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Autore: Chipped Cup    15/02/2018    1 recensioni
[ 7444 parole | Ragnar x Athelstan | Ivar x Alfred (minor/background relationship) | Modern AU ]
Ivar e Alfred, dopo mesi di frequentazione, decidono che è arrivato il momento di far conoscere i loro genitori.
Ragnar si prepara alla serata malvolentieri; ignora totalmente che, da lì a poche ore, tutta la sua vita sarà scombussolata dall'arrivo di un certo cristiano.
Genere: Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Athelstan, Ivar, Ragnar Lothbrok
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Guess who's coming to dinner




Se c'era una cosa che Ivar odiava – beh, una tra le tante, almeno – era la sola idea di mostrarsi debole, spaventato o agitato per qualcosa. Era un ragazzo arrogante e incredibilmente orgoglioso, uno di quelli che preferiscono farsi odiare o, ancora meglio, temere, piuttosto che compatire. D'altra parte, però, gli risultava davvero difficile nascondere qualcosa, specialmente sul campo emotivo, ad Alfred: quello sciocco ragazzino lo avrebbe fatto impazzire prima o poi, ed Ivar pazzo lo era già, a detta di molti.

Lo conosceva da meno di un anno e ricordava ogni dettaglio del loro primo incontro quasi perfettamente: era soltanto il quinto giorno del suo ultimo anno universitario, lui era uscito piuttosto malconcio (un occhio gonfio, un labbro sanguinante e, probabilmente, il naso rotto) da una rissa da lui stesso cominciata e dalla quale era uscito vincitore (per quel che valeva) ed ora si trovava fuori l'ufficio del preside in attesa di essere ricevuto.

Non era il primo episodio del genere, negli anni ne aveva combinate anche di peggiori, ma la sua media era alta e suo padre ricco e famoso, perciò nessuno aveva mai avuto il coraggio di cacciarlo una volta per tutte.

Dopo una ventina di minuti di attesa, la porta dell'ufficio si era finalmente aperta, Ivar aveva rizzato la testa in quella direzione poggiandola poi contro il muro alle sue spalle; dalla stanza era uscito questo ragazzo gracilino, apparentemente spaesato e fuori posto, che dopo pochi passi aveva subito notato la sua presenza, fermandosi di colpo. Si scrutarono negli occhi per degli istanti infiniti, e proprio mentre Ivar faceva per aprire bocca e dirgli di levarsi dalle palle e di piantarla di fissarlo, il ragazzo tirò fuori un fazzoletto di pezza dalla tasca della sua giacca e glielo porse senza dirgli una parola, prima di allontanarsi come se niente fosse successo.

Ivar non era assolutamente un ragazzo che si impressionava facilmente, ma quel gesto lo tenne sveglio per tutta la notte – quel gesto e il dolore per il naso rotto, se vogliamo specificare.

Passò un'altra manciata di giorni, Ivar si trovava in cortile, sotto un albero a mangiare il suo pranzo e stracciare la lettera – seriamente, c'era ancora qualcuno che scriveva lettere invece di usare l'email, nel ventunesimo secolo?! – che suo fratello Ubbe gli aveva scritto per dirsi amareggiato dal suo comportamento.

Mentre ingoiava l'ultimo pezzo del suo sandwich, la sua attenzione fu catturata da un gruppo di ragazzi, suoi coetanei, che avevano avvicinato il ragazzino dai capelli lunghi dell'ufficio del preside. Senza pensarci due volte e senza avere il minimo controllo sulle proprie gambe, si era rizzato in piedi ed aveva raggiunto i bulli in men che non si dica, ma mostrandosi calmo all'apparenza, annoiato quasi.

In un attimo si era posizionato tra il ragazzo e quello che sembrava il capo della banda, e adesso lo guardava con un sorriso beffardo sul volto. Invitò i ragazzi ad allontanarsi, all'inizio, poi passò ai pugni e dopo averli atterrati brutalmente tutti e cinque, si avvicinò al ragazzino (che scoprì, in seguito, essere soltanto al suo primo anno), gli mise un braccio intorno alle spalle e poi tornò a rivolgersi agli altri.

Gradirei che lasciaste in pace – com'è che ti chiami?”

Alfred” fece quello in un filo di voce, frastornato, più che spaventato.

Alfred. Gradirei che tutti voi lasciaste in pace il piccolo Alfred. È sotto la mia protezione, la protezione di Ivar Lothbrok, da questo momento in avanti.”

Inutile dire che nessuno importunò più Alfred, nell'anno che seguì, e che i due diventarono inseparabili, per quanto diversi fossero caratterialmente, e non solo. Com'era scattata la scintilla, o quando, fra di loro, era difficile dirlo, ma un giorno Ivar si fece trovare fuori l'aula di Alfred alla fine di una lezione, baciandolo non appena ne fu uscito e senza dargli il tempo di salutarlo o dirgli una sola parola.

Non si erano più lasciati dopo quel momento, ed ora, ad anno scolastico finito e tornati entrambi nelle rispettive case, avevano avuto la brillante idea – per meglio dire, l'idea era stata di Alfred – di far conoscere i loro genitori. A due ore dalla tanto temuta cena, Ivar cominciò a mostrare i primi sintomi di un imminente crollo nervoso, non avrebbe mai dovuto assecondare quella stupida idea.

Credi che la cena si rivelerà un disastro?” Si sentì domandare, ad un certo punto, da Alfred che, finito di leggere l'ultimo capitolo di un romanzo che lo aveva tenuto impegnato per settimane, si apprestava a raggiungerlo in quello che poi era il suo letto.

Ivar si lasciò abbracciare gentilmente ed aspettò di avvertire le morbide labbra del ragazzo premute contro il suo collo, prima di ribadire. “Tu che cosa pensi?” Domandò con quella che doveva essere una risata sarcastica ma che suonò più isterica e nervosa.

I nostri genitori ci vogliono bene, ognuno a suo modo. Farebbero di tutto per vederci felici e sono certo che troveranno il modo di andare d'accordo, per noi” dichiarò con una sicurezza che gli fece quasi accapponare la pelle.

Sei così sdolcinato” sibilò allora l'altro, mettendo su un'espressione disgustata.

E tu mi ami per questo.”

Nonostante questo.” Alfred non vi badò, premendosi meglio contro di lui, lasciando che l'altro lo avvolgesse stretto, prima di far incontrare le loro labbra in un bacio lento e delicato. “Annulliamo tutto, andiamocene a cena fuori, soltanto noi. O al cinema. A teatro. Ti porterò dovunque vorrai” tentò ancora Ivar, ad un certo punto, gli occhi chiusi e le parole sussurrate contro la sua bocca.

Non vorrei essere in nessun altro posto, stasera, se non a casa dei tuoi genitori, con te e le nostre famiglie riunite” ribadì. Ivar sospirò “Lo faresti, per me?”

Colpo basso. Ivar inarcò un sopracciglio, Alfred giocò la parte dell'innocente (che aveva smesso di fregarlo già da tempo) poi entrambi sorrisero e per la successiva ora e mezza non pensarono più a niente.


*


Ragnar aveva sempre trovato difficile affrontare serate di quel genere. Aveva assistito al matrimonio dei suoi tre figli maggiori (Bjorn, Gyda e Ubbe), ce ne erano state tante di cene imbarazzanti con i suoi potenziali consuoceri, era riuscito ad evitarne qualcuna, le prime specialmente, ma a lungo andare sua moglie aveva puntato i piedi e lo aveva obbligato ad intrattenere i suoi ospiti, fingendo interesse e simpatia.

La realtà era che lo annoiavano, tutti loro, e non si impegnava minimamente a nasconderlo. Non perdeva tempo a sperare che per una volta le cose potessero andare diversamente: aveva conosciuto Alfred e, per quanto lo avesse preso stranamente in simpatia fin da subito, le sue eccessive buone maniere, il suo rigore e la sua ostentata fede cristiana continuavano a fargli alzare gli occhi al cielo. Non osava immaginare i suoi genitori, cazzo, quella serata aveva tutto il potenziale per rivelarsi la più disastrosa e noiosa cena di sempre.

Per fortuna aveva chiesto a Sigurd di fare scorta di birra, prima di uscire, o non sarebbe sopravvissuto per più di un'ora.

Saranno qui a momenti” esclamò sua moglie Aslaug, spuntando fuori dal nulla, non perdendo tempo a lanciargli un'occhiata di fuoco “Ancora non ti sei preparato?!”

Come no?!” Ribadì lui, alzando le braccia e indicandosi dalla testa ai piedi “Sono vestito, come puoi vedere.”

È una cena importante per nostro figlio, non vorrai mica presentarti ai nostri ospiti in questo modo così sciatto!”

Il cosiddetto modo sciatto faceva riferimento alla sua tshirt marroncina aderente, ai suoi jeans scuri completamente strappati e al paio di infradito nere, comodissime, che teneva ai piedi.

Ragnar abbassò gli occhi, osservò i suoi vestiti, poi tornò a guardare sua moglie con un sorriso innocente. “Cosa c'è che non va?” E prima che lei potesse aggiungere qualsiasi cosa, si affrettò a tornare serio e a fulminarla con un solo sguardo. “Ascolta, non ho intenzione di entrare per l'ennesima volta in quello stupido abito gessato che hai tirato fuori e stirato con tanta cura. Non per delle persone che probabilmente non rivedrò mai più, se sarò fortunato.”

Aslaug era decisa a non dargliela vinta, lo capì subito, ma non ebbe il tempo di aprire la bocca, che il campanello suonò. Strinse i pugni, la donna, limitandosi a mormorargli un glaciale “Potevi almeno farti la barba!” prima di correre ad aprire la porta.

Si prese un momento per se stesso, per respirare a pieni polmoni e godersi quegli ultimi secondi di serenità, prima di raggiungere la moglie ed accogliere gli ospiti. Salutò Alfred con una pacca sulla spalla, regalandogli un sorriso sincero, mentre quest'ultimo gli presentava sua madre Judith, un'artista, sicuramente, da quattro soldi, e suo padre Aethelwulf, un ricco e famoso avvocato difensore, figlio del defunto e grande Ecbert, con cui lo stesso Ragnar si era più volte confrontato in tribunale.

Sua moglie cominciò a scambiare con loro i primi convenevoli, lui ne approfittò per prendere entrambi i ragazzi sotto braccio ed allontanarsi il più in fretta possibile. Fu però raggiunto dal padre di Alfred, che aveva avuto modo di sentire il suo nome, da suo padre in primis, e da altri membri della corte, poi. Era curioso di conoscerlo, quasi emozionato di potergli parlare, peccato che la stessa cosa non si potesse dire di Ragnar.

È strano non esserci mai visti o incontrati prima d'ora, Ragnar. Posso darti del tu, vero? Esercitiamo le nostre professioni da più di vent'anni, siamo entrambi famosi e richiesti, eppure i nostri cammini non si sono mai incrociati. Buffo, non trovi?”

Che qualcuno gli strappi la lingua, per favore! Blaterava troppo per i suoi gusti, e a sproposito, soprattutto, Ragnar avrebbe preferito buttarsi da un dirupo piuttosto che continuare quella conversazione. Guardò suo figlio e lo trovò dello stesso avviso, ma poi osservò Alfred e si disse di provare ad essere gentile, almeno per quella sera.

Allora –” cominciò ignorando il più gentilmente possibile il padre del ragazzo, voltandosi verso Aslaug, attirando la sua attenzione e guardandola, per la prima volta dopo anni, con occhi speranzosi “ci sediamo a tavola?”

La donna fece per rispondere, ma subito Judith si fece avanti al suo posto. “Non siamo ancora al completo, in realtà. Manca ancora Athelstan.”

Chi –?!” Ragnar non fece in tempo neanche a terminare la domanda, che subito il campanello di casa suonò di nuovo. Ottimo, altri parenti! Se lo avesse saputo prima, avrebbe chiesto a Rollo di unirsi a loro, almeno avrebbe avuto un compagno di bevute.

Svogliatamente, si diresse verso la porta, vedendo a malapena l'occhiataccia che Aethelwulf aveva appena rivolto alla moglie, senza farsi troppi interrogativi al riguardo – poco gli interessava, onestamente.

Mano sulla maniglia, aprì la porta, ritrovandosi davanti questo famoso Athelstan che, evidentemente sovrappensiero, saltò appena sul posto prima di scrutare Ragnar da cima a fondo, sembrava non perdere neanche un dettaglio.

Ehm, salve” esordì l'ometto dai capelli disordinati in svariati ricci e dai vestiti senza dubbio più eleganti dei suoi, cominciando a sentirmi lievemente minacciato dallo sguardo vago che l'altro gli stava rivolgendo “è casa Lothbrok?”

L'uomo sorrise divertito da quei modi impacciati. “Lo era l'ultima volta che ho controllato.”

Oh, bene” esclamò quello; Ragnar lo fissava senza battere ciglio, dritto negli occhi chiari, passandosi senza volerlo la lingua sulle labbra neanche volesse mangiarselo. Athelstan si sentì avvampare, a disagio. Questo non fece altro che aumentare il sorriso dell'altro

Papà!” Il contatto visivo fu interrotto dalla comparsa di Alfred, che subito abbracciò velocemente l'uomo che ricambiò il suo sorriso entusiasta, sentendosi come tratto in salvo.

Ragnar alzò un sopracciglio, ancora appoggiato con un braccio contro la porta. Aveva perso il filo, ma non se ne risentì troppo: improvvisamente le cose si erano fatte interessanti. Rivolse uno sguardo veloce al nuovo arrivato, poi a Judith che era andata dietro al figlio e infine a Aethelwulf, che invece se ne era rimasto in disparte, l'attenzione rivolta alle foto della famiglia Lothbrok appese qua e là nel soggiorno.

Papà?” Domandò retoricamente, tornando a guardare l'uomo ancora fuori la porta.

Ragnar, ti presento mio padre, Athelstan” Alfred fece gli onori di casa, emozionato “papà, lui è Ragnar, il padre di Ivar.”

Ovviamente” Athelstan allungò la mano destra verso di lui, Ragnar rimase a guardarla per circa mezzo secondo, prima di stringerla “Alfred mi ha parlato tanto di te!”

Buffo” pronunciò l'altro per tutta risposta “perché qui tutti si stavano comportando come se tu non esistessi fino a un attimo fa.” Athelstan si rabbuiò, stringendosi nelle spalle sulla difensiva. Visto così sembrava ancora più piccolo, di statura, di quello che realmente era. “Vedo che hai portato il vino, ottimo!” Esclamò allora Ragnar, togliendogli la bottiglia dalle mani e prendendolo per un braccio, per farlo entrare dentro casa.

Lo lasciò andare subito, mentre si allontanava in cucina per stappare la bottiglia, ma senza perdere d'occhio la situazione nell'ingresso: Judith si era fatta avanti per salutarlo timidamente, Aslaug andò a presentarsi e Aethelwulf si avvicinò ad Alfred, prima di abbracciare la moglie come a voler marcare il territorio. Athelstan parve ricevere il colpo, si ammutolì subito dopo aver salutato Ivar, che raggiunse poi il padre in cucina.

Non mi avevi mai parlato di Athelstan” Ragnar ora osservava il figlio, cercando di interpretare il suo sguardo e leggere i suoi pensieri. Gli sembrava di essersi ancora perso dei pezzi per strada, ma davvero poco gli importava.

Non mi piace quel tipo.”

Ma davvero?”

Fa il pastore, è bene amato da tutti in città. Ed ogni volta che mi vede non perde occasione di invitarmi alla messa della domenica!” Esclamò contrariato. Ragnar se la rise.

Ah sì?!” Tornò ad osservare Athelstan proprio mentre questi si voltava a guardarlo ed, essendo stato beccato in pieno, arrossiva e rivolgeva la sua attenzione ancora una volta ad Alfred.

Probabilmente quella serata non si sarebbe rivelata un completo disastro, dopotutto.


*


Ragnar aveva impedito a sua moglie di sedersi accanto a lui, bloccandola prima che potesse anche soltanto spostare la sedia, e indicando il posto vuoto proprio ad Athelstan che si fece avanti confuso.

La tavola fu riempita di cibo e, almeno per un bel po', le uniche chiacchiere che si potevano ascoltare provenivano dalle voci di Aslaug e Judith: le due non si premurarono di inserire anche i mariti (o gli ex amanti) nei loro discorsi, lo stesso non si poteva però dire dei due giovani fidanzatini che presto o tardi furono riempiti dalle più disparate domande. Gli uomini si godevano quegli attimi di pace, in silenzio, attenzione rivolta ai loro piatti; solamente Ragnar continuava a tenere tutti sotto controllo, specialmente il timido pastore al suo fianco.

E dimmi, Ivar, seguirai le orme di tuo padre e diventerai giudice?” Aethelwulf si intromise, ad un tratto, nei discorsi. Ragnar osservò il figlio con un sorrisetto, conoscendo già la risposta.

No, diventerò un pugile professionista. Voglio riuscire nell'unica cosa in cui mio padre ha fallito” Ragnar rise e gli diede un buffetto dietro la testa, prima di osservare la faccia perplessa di Aethelwulf, e l'occhiata contrariata che rivolse poi al suo figlioccio.

Come ha fatto un pugile a diventare un giudice?” Tutti si voltarono a guardare Athelstan, era la prima volta che apriva bocca. Ragnar lo guardò con attenzione, prima di rispondergli; l'altro sembrava sinceramente colpito e curioso.

Alla nascita di mio figlio Bjorn ho dovuto fingere di mettere la testa apposto. Avevo studiato legge, non ricordo neanche perché, ma non avevo la minima intenzione di diventare un avvocato e ritrovarmi a difendere dei criminali oppure ad accusare degli innocenti.” Non si degnò di osservare la reazione di Aethelwulf alle sue parole, anche se sentì Aslaug tossicchiare indignata, ma non se ne curò.

È stato una sorta di ripiego, quindi. Una scelta obbligata.”

Non ho mai sognato di diventare quello che sono, se è questo che mi chiedi, no. E tu, invece? Già da bambino sognavi di raccontare favole ad una folla di peccatori che amano credersi dei santi e credere che una volta morti finiranno in un luogo incantato in cui tutti sono felici?”

Ivar rise, Alfred gli tirò una leggera gomitata; Aslaug si nascose il volto con una mano, Judith trattenne il fiato e suo marito dimenticò di chiudere la bocca per circa trenta secondi; Ragnar aspettò una risposta, Athelstan, invece, abbassò la testa per nascondere un sorriso divertito.

Ho davanti un ateo, suppongo. Beh, Ragnar, ti dirò che, no, ho ricevuto la chiamata con il raggiungimento della maggiore età, anno più o anno meno. Da bambino volevo fare l'esploratore.”

Ragnar rise, portandosi alla bocca un pezzo di carne direttamente con le mani. Athelstan osservò quel gesto, senza fare commenti.

Chissà, magari il tuo Signore avrà provato a rintracciare anche me, in passato, soltanto che deve aver trovato occupato. Poteva provare a lasciare un messaggio in segreteria, però, avrei potuto richiamarlo.”

Ivar nascose la bocca dietro la mano sinistra, notò poi l'occhiataccia di Alfred e si affrettò a stringergli la mano a mo' di scusa, rivolgendogli un occhiolino. Athelstan scosse la testa, per nulla offeso dalle parole dell'uomo, o scoraggiato di trovarsi di fronte ad una causa persa.

Non credi in niente, Ragnar?” Domandò, come se lo stesse sfidando.

Credo negli uomini,” partì l'uomo, senza battere ciglio “credo che siamo i soli artefici delle nostre vite; non c'è nessun destino, nessun disegno, nessuna strada già scritta. Quelle sono soltanto storie raccontate a noi stessi per giustificare delle scelte sbagliate.”

Quindi credi che non ci sia niente, dopo la morte? Credi che l'esistenza di noi uomini non sia servita a niente, una volta arrivati alla sua fine?”

Ragnar parve pensarci sopra, soppesare la domanda che gli era stata posta e pensare alle giuste parole per la sua risposta. “Non credo che ci sia un Paradiso e benché meno un Inferno, se è questo che mi chiedi. Ma voglio comunque sperare che ci sia la possibilità di ricongiungersi con le persone che abbiamo amato in questa vita, stare di nuovo insieme.”

In tavola era calato il silenzio, ormai, tutti in ascolto del loro dialogo, nessuno che osasse davvero intromettersi o interromperli. Loro due parvero non farci caso, però.

Mi sembra una visione un po' triste e povera, eppure speranzosa e quasi l'ideale: l'idea che non esista un Inferno, ma comunque la possibilità di ricongiungerci con i nostri cari.”

Ragnar sorrise sarcastico. “Non tutti sono fortunati ad avere tutte le risposte, come voi pastori.”

Fu il turno di Athelstan di incurvare le labbra verso l'alto, forse tristemente. “Non mi vanto di avere tutte le risposte, io per primo sono pieno di dubbi. Piuttosto, ammiro la tua sicurezza in quello che dici.”

L'altro rimase senza parole, davanti quest'ultimo discorso. Lo fissò a bocca semi aperta per qualche secondo, incapace di trovare un modo qualsiasi per ribattere. Athelstan abbassò, invece, gli occhi sul cibo, sentendosi messo a nudo, forse, così improvvisamente. Sapeva di aver parlato troppo, di aver espresso le sue insicurezze davanti ad un estraneo, ma quasi pareva non importargli, come se fosse giusto così.

Judith prese la parola, dopo un po', approfittando di quell'attimo di silenzio per vantarsi dei voti del figlio nel suo primo anno di università. Ragnar e Athelstan non si scambiarono parola per tutto il resto della serata, stessa cosa non poteva dirsi dei loro sguardi.


*


Non è andata poi tanto male, ieri sera. Visto, avevo ragione!” Esordì Alfred, ad un certo punto, mentre sceglieva un film da guardare su Netflix.

Ivar alzò gli occhi dal cellulare, interrompendo così la partita a Clash Royale, in modo da rivolgere uno sguardo accigliato verso il ragazzo. “Abbiamo vissuto due serate diverse?” Domandò, sbattendo le palpebre, perplesso. “Non farti ingannare dai toni cordiali di mia madre, ha mantenuto una conversazione distaccata per tutto il tempo.”

Me ne sono accorto” sbuffò l'altro “ma i nostri padri stavano andando d'accordo.”

Non credo che mio padre fosse veramente interessato ai discorsi di Aethelwulf. Hai notato la sua faccia? Le sue parole?”

Parlavo di Athelstan.”

Ivar rimase a guardarlo mentre scorreva titoli di film visti almeno una decina di volte, in silenzio, la mente alla serata precedente. “Hanno parlato soltanto pochi minuti” affermò alla fine “come puoi dirlo?”

Alfred sorrise una volta individuato il film che stava cercando, premette play e tornò a buttarsi sul divano, al suo fianco. “Hai mai visto tuo padre essere gentile con qualcuno? O trattarlo come un suo pari?”

Ivar aggrottò la fronte “Mio padre è gentile con te.”

Io non conto” rise “sono il ragazzo di suo figlio!”


*


Ivar non diede troppo peso a quelle affermazioni, troppo impegnato a lamentarsi della solita commedia che si apprestavano a guardare. Alla fine quel discorso gli sfuggì addirittura di mente e non pensò mai di interrogare i suoi genitori, e benché meno suo padre, in merito alla cena che si era svolta a casa loro.

Per come la vedeva lui era stata un disastro, un gruppo di persone che non si piacevano costrette a passare diverse ore insieme non poteva portare a nulla di buono – ma si premurò di ribadirlo neanche ad Alfred, soddisfatto ed ottimista a tal proposito. A suo parere, invece, l'ideale era limitare il numero di serate del genere, magari una volta l'anno sarebbe stata la cosa migliore per tutti.

Scacciò quei pensieri dalla testa quando si rese conto di star programmando il suo futuro con Alfred – quando era diventato così sentimentale, esattamente?

Gli tornò tutto alla mente, comunque, quando, qualche settimana dopo, tornando a casa, vide suo padre uscire dalla macchina del pastore. Rimase perplesso per un po', in piedi davanti al vialetto della loro abitazione, ad osservare la macchina dell'uomo che ripartiva e suo padre che faceva la medesima cosa, ridacchiando tra sé.

Quando Ragnar incrociò gli occhi del figlio, non fece altro se non alzare una mano in segno di saluto, come se niente fosse. Ivar alzò un sopracciglio e mosse appena il capo, simulando con la bocca un muto: “Cosa?”.

Il padre alzò le spalle “Ci siamo incontrati e mi ha dato un passaggio.”

Ivar non fece altre domande e non ne riparlarono più.

Il secondo episodio del genere accadde all'incirca sei giorni dopo.

Sua madre era fuori, suo padre era in garage a trafficare con la sua auto e lui, Sigurd e Hvitserk erano in camera di quest'ultimo a giocare alla play station. Quando il campanello suonò cominciò una sorta di lotta verbale per decidere chi doveva scendere ad aprire, alla fine Ivar fu il primo a cedere per non essere costretto a doverli sentire un secondo di più.

Aprendo la porta rimase come pietrificato. Athelstan lo guardò, quasi allo stesso modo, sorpreso, prima di rivolgergli un sorriso gentile.

Ciao Ivar” lo salutò raggiante – perché doveva sempre essere così felice e tranquillo? “Non ti ho visto ieri, alla messa.”

Il giovane lottò con tutte le sue forze per non mettergli le mani addosso. Evitò di rispondere, la mente al malcapitato figlio a cui, purtroppo, era affezionato. “Alfred non è qui” lo informò, immaginando che fosse quello il motivo della visita.

Athelstan parve imbarazzarsi, le guance gli si colorarono appena. “Oh no, non è per questo che sono qui. Tuo padre voleva che gli prestassi un libro, avevo delle commissioni da fare qui intorno, oggi, così ho pensato di approfittarne per portarglielo.”

Un libro?” Ivar era incredulo, non sapeva neanche che suo padre ne possedesse, figuriamoci leggerli o farseli prestare.

Athelstan annuì con la testa, poi tirò fuori dal borsone che si portava dietro un volume di, ad occhio e croce, 400 pagine, per mostrarglielo. Il ragazzo guardò prima lui, poi il libro, poi ancora una volta il pastore. Era sempre più sconcertato.

Ragnar è in casa?” Chiese alla fine, quest'ultimo.

No” rispose il ragazzo senza pensarci, gli occhi di nuovo al libro.

Neanche a farlo apposta, proprio in quel momento Ragnar uscì dal garage, venendo loro incontro, uno strofinaccio per ripulirsi le mani.

Mi era sembrato di sentire delle voci” esclamò, una volta raggiunti, gli occhi ad Athelstan.

Il pastore parve non essersi offeso dalla menzogna di Ivar, improvvisamente il volto illuminato in una nuova espressione a cui però, il ragazzo, non sapeva dare un nome. “Ti ho portato il libro!”

Vedo, lascialo ad Ivar, fatti offrire qualcosa da bere e raggiungimi in garage, i ragazzi mi hanno quasi distrutto la macchina ieri e sto tentando di ripararla, possiamo parlare lì.”

Athelstan rifiutò l'invito a bere, piuttosto si affrettò a seguire Ragnar, una volta affidato il libro nelle mani di Ivar e ignorato il suo sguardo sempre più smarrito.

Cosa stava succedendo?


*


Quel tipo di episodi cominciarono a diventare all'ordine della settimana, per non dire, in seguito, del giorno.

Suo padre aveva presentato Athelstan a suo fratello e ai loro amici – Ivar era certo che nessuno di loro fosse troppo entusiasta del nuovo arrivato, Floki gli diede poi la conferma quando, una sera, gli aveva scritto per messaggio “Che problemi affliggono Ragnar, ultimamente?”

Il pastore divenne sempre più presente nella vita dei Lothbrok, presentandosi a casa loro, con o senza invito, nelle ore più disparate, fermandosi a pranzo o a cena e invitandoli a sua volta. Aslaug era solita ringraziarlo gentilmente, ma né lei né i suoi tre figli maggiori si erano mai presentati a casa sua, al contrario Ragnar c'era stato parecchie volte, accompagnato da Ivar (ma mai senza Alfred), in qualche occasione da Bjorn e spesso e volentieri da Gyda (e la sua famiglia) che, a quanto pareva, stravedeva per quell'uomo.

Mesi dopo, Aslaug comunicò ai figli che lei e Ragnar avevano deciso di prendersi una pausa e che sarebbe stata via per un po'. Nessuno ne parve troppo sorpreso, dato che erano anni che i due avevano smesso di andare d'accordo, comunicando a stento, solo Ivar pareva sospettare che Athelstan c'entrasse qualcosa, con quella storia.

Tuo padre è gay?” Si ritrovò a chiedere, un giorno, ad Alfred, all'uscita dal cinema. Il ragazzo non smetteva di parlare del musical che avevano appena guardato, e per poco non si strozzò con i restanti popcorn che stava finendo di mangiare.

Non credo? Voglio dire... non sarei qui, in quel caso” suppose, tossicchiando – Ivar gli diede dei colpetti dietro la schiena senza rendersene conto “Come ti è venuta questa domanda?”

Non ti sei accorto che i nostri genitori stanno passando praticamente tutto il loro tempo libero insieme? Mio padre va in tribunale, esce e, per prima cosa, vede Athelstan. Lavora da casa e Athelstan viene da noi. Nel weekend escono insieme, solitamente con gli amici di mio padre, ma è capitato anche che stessero da soli. Una domenica ho seguito mio padre e l'ho trovato davanti le porte della chiesa! Quando gli ho chiesto cosa ci facesse lì, mi ha risposto che stava aspettando che tuo padre finisse il suo sermone settimanale per portarlo a fare un giro. Non ti rendi conto di cosa sta succedendo?”

I nostri genitori vanno d'accordo, e allora? Te lo avevo già fatto notare io.”

Non è solo questo. Mia madre è andata via di casa, quattro giorni dopo mio padre è rimasto fuori per la notte. Floki mi ha detto di averlo visto andare via dal locale in cui si trovavano con tuo padre.”

Mi stai dicendo che credi che tuo padre sia gay o che ne hai la certezza?”

Mio padre non è gay!” Ribatté, offeso, prima di ritrattare “ha avuto parecchie donne negli anni, anche sotto gli occhi di mia madre, ma – ma non credo che sia completamente indifferente a tuo padre.” Alfred non rispose, annuendo pensieroso. Ivar alzò gli occhi al cielo. “Cosa ne pensi?”

Il ragazzo lo guardò e fece spallucce “Non dico che non sia strana, l'idea di loro due insieme, ma se mio padre, dopo tutti questi anni, è felice insieme a qualcuno, non posso che esserne contento. A te da fastidio?”

Alfred sapeva che Ivar non impazziva per suo padre, per via della sua fede cristiana, ma era anche vero che la sua religione non aveva impedito loro di frequentarsi; sperava che con il tempo, imparasse ad affezionarsi, o a sopportare almeno, anche Athelstan.

Non saprei. Sono incazzato perché mia madre è andata via di casa probabilmente per questo motivo, ma allo stesso tempo voglio bene a mio padre – non dire a nessuno che ho detto questo, mai – e non credo che potrei avercela con lui, non per molto almeno, neanche per un motivo del genere. Non vado matto per tuo padre, Alfred, lo sai, ma per te ho sempre provato ad andarci d'accordo, suppongo di poterlo fare anche per mio padre. Sarebbe bello, però, che lui me ne parlasse, prima.”

Si sentì prendere la mano, all'improvviso, avvertì il ragazzo far intrecciare le loro dita prima di stringere forte. “Sono certo che te ne parlerà presto” affermò scoccandogli un bacio a fior di labbra. Ivar sorrise, prima di rubargli gli ultimi popcorn rimasti nella bustina.


*


Ovviamente il famoso discorso non poteva tardare ad arrivare.

Aslaug aveva appena firmato le carte della separazione e Ragnar non poteva fare a meno di dirsi che, invece di sentirsi desolato o amareggiato per aver visto fallire anche il suo secondo matrimonio, non poteva non respirare nuovamente quell'aria di libertà e ritrovata serenità, nel mettere piede nella propria casa, che gli mancava da un po'.

Non era mai stato felice con Aslaug, non l'aveva mai veramente amata, e lei non aveva mai veramente amato lui, questo era certo. Forse questo aveva reso la separazione più semplice, o magari più difficile, questo lo avrebbe determinato il tempo, dal suo punto di vista.

Avrebbe preso e accettato volentieri ciò che il futuro aveva in serbo per lui, come aveva sempre fatto, solo che, questa volta, sperava che al suo fianco ci fosse un certo pastore di sua conoscenza. Lo avrebbe creduto impossibile solamente un anno prima.

In soggiorno trovò Ivar intento a giocare o, forse, scambiarsi messaggi con Alfred, davanti alla televisione accesa su una serietv poliziesca che però non veniva degnata di uno sguardo.

Sono tornato” il figlio annuì piano con il capo, a mo' di saluto, senza però alzare gli occhi dallo schermo. “Hai fame? Io non metto qualcosa sotto i denti da ore. Hvitserk è fuori con la sua nuova ragazza, mentre Sigurd è uscito con degli amici, quindi siamo solo noi due. Ordiniamo qualcosa? Pizza? Cinese?”

Ivar lo guardò con la fronte aggrottata, il cellulare finalmente poggiato sul tavolino davanti a lui, vicino ai suoi piedi. “Sigurd ha degli amici?” Domandò piuttosto, come se fosse la cosa più assurda che avesse mai sentito.

Suo padre si passò una mano sulla barba, trattenendo una risata. “Sì, questa cosa ha stupito anche me, non lo nego.”

Ivar parve perplesso per qualche secondo, cercava di fare mente locale a dei possibili ex amici di scuola o colleghi di lavoro, ma gli risultavano tutti altamente improbabili. Alla fine fece una smorfia ed alzò le spalle “È indifferente, comunque, ordina quello che vuoi.”

Ragnar si allontanò per andare a trovare il numero del ristorante italiano più vicino a casa, prese il telefono e, mentre componeva il numero, tornò a guardare il figlio. “Vuoi invitare Alfred a cena? Può anche restare a dormire, se vuoi, sono un uomo adulto e non mi scandalizzo. Non dopo aver condiviso il tetto con Ubbe e Bjorn, comunque.”

Il ragazzo rabbrividì a quel pensiero, i due fratelli non si erano mai posti dei limiti quando decidevano di portare una ragazza a dormire a casa loro. “No, Athelstan doveva portarlo a qualche mostra d'arte.”

Ragnar annuì, prima di allontanarsi per ordinare il solito. Lo raggiunse poi sul divano, due bottiglie di birra già aperte in mano. Ne porse una al figlio e poi abbassò leggermente il volume della tv, Ivar immaginò quello che stava per succedere.

Ho visto tua madre, oggi” aspettò che dicesse qualcosa, ma quando trascorse un minuto buono fatto interamente di silenzio, si decise a continuare “ho chiesto la separazione e lei ha firmato le carte” gli spiegò.

Ivar parve attutire il colpo “Non ho mai creduto nella pausa, se è questo che pensavate.”

Non lo pensavamo, no. Ti da fastidio questa cosa?”

Sì? Come potrebbe essere il contrario, secondo te?” Sbottò Ivar, voltandosi a fronteggiarlo. Ragnar lo fissò, senza dirgli niente, portandosi la bottiglia di birra alle labbra. Il ragazzo sospirò “Ovviamente ero preparato, tutti noi lo eravamo, ma sono comunque incazzato.”

Tua madre e io non eravamo felici da un bel po', voi quattro eravate ancora dei bambini. Credo che sia stata la cosa migliore, no? Soprattutto per lei, sono stato un pessimo marito e lei è stata fin troppo paziente. Non credi che si meriti una seconda possibilità?”

Ah, certo. Quindi lo hai fatto per lei, non per te stesso, vero?”

Il nome di Athelstan era nell'aria, Ragnar sapeva benissimo che suo figlio non era stupido e che aveva capito tutto già da un pezzo, così come era sempre stato pronto a scommettere che non sarebbe stato facile fargli accettare quella situazione. Cazzo, perché non ci aveva giocato dei soldi sopra?

Sia io che tua madre stiamo vedendo delle persone, da mesi. Ricorderai di certo Harbard, il tuo dottore quando eri piccolo? Hai saputo che è tornato in città?”

Ivar gli lanciò un'occhiataccia. “Francamente non mi interessano gli interessi amorosi di mia madre, al momento. Non stavamo parlando di lei.”

Ragnar posò la birra, improvvisamente serio. “No, hai ragione” parole che non diceva quasi a nessuno, ma per suo figlio faceva sempre un'eccezione. “Io e Athelstan ci stiamo frequentando da parecchio tempo. Si può dire che stiamo insieme, ormai, ma questo lo sai già. Anche se, suppongo, avrei dovuto dirtelo prima.”

Avresti dovuto, esatto.”

Ti da noia?”

Mi da noia che tu non me l'abbia detto prima, facendomi passare per uno stupido, un idiota che non si rende conto che suo padre si sbatte il padre del suo attuale ragazzo!”

Ivar non aveva mai amato girare troppo intorno alla questione, suo padre non se ne stupì.

Non ho mai pensato che tu fossi uno stupido, anzi. Credevo che non ci fosse bisogno di dirlo chiaro e tondo visto che non ci siamo mai presi la briga di nasconderci. E, per la cronaca, non ho intenzione di sposarlo, se è questo che temi. Ho chiuso con i matrimoni, non fanno per me; Tu e Alfred non correte il rischio di diventare fratellastri.”

Non era questo il mio problema!” Affermò offeso, ed anche disgustato solo al pensiero.

Non ho intenzione di chiedere il tuo permesso per vedere Athelstan, Ivar, voglio che sia chiaro” precisò, serio come lo era stato davvero poche volte in tutta la sua vita “ma non voglio che questa cosa ti crei dei problemi. Posso evitare di farlo venire qui, fin quando ci vivrai anche tu. È questo che vuoi?” Provò.

No” rispose l'altro, già sfinito da quella discussione. “Non so bene come sentirmi in merito, ma questa è casa tua, non posso chiederti di non portarlo qui. O di vederlo. È la tua vita, puoi fare quello che ti pare.”

Ragnar sapeva che quella era la benedizione che aspettava, per questo sorrise. “Farai un sacrificio, per me, e proverai a sopportare Athelstan?”

Lo faccio già per Alfred” commentò lui, stringendosi nelle spalle e riafferrando al volo il suo cellulare: discussione finita. “Anche se non è cambiato comunque niente in questi mesi, Athelstan continua a non piacermi.”

Beh, neanche il tuo ragazzo mi piace, se è per questo.”

Bugiardo.”

Ragnar rise, si buttò con la schiena sul divano ed allungò, anche lui, i piedi sul tavolino di fronte a loro. Riprese la birra e si rilassò davanti la tv, in attesa che il fattorino consegnasse loro la cena.


*


Athelstan dormiva profondamente, respirando leggero contro il petto nudo di Ragnar che, al contrario, non aveva chiuso occhio per ore. Lo aveva osservato per un po', aiutato dalla luce della luna, e dei lampioni, che entrava dalla finestra aperta, mentre se lo teneva ben stretto tra le braccia. Era rilassante guardarlo, e lo aveva aiutato a dare un nome ai sentimenti che provava per quell'uomo così ordinario, così gentile, così entusiasta, così intelligente, così colto, così... lui.

Athelstan?” Provò a chiamarlo, la voce bassa; gli sembrava un crimine svegliarlo, nonostante tutto. “Athelstan!”

Mmh” mormorò l'altro, le labbra schiacciate contro la sua pelle, gli occhi chiusi.

Sei sveglio?” Domanda stupida.

Sto dormendo, Ragnar” risposta ancora più stupida.

Stavo pensando una cosa.”

Athelstan sospirò, annuì per fargli capire di andare avanti ma non si azzardò ad aprire ancora gli occhi.

Ti amo, Athelstan.”

All'altro per poco non prese un colpo; sussultò ed alzò appena il busto in modo da poterlo guardare in faccia, sconvolto. Si passò una mano sul volto, prima, per accertarsi che fosse veramente sveglio.

Sei serio?” Ragnar ridacchiò, lasciandosi baciare più volte, velocemente, sulle labbra “Oh, Dio!”

Non nominare il nome di Dio invano, c'è un tempo e un luogo per questo e, anche se il luogo è l'ideale – come tu stesso hai dimostrato più volte – non mi sembra il tempo adatto.”

Idiota!” Scherzò il pastore, tirandogli un schiaffo leggero dietro la testa, prima di crollare di nuovo fra le coperte. “Credo di amarti anche io” sussurrò al buio, poco dopo “Voglio dire, non ho mai provato niente del genere con nessun altro, niente di così forte, niente di così potente, e travolgente, niente di così stancante ed appagante. Non sono mai stato innamorato prima, Ragnar Lothbrok, sei il primo ad essere riuscito in quest'impresa.”

Ragnar sorrise compiaciuto nell'udire certe parole, tuttavia non era nel suo stile rispondere alla sdolcinatezza con altrettanto miele, perciò decise di non aggiungere altro in merito, e ad Athelstan andò benissimo così, ormai aveva imparato a conoscerlo e non pretendeva niente di diverso.

Non sei mai stato innamorato, hai detto, neanche di Judith?”

Sono affezionato a Judith, lo sono sempre stato, ma non credo di essere mai stato innamorato di lei. Piuttosto credo che fossi attratto dalla trasgressione che una relazione con lei avrebbe comportato, una donna sposata, fedele, religiosa. Ero emozionato all'idea di diventare padre, ma quando mi ha detto che sarebbe rimasta con Aethelwulf non mi sono risentito, anzi. Sapevamo entrambi che fosse giusto così” spiegò, la mente rivolta al passato.

Aethelwulf non deve averla presa così politicamente, però, la notizia della sua gravidanza e della tua paternità.”

Athelstan rise “No, direi proprio di no. Voleva lasciarla, all'inizio, ma suo padre, Ecbert, era un mio caro amico ed era molto affezionato a Judith, quindi lo convinse a ripensarci e a perdonarla.”

Ragnar annuì, un po' come a dirgli che non gli importava poi molto di Aethelwulf, o di Judith. “E così... eri attratto dalla trasgressione, eh?!”

L'altro sospirò divertito “Non avrei dovuto dirlo!”

No, per nulla!” Esclamò l'uomo, avvicinandolo a sé e prendendo a bagnargli il collo con le labbra. Athelstan, però, era in vena di chiacchiere e confessioni, al momento.

Dimmi di te, piuttosto. Mi hai sempre detto di non aver mai amato Aslaug, ti sei mai innamorato prima?”

Ragnar si fermò subito, di malavoglia. “Ne vuoi proprio parlare ora? Non preferiresti fare altro?” Athelstan ridacchiò appena e si morse le labbra, per quanto tentato scosse la testa: voleva conoscere la sua storia. L'altro sospirò sconfitto. “Certo che sono stato innamorato e, sarò onesto con te, quel sentimento non si è mai davvero spento.”

Athelstan non rispose, ma lo guardò intensamente; Ragnar ricevette il messaggio: non ne era infastidito, piuttosto ammirato e commosso.

Non ti ho mai parlato veramente di Lagertha, la madre di Bjorn e Gyda, perché è un argomento... delicato, diciamo. È stato quello che le persone sdolcinate definiscono il primo grande amore. Ci siamo sposati dopo poco, entrambi giovani, lei già aspettava Bjorn ma non lo sapevamo. Non c'è molto da dire, nonostante tutto siamo ancora molto legati. Ho incasinato tutto dopo circa 10 anni, quando ho incontrato Aslaug. Mi farebbe piacere fartela conoscere comunque, credo che potreste andare d'accordo.”

Athelstan gli sorrise dolcemente “Ne sarei felice.”

Ma adesso basta con queste chiacchiere per favore” lo supplicò teatralmente, gesticolando anche con le mani. “Ritorniamo a parlare della tua passione per la trasgressione, sono piuttosto curioso dell'argomento!”

L'altro si mise a ridere, ancora, provando solletico al contatto della barba dell'uomo contro la sua pelle nuda, prima di abbandonarsi a lui per la seconda volta, quella notte.


*


Nonostante i suoi figli gli avessero dato tutti, a loro modo, il via libera di far dormire Athelstan a casa sua (non che ne avesse bisogno) passarono ancora un paio di mesi prima che l'uomo acconsentisse a passare la notte da lui, questo sempre per rispetto di Ivar e gli altri.

Ragnar aveva chiesto – o sarebbe meglio dire imposto loro di lasciarli in pace, almeno per quella prima volta, invitandoli a farsi ospitare dalla madre, da qualche amico, da qualcuno dei fratelli o dalle loro fiamme (poco gli importava, l'importante era che gli non fossero tra i piedi).

Aveva preparato ad Athelstan una cenetta da leccarsi i baffi, poi avevano bevuto vino davanti la tv e poi – non c'era bisogno di aggiungere altro, davvero.

La mattina dopo si era ritrovato da solo, nel letto, una volta sveglio, e si era guardato intorno perplesso. Notò poi per terra la camicia che l'uomo indossava la sera prima, sentendo quasi simultaneamente dei rumori provenire dalla cucina e questo gli bastò a tranquillizzarsi, sbadigliare ancora leggermente assonnato, e trovare la voglia di alzarsi. Indossò i pantaloni del pigiama e raggiunse l'altro giù in cucina.

Lo trovò ai fornelli, indossava soltanto i jeans della sera prima ed aveva i capelli lunghi raccolti in una coda un po' disordinata, i piedi scalzi. Rimase ad osservarlo estasiato, le spalle contro la parete; Athelstan si destreggiava egregiamente, tutto concentrato nella preparazione di uova strapazzate e pancetta.

Cosa fai?” Domandò ad un tratto, cogliendolo di sorpresa, non resistendo più.

Athelstan si voltò a guardarlo, l'ombra di un'espressione di terrore ancora sul volto: non lo aveva davvero sentito arrivare.

Buongiorno” cominciò, riprendendosi, e rivolgendogli un sorriso al quale Ragnar rispose subito “beh, avevo pensato di portarti la colazione a letto per ringraziarti dell'ottima cena di ieri sera.”

E per il dopo cena?”

Athelstan alzò gli occhi al cielo “Non ho bisogno di prepararti la colazione, per quello.”

Ragnar ridacchiò, raggiungendolo alle spalle e prendendogli i fianchi. Gli sfiorò il collo con le labbra, senza però toccarlo. Athelstan chiuse leggero gli occhi, completamente stregato; si sentì accarezzare la pelle e poi abbracciare piano, le mani dell'altro contro il suo stomaco. Allora cominciarono i baci sul collo, seguiti da dei morsi e dal tocco indistinguibile di un succhiotto.

Ragnar –” lo intimò, tentando come poteva di apparire fermo. Fallì miseramente “Rischio di bruciare la colazione.”

La bruceresti comunque” commentò l'altro “non sei un grande chef, non ti offendere.”

Ah no?!” Fece offeso, alzando ironicamente un sopracciglio.

No davvero. Hai altre qualità però, non so se te l'hanno mai detto.”

Athelstan scosse la testa, arrendevole. “Me lo dicono spesso.”

Si girò appena in tempo per accogliere le labbra di Ragnar sulle sue, in quello che si rivelò un bacio feroce e famelico. Si ritrovò seduto sul bancone della cucina, gli prese il viso fra le mani e si lasciò accarezzare dalle dita dell'uomo che avevano cominciato a percorrere tutta la sua schiena scoperta.

Fu per un fortuito caso che si ritrovò ad aprire gli occhi, almeno per un secondo, quel tanto che bastava per darsi un contegno. “Ragnar –” provò a chiamarlo, ma l'altro non voleva saperne e continuava a rituffarsi sulle sue labbra, nonostante lui si tirasse indietro. “Ragnar, ci guardano” provò allora.

Ragnar rinunciò alle sue labbra, gettandosi nuovamente sul suo collo. “Ne abbiamo già parlato: sono certo che il tuo Signore avrà ben altro a cui pensare al momento.”

No, non è questo che intendevo” sospirò “girati.”

Ragnar lo fissò, prima, socchiudendo appena gli occhi, non capendo dove volesse andare a parare. Alla fine volse appena il capo alle sue spalle, scoprendo Alfred, impegnato a guardare una piccola crepa nel muro più vicino, ed Ivar, gli occhi addosso al padre e la bocca spalancata, in completo stato di shock.

Ragazzi!” Li salutò, lasciando andare Athelstan e provando a darsi un contegno. Ivar era sempre più sconvolto.

Papà, t-i-p-r-e-g-o.” Sillabò, a denti stretti. Alfred provava a non ridere per la sua espressione, comunque imbarazzato per averli beccati in flagrante.

Cosa c'è?” Domandò, per tutta risposta, Ragnar, giocando la parte del santerellino.

Io non ho parole” esclamò il figlio, gli occhi al cielo, prima di dar loro le spalle, prendere il ragazzo per mano, e trascinarsi entrambi al piano di sopra. Sia Ragnar che Athelstan riuscivano a sentirlo mentre continuava a brontolare cose come: “Due uomini adulti. In pieno giorno. Come due adolescenti. In cucina! Ne ho abbastanza.”

Nessuno osò ritornare sull'argomento, in futuro, ma tutti cominciarono ad annunciarsi a gran voce, una volta rientrati a casa: la prudenza non era mai troppa, con quei due nei paraggi.

*

Note dell'autrice: Well, domenica sera sono riuscita a mettermi in pari con la serie e nei giorni a seguire non ho potuto trattenermi dallo scrivere questa storia. Il fluff non è esattamente il mio genere, ma credo di aver sofferto abbastanza con Ragnar e Athelstan, mi serviva (e serviva anche a loro) una tregua. Per quanto riguarda Ivar e Alfred... non so, ho in testa la scena della 4x15 e li trovo carini? In più mi piaceva l'idea che fossero proprio loro a farli conoscere.
Grazie a chiunque abbia letto :*

  
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