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Autore: Hi Im a Kupo    21/02/2018    0 recensioni
Un uomo, alto, muscoloso, probabilmente piacente se considerato in un contesto differente dall’attuale, se ne sta in gonnella e armatura, spada sguainata e capelli appiccicati alla faccia a causa della pioggia, in mezzo alla strada, invocante contro alcune dimenticate divinità, verso un’automobile ferma ed un autista particolarmente inquieto, che si applica nel detronizzare ogni santo del paradiso per colpa di quel discutibile individuo che lo sta facendo tardare a lavoro.
Diana inclina la testa confusa, le gocce di pioggia che le scivolano sulle guance e le appiccicano fastidiosamente i vestiti alla pelle.
“No, non è possibile..” [...]
Genere: Fantasy, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO DUE
 
8/novembre/2018 (un poco più tardi)
 
Aurora la vede ridere. O più precisamente, la vede sconquassarsi sul pavimento come un’ossessa. E giustamente, Aurora non capisce.
Diana, dal canto suo, ha ormai perso ogni ragione. Pensa di essere impazzita, o di star ancora dormendo, e forse di non essersi mai svegliata quella mattina.
I due uomini, ora entrambi in piedi, osservano spaesati la scena. Il centurione, ancora sconvolto dall’aver quasi ucciso una presunta dea, non si perde un movimento della stessa, mentre l’altro, evidentemente più sveglio del precedente, ha cominciato a guardare il mondo che lo circonda, incuriosito.
Aurora sembra perdere le speranze nel confronto dell’amica, certa che essa non sia più in serio pericolo di vita, e si volta verso il ragazzo (ad uno sguardo più attento non sembra, in effetti, essere molto più vecchio di lei) e gli rivolge la parola, per la prima volta da quando era arrivato, con un tono più mansueto.
“Sei greco?” chiede osservando i tipici vestiti che porta. Lo vede sussultare e girarsi verso di lei, non del tutto certo che ora la donna sia davvero innocua, e osservarla per un attimo prima di schiudere le labbra per risponderle.
“Si” risponde con voce sommessa “Atene” prosegue, come a voler rispondere alla successiva tacita domanda che la ragazza sembrava in punto di porgli.
Lei sorride, e lui sembra sentirsi rassicurato dalla cosa. Per quanto i suoi studi gli fossero sembrati irreali fino ad un attimo prima, ora era quasi certo dell’esattezza delle sue scoperte.
“Non siamo più in Grecia, vero?” domanda, accettando in risposta il morbido scuotimento della testa della sua interlocutrice.
“In che anno ci troviamo?” chiede ancora, rimanendo in attesa, questa volta, di una sua risposta sonora.
“2018, dopo Cristo” specifica lei, assecondando il suo sguardo sconvolto, conscia del fatto che sia una cosa difficile da accettare. Lo vede spostare gli occhi oltre la sua schiena, quasi sconfitto, fino a che non li arresta sullo schermo della televisione, a pochi passi da loro.
“Si chiama televisore” lo informa lei, cautamente, nel tentativo di non causargli ulteriori shock cognitivi “permette di vedere immagini che si muovono e di sentire suoni senza che ciò che viene rappresentato si trovi davvero davanti a te… è un gioco di luce, alla fine” conclude, provando ad adattare il più possibile la spiegazione ad una concezione relativa all’epoca da cui l’uomo proviene.
“Come torno a casa?” domanda il ragazzo prima che lei riesca a sillabare una qualsiasi altra frase.
“Non lo so” intreccia nervosamente le dita mentre gli parla “non so neanche come siete arrivati, in effetti”. Aurora è consapevole di star camminando sul filo del rasoio, dubbia su quale sia davvero il limite ultimo di resistenza della mente umana, prima di un black-out di informazioni.
Non risponde più lui, continuando ad osservare l’aliena casa.
“Sono certa lo scopriremo” lo rassicura cautamente “intanto, come ti chiami?”.
Lui solleva lo sguardo su di lei, sorpreso. Una donna, che gli concedeva il suo aiuto per uno studio. Dubbio fra il sorprendente e l’inaccettabile, decide di non porsi (per ora) troppe domande. Apre la bocca per rispondere, quando viene fermato da un urlo ferino alle sue spalle.
“NON MI TOCCARE!” lo strillo di Diana vibra intenso fra le pareti dell’appartamento. La ragazza, ripreso coscienza di quanto stava succedendo intorno a lei, non ha preso bene il tentativo di calmarla del centurione, che ha disgraziatamente pensato di appoggiarle le mani sulle spalle. Lo spintona via con tutta l forza della quale è dotata, cominciando poi ad urlargli contro frasi sconnesse sulla sua spada, il suo povero collo, e svariati insulti alla sua intelligenza.
“DIANA!” strilla Aurora verso l’amica, per un attimo dimentica del povero ragazzo al suo fianco “lascialo stare, è sicuramente più sconvolto di te!”.
Diana si ferma. Smette di colpo di bombardare di nevrotici pugnetti il petto del disgraziato in fronte a lei, e si volta verso l’amica.
“Ma siete tutti matti?” domanda irosa, i capelli ormai dimentichi dell’essere stati una volta legati in un ordinato chignon, e la piccola vestaglia nera totalmente stropicciata e smunta “Ma dico io, ci credi davvero che due pazzi di altre ere ci si siano fiondati tra capo e collo in casa, dal nulla?” prosegue con un tono di voce sempre più alto ad ogni sillaba che pronuncia.
“Non c’è bisogno di crederci, è quello che è” risponde lei, seria. L’amica la guarda, perdendo poco per volta la combattività disegnata sul suo volto che lascia posto ad un incredulo devasto. Probabilmente, se non si fosse trattato proprio di Aurora, la persona della quale si fida di più al mondo, avrebbe chiamato immediatamente il numero di pronto soccorso, denunciando un raro caso di malattia mentale degenerativa, comparso dal nulla. Forse sarebbe stato più facile così, ma le cose facili non si sono mai adattate bene alla sua vita, ed è proprio per questo motivo che è stata Aurora a pronunciare quelle fatidiche parole, con un tono talmente deciso da non ammettere repliche. Ed è proprio per questo motivo che Diana, il trauma negli occhi ed il vuoto nel cuore, gira su sé stessa e si dirige verso la cucina, ringhiando sommessamente sull’improvvisa necessità di aumentare il numero di scorte nel frigorifero.
 
 
Diana varca la porta della cucina diretta, senza scrupolo alcuno, alla macchinetta del caffè. Prende una tazza e la infila violentemente sotto al beccuccio di tale aggeggio, facendone tintinnare i bordi contro la sua superficie rigida. Inserisce la capsula, pigia il pulsante, ed il liquido scuro comincia a scorrere verso il piccolo contenitore. Un rumore alle sue spalle la fa voltare di scatto. Il centurione guarda l’innocuo elettrodomestico con lo sconvolgimento dipinto sul viso. Lei sbuffa, tornando a guardare la sua bevanda fumante.
“È un caffè, e questa non è magia ma tecnologia; abituatici, sei saltato in avanti di duemila anni, bel fustacchione” borbotta lei, con una sensibilità del tutto differente da quella dell’amica, raccogliendo la tazzina e portandosela alle labbra, mentre si gira verso l’uomo alle sue spalle. Si appoggia con nonchalance al mobile della cucina, incurante del suo aspetto devastato, mentre sorseggia regalmente la bevanda.
“Cosa vai dicendo, dea?” ringhia lui, additando come magia quanto appena successo.
“Finiscila con questa storia della dea” lo riprende lei, scocciata, come se semplicemente sperasse di addormentarsi e svegliarsi solo una volta che tutto ciò fosse finito. Si porta una mano alla tempia e massaggia nervosamente con i polpastrelli, tentando di moderare il suo comportamento.
“Okay” mugola distrattamente “vediamo di ricominciare: mi chiamo Diana, non sono una dea, tu sei invece..?”
Il viso del ragazzo si indurisce, quasi non avesse nemmeno sentito le domande che Diana gli ha appena posto, ed esclama a gran voce “Impostora, impostora! Maga maligna, mi hai ingannato!”.
Diana solleva un sopracciglio irritata mentre lo vede agitarsi nella sua direzione. Appoggia la tazza vuota sul mobile, accanto a lei, e prende un gran respiro richiamando a sé la calma.
“Guarda che hai fatto tutto tu, non ho mai detto di essere la tua dea” solleva gli occhi al cielo, spazientita “Il tuo nome, di grazia”.
Rimane zitto per un attimo, valutando se rispondere o no per poi considerare non particolarmente pericolosa l’idea, optando per aprire le labbra e degnare la ragazza dell’informazione richiesta.
“Marcus Iulius, figlio di Maximus, comandante della Nona Legione, diretta a Nord” rimane serio fissandola, in attesa di una sua reazione, la quale non tarda ad arrivare. La ragazza sposta la tazzina nel lavandino, prima di andare decisa verso la sedia della cucina e sistemarcisi sopra.
“Non darti nomi che non hai, Marco. Non ci sei mai arrivato a Nord, in fin dei conti” borbotta assottigliando lo sguardo, fisso nel suo. Il centurione le rivolge uno sguardo ancora peggiore e apre la bocca per rispondere, quando viene interrotto dal tempestivo accesso nella stanza di Aurora e dell’altro uomo.
“Fermi tutti! Io e Kyros abbiamo avuto un’idea sull’accaduto” afferma lei, indicando con la mano il ragazzo al suo fianco nel mentre “se non abbiamo torto, ci deve essere stato un fulmine che ha aperto il passaggio: ricordi il tuono tanto forte di prima?” chiede in direzione dell’amica, che risponde con un cenno affermativo della testa.
“Va bene tutto, ma credo che se un fulmine avesse colpito il nostro palazzo ce ne saremmo accorti tutti, o no?” domanda scettica Diana, ondeggiando nervosamente la gamba accavallata.
“Credo dipenda dal tipo di fulmine in questo caso” continua Aurora, sostenuta prontamente da Kyros.
“In effetti ha senso” dice il greco “ il fulmine che è precipitato vicino a me era diverso dai fulmini consueti; ricordo solo un forte mal di testa, non sono morto, e poi mi sono trovato qui”.
L’ormai troppo ricorrente tic al sopracciglio di Diana continua a mostrarsi in tutta la sua magnificenza.
“Questo uomo non mente, anche io ho notato una folgore divina a poco da me, prima di ritrovarmi qua. Io, però, non ho sentito dolore alcuno: solo l’immagine di lei” ed indica con la mano la povera Diana, mentre si sofferma per un istante con gli occhi sul suo viso “nella mia mente, prima di giungere in questo oscuro luogo”.
Diana sospira troppo rumorosamente, facendo voltare tutti verso di lei: “Non so se avete sentito male o no, ma il mal di testa lo state facendo venire a me, proprio in questo momento” borbotta, cambiando posizione delle gambe con un gesto di stizza.
Il greco la guarda per un attimo con sufficienza, prima di riportare lo sguardo su tutti i presenti e confermare ciò che era appena stato esposto dal romano.
“Per quanto irreale, in effetti anche io ho visto lei prima di ritrovarmi qui” afferma guardando la ragazza presa in causa, Aurora, che gli rivolge lo stesso sguardo curioso e concentrato.
“Sta di fatto che dobbiamo arrivare ad una, in un modo o nell’altro” sostiene la suddetta ragazza, prima di rivolgere lo sguardo verso la coinquilina e l’uomo al suo fianco “e voi due smettetela di fare i bambini e di litigare, che qui siamo tutti d’accordo sul volerli rimandare a casa”.
Diana sbuffa, spostando lo sguardo altrove, mentre il romano ribatte a gran voce di non aver proprio niente da condividere con quella dannata strega, men che meno il tempo di una discussione.
La ragazza si alza, stufa, dalla sua postazione sotto lo sguardo confuso degli altri abitanti della casa.
“Tanto vale che ci si metta sotto subito, allora” borbotta sciabattando verso la sala, all’insegna dei suoi immensi volumi di fisica.
   
 
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