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Autore: bibliophile310    19/02/2018    1 recensioni
Alexa è la tipica ragazza responsabile e studiosa, con un'amica soltanto, la pazza Violet. Le due sono un pò prese di mira dai giocatori della squadra di rugby. Quando un giorno, le due amiche sono stanche delle solite prese in giro, Violet organizza una finta festa per provare a mettere fine a queste loro sofferenze, e inaspettatamente il capitano della squadra di rugby, Jarrett, che si dice essere diverso dai suoi compagni di squadra, inizia ad interessarsi ad Alexa. Ma Jarrett sarà veramente diverso o è uguale a tutti gli altri?
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Note: Ecco qui il secondo capitolo, è un pò più corto rispetto al primo, quindi pubblicherò subito anche il terzo. Spero vi piaccia. Fatemi sapere! Bacio :)

Dopo la scuola, non sapevo ancora quali fossero i piani di Violet. Così durante il tragitto verso casa glielo chiesi: «Allora Violet, mi vuoi dire cos’hai in mente di fare ai ragazzi della squadra di rugby?».
«Ancora no. Devo perfezionare alcune cosette e poi questa sera ti telefono.»
«Cosa state escogitando voi due?» chiede Colin.
«E a te che importa??» chiede Violet, su di giri.
«Violet!» la rimprovero io. Quando è nervosa, Violet risponde alle persone con un po’ di sfacciataggine, ma in quel momento proprio non capivo il motivo del suo nervosismo; forse era perché mio fratello ci aveva fatto quella domanda, e lei voleva tenere nascosto il suo “piano di vendetta”, oppure mio fratello la innervosiva. Colin era sempre stato bruttino fino ai primi anni del liceo, era piuttosto magrolino, e soffriva di acne. Ma dopo la terza liceo, quando si innamorò di Natasha, decise di andare in palestra per mettere su un po’ di muscoli e di andare da un dermatologo; dopo un mese aveva la pelle perfetta come quella di un bambino. Qualche volta gli rubavo un po’ di quella crema magica, appena mi accorgevo di un brufolo sospetto sulla faccia. Quindi Colin divenne piuttosto carino. Violet nel frattempo, durante la terza liceo, era innamorata di un certo Gabriel, per metà spagnolo e metà americano, lei gli chiese di uscire, ma lui rifiutò. Così da quel giorno in poi, Violet non gli parlò più e tuttora lo considera un deficiente.
Ora che siamo in quarta liceo sto iniziando a notare che quando Colin esprime un’opinione su qualcosa, lei è sempre d’accordo. Quando andiamo a scuola stanno sempre attaccati. Forse anche mio fratello prova qualcosa, lo vedo diverso ultimamente. Sarà meglio che gliene parli.
«Che c’è?» mi chiede Violet.
«Colin ci ha solo fatto una domanda.»
«Sì, ma ecco…tu, vuoi dirglielo?» mi dice trascinandomi qualche metro più in là, in modo che Colin non senta.
«Sì, io penso di sì. Potrebbe aiutarci. Gliene parlerò stasera con calma, dopo che tu mi avrai telefonato.»
«Va bene.» ci saluta, mentre entra nel cancello di casa sua.
«Cos’è? Adesso avete anche i segreti come le bambine delle elementari?» dice Colin scherzando.
«Ma quali segreti?» lo spintono un po’, «te ne parlerò a casa stasera. Non ti preoccupare, sai che ti dico sempre tutto io. Forse sei tu che non mi dici proprio tutto tutto.»
 
Durante il pomeriggio mi concentro su biologia, domani ci sarà il test. Intanto sento un delizioso profumino provenire dal piano di sotto. Mele in camicia, il mio dolce preferito. Mamma adora cucinare dolci, tutto quello che sa sulla cucina, glielo ha insegnato la nonna. Durante l’estate mi piace andare a casa sua a prendere lezioni di cucina. A casa poi mi sbizzarrisco un po’, ma i risultati non sono proprio soddisfacenti. Pazienza, si vede che non sono portata per questo genere di cose.
«Alexa, mi spiegheresti che cos’è un cromosoma?» mi chiede mio fratello. Colin è sempre stato bravo a scuola, ma ci mette un po’ a capire le cose, ha i suoi ritmi.
Vado nella sua stanza e provo a spiegargli che cosa sia un cromosoma.
«Mmh, credo di non aver capito.» Mai una volta che capisca qualcosa al volo. Tento di rispiegarglielo con parole più semplici, e finalmente mi sembra abbia capito.
«Oh, ora ho capito. Grazie sorellina! Era più facile di quanto credessi.»
Gli sorrido, e torno in camera mia a finire di studiare.
 
Come previsto, alla sera ricevo la telefonata di Violet.
«Allora, Alexa. Questo è il piano. Giovedì, il giorno degli allenamenti, entriamo negli spogliatoi maschili e lasciamo negli armadietti dei volantini per una festa.»
«Una festa?» chiedo io perplessa.
«Sì, una finta festa, dove solo loro sono gli invitati. Ci saremo solo noi e loro. Sabato, all’oratorio, per le nove. Loro non rinunceranno mai ad una festa. Quindi noi arriviamo mezz’ora prima. Montiamo delle videocamere, per registrare l’esilarante evento. Ci prepariamo con le luci spente, così quando arrivano, iniziano a chiamare se c’è qualcuno e noi iniziamo a fare le stupide, facendo finta di essere le BBP, dicendo cose del tipo: “Ciao ragazzi. Siamo solo noi, voi e noi Barbie.”, cercando di imitare il più possibile le loro vocine idiote. Così li provochiamo un po’ e diciamo loro che la vera festa è al piano di sopra, dove ci sono dei letti che ci aspettano.»
«Oddio Violet, è disgustoso.»
«Aspetta, fammi finire. Così noi ordiniamo loro di togliersi tutti i vestiti, quindi tuo fratello accende tutte le luci. E sbam, fregati!»
«E pensi che a loro importi se noi vediamo i loro gioiellini? Continueranno a darci fastidio comunque.»
«No, tesoro. Li ricattiamo, diciamo che se non la smettono di darci il tormento quel video verrà trasmesso al ballo scolastico!»
«Ah. Hai pensato proprio a tutto! Ma non so, io non me la sento… E se poi succede qualcosa?»
«Ma che vuoi che succeda? Devi stare tranquilla. Quelli infondo infondo sono soltanto dei cretinetti che quando c’è da essere uomini, spariscono. Lo sappiamo entrambe.»
«Mmh...D’accordo, come vuoi tu. Speriamo che almeno funzioni.»
«Fidati. Funzionerà eccome. Ora devo andare, a domani. Baci baci!»
«A domani.»
 
«Allora. Adesso puoi dirmi cosa avete in mente tu e Violet?»
Vedo Colin sulla soglia della mia porta.
«Colin! Hai origliato tutta la telefonata??»
«No, sono appena entrato! Ora parla. Era quello l’accordo.»
«Certo certo. Allora…»
Gli racconto tutto il piano per filo e per segno e lui ascolta entusiasta.
«Allora, ti è tutto chiaro?»
«Sì. Mamma mia, Violet è pazza.» dice sorridendo.
«Già, a proposito di lei…Non è che voi due avete qualcosa da dirmi?»
«Per esempio?»
«Per esempio che ve ne state sempre appiccicati...»
«Non ti scappa nulla è. Va bene. Il fatto è che ho notato che, come dici tu, Violet mi sta sempre intorno. Così sto cercando di capire se prova qualcosa per me. Ma, fidati, io non provo nulla per lei. Almeno finora.»
«Ecco. Avevo ragione.» dico vantandomi un po’. «Comunque i sentimenti cambiano. Le persone cambiano. Penso che Violet sia proprio cotta di te. Non so, provo a parlarle domani.»
«Sì, ma non dirle che noi abbiamo parlato di lei. Vedi, io in tutti questi anni l’ho vista solo come una buona amica. È molto carina, lo ammetto, ma non l’ho mai vista come qualcosa cosa di più. Non so che effetto mi farebbe essere il suo ragazzo. Capisci?»
«Non proprio, io non sono un’esperta in fatto di amore. Ma stai tranquillo, non le dirò che abbiamo parlato di questo.»
«Grazie. Forse riuscirò a capirci un po’ di più.» dice dandomi un bacetto sulla guancia.
Io e Colin siamo sempre stati affettuosi, tant’è che quando usciamo insieme, ci scambiano per una coppietta di fidanzati. Ma il tempo migliore che passiamo insieme è il dopocena, quando stiamo anche ore e ore a parlare e a confidarci in camera mia, o sua.
 
Guardo l’ora dalla mia radiosveglia. Le 21.  Scendo di sotto dai miei genitori, che stanno guardando la TV.
«Io vado a dormire.» dico.
«Di già?» mi chiede papà, guardando l’orologio a pendolo in salotto.
«Sì, sono stanca.»
«Va bene. Notte.»
«Buonanotte tesoro.» aggiunge mia madre.
«Notte. Vi voglio bene.» dico io, salendo in camera mia.
Vado in bagno a lavarmi i denti e a togliermi il trucco di oggi. Mi metto il pigiama e mi infilo sotto le coperte con il mio iPod. Lo accendo e l’ultima canzone riprodotta è una pop-rock. Decisamente no. Quindi metto su una canzone rilassante, una canzone al pianoforte.
Con le mani sopra le coperte cerco di tenere il ritmo della canzone, finché non mi calano le palpebre e mi addormento, mentre fuori, il mondo, è ancora sveglio.
   
 
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