Storie originali > Commedia
Segui la storia  |       
Autore: MagikaMemy    29/06/2009    3 recensioni
Il mio sguardo si sposta involontariamente su Alessio, che sogghigna di nuovo. …dovrò sopportarlo per tre mesi?! MA STIAMO SCHERZANDO??? Ok, ok, cerchiamo di stare calme. In fondo, non è nulla di grave. A tutto c’è una soluzione. Per il momento, devo guardare il lato positivo della cosa….qual’è???? Ah, ecco, sì trovato….non può andarmi peggio di così, no? “Emh…Andrea?” “Dimmi, Piper!” “…hai le mie mutande in testa.”
Genere: Generale, Romantico, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Episodio 1: Fire! Inizia l’estate! E un flash infiamma il mio cuore di ragazza!

Diario di bordo del 12 Luglio 2008.

Scritto da Andrea Santi, ovvero la protagonista della storia, ovvero la sottoscritta…cioè, io.

Stamattina il nostro gallo spelacchiato, Elvis, si è messo a cantare mezz’ora prima del solito.

Naturalmente, il mio udito non è stato neanche lontanamente interessato alla cosa (o meglio, ha finto di non esserlo), e con codesta scusa ho rituffato la testaccia sul cuscino, sprofondando nuovamente nel mio sogno semi-erotico, che adesso eviterò di raccontare datasi la tenera età della maggior parte di voi poveri lettori.

Verso le sette e mezza, però, la vocina megafonata di mia madre, più spaccatimpani di un dolby-surround, mi ha leggiadramente ricordato che entro l’ ora di pranzo sarebbero arrivate tre famiglie, due coppie e lo zio Giacomo, il barboso fratello di papà, con il quale condivide l’unico neurone che la nonna è riuscita a donare ai suoi due figlioli e la patetica voglia di fare le cose che quelli della loro età non fanno.

In tutto ciò, io dovevo ancora rifare i letti, lavare per terra, stendere il bucato, dar da mangiare ai pesci e pulire il cane.

Costatando che la lista era leggermente piena, mi sono auto-costretta a dire addio al mio lettuccio adorato per immergermi nel fantastico mondo delle faccende domestiche.

Ho fatto colazione molto in fretta – il rischio di restarci secca strozzandomi con la merendina è stato più alto del solito, stamane- , ho infilato al volo la mia salopette smessa e mi sono messa al lavoro, con somma gioia ed esuberanza –traduzione: con l’i-pod nelle orecchie.

Bene, ti racconto tutto questo, o stolto lettore, per farti capire come sono arrivata alla situazione attuale, ovvero con i polpacci sporchi di fango e il viso sotto un pesantissimo strato di schiuma, ricavata dallo shampoo per cani.

Oh, quanto amo l’estate.

“Andrea, quando hai finito puoi venire ad aiutarmi nella stalla? Kim è coperta di fieno da capo a piedi.”

Per poco non cado nella bacinella piena di schiuma, mentre con le braccia cerco di tenere fermo Spielberg, un cucciolo di beagle della stazza di un pitbull, che tutto sembra volere tranne che restare qui dentro col pelo bagnato mentre gli altri cuccioli giocano allegramente tra le erbacce del giardino posteriore.

“E’ un cavallo, mamma! Non credo che le dispiaccia molto, sai?” urlo io, con la mia solita femminilità, mentre mi mordo la lingua per non bestemmiare, dato che Spielberg sta cercando in tutti i modi di evadere dalla bacinella.

Chi ha detto che i cani sono i migliori amici degli uomini non ha mai dovuto pulire dodici cuccioli di sei razze diverse più tre incroci nell’arco di ventisette minuti, suppongo.

La voce di mia madre, un po’ alterata da una nota isterica, mi fa gentilmente notare che ‘il fieno non è l’unica cosa di cui la stalla è piena’.

Sospiro, sorbendomi le gocce di schiuma che Spielberg mi ha appena lanciato per sgrullarsi, e lo vedo correre verso gli altri cani.

Nel fango.

Oh, bèh, tecnicamente il mio lavoro l’ho fatto.

Se poi quel demone travestito da beagle è un amante appassionato dei batteri…chi sono io per oppormi al suo amore?

“ANDREEEEAAAA!”

“Arrivo, arrivo! Donna isterica!” sbraito, alzandomi da terra e buttando nel pozzo l’acqua rimasta nel catino.

Mi fermo un attimo per riprendere fiato e rilegarmi i capelli.

Oddio, non ricordo di aver mai avuto tanto caldo in tutta la mia vita.

Senza alcuna voglia, mi avvicino alla stalla, dalla quale arriva un profumo…beh, non proprio gradevole.

“Mamma, hai di nuovo dato i sedativi a Natalie?” chiedo a mia madre, guardandola spalare un po’ di fieno e indicando con l’indice la nostra terza cavalla, bianca, con chiazze marroni sul dorso e qualche problema intestinale.

Mio padre l’ha comprata l’anno scorso alla fiera del paese qui vicino, l’avvenimento più eccitante nell’arco dell’intero anno, assieme alla tombolata di Natale in piazza.

Vi lascio immaginare il tasso di allegria.

Mamma solleva il busto per un attimo e mi guarda come se fossi una cacca che ha appena pestato sul marciapiede della sua vita con il suo nuovo paio di sandali.

“Ok, il fatto è questo, ragazzina: oltre a quelli di oggi, domani arriva un nuovo gruppo di ospiti, e…”

“Ma scusa, le camere non erano piene?” domando, facendo un rapido calcolo mentale.

In tutto, le stanze per i clienti sono quindici: se calcoliamo tutte le famiglie già residenti, dovremo chiamare di corsa una ditta immobiliare.

Forse potremmo mettere dei sacchi a pelo in cortile.

Uao, che genio.

Io e il sarcasmo siamo sempre andati molto d’accordo, c’è da dirlo.

“I Fanetti, i Giorgini e la signora Mariotti vanno via entro oggi pomeriggio. E domani arrivano questi clienti un po’…” alza gli occhi al cielo, cercando una definizione che possa convincermi ad aiutarli.

Ah, beata innocenza materna!

“…particolari.”

Particolari?

PARTICOLARI?!

Mezz’ora per sfornare una parola così banale?

E poi non poteva essere un po’ più concisa?

Ora non so se aspettarmi un branco di scimmie o un gruppo di esseri umani, cavolo!

“…che intendi con ‘particolari’?” chiedo, sillabando l’ultima parola lentamente, come una maestra dell’asilo.

Lei mi osserva come se fossi una ritardata o robe simili.

Dio, che pazienza.

“Intendo dire che non sono ospiti normali. Beh, domani vedrai da te!” esclama, facendomi l’occhiolino –lei sa che io odio coloro che mi fanno l’occhiolino.

E va bene, vorrà dire che fingerò di non essere nervosa e , come al solito, mi limiterò a stare zitta e a spalare cacca.

In fondo, sono solo undici anni che non faccio altro.

Credo di aver sviluppato un certo talento, in tale campo.

..oh, cazzo, sono davvero depressa.

***

“Andrea, passami lo zucchero!”

Lascio perdere le uova che stavo raccogliendo da terra (sono davvero un asso, in cucina…naturalmente, il tono era volutamente sarcastico) e passo la busta di zucchero a mia nonna, che, tutta presa dalla sua nuova torta appena inventata –e, speriamo, commestibile-riprende ad amalgamare l’impasto come se fosse carne da macello.

La fisso per un attimo, continuando a passare lo straccio sul pavimento per togliere le macchie d’uovo.

E’ una donnicciola bassina, un po’ tarchiatella, con i capelli grigi e bianchi cortissimi raccolti in una treccia ispida; cucina con l’energia di una trentenne e ha il cervello di una liceale.

Per la cronaca; lei e il nonno sarebbero, tecnicamente parlando, i legittimi proprietari dell’agriturismo.

E’ a loro che è intestato, in effetti; io, mio padre e mia madre siamo solo i coinquilini, ma dobbiamo regolarmente pagar loro un affitto mensile, ricavato ovviamente dal servizio che offriamo ai clienti.

…ah, dimenticavo.

I mie nonni hanno il potere di litigare ottanta volte al giorno.

Ebbene sì.

Non chiedetemi il perché si siano sposati, rimarrei zitta come un muto e mi volterei per scappare da una domanda così spinosa, della quale nessuno, mio padre compreso, sa darsi la risposta.

Eppure sono marito e moglie da cinquantatre anni, voglio dire, non è mica robetta da poco.

Mah, la mia famiglia è davvero assurda.

“Nonna, si può sapere che stai combinando?!”

“Zitta, sto creando” mi risponde soltanto, senza degnarmi di un’occhiata, concentrata unicamente sulla sua creatura di pasta frolla.

Alzo gli occhi al cielo.

La nonna si è sempre occupata della cucina, e in quelle torte mette tutto l’amore e la dolcezza che, fuori da questa porta, non usa con nessuno.

Neanche con me.

L’unico qui dentro che tratta come un essere umano è…

“Arnalda, sono tornato!”

I e la nonna ci voltiamo verso la porta, due espressioni diverse stampate sui rispettivi volti: la sua è gioiosa e fiera.

La mia è…beh, è semplicemente disgustata.

Sulla soglia c’è un ragazzo alto il doppio di me; ha la pelle abbastanza chiara, con dei capelli corti e biondissimi, gli occhi di due colori diversi; il sinistro è azzurro come il mare, il destro grigio come le nuvole che minacciano pioggia.

Porge a mia nonna la busta che tiene in mano con un gran sorriso, e mia nonna si illumina come se avesse appena visto Dio sceso in terra o Ridge di Beautiful uscire dallo schermo di quella dannata tv.

“Oh, Tommy, sei stato un tesoro!”

Il ragazzo si limita a mostrare i denti bianchi, tanto perfetti da essere anche incredibilmente irritanti, allargando il sorriso e avvicinandomisi, mentre la nonna tira fuori il latte appena munto che questo essere irritante ha appena portato dalla fattoria vicina.

“Ehilà, uccellina. Ancora chiusa in questa gabbia?”

“Dacci un taglio, Tom.” Rispondo io, acida, continuando a lavorare con la scopa e a manovrarla come fosse un batticarne.

Ok, credo sia ora delle presentazioni.

Questa specie di divinità scesa in terra per torturare la sottoscritta, rovinandole ulteriormente la vita, è Tom.

Ha quasi diciannove anni, e lo conosco da praticamente un secolo.

Siamo cresciuti insieme, e lavora qui da noi da nove anni, inverni compresi.

E’ spocchioso, arrogante, sicuro di sé fino alla noia, petulante, egocentrico.

E ok, lo ammetto, è un bel ragazzo.

La mia migliore amica, Fede, è innamorata persa di lui da mesi – unico motivo per cui viene ad aiutarci qui durante l’estate, eccetto la Domenica.

A proposito, ora che ci penso…dov’è finita quella scema?

Eppure le avevo detto che oggi avevamo un mucchio di faccende!

Dannata traditrice!

Ad ogni modo, io e Tommaso passiamo il novantatre per cento del tempo a litigare, il che spiega perché papà insista col darci incarichi diversi.

Inutile dire che a me sgancia quelli più schifosi o lunghi.

Tommaso, alle mie spalle osserva ogni mio gesto, e sotto il suo sguardo non riesco a concentrarmi sulle uova stramazzate al suolo della cucina.

“Tom, porca miseria, ti levi sì o no?!”

“Guarda che non sto dando fastidio proprio a nessuno, qui dietro! E poi devo passare, altrimenti le galline non mangiano!”

Guardo prima lui, poi il mangime di fronte a me, accanto alla porta che dà al giardino.

Alzo gli occhi al cielo, afferro quella robaccia e, sorridendo con cattiveria visibile, lo porgo a Tommaso; dal canto suo, quello si limita a sospirare e a abbandonare la cucina alzando i tacchi.

Lo seguo con lo sguardo per qualche secondo, soprappensiero, ma la voce della nonna mi riporta alla realtà.

“…vi piacete da matti.”

“Nonna, ti prego, non ricominciare” esclamo, spazientita, abbandonando la scopa e asciugandomi il sudore che mi imperla la fronte.

La nonna mi lancia un’occhiataccia a cui sono fin troppo abituata, e senza allontanarsi dal suo impasto mi manda a quel paese.

Sì, mia nonna è una tipa parecchio schietta.

Credo che questo sia evidente, dopotutto sono sua nipote e…beh, devo pur aver ripreso da qualcuno questo mio caratteraccio, no?!

“Andreaaaaaaaaaaa!”

“Eccola…” sussurro tra me e me, vedendo mia madre affacciarsi sulla porta della cucina con un cestino di vimini che sembra aver appena rubato a Cappuccetto Rosso.

“Tesoro, mi devi prendere le more al laghetto.” Mi dice, con fin troppa dolcezza.

Io non ci penso neanche due volte: adoro andare al lago, e comunque è sempre meglio che sorbirmi gli insulti poco amichevoli della nonna e le battutine di Tommaso.

Vado nella stalla, sciolgo Kim e le salto in sella: dopo mezz’ora di corsa sono lì; passo per il bosco, per il ponte di legno che sovrasta il ruscello trasparente e arrivo alla radura.

Lego Kim al solito albero e mi avvicino al lago.

…Dio, quanto amo questo posto.

Adoro vedere il riflesso del cielo del tardo pomeriggio specchiato nell’acqua.

Rimango un po’ seduta lì, le scarpe da ginnastica accanto a me e i piedi immersi nell’acqua.

Accidenti, dovrei alzarmi, ma…non ne ho alcuna voglia

E poi, era da tanto che non venivo.

Ultimamente c’è stato tantissimo da lavorare, giù all’agriturismo, e i miei hanno solo me e Tom, dato che Fede fa un po’ come le pare.

Faccio per andarmene, dato che sarebbe anche ora di prendere qualche mora, ma una voce vicina mi immobilizza.

“Ale, sei il solito scemo!”

…è la voce di una ragazza…cavolo, quanto è acuta!

Cerco con lo sguardo qualcuno, ma non vedo anima viva.

…mah, magari è qualche turista che si è perso…

Mi alzo, aiutandomi con una mano poggiata sull’erba, e mi reinfilo i calzini nonostante i piedi bagnati.

“Eddai, Marika, sei la solita permalosa!”

“Guarda che hai cominciato te, Ale. Stavolta non ha tutti i torti.”

“Fabio, non impicciarti! E poi è lei che ha fatto una battuta sul mio cane!”

Ok, stavolta sono davvero curiosa.

Più che altro, le voci sono giovani, troppo giovani.

Avranno sì e no diciotto anni…

Inizio a seguire le chiacchiere, cercando di dar loro una provenienza, e sporgendomi da un cespuglio, finalmente, li vedo.

Come immaginavo, sono tutti giovani: sette in tutto, quattro ragazzi e tre ragazze.

Sono seduti su un enorme telo sul terreno, tutti in pieno pranzo, e da come sono sdraiati gli uni sugli altri si direbbe, a prima vista, che si conoscano da una vita.

Rimango ben nascosta dal cespuglio, ma anche se fossi in bella vista nessuno farebbe caso a me, data la confusione che stanno creando.

“ Basta, smettetela! Non vi sopporto più!”

A parlare è stato l’unico adulto del gruppo: è un uomo sulla trentina, molto scuro di carnagione e con i capelli rasati e le orecchie forate da un indefinibile numero di orecchini di piccole e medie dimensioni.

Nonostante sia in campagna, indossa un completo grigio eccessivamente elegante; gli occhi, invece, sono coperti da degli occhiali da sole scuri come non mai e dalla forma eccentrica.

Uno dei ragazzi afferra un tramezzino da un piatto collocatogli accanto, addentandolo con ferocia come se non mangiasse da mesi.

“Master, ha cominciato lei!”

Mentre una delle ragazze gli lancia un insulto – che non ripeterò per non risultare ancora più volgare di quanto già molti di voi non mi credano – mi soffermo con lo sguardo su di lui.

Beh, direi che per la prima volta da quando sono rinchiusa in questo dannato posto ho trovato qualcuno che potrebbe dare del filo da torcere a Tommaso, in quanto a bellezza.

Ha gli occhi verdi come il prato, e da qui mi sembra di poter addirittura intravedere la forma delicata delle ciglia lunghe; i capelli sono di un colore indefinito tra il castano chiaro e il biondo, ma quello che – devo ammetterlo- mi lascia senza fiato sono le braccia lasciate nude dalla camicia a mezze maniche; muscolose, ma al contempo magre, con le vene in vista e qualche leggero e quasi invisibile pelo biondo, illuminato dai raggi del sole.

..ok, ora basta sbavare così, sembro una ragazza pon-pon di un film americano che ha appena visto il capitano della squadra di football.

Cerco di riprendermi e vado avanti con lo studio di questa bizzarra compagnia; due degli altri ragazzi hanno i capelli mori.

Il primo sembra essere un po’ più basso, ma non ne sono certa, sono tutti seduti e fare dei paragoni è impossibile.

Sul naso ha un paio di occhiali da vista dalla montatura nera e casual, e gli occhi, da qui, sembrano verdi scuro.

L’altro ragazzo, invece, è uno di quei tipi che attira parecchio l’attenzione: tiene una chitarra ben stretta tra le mani, di cui ora sta pizzicando le corde con aria trasognata.

Dio, quanto è figo.

Ha i capelli lunghissimi e lisci come...non so, non trovo neanche il paragone adatto.

Li tiene legati con una coda di cavallo bassa che gli lascia libera la frangetta.

Anche lui, come l’uomo che prima uno di loro a chiamato Master, ha numerosi piercing, tra cui uno sulle labbra.

La carnagione è mulatta, e sicuramente questo aiuta a distinguerlo dagli altri.

…Andrea, diamine, datti un contegno!!!

Stai facendo dei pensieri da pervertita da quindici minuti!

Va bene, va bene, cerchiamo di stare calme.

Per distrarmi, lascio perdere l’ultimo ragazzo, un tipo piuttosto banale dai capelli castani e qualche lentiggine sulla pelle chiara del viso, e passo alle ragazze.

Quella che prima stava litigando col tizio biondo è di piccola statura, e guarda quel biondino come se le avesse tirato uno scoiattolo in fronte.

E’ davvero molto carina, anche se forse è troppo mingherlina e bassa per la sua età apparente, sui diciotto anni.

Però ha dei bei vestiti, di marca e abbinati tra loro in perfetta armonia dei colori.

Io una camicia come quella non l’ho mai vista neanche in cartolina, figurarsi.

La seconda anche ha qualcosa di affascinante; indossa un semplice paio di jeans con una maglietta sulla quale è disegnato un hamburger che sorride, e parla animatamente al cellulare.

Al collo, le ciondola una macchina fotografica grandissima, di quelle da professionisti.

Solo ora mi accorgo, all’improvviso, del gruppo di macchinette simili a quella depositate in un angolo del telo, luccicanti al sole e con gli obiettivi neri come l’inchiostro.

…forse è un gruppo di studio o qualche roba simile.

“Ragazzi, facciamo una foto?”

La terza ragazza, con un fisico nella norma e una folta chioma di ricci castani,si alza raggiante, visibilmente in cerca di rompere la tensione creatasi, e afferra uno degli apparecchi.

I ragazzi si avvicinano tra loro con dei sorrisi un po’ da ebeti in faccia, mentre l’uomo chiamato Master non accenna a volersi muovere.

La ragazza con la fotocamera in mano fa una strana espressione…un momento…è un broncio, quello?!

“Maaaaasteeeer, per una volta potresti anche fartela una foto con noi!”

“Piper, sai che sono contrario a queste cose. I rullini ci servono, non dovete sprecarli.” Dice lui, immobile come un totem indiano.

Piper ( spero di aver capito male il nome, non si può sentire) fa spallucce, e si limita a rinunciare; si concentra sull’obiettivo urlando un “cheeeseeee!” che gli altri eseguono, ridendo.

Io continuo a guardarli, e devo ammettere che sono un po’ invidiosa.

Sembrano essere davvero molto amici…io, invece, non sono mai stata…molto socievole, ecco.

Diciamo che sono una di quelle che ci tengono a prendere le distanze dagli altri, ma questo non ha mai giovato ai miei…come li chiama la nonna?

Ah, sì.

Rapporti interpersonali.

Forse ha ragione, quando mi dice che l’unica a sopportarmi è quella sclerata di Fede.

Sospiro, facendo per andarmene, e pronta a sorbirmi la ramanzina per il ritardo della mamma mi volto per incamminarmi.

Sarei già partita…già, se non fossi inciampata su un sasso che ho preso con la punta del piede, sbilanciandomi e dando una culata sull’erba.

“E porca troia!” urlo prima ancora di pensare alle conseguenze, e quando riapro gli occhi (che avevo chiuso meccanicamente) mi ritrovo delle sagome controluce tutto intorno a me.

“Ehi, ti sei fatta male?”

“Ma da quanto stavi là?”

“Madonna, che finezza…”

“Ale, ti prego, non mettertici anche tu!”

Cerco di riprendermi, e qualcuno mi offre una mano per alzarmi.

La afferro e mi tiro su con tutto il peso...Dio, sembra che qualcuno mi abbia appena messo il culo sotto uno schiacciasassi!

“Emh…” cerco di dire qualcosa al gruppetto sconosciuto, che mi guarda come se fossi la reincarnazione di Freddy Kruger o cose simili.

Cavolo, devo avere un aspetto orribile: i pantaloncini che indosso sono tutti scoloriti sui fianchi, la camicia a quadri è legata alla vita, tutta sgualcita, e i capelli…oh, no, i capelli…

Ti prego, signore, fai scendere una spazzola dal cielo!

“Ehy, tutto ok?”

Mi volto verso la proprietaria della voce; è la ragazza mingherlina, quella che prima stava litigando con il biondino.

A proposito, ora che lo vedo accanto a lei…eh già, mi sa che stanno insieme.

O almeno, a una prima occhiata si direbbe così, ma vista la mia-mai avuta- esperienza in questioni di cuore c’è il 160% di probabilità che sbagli.

“Sì, io stavo…umh…stavo raccogliendo…” cerco di mettere un ordine logico alle parole che mi fondono in testa, ma qualcuno mi interrompe prima che possa far chiarezza.

“Le viti del tuo cervello? In mezzo a tutta questa erba non le trovi più., mi sa. Credo che ti convenga rassegnarti, sai?”

Gli occhi mi lampeggiano per un attimo, muovendosi meccanici verso la fonte di quelle parole.

…aaha, lo sapevo!

Il biondino!

L’ho capito dalla prima occhiata, che era un tipo irritante!

“Prego?!” chiedo io, pulendomi sbrigativa i pantaloni.

Il ragazzo apre bocca per ripetere, ma la ragazza chiamata Piper gli mette una mano davanti alle labbra prima che possa far uscire un solo suono.

“Ti prego di scusarlo…ad Alessio piace scherzare. Vero, ragazzi?” si gira all’indietro, cercando un approvazione dal resto del gruppo, che arriva con un coro di bisbigli mortificati e risatine sommesse.

Si rivolta verso di me, liberando l’amico e mostrandomi un sorriso largo quanto il ponte di Londra.

Ma non le faranno male, le guance?!

“Io sono Piper.”

Sto per dire il mio nome, ma le parole escono da sole prima che io possa controllarle, facendomi fare la figura più merdosa di tutta la mia vita – e sarei pronta a giurarlo sulla vita di Tempo, il mio coniglietto bianco…sì, lo so, il nome fa cagare, ma mi ricordava il Bianconiglio di Alice.

“Ma che razza di nome è?”

Tutti rimangono in assoluto silenzio, spalancando occhi, bocca e ogni fessura del loro corpo.

Io mi copro la bocca con le mani, arrossendo e rendendomi conto solo ora di ciò che ho fatto, ma ormai è troppo tardi: ho appena insultato e offeso una persona che conosco da meno di quindici secondi.

Uao, ho battuto il mio record.

Il silenzio continua imperterrito…

Ok, Andrea, questo è il momento buono per filare.

Coraggio, un bel respiro, ti inventi una scusa e scappi di levata all’agriturismo.

Non li rivedrai mai più…in fondo che ti frega?

Arrossisco fino alla punta dei capelli e sorrido, imbarazzata.

“Beh, io…emh…piacere di avervi conosciuti!”

Piper sta per dire qualcosa, ma non le do il tempo; corro verso Kim, liberandola dall’albero, e con il cesto di more tra le braccia monto in sella, cavalcando verso casa.

***

“…Andrea, ti sei fatta una canna?”

“Noto con orrore che non ti è ancora caduto un albero in testa, Tom” esclamo acida, porgendo poi il cestino a mia nonna.
“Ecco qua, tutte per te.”
La mia vecchiaccia preferita lancia uno sguardo truce prima a me, poi alle more, come se le avessero appena fatto il più grande torto del mondo.

“…sono poche. Scommetto che quando sei arrivata là ti sei messa a cazzeggiare, come sempre.”

Sospiro, perdendo la pazienza.

Dio, questa donna è troppo polemica.

“Nonna, non scassare. Te le ho portate, no?” e , prima che le dia tempo di ribattere, salto dalla finestra, atterrando morbida sull’erba del giardino.

Giro intorno al perimetro della casa, con la nonna che mi grida insulti e tira giù metà dei santi del paradiso, mettendoli in bestemmie non molto delicate, e ridendo come una scema arrivo davanti al pollaio.

Apro il cancelletto, e tutte le galline mi vengono incontro, beccheggiandosi tra loro ed elemosinando mangime con gli occhi.

“Ciao bellezze” scherzo io, entrando nel pollaio vero e proprio, chinandomi con la testa.

Adoro questo posto, con la luce del tardo pomeriggio che filtra attraverso le assi di legno e i giacigli di paglia disordinati dove dormono queste adorabili stupidine la notte.

Mi siedo al centro, mentre Elvis (il nostro gallo) mi raggiunge, visibilmente scocciato.

E’ seguito a ruota da Calimero, l’unico pulcino di tutta la fattoria, giallo come il sole e tanto peloso da essere scambiato per un mucchietto di ovatta colorata da metà degli ospiti.

Quando mi vede, si lascia prendere in mano e me lo metto in testa; lo sento accocolarsi tra i miei capelli e, dopo un po’, smette di muoversi.

Si è addormentato, come al solito.

Un bambino, circa quattro settimane fa, mi aveva portato il suo uovo, ancora da schiudersi, tutto tremante, guardandosi attorno e sperando di non essere visto dai genitori.

Io avevo tralasciato la raccolta delle erbacce per ascoltarlo, senza capire cosa avesse combnato, e lui tutto spaurito mi aveva raccontato di aver preso l’uovo perché ‘era più bianco degli altri’.

Io mi ero messa a ridere, ma lui era fin troppo serio, e senza cambiare espressoine mi aveva chiesto di tenerlo.

E così ho fatto…in fondo, chi ero io per oppormi agli ordini di un bimbo di cinque anni e mezzo?

Quando Calimero era nato, tutto pelato e brutto come la morte, il bimbo se n’era andato da soli venti minuti.

Però l’ho tenuto con me, pregando la mamma (che di solito si occupa delle galline) di non darlo via.

E così è cresciuto nel pollaio con le altre chiocce, ricevendo la mia visita tutti i giorni almeno due volte.

E puntualmente, pretende di salirmi in testa, cosa che adora perché, evidentemente, gli fa venire sonno, dato che ogni volta praticamente sviene come una pera cotta.

Pfff…gli animali sono proprio strani…

Oddio, che è ‘sto sonno improvviso?...

Mmmh…sento le palpebre farsi sempre più pesanti…per un secondo mi tornano in mente i ragazzi di prima, in special modo quell’odioso biondino…odio ammetterlo, ma era davvero carino…

Peccato fosse così insopportabile…ma perché continuo a pensarci?! In fondo non lor viedrò più…né lui, né quel gran fico del suo amico…ecco, di questo sì che mi dispiace…

Presa da questi pensieri assurdi, e senza che neanche me ne possa accorgere, mi addormento tra i giacigli, con le galline che mi girano intorno incuriosite e Calimero che mi ronfa sui capelli.

***

“Andrea! ANDREA!”

La voce di mia madre che mi chiama mi fa alzare bruscamente dal giaciglio di fieno che mi ha fatto da letto, e ancora mezza assopita mi sfrego gli occhi, spettinandomi ancora di più di quanto già non fossi.

Calimero si sposta con un leggero colpo di ali sulla mia spalla destra, appolaiandocisi sopra come un gufo, e mentre le galline mi seguono confuse io esco dal pollaio, sbadigliando come non mai.

Mia madre, dal cortile esterno, continua a gracchiare il mio nome, e qualcosa dal suo tono mi fa capire che c’è una certa urgenza e che è piuttosto incazzata.

Senza neanche preoccuparmi del mio aspetto degno di un animale appena risvegliato dal letargo invernale, seguo le grida di quell’isterica e arrivo davanti all’ingresso dell’agriturismo.

La vedo in lontananza, e comincio a correre per raggiungere lei e il gruppetto di sconosciuti con i quali, dietro la macchina di papà, sta parlando, ma quando sono quasi arrivata inciampo su un osso di gomma di Gandhi, il nostro pastore tedesco, e cado con la faccia nel fango.

Calimero spicca il volo prima che possa cadere, e così mi ritrovo abbandonata al mio dolore e, soprattutto, alla mia figura di merda.

La mamma mi guarda truce, ma i clienti scoppiano in una fragorosa risata collettiva.

…non riesco a vederli bene…

Mi tolgo un po’ di fango dagli occhi, per pentirmene un istante dopo.

Davanti a me, divertiti come bambini al parcogiochi, ci sono i ragazzi che ho visto oggi al fiume, tutti che mi guardano senza smetterla di sghignazzare come un branco di iene.

Riconosco immediatamente Piper, con quella sua folta chioma riccia e castana e l’immancabile macchina fotografica al collo.

Oh, fantastico.

Non penso si sia già dimenticata della mia figura di merda di prima, e questo mi fa sperare che la situazione non sia come credo.

La mamma si volta verso Master, l’uomo elegante e unico adulto in mezzo a quegli scemi, e gli rivolge un sorriso imbarazzato.

“Lei è Andrea…mia figlia.”

Master mi lancia uno sguardo spiazzante, credendo che io non possa vederlo perché coperto dagli occhiali da sole, e senza ridere fa un cenno del capo per presentarsi.

Ok, non che io ci capisca molto di uomini, ma è chiaro come l’alba che è uno di quei tipi che sembrano robot, tutti perbenino e con la puzza sotto al naso.

Magari è ache un uomo d’affari-o almeno così sembrerebbe, dall’abbigliamento e dall’atteggiamento volutamente cool.

“Pia…piacere” riesco a dire io con non so quale coraggio, alzandomi e togliendomi il fango di dosso alla bell’e meglio.

La ragazza co indosso la maglia su cui è disegnato un hamburger smette di ridere per frugare nella borsetta, e ne estrae un fazzoletto di stoffa lilla che mi pone, guardandomi dritta negli occhi.

Dio, non ho mai visto un viso tanto angelico.

Stamattina non avevo notato quanto fosse carina.

“Tieni, puoi tenerlo.”

Rimango di sasso di fronte a tanta gentilezza improvvisa, ma poi, anche se con un po’ di titubanza, accetto sorridendo.

“Grazie…emh…”

Il vento pomeridiano le scuote di un poco i lunghi capelli castani, e il volto le si illumina quando ricambia il sorriso.

“...Simona” mi aiuta lei, battendo le ciglia senza neanche rendersene conto.

Arrossisco un poco.

Allora è vero che esistono gli angeli!!!!

Piper si avvicina a noi, un sorriso a trentadue denti che le va da una guancia all’altra.

“Certo che anche tu in quanto a nomi non scherzi!” esordisce, dandomi una sonora pacca sulla spalla.

Sotto quella specie di spinta barcollo un po’, senza smettere di sorridere imbarazzata, tutto questo sotto gli occhi accigliati di mia madre, che sembra nel peino di una crisi di imbarazzo.

“Sa, è una tipa un po’ strana…molto particolare.” Si scusa con Master, stirando il collo per guardarlo negli occhi –impresa non facile, datasi la differenza d’altezza dei due.

“’Particolare’ sto cazzo…” borbotto,ben attenta a non farmi sentire da nessuno e levandomi la fanghiglia dal viso con il fazzoletto di Simona.

Una risata maschile mi riecheggia alle spalle, e lentamente mi volto per vedere chi è lo stronzo che si burla della mia sfiga.

Davanti a me, il biondino di prima è in preda alle risate, sganasciandosi e continuando a dare colpetti divertiti al suo amico con gli occhiali, che, dal canto suo, si limita a guardarlo con un misto di pena e apprensione.

La terza ragazza, quella con cui lui stava litigando stamattina, se non ricordo male, gli lancia un’occhiata contrariata, ma Piper sembra accorgersene e con una scusa la fa voltare verso di sé.

…ok, a prima vista direi che prima mi sono sbagliata: lei e quel biondino non stanno insieme.

Anzi, al contrario, sembra che non possano vedersi.

…mi ricorda qualcuno…

“Andrea, tesoro”

…odio quando quella donna isterica mi chiama così.

Lo fa solo perché siamo davanti ai clienti.

“Dimmi, mà” dico svogliata, avvicinandomi un poco.

Lei mi rivolge un inquietantissimo sorrisino in puro stile Willy Wonka, e per un attimo cerco di reprimere il conato di vomito che sentto salirmi in gola.

“Il signor Master” cominciaa spiegarmi, circondandomi le spalle con un braccio e indicando lo spilungone con gli occhiali scuri “ e questi bei giovanotti fano parte di un club di fotografia.”

“…oh.” È tutto quello che riesco a dire.

Cioè, a questi tizi piace fare delle foto.

…e a me cosa me ne dovrebbe fregare?

Che c’è, gli serve una modella per gli scatti di nudo?
Si vede che non mi hanno mai vista senza vestiti….io ormai neanche mi guardo allo specchio prima di fare la doccia.

Ok che non ho molta autostima, ma odio il mio fisico.

A volte vorrei solo infilarmi in un gigantesco costume da coniglio e fare avanti e indietro per l’autostrada con quel coso addosso, dico sul serio.

Mi coprireri la faccia, ovviamente….ma almeno acquisterei un po’ di fiducia in mè, di sicurezza.

Chissà, forse aiuterebbe.

Devo ricordarmi di cercare un costume su e-bay, più tardi.

“Sai, Andrea” Piper, che non è l centro dell’attenzione da ben dieci minuti, cerca di recuperare infilandosi tra me e mia madre “a Settembre ci sarà il concorso più importante dell’anno!” esclama, emozionata.

Sto pensando al modo più cortese possibile per dirle che non sono neanche minimamente interessata alla loro scenetta comica sul perché gli piace fotografare, ma l’intervento di Simona mi evita un’altra figura di merda- e forse non è un gran male, ora che ci penso.

“Il Dodicesimo Torneo di Fotografia Per Gli Under Ventuno” specifica lei, e negli occhi le leggo un’emozione che la rende ancora più dolce.

“Uao, bel nome. Corto. Conciso, più che altro.” Osservo, e il biondino –mi pare si chiami Alessio- mi volta le spalle, parlottando con il suo amico lentigginoso.

Lo sento borbottare un “’sta tipa già mi sta sulle palle”, ma una voce calda dietro di me mi fa dimenticare tutto il resto.

“Ad ogni modo, quest’anno il tema sarà “I giovani e la natura”. Ecco perché siamo qui…per cercarre un soggetto per le nostre foto.”

Mi volto, per vedere il proprietario di quella voce sublime, e per poco non mi sento male.

Davanti a me c’è il bellissimo ragazzo mulatto di prima, i lunghi neri capelli che, ra sciolti, gli ricadono sulla spalla sinistra; i denti bianchissimi creano un contrasto estremamanete sexy con la sua pelle scura, e sulle spalle porta la chitarra che prima stava suonando.

….oddio, sento che potrei morirgli davanti!

La ragazza bionda, l’unica di cui non so ancora il nome, fa una leggera risatina e mi rivolge un’occhiolino malizioso.

“Aha! Carlos, dovresti smetterla di essere così sensuale, altrimenti vedi come riduci le ragazze?” dice, scherzando.

Lui arrossisce un po’, imbarazzato, e il resto del gruppo mi fa di nuovo motivo della dodicesima risata collettiva della giornata.

Io guardo la ragazza accanto a me scuotere i lunghi capelli biondi, e lei mi offre una mano con fare caloroso.

“Scusa, non era contro di te…adoro semplicemente far vergognare questo bel fusto!” ride, con una voce fantastica e cristallina, tanto vellutata che, se avesse un colore, sarebbe sicuramente un bianco così chiaro da essere trasparente.

Carlos sorride, cercando resistere alla tentazione di scavare una fossa e buttarcisi dentro, e lei torna a concentrarsi su di me, stirngendomi la mano con la forza di un ragazzo.

“Piacere, sono Marika. E lui è Carlos, mio futuro sposo” dice, scherzando e tentando di mettermi a mio agio.

Carlos mette da parte la vergogna per stirngermi a sua volta la mano, e mi sorride raggiante.

“Spero che andremo d’accordo, Andrea!”

“Lo…lo spero anche io.” Balbetto come una scema, cheidnedomi perché stia conoscendo ‘sti tizi quando l’unica cosa che dovrò fare sarà cambiargli le lenzuola.

Piper mi salta sulle spalle, prendendosi una confidenza a cui non sono abituata…ma in fondo, ammetto che non mi dispiace poi molto.

Con un dito, mi indica gli ultimi tre membri del gruppo che non conosco, che si avvicinano, due dei quali con aria piacevolmente rilassata.

Il ragazzo moro, l’unico con gli occhiali da vista, mi guarda dritto negli occhi senza la minima nota di imbarazzo.

“Ciao, sono Fabio.”

Allunga un braccio, contorcendosi un po’ per non dare botte a Piper, e cercando di mantenere l’equilibrio di modo che ‘sta scema non caschi ricambio la stretta.

L’altro, il tipetot castano che stamattina avevo praticamete ignorato, mi rivolge un sorriso cordiale.

“Piacere Andrea, Stefano” si presenta, i capelli ingelatinati –forse troppo- e le lentiggini che lo rendono un po’ infantile, ma a prima vista sembra simpatico.

L’ultimo, ovviamente, è lui.

Mi osserva per qualche istante, inarcando un sopracciglio chiaro, poi sogghigna in maniera a dir poco terrificante.

“Ehy, Cagnolina, ti sei leccata le ferite per prima?”
In un istante non mi preoccupo più di mia madre, di Master e degli altri; lasciò che Piper scenda e mi avvicino a lui con passo di marcia, il fumo che mi esce dalle orecchie e lo sguardo più truce del mio repertorio.

Mi fermo davanti a lui, che si avvicina con il viso.

Ora i nostri nasi si sfiorano, ma quel contatto con la sua pelle mi fa solo diventare ancora più furiosa.

“Senti, sottospecie di versione umanizzata di Ken, non credere che solo perché sei un cliente non ti risponderò male! Continua a fare battute de genere e ti ritroverai con un polmone in meno ancora prima che tu possa aver deto ‘Ahia!’. Sono stata chiara?”

Lui sorride, e per un attimo ammetto di avere le vertigini.

Ok, è carino.

E con questo?!

Voglio dire, è…è insopportabile!

“Trasparente.” Risponde lui, lentamente, avvicinandomisi ancora di più.

Restiamo così per un nano secondo, il tempo di lanciargli un’ultima sfida con gli occhi, poi alzo i tacchi e torno da mia madre, che era rimasta a parlare con Master.

Per distrarmi, mi infilo nella conversazione.

“….e Andrea vi mostrerà i posti più adatti per i vostri scatti. Non è vero tesoro?”

“…cosa?...Ah, sì…sì, certo” dico io, senza tuttavia darle la giusta attenzione.

La mamma rivolge a Master un sorriso ammirato, ma lui si comporta come il manichino che sembra e non reagisce.

“Bene,” conclude lei, delusa che non abbia neanche ricevuto una risposta “ora devo proprio andare. Andrea, pensa tu a farli accomodare.”

“Sì, mamma.”

Aspetot che si allontani e che i ragazzi prendano le valigie, poi li faccio accomodare.

Sulle scale, tenendo tra le braccia una valigia di Piper, sospiro un po’.

“Piper, questa valigia è grandissima! Sicura che ti serva tutta questa roba, per un soggiorno?”

Lei, affannata, trascina il suo secondo trolley per le scale, e tranquilla mi sorpassa di qualche gradino.

“Beh, se dobbiamo restare qui tre mesi devo avere tutto a portata di mano, no?”

SBAM!
Chiudo gli occhi, senza rendermi conto di cosa sta succedendo, e ancora shocckata li riapro.

La valigia di Piper è aperta accanto a me, i suoi vestiti sparsi sul pavimento e gli altr che preoccupati mi guardano dall escale.

Sono scivolata, questo è evidente, ma al momento è l’ultimo dei miei problemi.

“TRE MESI?!” grido, seza riuscire a crederci.

Piper, semplicemente senza parole alla vista dei suoi abiti sparsi per l’atrio, annuisce.

Il mio sguardosi sposta involontariamente su Alessio, che sogghigna di nuovo.

…dovrò sopportarlo per tre mesi?!

MA STIAMO SCHERZANDO???

Ok, ok, cerchiamo di stare calme.

In fondo, non è nulla di grave.

A tutto c’è una soluzione.

Per il momento, devo guardare il lato positivo della cosa….qual’è????

Ah, ecco, sì trovato….non può andarmi peggio di così, no?

“Emh…Andrea?”

“Dimmi, Piper!”

“…hai le mie mutande in testa.”

Tana dell’autrice:

Ma quanto è lungo questo primo capitolo! Credo che gli altri saranno più corti, comunque, quindi tranquilli! Spero di riuscire ad aggiornare in fretta…ad ogni modo, che ne pensate di questo primo capitolo? Vi piace? Personalmente, spero di riuscire a dare spazio a tutti i personaggi, anche a quelli secondari…mi impegnerò a fondo per fare del mio meglio! Ringrazio Charlie_me e Shine Mizuki per aver recensito il prologo. Ditemi se questo primo chappy vi è piaciuto! Grazie per aver letto

*MagikaMemy*

   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Commedia / Vai alla pagina dell'autore: MagikaMemy