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Autore: _Phobos_    14/02/2018    0 recensioni
[Eldarya]Giocando gli episodi di questo otome mi sono resa conto che i miei pensieri non combaciavano con quelli del mio avatar, quindi perchè non rivivere gli episodi rispondendo come meglio si crede?
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta, Spoiler!
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*Grazie per aver cliccato sul mio piccolo racconto!
Prima di farvi iniziare la lettura ci tengo a precisare che questa FF è dedicata completamente alla route di Nevra e, come già anticipato nell'introduzione, la trama sarà la stessa degli episodi e sarà riportata per ogni capitolo ma in più vedrete con i miei occhi ciò che ho pensato nelle varie vicende.
Inoltre ho intenzione di seguire questa linea di racconto anche per la route di Ezarel e Valkyon.
Vi lascio immergere nel mio mare di parole, buona lettura!*



Ho sempre trovato rilassante passeggiare tra gli antichi tronchi della foresta che, da più di un secolo, è padrona di un ampio territorio che circonda la città nella quale sono nata.
Il chiarore della Luna, interrotto a tratti dalle imponenti chiome degli alberi, mi accarezza il volto ogni volta che mi ritrovo a percorrere lo stesso percorso sovrappensiero. Questa boschiglia mi ha sempre dato conforto, fin dalla mia più rosea età, quando avevo bisogno di restarmene sola a riflette su qualche situazione che mi attanagliava la mente.
Ed ero nuovamente qui, costretta a rimuginare su una situazione che proprio non mi piaceva.
Un capitolo della mia vita si stava finalmente concludendo: mancava molto poco alla fine degli studi e il mondo del lavoro mi aspettava a braccia aperte, ma sarei stata davvero in grado di farmi avvolgere da quelle braccia?
Persa ad ammirare il lugubre paesaggio che i pallidi raggi mi consentivano di ammirare, ma ancora per poco, mi scordai in fretta quei pensieri. Sapevo che a breve il Sole avrebbe iniziato a fare il suo lento capolino illuminando, con delicatezza, ogni centimetro di quel terreno che aveva imparato a conoscere così bene.
 
I primi fasci di luce che accarezzarono la foresta, sorprendentemente, sembravano focalizzarsi su un punto in particolare. Attratta da quello strano fenomeno, mi spostai per capire cosa in quel magico posto si stava beando del primo calore del mattino e rimasi interdetta per qualche istante.
Un insolito cerchio di funghi risvegliò subito la mia curiosità assopita da troppo tempo.
Era davvero strano il modo in cui erano cresciuti quei miceti, possibile che le loro spore si fossero allineate in modo da creare un cerchio perfetto? Probabilmente doveva esserci di base uno zampino umano.
Non riuscivo nemmeno a spiegarmi l’insolita colorazione più verde dell’erba all’interno del cerchio di funghi, come poteva apparire più fresca rispetto a quella stesa sul restante tappeto erboso della foresta?
In preda ad un primitivo desiderio di conoscere, non potei fare a meno di entrare dentro al cerchio scatenando una razione che, per un attimo, mi fece sobbalzare in preda al timore: un numero elevato di lucciole iniziò a danzare intorno a me creando un forte luccichio che cominciò a darmi fastidio alla vista.
-Ma che diavolo sta succedendo?!- mi domandai impaurita.
Cercai di farmi ombra con la mano per capire cosa combinavano gli insetti impazziti e, per fortuna, riuscì velocemente a distinguere il contorno di alcuni oggetti e anche qualche colore delle cose intorno a me. Capii subito che non ero più nella foresta a me famigliare: mi trovavo in un’ampia stanza dipinta con diverse tonalità di colore roseo, non tanto gradite ai miei occhi.
Al centro di essa si erigeva una possente struttura che sosteneva un ceppo di pietre azzurre, il cui luccichio aveva totalmente rapito la mia mente. Ero sempre stata attratta dagli oggetti che sberluccicavano, forse in una vita passata probabilmente ero una gazza ladra, e quel minerale sconosciuto sembrava quasi invitarmi a toccarlo.
Tuttavia non bastò a farmi scordare il posto in cui ero finita, mi ci volle un grande sforzo di determinazione per non lasciarmi prendere immediatamente dal panico e cercare di trovare una spiegazione logica a ciò che mi era capitato.
Ero per caso una Sayan e non lo sapevo?
Distrattamente mi accorsi che l’insieme di pietre iniziò ad emanare una fioca luce sempre azzurrina, forse per richiamare la mia attenzione o forse era stata semplicemente una coincidenza. L’unica cosa di cui ero certa era il voler toccare a tutti i costi il blocco minerale azzurrino e così feci.
 
Timidamente iniziai ad allungare la mano verso una delle luccicanti pietre, desiderosa di venire a contatto con la fredda superficie e bearmi completamente dalla sua magnificenza. Manca davvero così poco! Già stavo pregustando l’atto… quando una voce allarmata mi fece irrigidire immediatamente e desistere dal compiere la mia innocua impresa.


 
-Hey!- urlò furibonda –Tu chi sei e come hai fatto ad entrare qui?- concluse confusa.
Mi voltai lentamente, preoccupata dal fatto di essere finita in un grosso pasticcio e di dovermela vedere con chissà quale guardia o, peggio ancora, membro della Polizia locale tant’è che la mia mente stava partorendo una frase che iniziava con un “Mi scusi agente”.
Appena mi girai completamente rimasi un attimo scioccata dalla figura che mi ritrovai davanti: colei che aveva lanciato l’urlo stridulo era una ragazza dalle fattezze volpine.
Di umano aveva la parte anatomica, ma le pelose orecchie e la folta coda nera con dei riflessi blu non mi aiutarono a definirla completamente “umana”.
Possibile che stiano festeggiando il Carnevale?” mi trovai a pensare.
Leggevo nel suo volto un sentimento di rabbia e timore crescente, il tutto sicuramente fu dovuto al fatto che mi presi qualche manciata di secondi per mettere a fuoco bene al sua immagine, invece che darle una risposta. Infatti poco dopo sbraitò nuovamente.
-Ti ho fatto una domanda, rispondi!- ordinò sua Maestà –Ti hanno mandata i Templari? I massoni forse?- chiese preoccupata.
Templari? Massoni? Soprattutto i primi, non si erano sciolti molto tempo fa?
Cosa caspita stava blaterando? E possibile che nessuno si fosse accorto di come andava in giro vestita questa donna? Non si poteva di certo dire che i suoi fossero dei vestiti sobri…
-Scusi ma di che sta parlando? È per caso uno scherzo?-
Le mie parole la fecero infervorare ancora di più visto il fuoco che i suoi occhi emanavano, quasi per volermi incenerire.
Ebbi appena il tempo di pensare questa osservazione che dalla lanterna, legata ad un bastone tenuto nella sua mano sinistra, fuoriuscì una fiamma dall’insolito colore azzurro ghiaccio. D’istinto mossi qualche passo indietro, terrorizzata al solo pensiero di poter sul serio essere ridotta in cenere nel giro di mezzo secondo.
La vera domanda non era chi ero io, ma chi era quella donna fuori di testa!
-Rispondi!- tuonò.
Deglutii a fatica sperando che nessun mio gesto potesse essere frainteso in qualche modo. Tuttavia mi sarei dovuta concentrare maggiormente su come esporre il motivo per il quale mi ero ritrovata lì, avrebbe creduto alla meravigliosa tecnica del teletrasporto?
-Stavo camminando per il bosco quando ho visto un cerchio di funghi e ci sono entrata dentro- feci una piccola pausa per osservare il suo comportamento immutato –Un fascio di luce mi ha avvolta e quando si è dissolto mi sono ritrovata in questa stanza-
Fortuna vuole che, prima che la ragazza volpe potessi ribattere con un’altra frase urlata, un forte rumore colse entrambe di sorpresa facendoci alzare i sensi di allerta.
-Cos’altro succede adesso?- chiese esasperata.
Colsi la palla al balzo nel vederla più mansueta, forse una risposta ben assestata le avrebbe fatto abbassare un po’ la cresta.
-Non chiedere a me, come potrei saperlo?- cinguettai sfidandola.
Un’occhiata perfida non tardò ad arrivare nella mia direzione, mentre un sorrisetto compiaciuto iniziò a formarsi sornione sulle sue sottili labbra.
-Jamon conosci la procedura, sai quello che devi fare. Vado a vedere da dove proviene il rumore- concluse divertita.
Procedura? Di che parlava e soprattutto chi era questo Jamon? Non mi ero accorta di nessun’altra presenza oltre la sua fino a quel momento.
Ma ben presto vidi una figura enorme venirmi incontro e il sangue nelle vene mi si ghiacciò: aveva tutte le caratteristiche per essere definito un orco con una sorta di ciuffo rosso stile punk sulla testa. Per un attimo volli ancora sperare di essere finita dentro una festa di Carnevale di chissà quale cultura, ma ben presto feci crollare in modo definitivo quella convinzione.
-Di cosa stai parlando?- domandai in preda al panico –Torna indietro, vorrei delle spiegazioni!- supplicai tremante.
Lesta si affrettò ad uscire dalla stanza con una smorfia trionfante, lasciando che quell’essere mostruoso mi si parasse davanti con tutta la sua massa.
Mi ritrovai ad indietreggiare lentamente cercando di capire le intenzioni dell’orco dal colorito marroncino, invano.
L’essere emise un verso grottesco da quello che doveva essere… il suo muso? Il volto non aveva molto di umano e mi ritrovai ad associarlo a Pumba in poco tempo, tuttavia questa associazione non mi fece affatto ridere.
Continuò a non parlare, mi afferrò saldamente il polso ed iniziò a trascinarmi con prepotenza verso l’uscita della stanza e la situazione mi fece indispettire sul serio. Tentai di puntare i piedi per fermarlo e fargli capire che l’avrei seguito lo stesso, senza che mi strattonasse per tutto il tragitto. Inutile dire che ignorò ogni mia buona intenzione.
-Almeno fai piano, mi stai stritolando il polso- sbuffai.
Provai un’ultima volta a ribellarmi dalla sua presa, ma lascia presto stare siccome stavo peggiorando solamente il dolore che provavo al braccio.
 
Affrettai il passo per stare al suo ritrovandomi, però, a diminuirlo quando mi condusse verso un’altra stanza molto più buia rispetto alla precedente e la cosa che mi fece stare ancora più in allerta furono le scalinate, sempre avvolte nell’ombra, che sembravano non finire mai. Sicuramente mi avrebbe condotta verso la fine di quegli scalini ed ero certa che non mi aspettava un’ulteriore stanza rosea come la prima.
-Dove vuoi portarmi?­ balbettai.
L’unica risposta che ottenni fu un sonoro sbuffo spazientito e non arrestò affatto la sua camminata verso le scale, poco rassicuranti ai miei occhi.
-Ti costa tanto darmi una risposta?- protestai essendo un fascio di nervi ambulante.
Iniziammo la lunga e rapida discesa, talmente rapida che per una decina di volte temetti di rotolare lungo la scalinata a chiocciola ma fortuna volle che Jamon fu sempre pronto a rimettermi in piedi. Non fu, però, in grado di evitarmi un atroce mal di gambe una volta finita la discesa: non sono mai stata una sportiva e quello sforzo fuori programma venne ben evidenziato dall’acido lattico che, senza troppi complimenti, era venuto a farmi visita.
Ebbi appena il tempo di dare una veloce occhiata al luogo che mi circondava quando l’orco mi spintonò dentro un gabbiotto, che aveva tutta l’aria di essere una cella, e rimase per qualche secondo a fissarmi con un’aria tutt’altro che amichevole.
-Tu no muovere- brontolò grugnendo.
Mi aveva chiusa dentro ad una cella, come avrei fatto a scappare?
Afferrai le sbarre e provai a scuoterle non molto forte, inutile sottolineare il timore che avevo di scatenare anche la rabbia di quell’essere. Bastò un’occhiata più scura di quelle che mi aveva lanciato fino a poco prima per farmi smettere.
-Per favore non lasciarmi qui!­ mugugnai.
Non si scompose di una virgola, impugnò più saldamente l’arma che assomigliava ad una sorta di ascia, lasciandosi andare in un verso gutturale ancora più spazientito.
-Miiko dire “no muovere”- ribadì deciso.
L’unica cosa positiva in tutto questa ridicola situazione era che avevo appreso il nome della donna volpe.
Gli occhi iniziarono a farsi umidi: quel posto non mi piaceva per niente e non avevo alcuna intenzione di rimanerci da sola, soprattutto perché temevo che dalla pozza d’acqua verdognola emergesse qualcosa di terribile.
-Potresti non lasciarmi da sola?- supplicai.
Jamon parve non calcolarmi nemmeno, con tranquillità voltò i tacchi e cominciò a ripercorrere la ripida salita continuando ad ignorare ogni mia protesta e lamentela.
Mi accasciai sul freddo pavimento di quella ingiusta cella, misi le mani sul volto nel vano tentativo di provare ad escogitare un buon piano per uscire da qui lasciandomi, però, prevelare dall’angoscia più totale.
Ero finita in un mondo parallelo al mio? E in che maniera sarebbe potuta accadere una situazione de genere, se non in un sogno?
Al diavolo! È tutto troppo reale per essere uno stupido sogno” sospirai lasciandomi andare.
Non volevo assolutamente morire lì dentro e soprattutto senza aver salutato un’ultima volta i miei genitori e i miei più cari amici.
Per quale ragione il fato aveva deciso di punirmi in questo modo?
Probabilmente lo riteneva il più divertente, non c’era altra spiegazione altrimenti.
D’un tratto accadde ciò che più mi terrorizzava pensare da quando il tetro buio mi aveva abbracciata dentro alle sbarre: dalla pozza d’acqua verdognola si elevò una sagoma scura che rimase a fissarmi per breve tempo con un ghigno malefico.
Subito iniziai a sentirmi mancare pensando che, probabilmente, quella cosa fosse risalita in cerca di un pasto ed io ero stata rinchiusa per uno scopo ben preciso: placare la sua fame.
Non so per quale protezione divina, ma sta il fatto che l’essere preferì tornarsene da dove era venuto piuttosto che avvicinarsi alla mia prigione. Sospirai sollevata e sentì nuovamente il sangue percorrermi le vene: troppe emozioni in poco tempo, stavo iniziando a temere seriamente per la mia salute.
Cosa ne vorranno fare di me?
Mi lasciai andare definitivamente alle sbarre della cella, aspettando pazientemente che qualcuno si palesasse per spiegarmi la mia sorte e continuando a lanciare occhiate esasperate, verso quella sorta di stango, appena l’acqua si muoveva.
Se devo essere mangiata, spero che a farlo sia uno squalo mutante” sorrisi divertita.

 
   
 
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