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Autore: DANI1993    20/02/2018    0 recensioni
Mi prese ansia. Io che di solito non avevo mai ansia prima di un esame. Era un qualcosa di nuovo. Avevo la brutta sensazione che quelle prove sarebbero state ben più terribili di quelle finora affrontate. Ero preparata… o almeno era quello che credevo.
“ Ecco qui” sentii sussurrare dal mio maestro, e il battito del mio cuore accelerò.
Alzò lo sguardo e io silenziosamente lo pregai di avere pietà.
“ La magia da contatto” chiese, enigmatico.
Riflettei un attimo, ma lui mi ordinò:” Veloce Bellatrix. Rispondimi all’instante quando ti faccio una domanda!”
“ Un attimo” avrei voluto rispondergli. Ma non osai farlo. Riflettei ancora un qualche secondo, poi mi arrivò alla mente la risposta. Ma lui non fu felice del mio tentennamento.
“ Allora” chiuse il libro e si alzò dalla poltrona. “ Hai studiato?” domandò. Non seppi se dargli la risposta o se l’avesse già saputa leggendomi nella mente. Forse no, poiché ripetè la domanda per la seconda volta: “ Hai studiato Bellatrix?”
Genere: Introspettivo, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bellatrix Lestrange, Horace Lumacorno, Rabastan Lestrange, Rodolphus Lestrange, Tom O. Riddle
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra, Malandrini/I guerra magica
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Dal grimorio di Bellatrix: “ Non doveva sapere nulla”
 
 
 
Erano passati circa quindici giorni dalla notte in cui Tom, il mio maestro, mi rivelò ciò che si attendeva da me. Nel frattempo erano cominciate le vacanze estive e a casa mia era cominciato il solito andirivieni di mia madre, in camera mia.
Avevo smaltito la paura che mi ero creata dentro di me l’ultima notte al castello, ci avevo riflettuto su ed ero arrivata a concludere che forse avrei potuto farcela a fare tutto ciò che il mio maestro si attendeva da me. Non era facile, certo, ma avevo sempre accolto le sfide con un certo entusiasmo e questo entusiasmo faceva si che anche le cose più difficili, mi venivano facilitate, oserei dire in modo quasi naturale. Ero convinta che anche questo alla fine sarebbe stato un compito più facile di quello che sembrava.
Tom, il mio maestro, mi aveva dato tempo per decidere quando fossi pronta ad iniziare; ebbene ora lo ero. Dovevo attendere comunque il primo settembre prima di comunicargli la decisione, dal momento che ognuno di noi, in questo periodo viveva per conto suo, lui in un orfanotrofio, e io con Andromeda e Narcissa. A parte la notizia che il mio maestro viveva in un orfanotrofio, non sapevo nulla di lui. Né conoscevo l’esatta ubicazione, né com’era fatto… niente.
La mia famiglia ovviamente non sapeva nulla di ciò che io e il mio maestro avremmo fatto al castello, una volta tornati. Ero convinta di non dire loro nulla, almeno fino a quando non avessi deciso a farlo. Ciò sarebbe dipeso unicamente dalla mia volontà, ma ero comunque certa che non avrei potuto nascondere la cosa in eterno ai miei. Ma per un certo periodo forse sarei riuscita a farlo. E poi non sapevo come l’avrebbero accolta: si sarebbero arrabbiati? L’avrebbero accolto con entusiasmo? Forse si, forse no. Ma a me, sinceramente, non importava nulla. Era una cosa che avevo deciso da sola, per conto mio, e non mi importava di ciò che mia madre o le mie sorelle avrebbero potuto dirmi.
“ Bella vieni che il pranzo è pronto, tesoro”
“ Arrivo madre”
Ogni giorno la frase che mia madre mi rivolgeva al di là della porta che tenevo chiusa proibendo a chiunque di aprirla senza il mio permesso, era questa. E la mia risposta variava in base all’umore che avevo. C’erano volte in cui rispondevo: “ Non ho fame, madre” quando ero di pessimo umore, oppure “ Arrivo madre” quando, come in questo caso, ero tranquilla; oppure quando ero a metà tra un umore e l’altro rispondevo: “ Più tardi madre”.
Di tante cose posso lamentarmi in casa mia, ma certamente non del fatto che mia madre accettasse qualunque mia richiesta senza fiatare. Ero stata cresciuta con l’assoluta libertà di scegliere ciò che più mi andava, e mia madre faceva sempre ciò che io le chiedevo. Non mi dava mai ordini nel vero senso del termine, ero io anzi che davo ordini a lei.
Il pranzo di casa nostra consisteva in quattro portate. Antipasto, primo piatto, secondo piatto e dolce. La cucina era una delle cose che la donna di casa sapeva fare meglio. Durante l’estate non rimpiansi mai particolarmente la cucina di Hogwarts proprio per questo motivo..
Quel pomeriggio però accadde qualcosa che per la prima volta, turbò il mio buon umore di quella giornata. Dromeda e Cissy, stavano giocando per conto loro in una stanza a parte quando suonarono alla porta. Andai a vedere dalla finestra di camera mia, chi fosse il seccatore. Mi si accapponò la pelle.
Una donna dall’aspetto altezzoso era, insieme a due ragazzini, in attesa di entrare in casa mia. E dal modo in cui aspettava capii che era di pessimo umore. Il ragazzo con lei altri non poteva essere che Rodolphus Lestrange e colui che gli stava vicino, il fratello minore Rabastan. Mi appostai dietro la porta, ora socchiusa, della mia camera per poter udire meglio la conversazione.
“ Ah buon pomeriggio” sentii dire quando varcò la soglia. “ Scusi il disturbo”
“ Signora Lestrange, a cosa devo la visita?” sentii dire da mia madre, un po’ apprensiva.
“ Adesso glielo dirò. Posso avere qualcosa da bere?” domandò in tono duro la donna
Sentii mia madre andare a prendere un bicchiere di burrobirra e versarlo all’ospite. Non sentii però la donna ringraziare. Che maleducata…
Ci fu un istante di silenzio, durante la quale l’ospite bevve la bevanda offertale da mia madre, senza alcuna cerimonia.
“ Sono qui, perché mio figlio mi ha raccontato di un fatto accaduto sul finire dello scorso anno accademico alla scuola di Hogwarts. Prego, Rod, esponi alla signora Black ciò che è successo”
Attesi un attimo, e nel frattempo cominciai seriamente a temere che Lestrange raccontasse dell’incidente che gli era capitato in biblioteca quel pomeriggio in cui perse i sensi.
Non mi sbagliai. Rodolphus raccontò ciò che era capitato quel pomeriggio e disse che a fare ciò ero stata io.
Al chè mia madre, inizialmente prese la notizia come una bufala, poiché rammentò: “ Non posso pensare che mia figlia Bella faccia mai una cosa del genere a una persona. Non è nel suo carattere”
Intervenne la madre di Lestrange, e dal tono capii che era rossa di rabbia: “ Ah no? Lei, signora Black non conosce bene sua figlia allora. Perché non la convoca qui e così possiamo sentire di persona, ciò che ha da dirci?”
“ Va bene. BELLATRIX SCENDI SUBITO!”
Sospirando cominciai a scendere di sotto, ripetendomi nella mente una possibile ricostruzione dei fatti che smentisse ciò che quello scemo di Lestrange si era creato nella testa, per mettermi nei casini.
Arrivai nel salotto e vidi la signora Lestrange seduta come una regina sulla poltrona di casa mia con i due figli: Rod e Rab seduti ai due lati di lei. Rod tanto sicuro di sé, invece Rab, già allora, mi sembrava introverso e timido. Mia madre, pallida, mi osservava in piedi la scena.
“ Bene, non è necessario che ripeta di nuovo tutto, poiché la signorina Bellatrix pare abbia udito tutto di sopra. Ti chiedo, allora, signorina, di raccontare ciò che è successo a mio figlio quel pomeriggio durante lo studio” mi ordinò la signora Lestrange. Al che io, leggermente adirata risposi che non era autorizzata a rivolgersi con me, con quei toni, in casa mia.
La signora Lestrange, tuttavia, sembrò non fare caso alla mia richiesta, anzi fece una risatina e si rivolse al figlio maggiore: “ Avevi ragione, Rod. E’ una vera leonessa la signorina Black. Ma noi siamo leoni, vero figlio mio?”
Poi rivolgendosi a me, con un tono fintamente gentile, ripetè la richiesta: “ Allora vuoi raccontarci ciò che hai fatto a mio figlio durante l’anno?”
Riordinai i pensieri, cercando di mantenere la calma per non esplodere, e allora raccontai la mia versione dei fatti, che poi era la pur semplice verità: “ Suo figlio mi aveva provocato”
La signora Lestrange spalancò gli occhi, incredula: “ Provocato? E in che modo provocato? Credo che avesse fatto una piccola e ingenua provocazione, più che altro un piccolo scherzetto come fanno tutti i ragazzini della sua età, no?”
Chiusi gli occhi, cercando sempre di restare calma e raccontare tutto con un tono, per quanto possibile, educato e cortese e risposi: “ Aveva insultato mio cugino Evan”
La signora Lestrange spalancò ancora di più gli occhi e si rivolse al figlio: “ Questo però non l’avevi detto Rod”
Rod allora per pararsi un po’ aggiunse rivolto alla madre: “ Stavo semplicemente scherzando, e poi io non ho agito con la magia, come ha fatto lei. Non è corretto. Lei ha esagerato, io ho detto quelle cose per scherzo”
Mia madre, da quella spiegazione parve riprendere vigore e rivolgendosi con sguardo sospettoso verso Rod domandò: “ Ma cosa combina suo figlio, signora Lestrange? Pedina mia figlia? Come fa a conoscere mio nipote Evan Black?”
Lì per lì, non ci avevo pensato. Né quel giorno in cui mi rivolse l’accusa e neanche ora che lo spiegai a tutti. Mi pedinava davvero? Come osava farlo?
Rod impallidì. Tuttavia in suo soccorso, intervenne la madre. Anche se lo fece in maniera poco convinta.
“ Non siamo qui per decidere chi pedini chi. Siamo qui perché sua figlia ha reagito in modo sconsiderato a quello che era una semplice dichiarazione scherzosa di mio figlio, su suo nipote”
Ma mia madre, finalmente si era ridestata dallo shock iniziale provocata dalla versione storpiata di Rod.
“ Posso sapere come mai suo figlio, pedina mia figlia?”
Non ci fu risposta. Rod, impallidito a morte, come un vigliacco, alla prima difficoltà decise che era arrivato il momento di darsela a gambe, visto che il suo patetico tentativo di incastrarmi, gli era andato storto.
Le ultime dichiarazioni, tuttavia avevano ridestato persino la signora Lestrange, che capì che forse suo figlio le aveva raccontato solo una parte della storia, ovviamente ciò che a lui faceva più comodo raccontare.
“ Ma cosa fai, Rod? Cosa combini? Non ho cresciuto una spia. Questo non me lo avevi detto”
Rod scoccò un’occhiata al fratello e questi rispose con lo sguardo che conveniva raccontare la verità. Il fratello maggiore, parve accettare, ma decise di farlo in separata sede.
“ E va bene, mamma. Te lo dirò, ma non qui”
Intervenne mia madre.
“ Nono. Lo voglio sapere ora. Qui. Non m’interessa. Voglio sapere perché pedini mia figlia.”
“ Mamma, andiamo. Ho sbagliato e lo riconosco. Adesso… andiamo”
La signora Lestrange, un po’ interdetta dalla figuraccia combinata, si alzò sotto pressione di Rod, trascinata per un braccio dal figlio, ormai pienamente convinto che il suo tentativo era miseramente fallito, e senza neanche salutare, uscì da casa. Quel modo brusco di sospendere la conversazione però in me, fece tirare un sospiro di sollievo. Anche quella volta ero riuscita a non far credere a mia madre che fossi colpevole in qualcosa. Ed ero riuscita persino a convincere la madre di Lestrange che forse, forse, la mia reazione non era poi così sconsiderata alla fine.
Rimasi però anch’io un po’ interdetta dalla reazione così frettolosa di Lestrange quando mia madre lo aveva costretto a dire il perché mi pedinasse. Al momento però non m’interessava molto sapere la risposta.
Mi sento solo di dire che quella fu l’ultima volta che vidi la signora Lestrange. Poi di lei si persero le tracce. Almeno fino a quando non mi fu detto ciò che le era capitato, anni dopo.
Ritornai in camera mia, convinta a iniziare i compiti delle vacanze, quando fui nuovamente interrotta da mia madre che bussò alla porta.  Sbuffando, la feci entrare. Dovevo pur sdebitarmi con lei per l’intuizione che aveva avuto, e che, lo confesso, era sfuggita inizialmente anche a me.
“ Bella, è successo davvero quello che la signora Lestrange ha riferito?”
Guardandola attraverso le mie bellissime palpebre pesanti, annui. Ma le spiegai che il motivo per cui l’avevo fatto era quello che avevo raccontato prima. Solo ed unicamente per quello.
Lei mi mise le mani sulle spalle e, guardandomi seriamente, per la prima volta accennò ad un qualche rimprovero nei miei confronti, tuttavia sempre molto misurato. Sembrava quasi che temesse a rimproverarmi seriamente. O che comunque non ci riuscisse. Essere la regina della casa, aveva i suoi privilegi.
“ Non devi farlo più, Bella. Mi raccomando”
Solo questo. Me lo disse in tono tranquillo. Questo fu il suo rimprovero. Io annuii e risposi: “ Va bene, madre”
Poi lei guardandomi mi domandò ancora: “ Chi eravate quel pomeriggio?”
A quella domanda tuttavia, non volli rispondere. Mia madre però insistette.
“ Rispondimi, Bellatrix”
Guardandola negli occhi, dopo un lungo istante, decisi infine di darle i nomi: “ Io e gli amici di Rodolphus: Avery e l'altro Dolohov, mi sembra che si chiami. Non lo conosco. E' più grande di me. Vai a capire come quello va a farsi per amica gente più grande di lui...”. In tutto questo omisi il nome del mio maestro.
Come ho detto in precedenza avevo  deciso che mia madre non doveva sapere nulla di me e di lui. Lo conosceva già, l’aveva visto l’anno prima a Diagon Alley. Se le avessi detto che io ero entrata in confidenze con lui, era probabile che lei mi frenasse. E io non volevo frenare la mia voglia di imparare, da lui, tutto.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
   
 
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