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Autore: Reginafenice    16/02/2018    1 recensioni
Ho immaginato come, qualche mese dopo la morte di Elizabeth, Ross avrebbe potuto reagire ad un incontro non pianificato con il frutto della suo adulterio, Valentine, e quali sentimenti avrebbe suscitato in lui l’avere a che fare concretamente con quel figlio mai riconosciuto una volta messo finalmente di fronte alla realtà che, per quanto dolorosa, lui non è mai stato in grado di accettare.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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La previsione di Prudie si rivelò corretta. Appena giunsero al meleto di Nampara, Ross sentì, infatti, quasi il dovere di scusarsi con lei per aver taciuto lungo tutto il tragitto, ignorando molte delle sue richieste di sapere come si fosse sentita Demelza nei giorni in cui lei non c’era stata, ma scelse di non farlo per il semplice motivo che non aveva ancora digerito l’amarezza causata dall’aver scoperto di essere stato messo all’oscuro di una cosa così importante proprio da sua moglie, per colpa di una stupida discussione e dei suoi capricci esagerati.

Dopo essere stata aiutata a smontare da cavallo, la donna si voltò verso di lui e con le mani sui fianchi espresse il suo personale punto di vista sulla questione, “Non capisco proprio perché ve la siate presa tanto! Siamo tutti felici, tranne voi. Persino i bambini non vedono l’ora che arrivi il piccolino…”

Ross la fulminò con lo sguardo, “Quindi anche Jeremy e Clowance lo sapevano?”

Prudie chinò il capo e, avendo percepito quanta frustrazione ci fosse nel suo tono di voce, alzò immediatamente i tacchi e si fiondò dentro casa, sperando di sfuggire ad altre domande a cui avrebbe preferito non rispondere.

Ross esitò un po’, poi entrò anche lui, trovando sua moglie in piedi nelle vicinanze del camino, impegnata a sistemare il disordine creato dai tre bambini. Non c’era niente da fare: nemmeno la stanchezza della gravidanza riusciva a frenare la sua indole energica.

Demelza si girò per recuperare un cuscino da terra e, quando si accorse della sua presenza, decise di continuare a comunicare con lui attraverso la tecnica che sapeva dargli più fastidio in assoluto: il sarcasmo.

“Almeno adesso potrò dare i miei consigli a qualcuno che sappia apprezzarli davvero…”

Ross si tolse il cappello e appese la giacca, poi si lasciò cadere su una poltrona, evitando di rivolgerle l’attenzione. Quell’ostentata indifferenza la irritò moltissimo. Si piantò proprio di fronte a lui, ispirandosi spudoratamente a sua figlia, l’unica vera esperta in quella nobile arte, per cercare di ottenere la sua considerazione.

Ross sollevò lo sguardo dal fuoco dinanzi a sé e finalmente la guardò, “C’è qualcosa che devi dirmi?”

Demelza si sentì vulnerabile difronte all’intensità che percepiva nei suoi occhi, che continuavano a guardarla come se l’avessero sorpresa a fare qualcosa di sbagliato. Allora estrasse dal grembiule una lettera e gliela porse, “Penso che ti interessi sapere cosa ha risposto George…”

Ross si alzò e prese, senza troppe cerimonie, la lettera dalla sua mano, “Non devi aggiungere altro?”

Quando l’unica spiegazione possibile a quell’atteggiamento si fece strada nella sua testa, Demelza fu percossa da un brivido. Avrebbe dovuto immaginare che Ross non avrebbe esitato un secondo a raccontare a Dwight del leggero malore che l’aveva colta nel pomeriggio e a cui lui stesso aveva assistito, inducendo il loro amico a preoccuparsi al punto da rivelargli la notizia della sua gravidanza, per il suo bene e per quello del bambino, senza rispettare una promessa che, in quella circostanza, sarebbe apparsa assolutamente indegna di considerazione a qualsiasi medico coscienzioso.

“No. Niente che mi sovvenga in questo momento…” mentì, ancora troppo arrabbiata per tentare una riconciliazione.

“Il mio ritorno si è rivelato un fiasco totale. Credo sia meglio togliere il disturbo e ripartire al più presto…” Ross non aveva intenzione di arrendersi, perciò tentò di strapparle la verità, minacciando di tornare a Londra.

Quelle parole la trafissero come lame, “Certo, è facile scappare dalle proprie responsabilità, aggrappandosi a scuse stupide!”

Ross le si avvicinò pericolosamente, tanto che Demelza riusciva a sentire il suo respiro sulla sua pelle; la prese per la vita, in una maniera così seducente che ogni sforzo per resistere all’impulso di baciarlo sembrava inutile.

“Quali responsabilità?” Domandò, sperando che questa volta sarebbe riuscito ad ottenere una risposta sincera, ma lei riuscì a divincolarsi dalla sua morsa, riappropriandosi delle sue facoltà mentali, messe a dura prova dalle labbra di Ross, così vicine e attraenti.

“Parlo di Valentine…”

“Io non ho nessuna responsabilità nei suoi confronti. Spetta a suo padre assumersele.”

Demelza lo guardò incredula poi, dopo aver fatto un respiro profondo, rispose di nuovo con sarcasmo, “Si, appunto.”

“Ad ogni modo, mi farebbe davvero piacere che, prima che Valentine se ne andasse, tu parlassi un po’ con lui…” cercò invano il suo sguardo. Ma Ross non la guardava, adesso che la sua attenzione era stata catturata interamente dalla lettera che aveva in mano e che bruciava almeno quanto i ceppi di legna nel fuoco del camino.

“Puoi andare a dormire, ora. Non vorrei che ti sentissi male di nuovo.” La osservò distrattamente, mentre si adoperava ad aprire la busta.

Prima di voltarsi per raggiungere le scale, Demelza sbuffò per esprimere il suo disappunto verso l’ordine appena impartitole, “Va bene, ma non credere che lo farò perché me lo hai detto tu!”

Rimasto da solo, Ross iniziò a leggere l’elegante, ma affettata, calligrafia di George:

Ross Poldark,

non avrei mai immaginato, nemmeno nei miei peggiori incubi, di dover sprecare ancora parte del mio preziosissimo tempo in faccende che ti vedono coinvolto. Non posso fare a meno di constatare, d’altronde, che non hai perso affatto l’abitudine di mettere le mani sulle cose che mi appartengono. Le circostanze impongono un mio immediato intervento, spero il più rapido possibile, affinché, dopo aver risolto questo spiacevole inconveniente, possa liberarmi di te definitivamente.

Non oso immaginare con quanta incuranza tu e la tua famiglia abbiate potuto trattare mio figlio, riservandogli uno squallido alloggio nella vostra catapecchia isolata, da sempre frequentata da uomini abietti e ubriaconi, per non parlare delle vostre abitudini popolane che lo avranno sicuramente scandalizzato. Dal momento che le cose stanno in questo modo, pretendo che mio figlio mi sia restituito da chi me l’ha portato via e con questo intendo dire che, entro domani mattina, mi aspetto di trovare Valentine qui a Trenwith.

                                                                                                                                       George Warleggan

Buttò la lettera tra le fiamme, osservandola mentre lentamente si contorceva e bruciava. George aveva deciso di ostentare tutta la sua arroganza, ma Ross non si soprese affatto, conoscendo fin troppo bene quale sentimento lo avesse spinto a sputare così tanto veleno sulla sua famiglia. Proprio per questo motivo c’era una parte di lui che non riusciva a biasimarlo, nonostante la cattiveria e la sfrontatezza di quelle parole, al pensiero di quanto dolorosi potessero essere stati i tentativi fatti da George per accettare Valentine come suo figlio. Mentre vagava per la stanza, interrogandosi su cosa fare, se cedere alla prepotenza di George oppure trovare il modo di riportare Valentine a casa senza dargliela vinta, il piccolo Jeremy, in camicia da notte, si mosse nella sua direzione.

“Jeremy, che ci fai ancora sveglio?”

“Volevo dirti una cosa, ma promettimi che non lo dirai alla mamma!” Sembrava molto sicuro di sé in quel momento.

Ross si accovacciò di fronte a lui, piegandosi sulle ginocchia, e gli sfiorò delicatamente il nasino, poi gli scostò un ciuffo ribelle dalla fronte, meravigliandosi di quanto i loro capelli fossero simili. Annuì ma non disse niente.

Allora Jeremy si sentì libero di procedere, “Sai, la mamma non può più arrabbiarsi come faceva prima, quando eravamo solo io e Clowence, adesso che…”

Ross lo bloccò, “Tesoro, non c’è bisogno che tu continui. Non voglio farti sentire in colpa per avermi confidato un segreto che conosco già.” Gli fece l’occhiolino e lo baciò sulla guancia.

“Se lo sai già, allora cerca di trattarla meglio di come hai fatto questa sera!”

La sensibilità di suo figlio non finiva mai di stupirlo. Gli promise che d’ora in avanti avrebbe cercato di non farla arrabbiare, così riuscì a tranquillizzarlo e a farlo tornare a letto.

Ma, per mantenere quella promessa, Ross sapeva fin troppo bene di dover fare un grande sacrificio, un enorme passo in avanti verso la propria paura, prima che fosse troppo tardi e che, con il tempo, avrebbe potuto rimpiangere il fatto di non aver colto quell’occasione per liberarsi una volta per tutte dalla schiavitù del passato.

Era arrivato, finalmente, il momento di conoscere Valentine.

   
 
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