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Autore: queenjane    18/02/2018    5 recensioni
Il punto di vista di Andres Fuentes, il gladiatore, eroe,dopo la prigione.
Siamo nel marzo 1917 lo zar ha abdicato... Qui il taglio è intimo, romantico, la storia è sullo sfondo.. Dedicato alle care A. e C.
Genere: Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Periodo Zarista
- Questa storia fa parte della serie 'The Dragon, the Phoenix and the Rose'
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A ogni risveglio, annuso l’aria, scruto la tinta turchese del cielo e i messaggi delle nuvole.
Sono vivo.
Sono io.
Sono libero, il male alla schiena e alle ossa, pace, si supera.
Mi hanno fatto di tutto, dalle minacce fino alle blandizie,  a volte le vie di fatto, io non ho ceduto.
Come non cedevo da bambino lo stendardo su cui era dipinto il leone rampante, uno dei simboli dei Fuentes, lo facevo danzare, immaginando le battaglie, ignorando quelle che la sorte mi avrebbe appioppato e quelle che avrei cercato.
Catturato, fatto prigioniero, mi sono finto muto, sordo alle loro parole, non ricordo, non voglio ricordare,  uno stratagemma concordato, lontano e ripreso,  anche quando hanno mi hanno preso a calci,sulla schiena, sugli arti, picchiandomi, ho evitato di urlare e scoprirmi.
Ho attinto, stoico, dai ricordi, poco importava il ferro che sfrigolava vicino alle mie carni straziate e livide, e le urla.
Lo sapevo di rischiare, pure..Si sono arresi, che non vi è gusto a torturare un prigioniero che non si lamenta, non implora pietà.
Non pensi che succeda fino a quando non capiti nel mezzo.
Le Chemin.
Frammenti.
 Una cella fetida, il non conoscere il passare dei giorni e delle notti sopra di me, io sono  Andres Fuentes, signore dei Pirenei, erede di un passato in frantumi, di un futuro che deve venire.
Andres, il giovane innamorato di Isabel, dalla splendente carnagione, timido il sorriso, i capelli talmente biondi da ricordare le distese di grano, in estate,  della Castiglia, cangiante.. L’adorazione, l’amore, due principianti che imparavano l’amore. Isabel, Isabel.. Ovunque ti sia adesso, sei in pace … Io che mi ubriaco, andando fino a Santiago, in pellegrinaggio, per non impazzire, finendo poi in Russia.
Gli occhi verdi di mia madre, aperti, quando le ho detto addio, un ragazzino di 13 anni che prendeva a pugni i tronchi degli alberi, il dolore alle nocche per non pensare al dolore dentro, lei era morta da poco e non sarebbe più tornata. Un sorriso nelle foto, ricordi, e poco altro.
MAMMA.. dove sei..E so che non pronuncerò più questa parola, intima e segreta, da ora in poi Sofia Funtes sarà “madre”, “Mia madre..” Immutabile come i Pirenei. 
La prima e immutabile perdita, senza ritorno, le sue spoglie mortali avrebbero riposato nella cappella dei Fuentes, accogliendo pochi anni dopo quelle di mia moglie e mio figlio, in attesa della resurrezione della carne.
Se esisteva un paradiso, vi erano di sicuro, per loro e non per me.
Ero un mortale, anche se mio padre era il principe Fuentes, non certo Achille od Ulisse, avevo bisogno di amare, non ero perfetto, non ero un santo, od un asceta.
Ero solamente io.
 
Un picador.
Un eroe per gioco e caso, la Calle Mayor uno scherzo del destino,  ero stato un viandante per espiare la colpa di essere sempre vivo.
Il gladiatore che aveva lottato per altri e non per i suoi, la moglie  morta, un figlio ucciso dalla sorte.
Xavier ..il mio perduto bambino, morto perché troppo prematuro, ero rimasto solo, un peso smisurato e senza ritorno e la rabbia..
La mia casa troppo piccola, il mio dolore immenso, lo avevo urlato sotto i cieli primaverili di Ahumada, i maestosi Pirenei sullo sfondo, bevendo fino a non reggermi in piedi, atterrato sulle ginocchia, i pantaloni lacerati per  l’impatto e i palmi sbucciati, nella radura dei melagrani. In un tronco erano scolpite le iniziali, una A e una I, Andres ed Isabel, uniti in un tronco e non nella morte.
E altre donne, altri sorrisi e assenze.
Elisabetta di Asburgo, la mia Erzsi, conosciuta per caso e diventata indicibile,  amata.., maritata Windisch-Gratz.. era l’unica e ultima figlia del principe ereditario Rodolfo, morto suicida con la sua amante, e di Stefania del Belgio.
Un nuovo amore, il mio, dopo anni e vado a incrociare una splendida e complicata persona. Erszi..

La mia Erszi.

Sua nonna Elisabetta in Baviera era stata forse la donna più bella della sua epoca, e soffriva di nervi e depressione, il padre Rodolfo era morto suicida, dopo avere sparato alla sua amante, Stefania del Belgio si era sposata in seconde nozze contro il volere di tutti con un conte ungherese.. Insomma, per quanto bella e viziata, la prediletta del Kaiser, non era considerata un buon affare. Nelle more si era incapricciata del principe Windisch-Gratz, maggiore di lei di un decennio, e già fidanzato. Particolare su cui lei aveva allegramente sorvolato, se ne era innamorata e lo aveva sposato nel 1902, rinunciando ai diritti dinastici per non compromettere la futura successione, mantenendo peraltro il suo titolo di arciduchessa e connesse rendite. Il matrimonio si era presto sfasciato, per ripicche e gelosie, nonostante i figli, tanto che sia Erszi che Otto erano aperti nell’avere relazioni extraconiugali.
Nulla di nuovo, l’imprevisto era stato il reciproco sentimento.
Nel 1909 ero tornato a Vienna per tre mesi abbondanti percorrendo le vie e le piazze, nuove costruzioni e vecchie storie, la saturazione .. che andavo  cercando? Guardavo avanti con quella viziata, ostinata mia coetanea, che amava le rose di ottobre, fragili e piene di colore, che sfioriscono dopo una notte più rigida e ti restano sempre nel cuore.
Ed Erszi non era una superficiale, si fingeva oca solo in apparenza, in privato era coltissima, parlava bene il francese e l’inglese, oltre al nativo tedesco, aveva letto un poco di tutto e si occupava di comitati caritativi. Come suo padre Rodolfo, era una appassionata cacciatrice e si interessava di ornitologia e botanica.
I particolari, un braccio nudo, come il ventre che baciavo, la vita meno sottile, quattro figli le  avevano segnato la figura, ingrossato i fianchi, era sempre stupenda.. E tanto..altri strappi, altri addii, i legami ufficiosi erano tollerati, provocare uno scandalo per rimanere insieme no.
Erszi..
La mia Erszi.
Ed ecco il 1911, una  specie di test, non ci eravamo scritti o sentiti nemmeno per sbaglio, non avvisai o che.. Un mero gioco di circostanze, figuriamoci, non ritenevo l’amore cosa per me.  Da marzo ad aprile  pochi incontri fortuiti, qualche sera a teatro, a Corte, senza rimanere mai da soli o scambiare una parola, tranne qualche sguardo. Mica mi era passata, qualsiasi cosa fosse .. Una sorta di intuizione, senza riscontri, mi confermava nell’opinione che eravamo io e lei, in quella specie di “indefinito”
I suntuosi saloni della Hobfurg, una superba teoria di parquet, intarsi e cineserie, illuminati dalle candele e dalla luce elettrica, i fiori, il sussurro dei violini e dei pettegolezzi.. Erszi era vestita di azzurro, come un iris o un giacinto, tra i capelli castani una serie delle celeberrime stelle di diamanti di sua nonna,  che le aveva donato e con cui Sissi era stata ritratta, per sempre giovane  e bella, sorrideva e dava il braccio a suo nonno, smuovendo ogni tanto l’aria con un ventaglio di piume di struzzo incrostate di diamanti. Snella e suntuosa, era magnifica, stupenda.
“Pare una santa.. Invece..”  “Gran cavallerizza.. sapete cavalca come ..” “ E’ una matta, come sua nonna, come sua madre.. O suo padre..” “Suo marito la tradisce regolarmente con.. “  “Chi sa chi monta LEI.” E nomi e altro, la caccia era uno sport diffuso, sia alle bestie che verso gli uomini,  avevo percepito i commenti e la rabbia saliva e montava, quella stessa rabbia che era il mio  demone e tormento.
Erzsi, quando tuo padre Rodolfo era morto, suicida dopo il folle patto con la sua ultima amante, la corte dei Romanov aveva rispettato l’uso di vestire il lutto per la morte di un membro a suo modo, una specie di presa di giro.  Anni prima, gli Asburgo, che era morto un principe della dinastia Romanov, non avevano rispettato quell’abitudine,  non rinunciando a una  festa in programma. Marie Feodorovna, moglie di Alessandro III, decretò che la festa da ballo avrebbe avuto luogo, ma gli invitati dovevano vestirsi di nero, ecco il famoso “Bal Noir”, allora avevo sei anni, ricordo il commento scandalizzato di mia madre, di origine russa, che si teneva in contatto con i suoi parenti.. “Povera bambina, dicono del dolore dell’imperatore e sua moglie, della gramaglie della principessa ereditaria e nulla di lei.. che ne soffrirà per tutta la vita”
Uno scherno, una irrisione, come le voci a quel danzante convegno, non lo meritavi.
Ti amo, ti amo, per sempre.
Una sfida ed un duello, non ci eravamo manco parlati manco per sbaglio, sfidavo le regole e ..Tipico mio, a cacciarmi nei guai ho  sempre avuto un talento.
 “Siete stupido..solo uno stupido”che esordio, dopo tanto, un insulto “Altezza imperiale, non è decoroso, andate via..” Fuori pioveva, lei era piombata come un tuono, un lampo, sempre scriteriata e senza un saluto nel mio alloggio, mi ero ritirato dopo il rituale scambio di padrini e indicazioni. “Andres..”il mio nome, un sussurro “Altezza, non conviene..Non è conveniente..Vi prego..”posando il bicchiere di sherry che sorbivo, avevo voglia di baciarla e perdermi dentro di lei fino alla fine del mondo, cercavo di essere distaccato per il suo e mio bene, il suo profumo mi mandava in tilt. “Solo mio nonno e voi avete sfidato il mondo per il mio onore..” “IO non posso parlare per altri.. tranne che meritate ogni  rispetto” “Ed è vero, sai quanti amanti ho avuto..” “ Anche fosse.. non lo meritate.. “ “Andres .. basta!!!” si era slacciata il mantello gonfio di gocce di pioggia, i suoi capelli profumavano di miele e ambra, il vestito color crema sottolineava la sua carnagione, era armoniosa, perfetta “Altezza.. tra poco giungerà una gentildonna .. Questa potrebbe essere la mia ultima notte sulla terra e vorrei svagarmi, perdonate il linguaggio..”per la confidenza di tanti anni prima mi concedevo quelle parole e .. la desideravo, sentivo una crescente erezione, mia premura  sedermi, una gamba accavallata per nascondere quanto sopra“Andres.. mio padre passò la sua ultima notte con una prostituta, Mitzi Casper, e poi si suicidò con la Vetsera a Mayerling..E’ andata così, e sono cresciuta .. come sono, tranne che tu ..meriti di meglio” deglutì “.. la signora è stata congedata. O stai con me ..” “EH..” “L’ho pagata, Fuentes.. Preferisci transitare da qualche altra o..” “Mi confesserò..” “Ti faccio schifo..E sei un bugiardo, mi desideri” “Io.. ti desidero fino a stare male ..Erzsi, fine, e se ora ..” “Rimani con me” “ Se ora ti tocco, non riuscirò a mandarti via..Non riuscirò più a fermarmi, lo sai, quando stavamo insieme era un continuo” “E .. io pure ..” un bacio, ci eravamo buttati l’uno addosso all’altra, e pioveva, scrosci come rulli di tamburo, un cannone, un presagio di morte o di vittoria.
Ero andato via prestissimo. L’alba era sorta, fredda e lucida, il sole si affacciava timido contro il cielo, turchese e rosa, non era un brutto giorno per morire. Avevo contato i passi rituali con la massima cura e freddezza, se morivo andavo forse da Isabel e Xavier, non era un brutto pensiero.  
Fuentes, ahora y por siempre, il motto nei secoli dei Fuentes, caricando il grilletto e  scaricando l’arma, ero rimasto illeso, la pallottola del mio avversario non mi aveva toccato.
E avevo scorto il viso di Isabel, mio figlio Xavier, Erzsi in riposo dopo quella notte, sul bagliore dei ricordi, ecco di nuovo la rocca di Ahumada, i cieli d’Africa, le steppe russe e il viso di una ragazzina, Catherine Raulov, che mi tirava un pestone. Tutto e nulla, ma lei aveva dei begli occhi, onice e topazio, una calda sfumatura, oscurata dal dolore.. adesso, l’avevo incrociata a Livadia, da lontano, squisito il suo profilo, mentre parlava con la sua prediletta amica, la granduchessa Olga Romanov, nessuno poteva indovinare il dolore per le lesioni subite.. difendeva sua madre ed era stata frustata a sangue.. No. Non era giusto. Con suo zio, mio mentore, R-r, le avevo suonate al principe Raulov.. per farlo desistere da ulteriori violenze “Ella e Catherine hanno finito con te, io ho finito .. fai loro qualcosa e ti ammazzo, ricordalo Pietr” una pausa “ O ti ammazza Fuentes.. se succede qualcosa sei morto e alla tua lurida vita ci tieni..” anche io, allora come oggi. Era cresciuta, un fremito nelle parti basse avvisava che mi piaceva.. E non l’avrei sfiorata con la punta di un dito, figuriamoci, già avevo abbastanza casini, e lei era da sposare, non poteva essere una mera avventura, una scopata e via. Come Erszi, lei non era semplice sesso, accidenti a me e lei, sempre. Catherine…
 “Lo hai preso alla spalla.. Poteva essere morto e non lo è”  “E io potevo finire agli arresti, fuori dai confini.. e via così..O morto, tanto per dire. Ipotesi che non volevo contemplare troppo da vicino, ipocrita sì ma non fino in fondo.” “Sei un eroe, secondo tuo solito, mio prode Fuentes, passerà tutto insabbiato..” “Hai parlato con tuo nonno..” lei sorrise “Che ti vuole ricevere.. Andres.. basta così, nessuna guerra” “Ora credi nell’amore, mia cinica?” “Io credo in te e ..” “Erszi..” “Andres..” mi aveva fatto distendere vicino a lei, l’accoppiamento era amore, non mero sesso. “Andres Fuentes, eroe della Calle Mayor, mio tesoro” “In spagnolo, il tuo nome è Isabel” “Ah..” “SE avrò una figlia od una nipote, il suo appellativo sarà Elisabetta”  “E tanto mi ricorderai a prescindere” “Sempre, Elisabetta “ tralasciando il seguito, che Erszi mi avrebbe ricordato ogni santo giorno, con Sophie..la più amata dei suoi figli, concepita a mia insaputa, lei voleva un mio segno perenne.

Gli occhi verdi di mia sorella, la mia Marianna, la coraggiosa leonessa di Ahumada, che si ritrovò a partorire la sua bambina, nel 1912, in anticipo di un mese, con solo me per aiuto..Per nostro reciproco trauma. Si svolse tutto in modo rapido e inopinato, alla fine lei rise, che fatica nascere “Grazie, Andres” “Hai fatto tutto tu..” avevo tagliato il cordone ombelicale, con delicatezza avevo presa sua figlia tra le braccia, deponendola nelle sue, che urlava a gola spiegata il suo disappunto insofferente  di essere stata scaraventata al mondo “Scegli tu il nome” “Elisabetta..”Sapevamo entrambi che il corrispettivo spagnolo era Isabel, un omaggio, una speranza. Isabel era stata mia moglie, oltre che la sua migliore amica.. E onoravo Erszi, come promesso. Una battaglia, un trauma a cui era sopravissuto,  Xavier era morto poco dopo la nascita.. Un domani sarei stato pronto per avere un altro figlio e …

Un bambino vivace e curioso, lo zarevic, che avevo portato a pesca, il prediletto di Catherine, il mio nuovo amore. Che mi aveva sferrato un calcio ai genitali, quando la volevo dissuadere dai peripli. Che mi aveva baciato, di sua iniziativa, dopo dieci giorni dal nostro primo ritrovarci. Catherine.. Catherine .. Il suo sorriso, pura luce in quelle giornate interminabili, di oscurità e abbandono, il mio amore. Alta e scattante, amazzone perfetta, squisita poliglotta, una rompiscatole incalzante, di portentoso talento.
Catherine, Catherine dagli occhi di onice e scuro miele
Quando avevo sposato Isabel ero vergine, tranne che qualche bacio rubato. E ritenevo che fosse come quando si accoppiano due animali, invece.. I suggerimenti forniti dai fratelli mi avevano reso solo pieno di stupore e imbarazzo, mio padre mi aveva raccomandato solo di non avere troppa fretta, lasciando alla mia immaginazione il resto. Amore, tenerezza, passione. I bordelli e le avventure erano venuti dopo. Ero giovane, in salute, ardente, senza obblighi,  di tutte per non essere di nessuna, solo una volta, dopo,  mi ero innamorato, di Erszi.. Appunto.


I cieli della mia Spagna, andando a Santiago, con Marianna, io e lei, da soli, a piedi, pellegrini tra  i pellegrini, parlando ben poco. Lei era la sua migliore amica, si sentiva in colpa, doveva guardarci no.. Come no. La sentivo piangere, notte dopo notte, alla fine ero ben ubriaco quando le ho ingiunto di piantarla. Se ce l’hai con Enrique, io non sono da meno, che .. E mi aveva tirato addosso una brocca d’acqua, guardati, Andres, fai schifo, Isabel non avrebbe mai voluto vederti così… Io sono vivo e lei è morta, fine, come mio figlio .. Poi ci siamo messi a ridere, che scena ridicola, lei in versione leonessa con quella brocca in mano, scalza, io bagnato come un pulcino.. Se serve a farti sentire meglio, rompimi le ossa e i denti.. E che sei impazzita, Marianna, come quella volta che sei sgusciata a cercare un gruppetto che si era perso nei valichi, manca poco ti assideri.. Basta, Andres, per entrambi. Non fa il nostro bene.. Aveva ritrovato da poco Raul, suo futuro marito, marchese di Cepeuda, lo aveva conosciuto quando era solo un ragazzetto di dieci anni e .. In sintesi, era innamorata, ricambiata, e si sentiva in colpa, che le pareva un affronto.. Come no, come se lei non dovesse più provare nulla, essere una fredda pietra, era sempre viva e doveva iniziare a stare bene di nuovo.. E TU NO, Andres..? Io.. Io pensavo di avere finito, il mio dolore troppo grande e la mia casa troppo piccola.

Fino a Catherine, che .. mi piaceva, era una rompiscatole di prima lega e tanto era  ironica e spumeggiante, una maschera di allegria per nascondere le preoccupazioni, mi esasperava e divertiva. Sparsi frammenti e pensieri, my immortal, my beloved, osservata mentre prendeva un caffè, delicati i movimenti delle mani e scalzi i piedi. Scalfitture, ematomi e cicatrici, il mare, la ho paragonata a una dea, una ninfa irriverente, diversa da tutti, la mia privata meraviglia, costante. Amazzone infallibile, la ho visto cavalcare il vento e saltare verso l’orizzonte, un gioco, una favola, solo limite l’immaginazione.
Prima di lei, il nulla, il vuoto ed il rimorso, uno specchio vuoto, insieme a lei sono tornato a essere vivo, infinita passione. E quando le ho rivelato i miei segreti, non è né inorridita né scappata.. nati in paesi diversi, separati dalla lingua e dalla religione, ci siamo trovati a leghe di distanza.Destino? Vocazione? Forse sì, forse no.. la avrei cercata lo stesso in questa vita e in altre cento e mille..

Incomparabile, composta di ferro e pietra,  ricordiamo il Sonetto di Shakespeare, il XVIII?.. regale, anche nei difetti, testarda e irruente, impulsiva, parlava troppo o troppo poco, se ha qualcosa ride per non piangere e diventa quasi muta, mai nessuno deve scorgere le sue ferite o le debolezze..Un poco come Aleksey Nicolevich, si somigliano più di quanto non pensino..
Un libro, il caffè che prende sempre amaro, la voce di seta e miele e fumo, i capelli corti. Lady Morgan, narrando la storia degli antichi, convinti che l’anima risieda nel plesso solare e che, due amanti, toccandosi lì con le nocche, nelle vie del sonno, ritrovino lì quella dell’altro uno. Amatissima, presente anche nelle assenze. Ti ho ritrovato nelle gocce di pioggia, nella rugiada che fa omaggio alla primavera, al largo del mare più profondo in estate, zaffiro e indaco E nelle foglie cadute in autunno nei prati, nel silenzio della neve che cade in inverno.
Principio di tutto e parte del tutto, che hai ricomposto i frammenti, Catherine, mia Catherine,,my love, my only love. I’ll love you   forever, until my death and more, I always love you.

Le nocche si stringono, un preludio di bacio e..
In some place outside here I am looking for you, trying to find you again, even if I found you here, and you're beside me,  I'll find you in other millions times, because my beloved, my love has no end..And, now, we are together 
“.. vuoti e assenze, di errori ne ho combinati tanti, oggi ho delle rughe in più, sono diventata amara, cinica, tranne che rifarei tutto, punto per punto, di avere Sophie non mi sono mai pentita…Mai. L’ultima figlia, la più desiderata, ne ho di coraggio a scriverti così ed egoismo..” così scriveva Erszi,parlando su nostra figlia, la mia piccola principessa dalle iridi color giada. Catherine, Sophie, un altro figlio in arrivo, non potevo mollare.. E sono qui, con lei, mi pare un miracolo. Scruto le mie mani, la vera nuziale alla destra, mai più la toglierò.. Good night, my love, my Catherine full of grace.

La mattina  svegliavo Catherine  a suon di baci, la mia  testa tuffata tra le sue  gambe, la passione non si era spenta, gravidanza o meno, anzi, le manovre di avvicinamento approdavano sempre ad un amplesso. Una grazia ed una pausa, un tenero equilibrio.
Un lento intrecciarsi di labbra e respiri.
Mi precedeva, mi aspettava, si rilanciava … La divoravo, un pezzo alla volta, il mare suonava dentro di noi. Mi veniva da ridere fino a scoppiare, eravamo sempre vivi.
Sulle braccia, i tatuaggi dei miei figli, quelli che avevo e quelli che sarebbero venuti.
Xavier.
Sophie.
Felipe.
Leon.
   
 
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