Disclaimer: Questi
personaggi non mi appartengono, sono stati scritti da J.R.R. Tolkien e
messi sul grande schermo da Peter Jackson; questa storia è
stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
Ringraziamenti: Ringrazio
tantissimo la mia beta, che ha letto e ha corretto gli orrori della
fanfic (trovandala anche carina a detta sua!); grazie mille evelyn,
per tutto... Se non vi siete letti ancora la sua fanfic, su andatelo a
fare. Un ringraziamento infine va a tumblr per le gif a inizio
capitolo...
Buona
lettura.
Capitolo VIII
“Legolas,
cos’è questo canto?” domandò
Samvise Gamgee quella sera mentre era disteso a terra accanto a un
albero.
Gli hobbit non se l'erano sentita di salire sugli alberi: per quanto
fossero buoni scalatori odiavano stare in alto e quindi avevano
preferito rimanere sulla morbida e sicura terra. I
compagni avevano acconsentito a tale richiesta, preferendo stare tutti
insieme piuttosto che dividersi, compresi Indil e Legolas che avrebbero
benissimo potuto salire con gli altri elfi sui flet.
Legolas guardò lo hobbit e sospirò.
“È un canto d’addio a Gandalf, ma non me
la sento di tradurlo. Troppo è il mio dolore”
disse e Sam si trovò ad annuire.
“Non vi saranno sicuramente versi sui suoi fuochi
artificiali.” Il figlio del Gaffiere si alzò in
piedi cominciando a declamare una poesia ma poi, rendendosi conto che
non era come se l’era immaginata, sbuffò
arrendendosi e tornò a sedersi vicino a Frodo.
Aragorn,
che stava vicino a Boromir, si alzò per accostarsi a Legolas.
“Ti posso parlare un istante?” domandò
all’elfo che annuì, incamminandosi con
l’amico a fianco.
Aragorn osservò il profilo di Legolas mentre si fermavano in
uno spazio poco distante dagli altri compagni.
“Ti vedo turbato, amico mio” pronunciò
l’uomo in elfico, e Legolas piano annuì.
“Vedo che anche tu provi pena, Aragorn. Non nascondermi i
tuoi pensieri, non a me.”
Aragorn lo fissò, fissò lo sguardo serio di
Legolas, il suo corpo e i suoi vestiti: l’elfo si era
cambiato preferendo abiti appropriati alla bellezza di Lorien, e quindi
indossava una tunica argentata che lo faceva risplendere come una
stella.
Preferì dirgli la verità piuttosto che ricorrere
al mutismo che aleggiava fra di loro ultimamente, così
l’uomo parlò: “Vi è un peso
nel mio cuore da quando siamo partiti da Gran Burrone, dove sentii una
profezia che mi riguardava. -
Trova l’amore e la spada che fu spezzata arriverà
a te -. Ma in questi tempi, amico mio, dove
troverò l’amore?”. Si interruppe come a
cercare le parole e il cuore di Legolas si spezzò. Amore? Il
suo amico voleva trovare l’amore?
“Ho perduto Arwen, lei non ce l’ha fatta a stare al
mio fianco, e io ho paura di non riuscire a trovare la forza
per… prendere la spada” continuò il
ramingo interrompendosi, il fiato spezzato e il volto fiero e stanco.
Legolas si avvicinò all’amico e gli prese le mani
fissandolo negli occhi. “C’è
già chi ti ama, Aragorn, chi ti ama di un sentimento
più forte dell'amicizia.” Deglutì e
posò la sua bocca su quella dell’amico.
Fu solo uno sfiorarsi di labbra, ma che bastò ad Aragorn.
Capì che l’Elfo l’amava.
Quando Legolas si staccò dall’uomo, lo
fissò. Non sembrava disgustato, ma solo sorpreso da tal
gesto.
Anche Legolas era meravigliato di se stesso: il tutto era avvenuto
senza pensieri, non era da lui fare una cosa così
irriflessiva.
Il successivo passo di Aragorn, però, lo lasciò
senza parole. L’uomo lo prese per la nuca e lo sospinse
contro un albero, dove ricambiò con passione il bacio che
gli aveva dato. Legolas aveva avuto diversi amanti, ma quel bacio fu di
gran lunga diverso da ogni altro che avesse mai
ricevuto, e per lui significò tutto.
Aragorn si staccò e lo fissò negli occhi, gli
accarezzò la pelle candida del volto. “Non vorrei
mai farti del male, Legolas” pronunciò con voce
tetra.
“Aragorn, sono stato io ad agire impulsivamente, non posso
negarlo. Pensaci, non voglio costringerti.” Scappò
via lontano da Aragorn, lasciandolo senza che potesse dargli una
risposta, senza che riuscisse a recriminare.
I piedi di
Legolas corsero veloci, e fu quando si rese conto di trovarsi davanti
all’Argentaroggia che il giovane principe si
spogliò: si tolse la casacca argentata e i pantaloni
rivelando un fisico asciutto e scattante, si
sciolse le trecce permettendo ai capelli di correre liberamente sulla
schiena e sul viso, quindi si immerse piano piano nel fiume,
maledicendosi per la troppa impulsività che aveva avuto con
Aragorn.
Sicuramente l’aveva spaventato e magari l'aveva anche
disgustato. Un conto era il rapporto tra due elfi maschi, un altro
quello tra due uomini; l’elfo sapeva ciò che il
popolo di Aragorn pensava riguardo a due uomini che si baciavano, e non
erano affatto bei pensieri.
Era da un po’ che si stava lasciando andare nell'acqua quando
notò due occhi vitrei fissarlo da dietro delle fronde.
Legolas sussultò e rimase acquattato nell’acqua
perché aveva riconosciuto la creatura cui appartenevano:
Gollum. Non appena l’altro se ne fu andato, l’elfo
uscì dall’acqua pensieroso.
Avrebbe dovuto ucciderlo, sì, lo sapeva bene, ma le parole
di Gandalf al consiglio l’avevano fermato dal prendere i
coltelli posati sopra ai suoi vestiti. ‘Egli potrà
avere un compito.’ Così aveva detto lo Stregone
Grigio al consiglio.
“Ah, Mithrandir, se tu fossi qui”
bisbigliò il principe mentre si rivestiva. Tornò
indietro camminando piano. Appena fu dal resto della compagnia vide
Aragorn che stava riposando e ne studiò dolcemente il bel
profilo.
Si
sedette accanto a Gimli.
“Tutto bene?” domandò il nano fissando
l’elfo sorpreso: non avevano mai scambiato tante parole,
eppure il principino gli era stato vicino a Moria, quando aveva
scoperto cos’era successo alla sua famiglia. “Non
ho voglia di parlare, Gimli” fu la risposta di Legolas e il
nano annuì, prendendo una boccata di fumo dalla pipa.
“Devo ammettere che avevi ragione, Legolas: qui si sta molto
bene. E per di più la regina è una donna
bellissima” annunciò il nano stiracchiandosi e
facendo ridere l'elfo.
“Credo che tu sia il primo nano che lo
ammetta, Gimli figlio di Gloin, ma purtroppo non è tutto
perfetto: ho visto degli occhi fissarmi mentre ero vicino ai confini.
Occhi appartenenti a una creatura oscura.”
“Perché lo vieni a dire a me, e non ad Aragorn che
potrebbe fare qualcosa?” domandò Gimli.
“Perché so che se lo dicessi a
Aragorn lo ucciderebbe. E Gandalf non vorrebbe” rispose senza
esitazione l’elfo.
Il nano annuì. “Capisco. Se è
così, manterrò il tuo segreto.” Legolas
fece un cenno affermativo con il capo, cercando al contempo sua sorella
con lo sguardo. La vide che parlottava con Boromir poco più
in là e il suo cuore si fece cupo: anche sua sorella si
stava avvicinando a un uomo, e lui ne era spaventato.
***
“Ti
vedo turbato, amico mio. Dimmi: a cosa pensi?” chiese Indil a
Boromir, sedendosi dove poco prima stava Aragorn.
Aveva notato che suo fratello e l’uomo erano andati via
insieme e non sapeva se esserne turbata oppure felice.
Era da tanto tempo che Legolas non si confidava con Aragorn, ed aveva
paura che il confronto potesse in qualche modo ferirlo.
“Sono turbato per il mio popolo, Indil, come sempre. Sono un
capitano e non sto facendo nulla per impedire la guerra.”
Indil riportò lo sguardo sull’uomo e
provò grande pena per lui. “La dama mi ha
sussurrato nella mente che cose straordinarie, per il bene, dovranno
accadere. Ma fra quanto? Gandalf, la nostra speranza, è
morto e io sono qui a portare un essere debole come il
mezz’uomo verso la rovina. Dovrei strappargli
l’anello e portarlo a mio padre” si
sfogò amaramente l’uomo. A quel punto, Indil
appoggiò la mano sul braccio di Boromir, facendolo calmare.
“Frodo riuscirà nella sua impresa, Boromir, e tu
tornerai a casa. Le guardie della bianca torre ruggiranno: -
è tornato Boromir, il nostro capitano-”. Si
fermò sorridendo: Boromir le aveva parlato, a Gran Burrone,
della Bianca Torre di Ecthelion che brillava come una lancia di perle e
d’argento. “Anzi, vi torneremo insieme. Te lo
prometto” aggiunse fiduciosa.
Gli occhi di Boromir si fecero meno scuri e sorrise, mentre notava
Aragorn che tornava dalla passeggiata con Legolas. Scambiò
uno sguardo con Indil e la vide inquieta, ma l’elfa rimase al
suo fianco, mentre Aragorn si andava a sedere vicino a lui
“Ho sentito che stavate
parlando della tua città. Ho visto Minas Tirith, tempo
fa” pronunciò l’uomo e Boromir sorrise.
“Un
giorno, le nostre vie ci condurranno lì. E la guardia della
torre leverà il grido: -I signori di Gondor sono tornati!-”
pronunciò il capitano di Gondor guardando con orgoglio verso
Aragorn, e Indil
fece un sorrisetto beandosi dell’unione ritrovata fra i due
uomini.
Aragorn fece un sorriso e annuì, sperando che potesse essere come diceva Boromir.
“Mi andrò a distendere. Un po’ di riposo
non può che farmi bene” annunciò il
ramingo allontanandosi da loro. Poco dopo si addormentò
accanto a un albero lasciando che Indil e Boromir continuassero a
discutere di vittorie e di battaglie.
***
Il
sonno di Frodo era inquieto. Incubi dimoravano nella mente dello
hobbit: c’era un oscuro signore sul trono del mondo e la
Contea era distrutta; casa Baggins era crollata e dentro vi erano i
cadaveri delle persone a lui care.
“Frodo, Frodo, desidero
parlarti.” Frodo
si svegliò di soprassalto e si voltò verso la
voce che aveva parlato: alle sue spalle la Dama Bianca si stagliava
alta e bella e sorrideva, un sorriso dolce.
“Vieni con me, Frodo Baggins” furono le
parole dell’elfa e Frodo seguì Dama Galadriel.
L’avrebbe seguita ovunque.
Non vi staremo a raccontare ciò che Frodo vide nello
specchio, né le parole usate da Dama Galadriel, in quanto
molti altri hanno già raccontato al meglio
quest’avventura.
Vi basti sapere che il mezz’uomo tornò molto
cambiato da ciò che vide e con speranza in più di
riuscire a fare qualcosa, e che la bianca Dama sarebbe presto partita
per Valinor lasciando quelle terre nelle mani degli uomini.
E finalmente ci siamo: i due