una per mio padre."
Seppellì la malinconia in un lungo sorso di tè e si diresse verso la poltrona vicino al camino. Del fuoco non era rimasto granché, solo qualche ciocco carbonizzato, però bastava a riscaldarla. La maggior parte dell'illuminazione proveniva dalle candele che Eogann aveva posizionato anche sulla mensola, alternate a diversi giocattoli in legno e di pezza. Il cerbiatto sull'angolo più lontano sembrava indicare col muso la casetta rossa dipinta nel quadro sulla parete. Per Melwen era semplice immaginarlo mentre la fissava con i suoi occhi curiosi, indeciso se avvicinarsi al recinto dell'orto e rubare l'uva o tornare correndo nel bosco dalla sua mamma. In quel crepuscolo, la sua fantasia era un indomabile cavallo selvaggio.
- Non metti lo zucchero? -
Melwen scosse la testa e si bagnò le labbra sul bordo della tazza.
- No, mi piace di più così. -
- Amaro? A te che piacciono i dolci con glassa, miele e pinoli? - Zefiro si sedette sul bracciolo e la fissò, - Tu, signorina, devi stare proprio male. -
Melwen si concesse una risata: - Mi piace assaporare l'essenza delle diverse erbe. -
- Le riesci anche a riconoscere, scommetto. -
- Mi stai sfidando? -
Zefiro nascose il sorriso dietro la tazza, ma Melwen lo scorse comunque. Si spostò un ricciolo che le solleticava il naso e trattenne il tè in bocca per qualche momento.
- Verbena, menta, tiglio, papavero. -
- L'ultimo è sbagliato. -
- Non è possibile. Avrai preso un abbaglio tu. -
- No, riassaggia. -
Melwen sospirò e bevve ancora. Rimase a fissare i cerchi concentrici che si allargavano dal punto in cui aveva immerso le labbra.
- Camomilla. - si corresse alla fine e si abbandonò a una risata stanca, - Questo viaggio deve avermi proprio sfiancata per farmi battere così da te. -
- Non sono così scarso come credi. Ti ricordo che mia madre aveva un negozio di erbe ad Amount-vinya. -
- Non credevo però ti fossi mai interessato al suo mestiere. -
- È vero, ma alcune cose a furia di aiutarla le ho imparate. E poi mi sono sempre piaciute le tisane alla camomilla. -
- Mi sorprendi... non lo avrei mai detto. -
Zefiro fece spallucce e appoggiò la tazza vuota sulla mensola del camino.
- Prima che mio padre morisse non le apprezzavo granché. Mamma ha cominciato a prepararmele quando si è accorta che non riuscivo più a dormire. Prima che si innamorasse di Alan, anche lei la beveva tutte le sere. -
- Alan... era l'uomo che vedevo spesso assieme a lei? -
- Proprio lui. Non era il mio vero padre, ma da quando Tanet è morto si è sempre preso cura di noi. - piegò una gamba sul bracciolo, col ginocchio che sporgeva verso l'esterno, - Mia madre aveva ripreso anche a fare le candele profumate. Non erano belle come quelle di Eogann, ma quando le accendeva sembrava che sotto il pavimento ci fosse un prato fiorito. -
Melwen lo ascoltava, rapita dalle sue parole e dai suoi occhi brillanti, carichi di nostalgia. La sua voce era velluto, si stendeva sugli eventi della sua storia come un panno su un servizio di piatti antico e prezioso, sottraendolo alla vista e lasciando campo all'immaginazione. E lei fantasticava su quella vita di cui non era a conoscenza. Anche i più piccoli dettagli erano caramelle succose per la sua mente affamata.
- So davvero poco di te. - lo interruppe e alzò lo sguardo su di lui, - Da quando ci siamo incontrati non ti ho mai chiesto nulla. -
- La mia vita è stata normale. Sei tu quella che ha aneddoti interessanti da raccontare. -
Zefiro lasciò a penzoloni le gambe, prima di scendere dal bracciolo e prendere tra le mani un soldatino. Indossava un'armatura con lo stemma della capitale e un lungo ed elegante mantello arancione, con la losanga dell'ordine del Leone cucito con un filo dorato. Le braccia si sollevarono quando Zefiro alzò la sinistra, quella che brandiva la lunga spada.
- Te lo ripeto, non sono una persona interessante. Sono nato e cresciuto ad Amount-vinya finché Sershet non l'ha abbandonata a se stessa, quando da avamposto militare si è trasformata in una... bettola di gente affamata. - le sue spalle tremarono quando sputò quelle ultime parole, per poi rilassarsi, - E poi ho incontrato te. -
- Lo dici come se parlassi di un miracolo. -
Zefiro piegò alternativamente le gambe del soldato, muovendolo sul piano della mensola come se stesse marciando in una parata vittoriosa.
- Non dovremmo andare a letto? -
Il cambiamento repentino di argomento la lasciò senza parole. Fissò il fondo d'erbe che galleggiava sulla superficie del tè avanzato. I brividi si erano quietati e il sudore le raffreddava la pelle calda sotto la camicia da notte. Non si sentiva meglio, ma non era nemmeno peggiorata.
- Non ho voglia di alzarmi. - mugolò incrociando le gambe sotto la gonna. - Qui si sta meglio che di là. È più caldo, è più... -
- Familiare. - completò Zefiro.
A Melwen venne spontaneo sorridere di fronte alla sua capacità di leggerle nel pensiero.
- Esatto. -
Il suo amico si guardò intorno, aprì la cassettiera sotto il quadro della natura morta e tirò fuori una pesante coperta di lana piena di pelucchi.
- Ma... ma che fai? -
- Rendo quella poltrona confortevole per la notte, mi sembra ovvio. - spiegò e le drappeggiò la coperta sulle spalle prima di sedersi vicino a lei.
Melwen si strinse contro l'altro bracciolo in modo da fargli posto e intrecciò le gambe con le sue. Le guance di Zefiro si imporporarono e l'imbarazzò gli incendiò anche le orecchie, ma la bambina finse di non farci caso. Erano stretti l'uno contro l'altra e ognuno poteva sentire e respirare l'aria dell'altro. Fece passare un braccio attorno al petto e Zefiro le offrì la spalla su cui appoggiare la testa. Il suo cuore batteva veloce contro il palmo della sua mano aperta.
- Stai comodo? -
- Mh...-
- Lo prendo come un sì. Buonanotte, Zefiro. -
- Sogni d'oro, Melwen. -
 
La mattina li colse addormentati. Melwen poteva sentire il peso della testa di Zefiro sulla propria, con il mento proprio sopra l'attaccatura dei capelli. Serrò le palpebre e si portò il braccio davanti al viso, ma era una barriera inefficace contro la luce del sole mattutino. Si districò dall'abbraccio del suo amico e, piano, spostandosi con attenzione, riuscì ad alzarsi.
I bracieri che la sera prima sostenevano in aria la teiera si erano ridotti a una montagnetta di cenere uguale a quella che anneriva il fondo del focolare. Melwen prese le tazze e si avviò verso la cucina.
Si accorse di non essere l'unica sveglia quando vide che la porta era socchiusa. Riconobbe anche la voce di Eogann che canticchiava a bassa voce. Curiosa, si appoggiò con la schiena allo stipite per ascoltare meglio le parole.
 
C'eran tre corvi all'angolo,
neri, brutti e tetri.
Uno disse all'altro:
- Ho fame, cosa mangiamo? -
Basilico, cannella e quadrifoglio.
 
- Laggiù c'è un gran campo di
bacche, funghi e grano.
Orsù, andiamo!
Il contadino se n'è andato. -
Basilico, cannella e quadrifoglio.
 
Volaron con foga nel blu
frecce veloci e rapide.
Giunsero là tutti assieme,
tra gli arbusti e le fronde inquiete.
Basilico, cannella e quadrifoglio.
 
Eogann si interruppe. Melwen non ebbe il tempo di reagire, che la testa dell'uomo sbucò oltre la porta. I suoi capelli non avevano visto un pettine dalla sera prima, eppure c'era un che di ordinato in quelle ciocche castane che gli ricadevano sulla fronte alta, appena solcate dalle rughe. Alle sue spalle, il fischio acuto della teiera sul fuoco sprigionò il profumo di rosmarino e finocchio.
- Il letto non era abbastanza comodo? - le chiese con un sorriso.
Melwen intrecciò le dita dietro la schiena. Zefiro ancora dormiva beato e lei si sentiva messa all'angolo. E non aveva alcuna contromossa pronta.
- Non sono arrabbiato. Anzi, sono dispiaciuto più che altro: è vero, quelli sono i letti dei miei figli e sono un po' vecchi, ma non credevo fossero così vecchi. - scosse la testa e si passò la mano tra la barba ispida e ribelle, - Ti ricordi dove sono le posate? -
La bambina annuì incerta.
- Prendi anche la tovaglia dal primo cassetto dall'alto, va bene? -
Melwen capì che non era una vera domanda quando Eogann le diede le spalle e tornò in cucina. Lo osservò armeggiare con i cesti di erbe, mentre girava come una trottola aprendo le ante dei pensili ed estraendo barattoli di marmellata, pane, burro e altre leccornie, che ricordarono a Melwen quanta fame avesse. Nonostante il borbottio allo stomaco, rimase imbambolata a fissarlo, avvinta da quella dimostrazione di vitalità mattiniera.
Si coprì la bocca con la mano per nascondere uno sbadiglio e si accostò alla cassettiera. Prese la prima tovaglia che le capitò sotto mano, una di cotone leggera con il bordo ornato con dei ciclamini, e si avvicinò al tavolo. La collinetta di cenere era ancora lì e pareva sfidarla a toglierla.
- Ah! Giusto, mi era passato di mente. -
La risata prorompente di Eogann si addolcì nelle parole di una formula magica. Il cumulo si alzò, compatto, e una bava di vento lo mise alla porta – anzi, alla finestra, mentre un panno schizzato fuori dalla cucina strofinava via gli ultimi residui.
- Sto davvero vedendo un panno che si muove da solo? -
Melwen si girò, trovandosi faccia a faccia con Zefiro. Aveva ancora un occhio a mezz'asta e l'altro non del tutto aperto, ma aveva riacquistato un po' di colorito, soprattutto sulle guance. Un po' lo invidiava: gli era bastata una sola notte di sonno e il suo corpo già si stava riprendendo.
- Eogann è un mago proprio come mio padre. - gli ricordò mentre stendeva la tovaglia.
Zefiro si stropicciò più volte gli occhi prima di rispondere.
- Sono cose che non si vedono proprio tutti i giorni, cerca di capirmi. - intrecciò le dita e sollevò le braccia, facendo scrocchiare braccia e spalle, - Posso aiutare in qualche modo? -
- Sì, prendi le posate. Ho una gran fame. -
Quando finì di dirlo si rese conto che era vero, che quel brontolio non era dettato solo da un bisogno fisico, ma da una piacevole voglia di assaporare ciò che Eogann aveva da offrire.
"Non sono più nemmeno stanca."
La camicia era un po' umida sulla schiena e sotto le ascelle e i capelli li sentiva pesanti e unti, ma non c'era traccia della sfibrante stanchezza del giorno precedente. Anche la pelle era fresca e la sua biblioteca mentale era in ordine: pensare con lucidità le era di nuovo possibile.
Zefiro la raggiunse in contemporanea a Eogann. Il bambino si bloccò a bocca aperta, mentre la teiera, il centrino, i barattoli di marmellata e le tazze si disponevano da sole dove ci si sarebbe aspettato di trovarle in una tavola imbandita per la colazione.
- Non ti stupire troppo. Sono solo trucchetti. - lo prese in giro Eogann, depositando un quarto di torta sul tagliere.
Come se non avessero atteso altro, Myria e Nyi fecero il loro ingresso nella stanza. Loro, a differenza di Eogann, si erano presi il tempo per sistemarsi prima di presentarsi per la colazione. A Melwen faceva uno strano effetto vederli di nuovo puliti, senza più i vestiti laceri addosso. Le sembrava fosse passato un secolo da quando avevano fatto colazione in una casa vera.
- Sedetevi e mangiate quello che volete senza fare complimenti. C'è cibo per tutti. -
Eogann finì di accendere gli incensi sulla mensola davanti al tavolo e prese posto a capotavola. Come per dare l'esempio, fu il primo a servirsi: prese una fetta di pane caldo e la spalmò con burro e marmellata di albicocche.
Nyi fu il secondo a sedersi. A differenza loro, sembrava perfettamente a suo agio, come se quel trattamento di cortesia gli fosse dovuto. Melwen aveva avuto modo di notarlo anche il giorno prima che non mostrava alcun imbarazzo a mangiare al tavolo di un amico che non vedeva da anni.
"Conoscente. Eogann era amico di mio padre."
Myria sospinse sia lei che Zefiro verso due sedie vicine, mentre lei prese posto dall'altra parte del tavolo, di fronte al padrone di casa. Anche lei ancora esitava, ma poi quando vide suo figlio allungare la mano per prendere una fetta di torta, mise da parte ogni indugio e si servì a sua volta.
- Ne taglio una fetta anche per te? -
Melwen annuì.
- È una torta ai ceci dolce. È dell'altro ieri, ma dovrebbe essere ancora buona. - la informò Eogann, - Se non ti piacesse, non ti crucciare, non sono un uomo che si offende per certe cose. -
Sorrise e si versò il tè. Il grosso medaglione d'argento che portava al collo scivolò lungo il petto, arrivando a toccare il tavolo con un tonfo.
Melwen trattenne lo sguardo su di lui ancora un poco, poi tornò a rivolgere le sue attenzioni alla fetta di pane intrisa di marmellata. Le era parso di vedere un'ombra nello sguardo di Eogann, la stessa oscurità liquida che gli aveva velato gli occhi quando Nyi gli aveva riferito quanto accaduto ad Alabastria. E mentre il suo maestro snocciolava i fatti come se stesse leggendo una lista della spesa, Eogann lo aveva ascoltato con espressione cupa. La presa attorno al medaglione si era fatta più stretta nel momento in cui Nyi gli aveva spiegato perché Melwen era lì e non a Luthien, con suo padre e la sua famiglia. Nel salotto pervaso dal profumo degli incensi, mentre il fumo si innalzava verso il soffitto, le parole si erano incuneate in profondità, fino a ferire l'anima.
- … sa più giusta. -
Melwen alzò la testa dal piatto e si girò verso Nyi. Non si era rivolto a lei, ma dal modo in cui guardava Eogann era chiaro che ci fosse una conversazione in atto. Myria si era stretta nelle spalle e teneva la tazza fumante vicino alle labbra, Zefiro aveva appoggiato la guancia contro il pugno chiuso e il suo maestro aveva la destra aperta protesa verso il padrone di casa.
- Indubbiamente. - concordò Eogann e zuccherò ulteriormente il suo tè, - Potete rimanere quanto volete. So che preferite partire al più presto, ma... -
- Eogann, Copernico era un mago molto più potente di te ed è morto. Credi davvero di poterci proteggere? - lo sguardo di Nyi era eloquente, - Più rimaniamo qui, più ti mettiamo in pericolo. Se è vero che stanno cercando Melwen, l'unica cosa che possiamo fare è rifugiarci alla capitale. Lì sarà al sicuro. -
Le rughe sulla fronte di Eogann divennero più profonde. Prese la tazza con entrambe le mani e se la portò alle labbra, senza però inclinarla per bere.
- Allora ripartirete tra tre giorni. -
- Sì, è la cosa migliore per tutti quanti. -
- Bene, fino ad allora però risparmiate le forze. Soprattutto tu, Nyi. - gli lanciò un'occhiata in tralice e poi si alzò, - Voi finite pure di fare colazione. Io intanto vado a rafforzare le barriere magiche attorno alla casa. -
Si congedò con un saluto militare e uscì senza aggiungere altro. Myria scosse la testa e storse le labbra in una smorfia di biasimo che non sfuggì a nessuno, nemmeno a Nyi.
- È per il suo bene. Prima ce ne andiamo, meglio è. - ripeté senza scomporsi e afferrò un biscotto dalla ciotola.
- Sei stato sgarbato. -
- Sono stato chiaro, è diverso. Copernico era un grande mago, un Arcanes come non ne avevo mai conosciuti. Lui ci sa fare, ma nemmeno prima di abbandonare gli studi poteva vantare la sua stessa bravura. Perciò preferisco che non si faccia false speranze: ripagherò la sua gentilezza, un giorno, ma non può e non deve seguirci o fare più del necessario. - si pulì una macchia di cioccolato all'angolo della bocca, - Se rimaniamo troppo, esponiamo non solo lui, ma anche tutta la sua famiglia. E voi non volete che, tornando, sua moglie e i suoi due figli trovino un cadavere o gli dei soli sanno cosa, giusto? -
Mirya assentì, anche se non si tolse dalle labbra la smorfia di sdegno. Si rivolse a Melwen con una voce molto più dura di quello che lei si aspettasse, facendola sobbalzare.
- Avete bisogno di un bagno, voi due. - sancì.
- Fa' prima Melwen, io mi occupo di prendere e scaldare l'acqua. - si propose in fretta Zefiro.
Non servì che dicesse altro. Melwen si alzò e subito si defilarono.
Il bagno era una stanza piccola, ancora impregnata di vapore. Piccole gocce d'umidità scivolavano lungo la superficie dello specchio senza cornice. Due asciugamani erano stesi su un appendiabiti, mentre un altro paio era impilato su una sedia vicino alla vasca.
- Sicuro che possa fare prima io? - chiese incerta Melwen.
- Sì. E poi a me non pesa sciacquarmi con l'acqua fredda. -
Zefiro si chiuse la porta alle spalle e fece avanti a indietro dal pozzo di fianco alla casa un po' di volte prima di riempire la vasca. All'ultimo giro, tornò con una tunica in velluto arancio a maniche lunghe.
- Te la manda Eogann. - le riferì, per poi lasciarla sola.
Melwen si crogiolò a lungo nell'acqua calda. Eogann aveva a lasciato a disposizione sul lavandino diverse boccette e piccole ciotole di terracotta con creme dai colori più intensi e disparati. Ne raccolse una all'essenza di limone, con la quale si massaggiò i capelli e si strofinò vigorosamente braccia e gambe. Si abbandonò contro il bordo della vasca finché le dita non diventarono rugose e il calore era quasi completamente evaporato. L'acqua che lasciò era più scura e torbida di quella di una palude.
Quando si fu completamente asciugata, alzò lo sguardo e scorse nello specchio un viso che, per un momento, la spaventò. Erano passati pochi giorni dalla partenza da Alabastria, eppure l'impressione era che fossero fuggiti per mesi. Il viso era più magro, le guance meno piene e le braccia più sottili. L'abito era lente in alcuni punti, e il tessuto ricadeva in una piega informe e sgraziata. L'efedra e la tensione della fuga avevano lasciato segni visibili, molto più di quanto si aspettasse.
"Se mio padre mi vedesse ora, cosa penserebbe?"
Non era sicura di voler sapere la risposta. Anche solo il sentore che avrebbe potuto guardarla con pietà, come un animale ferito e braccato, le faceva male.
Quando uscì, trovò Zefiro ad aspettarla, seduto sullo sgabello vicino alle scale che scendevano di sotto. Melwen gli sorrise e gli promise di aspettarlo in salotto.
La tavola di cucina era di nuovo in ordine. Per terra non c'era traccia di alcuna briciola. La bambina sbirciò tra i titoli dei libri sulla mensola, senza trovare niente di interessante: aveva voglia di qualcosa di più coinvolgente, che catalizzasse ogni suo pensiero e un trattato sulle piante curative, per quanto accurato ed esaustivo, non era ciò che le serviva.
- Tieni. -
Nyi la sorprese alle spalle, silenzioso come un gatto.
- Quando siamo fuggiti da Alabastria, me lo hai affidato. - le disse aprendo il libro e sfogliò rapidamente le pagine, - Non so cosa ci trovi d'interessante, ma sembra importante per te. -
Melwen lo prese e accarezzò la copertina. I bordi erano appena bruciacchiati, ma a parte quello era intonso.
- Grazie. -
- Di nulla. - si passò una mano tra i capelli biondi e si coprì la bocca quando sbadigliò, - Vado a riposare un po'. Quello che Eogann ha detto a me, vale anche per te: non sforzarti. Se senti tornare il mal di testa, fermati e chiedigli di farti una delle sue tisane. L'efedra ci ha resi forti, ma ha delle brutte controindicazioni. -
- Lo farò. -
Quando udì la porta della stanza di Nyi chiudersi, Melwen prese posto a tavola e aprì il libro. Pronunciò le parole magiche a bassa voce e sotto la sua mano si disegnò il profilo luminoso della mappa di Asiria. Una fitta alla tempia le riempì la vista di puntini colorati e un senso di nausea violento le arpionò lo stomaco subito dopo. Melwen ringraziò di essere seduta, certa che se fosse stata in piedi sarebbe crollata. Dovette attendere alcuni istanti con la testa sprofondata nelle mani e gli occhi chiusi prima di appuntare di nuovo lo sguardo sulla mappa. Era come la ricordava, con il profilo delle montagne a est che avvolgevano la terra come una corona e il fiume Aniene che si districava tra foreste, pianure e colline.
Si rimise in piedi e spostò i libri sulla mensola finché non trovò, infilati in un saggio sulle tecniche di erboristeria, delle pergamene bianche. Ne prese una e andò al camino, dove aveva visto dei carboncini colorati. La lastra che chiudeva la scatola di legno lasciava in mostra quello verde e quello azzurro, entrambi ridotti a un moncherino non più grosso di una falange. Melwen controllò anche gli altri e, alla fine, scelse quello marrone, l'unico che aveva ancora delle dimensioni accettabili.
Quando tornò al tavolo, cominciò a copiare ciò che poteva, cercando di mantenere il più possibile le proporzioni. Non era mai stata molto edotta nel disegno, ma si impegnò per riportare su carta una mappa dettagliata. Se, come sospettava, era importante, non poteva continuare a usare la magia per vederla. Era essenziale che la potesse avere sott'occhio quando avesse voluto.
Quando Zefiro la raggiunse, non si accorse della sua presenza finché non alzò la testa e lo scoprì che sfogliava un libro, uno dei tanti manuali della biblioteca personale di Eogann. Si scambiarono un'occhiata complice, poi lei si rimise al lavoro. Soltanto quando ebbe completato la mappa, si concesse una pausa. Aveva la testa pesante e la stanza girava attorno a lei.
- Melwen? Ti senti bene? -
Zefiro le si fece subito vicino e le prese la mano sinistra, quella tutta macchiata d'inchiostro, tra le proprie.
- No... non così tanto. - mentì, anche se il tono lamentoso tradiva il suo vero stato d'animo.
- Vado a chiamare Eogann, se vuoi. -
- Non è niente, non disturbarlo. Basta che mi riposi un attimo e tra poco mi passerà. -
- E se peggiora? -
- Non accadrà. -
Non era stata molto persuasiva, ma Zefiro si risedette. La tenne sott'occhio, preoccupato e teso come una corda di violino, senza proferire nemmeno una parola di biasimo o rimprovero. Così, come quando l'aveva vista usare la magia per richiamare la mappa, anche in quel momento si limitò a rimanerle accanto.
- Riponi troppa fiducia in me. - gli disse quando si assicurò di essere tornata sulla terra ferma.
- Devo. Tanto lo so che se quando ti impunti, non posso far nulla per farti desistere. -
Melwen annuì piano e si abbandonò contro lo schienale della sedia.
Quando Eogann rientrò, un'ora o forse due dopo, si sentiva decisamente meglio. Zefiro l'anticipò e corse subito ad aiutare il mago, caricandosi le braccia con verdure. Melwen lo guardò in cagnesco quando le passò accanto, ma il suo amico le mise una patata in mano e andò in cucina.
- Hai una brutta cera, Melwen. Vuoi che ti faccia una tisana? -
- Mi gira solo un po' la testa, nulla di che. -
- Ne sei sicura? Non devi fare complimenti, lo sai. -
- Allora... penso che approfitterò della tua gentilezza. -
Eogann le sorrise soddisfatto e iniziò a tagliare un cespo di erbette con le foglie simili ad aghi. Senza che gli dicesse nulla, Zefiro scattò fuori per andare a prendere l'acqua al pozzo.
- La tisana che ti farò sarà al serpillo, tiglio e fiori d'arancio, la preferita di mio figlio Yezh. Anche lui soffre spesso di emicranie, soprattutto dopo lo studio. - scosse la testa e si passò una mano sulla fronte, - Quel ragazzo è uno stacanovista, altroché. -
- Anche lui è un mago? -
- Sì e se si mette d'impegno, diventerà molto, molto più bravo del sottoscritto. Ciara somiglia un po' di più a me alla sua età. Ha il talento, ma non sembra interessata ad affinarlo. Sua madre ha insistito per portarla con sé per farle fare quattro chiacchiere con sua nonna. Chissà, magari mia suocera riuscirà a convincerla. -
Zefiro rientrò con il secchio riempito fino a metà. Con un cenno, Eogann gli indicò di appoggiarlo vicino all'ampia finestra alla sua sinistra, quella che aggettava sull'orto.
- Dubito che quei due si sveglieranno. Avete fame? Volete che prepari qualcosa per pranzo? -
- Io sono a posto così. -
- Anche io. - si accodò Melwen.
- Allora farete una merenda più sostanziosa. -
Mosse l'indice dal basso verso l'alto e un nastro d'acqua riempì il pentolino. Il fuoco si accese la carbonella sotto il fornello.
Sentendosi di troppo, la bambina capì che l'unica cosa che potesse fare era dare meno fastidio possibile. La stanza era di per sé piccola e c'era già Zefiro che stava aiutando Eogann a pulire la verdura. Si sedette su un basso sgabello con le mani tra le gambe.
- Grazie per il vestito. -
- E di che? A Ciara non va più e sono abbastanza sicuro che non avrebbe fatto tante storie a dartelo. - si fermò e un brivido, o almeno quello che agli occhi di Melwen sembrava un brivido, gli scosse le spalle, - E poi è il minimo che possa fare per la figlia di uno dei miei amici più cari. -
Eccolo, il momento che Melwen temeva di più.
- Era venuto qui prima di... prima che Uborh lo prendesse con sé. Era da una vita che non ci vedevamo e io gli ho offerto il mio mirto migliore. Abbiamo parlato dei nostri figli, degli ultimi avvenimenti, di quanto il tempo fosse instabile. Abbiamo concordato nell'affermare che quel fenomeno era imputabile all'esplosione di Llanowar. Poi mi ha dato un frammento di un cristallo. Anche lì, abbiamo concordato che fosse un catalizzatore e che fosse la minima parte di qualcosa di più grande. Non sapevamo però di cosa. Così ci siamo lanciati in teorie. Io ero un mago mediocre rispetto a lui, ma Copernico era una mente dispersiva e io ero le radici che lo obbligavano a rimanere a terra. -
Melwen ricordò. La sera prima della partenza per Alcarin, suo padre era venuto a darle il bacio della buonanotte. Le aveva promesso che uno di quei giorni l'avrebbe accompagnata alla festa in paese. Era stata l'ultima volta che lo aveva visto.
- Avete capito cos'era, alla fine? -
- No, solo quello che ti ho detto. Si è teletrasportato in città senza dirmi nulla, portando con sé il cristallo. Solo quando si è diffusa la voce che Luthien era stata distrutta ho capito perché se n'era andato senza salutare. - pulì il coltello con un panno e mise nel pentolino le erbe tagliate, - Mi dispiace, Melwen. Ho pensato per giorni di venire a cercarti, ma dovevo occuparmi della mia famiglia. E quando ho provato a cercarti con la magia, c'era un'interferenza tale da annullare qualsiasi tentativo. -
- Non è colpa tua... lo capisco. Hai fatto la cosa giusta. - rispose Melwen con un fil di voce.
Eogann si inginocchiò e si lavò le mani, tenendo lo sguardo basso. Zefiro restò di spalle e si spostò di lato, più lontano, forse per lasciar loro un po' di privacy.
- Non ricordo quanto zucchero debba aggiungere. Vado a prendere il libro di là. - borbottò Eogann e uscì dalla cucina.
Melwen fissò la schiena di Zefiro e i movimenti delle sue dita mentre si occupava di togliere le cimette da un cavolo. Non sapeva cosa fare. Si sentiva leggera, quasi avesse le ossa cave e i muscoli ridotti a una sottile fila di fibre atrofizzate. Era come se la pesantezza del suo essere si fosse estinta nel vapore dell'acqua che bolliva e nelle nuvole calde che salivano verso il soffitto, lasciandola con un'insostenibile debolezza. Stava sprofondando in quel torpore simile al sonno che le ottenebrava i sensi e la dissanguava da ogni sensazione. Quell'assenza era il massimo a cui la sua anima potesse aspirare.
- Questa l'hai fatta tu, Melwen? -
Girò la testa verso la mappa che Eogann teneva in mano.
- È venuta peggio di quello che mi aspettassi. - commentò stancamente.
- Manca solo un po' di proporzioni. - la girò e la allontanò dal viso, - L'hai copiata da quel libro in soggiorno? -
La bambina fece segno di sì con la testa. Eogann rimase sovrappensiero a studiare la pergamena, finché il ribollire dell'acqua non richiamò la sua attenzione. Spense il fuoco con un gesto svogliato della mano e versò la tisana nella tazza.
- Posso tenerla per stasera? -
- Solo la mappa, il libro lascialo. -
- D'accordo, vado a posarla nel mio studio. - disse, poi arrotolò la pergamena e poi uscì.
Il resto della giornata si trascinò. Melwen fece visita a Raiza e gli portò da mangiare dello stufato avanzato dalla sera precedente. Il Lycos le lanciò una lunga occhiata quando la vide entrare nella stalla e si prestò a farsi ad accarezzare. In mezzo agli sparuti fili di fieno, con le lame di luce polverose che rischiavano quello stanzone così grande e vuoto, spiccava come la piuma di un cigno nero su un lenzuolo stracciato. Non le disse nulla, si limitò a lanciarle qualche occhiata tra un morso e l'altro. Dopo essere tornato dall'ispezione notturna della foresta di Lagrande le sembrava più tranquillo, anche se spesso, quando il vento si sgusciava sotto la porta, alzava il muso per captarne gli odori.
Zefiro provò a insegnarle a giocare a dama, ma il cervello do Melwen era troppo intorpidito. Riuscì a vincere soltanto due volte sulle dieci partite che fecero, e solo perché l'amico decise di concederle la vittoria. Ma alla fine non le importava. Non c'era spazio in quel nulla troppo pieno.
A cena, Myria e Nyi mangiarono con loro la zuppa di ceci e le polpette di cavolfiore. La conversazione si arenò spesso e non sempre la madre di Zefiro riuscì a salvarla da un naufragio certo. Fu un sollievo quando finirono anche le ultime fette della torta della mattina e tornarono tutti nelle loro stanze.
- Dove vuoi dormire stanotte? - le chiese Zefiro quando si trovarono da soli.
Melwen osservò la stanza. I due letti erano sfatti e le coperte toccavano con i lembi il pavimento. Le dava l'idea di un ambiente dimenticato, abbandonato a se stesso. Non avrebbe dovuto, ma quell'apparente incuria le comprimeva la cassa toracica.
- Stiamo qui. - decise, sedendosi sul materasso freddo.
Zefiro si morse la lingua, trattenendo qualsiasi cosa volesse dire.
- Va bene. Se ti senti male o hai qualche incubo, svegliami. -
Melwen gli fu grata per la sua comprensione, per quel silenzio che condividevano che la faceva sentire in pace con se stessa. Durante la notte gli prese la mano e se la portò al viso. Non c'era segreto che li potesse separare.

Angolo Autrice:

Hello folks!
Si procede a spron battuto qui u.u eh, eh, eh, pian piano ci avviamo verso la fine anche di questo secondo volume. Comunque, non so se avete notato ma siamo arrivati a ben 100 recensioni! Quindi, da ora fino al 18 avete tempo per o iscrivervi al giveaway sulla pagina oppure scrivermi in privato e confermarmi che siete ancora interessati u.u Come sempre QUI c'è il link alla mia pagina autrice. Un bacione e grazie mille a tutti!
Hime

  
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