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Autore: lucille94    21/02/2018    1 recensioni
Aprile 1199. Una tragedia piomba sulla Normandia, e molte altre ancora la seguiranno. Rebecca si trova straniera, sola, indifesa. Dapprima la paura, poi la prudenza guideranno i suoi passi: ma in gioco c'è un bene più grande...
*
*
Dopo il mio sequel di Ivanhoe, "Paix entre Nous", pubblico ora il primo capitolo di "Je veux t'attendre", ulteriore prosecuzione della storia. Visto che sto ancora scrivendo, avviso da subito che pubblicherò i capitoli con intervalli piuttosto lunghi.
Genere: Avventura, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Prima di passare al capitolo, volevo scusarmi per il ritardo... Purtroppo la sessione invernale è stata impegnativa, in più ho altri lavori in cantiere e non riesco a essere costante... Grazie della pazienza!


Aveva dormito male quella notte. Pensieri agitati la turbavano, ma non erano più i pensieri delle notti precedenti. Percepiva un pericolo incombente, si rigirava spesso e altrettante volte si svegliava di soprassalto convinta che ci fosse qualcuno nella stanza. Invece, calmandosi con respiri profondi, si convinceva che fossero solo incubi e tornava a coricarsi. Quella notte era la prima che i suoi figli passavano di nuovo lontani da lei, nella loro stanza, con Constance. A tratti la assaliva il timore che potesse capitare loro qualcosa ed era sul punto di alzarsi e andare scalza a prenderli per portarli al sicuro. Ma non c’era più un posto sicuro nel castello. Più il tempo passava più si insinuava in lei il sospetto verso tutti gli abitanti, a partire da quelli che avevano con lei pochissimi rapporti ed avevano quindi ragione più degli altri di credere alle dicerie che serpeggiavano contro il suo popolo, condivise da tutte o quasi le bocche cristiane. Era nervosa e strappava le lenzuola da una parte all’altra del letto, contorcendosi nel sonno come se fosse distesa sui carboni ardenti. Se nelle settimane dell’incertezza il materasso sembrava fatto di spilli che più e più la tormentavano e smuovevano le sue preoccupazioni, ora sembrava costellato di tizzoni infuocati che le scottavano la pelle fino a penetrare nella carne. Erano le voci che si sollevavano contro di lei: le sembrava quasi di sentirli, nel buio della notte, mentre tramavano per consegnarla ai nemici. Chi erano? Cercava i loro volti, aguzzava la vista e si spingeva sempre più in là, finché, di punto in bianco, precipitava. E precipitando sobbalzava nel letto e si svegliava.
Questo nuovo turbamento la accompagnò ancora per giorni e giorni, fino a che cedette. Armandosi di coraggio e disperazione, con il bel viso sciupato dalla sofferenza, Rebecca domandò al castellano la cortesia di chiamare il cavalier Limager per un colloquio strettamente personale. Non cercava un nuovo marito, ma un alleato. Questa era la promessa che faceva a se stessa. Mentre si dirigeva nello studiolo dove si erano parlati la prima volta, fu fermata da Madeleine. La serva fedele si era presa cura di lei al suo risveglio, poi era scesa a sovrintendere alle mansioni delle altre giovani donne del castello. In quel momento stava tornando in tutta fretta alla camera della signora: aveva un messaggio urgentissimo.
«Signora – la chiamò in disparte, indicandole un cantuccio dove ripararsi – Ho notizie che vi faranno piacere»
Rebecca ascoltò il bisbiglio di Madeleine corrugando la fronte.
«Quale messaggio potrebbe darmi piacere in queste circostanze?»
Madeleine sorrise: «Eleanor è sistemata. La Blanche ha intenzione di chiedervi la sua mano»
Rebecca reagì violentemente: scosse la testa e cercò di sottrarsi, ma era con le spalle al muro. Perciò rispose scocciata: «Non posso impegnarmi in simili faccende in tempo di lutto! Se ne potrà parlare tra qualche tempo...»
«Ma signora – insistette Madeleine – Eleanor è già grande, se il cavaliere se ne andasse senza una promessa potrebbe non trovare un altro partito... E di certo non potrebbe trovarne uno migliore!»
«Non concederò nozze, non voglio nemmeno sentirne parlare. Non ora» ribatté Rebecca, aprendosi un varco tra la serva e la parete.
«Forse allora vi farà piacere sapere che i tre sconosciuti hanno lasciato il castello questa mattina molto presto. Credo siano andati a rifugiarsi al monastero»
Rebecca sospirò voltandosi di nuovo verso Madeleine: «E sapete – domandò con tono più sereno – se abbiano detto qualcosa prima di andarsene?»
La serva negò e aggiunse: «Antoine è molto scocciato»
«Grazie, Madeleine. Dite che oggi tornerò dai poveri a distribuire loro un po’ di cibo» sorrise. L’altra assentì con un cenno e proseguì sulla strada opposta a quella della padrona. Rebecca discese al piano terreno sentendosi un po’ più leggera. Quando scorse Limager che, avvisato, la stava aspettando in disparte, le sue labbra si schiusero spontaneamente in un timido sorriso.
«Mia signora» la salutò con un accenno di inchino.
«Cavaliere» ricambiò lei. I loro occhi si incontrarono di nuovo.
«Spero di ricevere da voi notizie incoraggianti... Dopo tutto, il mese di lutto dovrebbe essere terminato ieri»
«Il cuore di una donna non riconosce limiti prestabiliti ai propri sentimenti – ribatté serenamente – In ogni caso, se davvero sperate nel mio consenso, credo di potervi interrogare più a fondo su quanto avete intenzione di fare nel prossimo futuro»
Limager la invitò a passeggiare mentre parlavano: «Siete una donna prudente – rispose – E questa è una dote preziosa. Non potrò promettervi che i miei piani rimarranno inalterati da questo giorno a quello della mia partenza, poiché i venti di bufera soffiano forti e possono spingere la nave del mio destino verso altre spiagge...»
«Ciononostante, mi piacerebbe conoscere i vostri progetti» insistette.
Avevano attraversato la porta d’ingresso ed erano usciti nel chiostro principale. Il sole era già alto e caldo e li investì con i suoi raggi avvolgendoli entrambi in un clima più intimo di quanto Rebecca avesse immaginato.
«I miei progetti sono molto semplici, in realtà. Per prima cosa, partito da qui, risalirei verso il porto più vicino e lì mi imbarcherei per l’Inghilterra»
«Quindi siete già convinto che queste terre andranno perse?» lo interruppe. La turbava una preoccupazione materna per la gente che durante quei quattro anni aveva amministrato quasi da sola e per cui nutriva un affetto ormai forte. Immaginava i volti dei suoi poveri ricoverati al castello, sapeva che la loro condizione sarebbe difficilmente migliorata senza l’aiuto e il sostentamento che lei era disponibile ad offrire. D’altra parte, più passavano i giorni più si rendeva conto che non avrebbe potuto sopravvivere da sola. Sarebbe precipitata tra quei poveretti, a mendicare il pane per sé e per i propri bambini. Non aveva più nessuno cui affidarsi... Se non quel cavaliere con cui ora parlava.
«In Inghilterra c’è più sicurezza che qui, mia signora. Philippe vuole sostenere Arthur, a quanto si dice. E così facendo vuole sollevare i vassalli normanni contro John, dando credito alla voce che vuole Arthur nominato erede da Richard in punto di morte» spiegò pacatamente Limager. Erano usciti dalle mura perimetrali e avevano imboccato un sentiero che scendeva nei campi aggrappati alle pendici del colle. Era una collina dal disegno dolce, sufficientemente alta da dominare sui territori circostanti, ma non degna di una rocca. I suoi fianchi erano facilmente percorribili e per lo più coltivati: i suoi frutti affluivano al castello per il sostentamento dei suoi abitanti e per le scorte. Rebecca guardò il paesaggio conosciuto e ne provò un senso di sicurezza, di abitudine. Qualcosa che per un attimo era stato infranto e, lentamente, recuperava dal passato ciò che aveva perso. Il vuoto non sarebbe mai stato colmato, no di certo: nemmeno Limager avrebbe potuto riempirlo con la sua imponente figura. Brian era stato lì, aveva calpestato quei sentieri, aveva cacciato in quei boschi... Era come se la natura sentisse la sua mancanza con nostalgia, tanto quanto la sentiva lei. E Limager era quasi un estraneo, uno straniero di passaggio. Tuttavia, l’ambiente la tranquillizzava. Gli uccellini, anche se tristi, cantavano ancora; i fiori, con le corolle un po’ pesanti, rialzavano già la testa; il sole scaldava come nei giorni sereni dell’autunno incipiente in cui lui era tornato.
«Voi mi state dicendo di abbandonare queste terre, signore?» domandò con un filo di voce.
Limager rispose guardando lontano, in direzione del nord: «Chiunque vi consiglierebbe di farlo, in simili circostanze»
«A volte mi capita di domandarmi come io sia finita qui e perché – confessò Rebecca, volgendo lo sguardo dalla parte opposta, verso sud – Tutto ha un significato nel piano divino. Ora mi domando perché io sia giunta qui, così lontano dalla mia casa natale e dai miei correligionari, così lontano dalle cose che mi erano familiari in Inghilterra... Quale scopo ha avuto la mia presenza qui, Limager?»
Lui tornò a guardarla e la guardò intensamente: «Se mi consentite, forse siete qui perché era previsto che noi ci conoscessimo»
«Forse sì – sospirò – Ma non sappiamo cosa debba derivare dalla nostra conoscenza»
Limager si avvicinò un po’ di più e bisbigliò: «Se dovessi pormi la vostra stessa domanda ora, risponderei senza esitare: sono qui per salvarvi. In Normandia non c’è più nulla di buono»
«E che senso ha avuto la sua morte?» domandò ancora, lo sguardo fisso a sud, verso Chalus.
«E’ da folli voler interpretare il volere di Dio – rispose serissimo – Forse vi state ostinando in una ricerca che non vi può più giovare»
Rebecca si volse di scatto. Per un attimo le parve di vedere un’ombra nei suoi occhi. Poi batté le palpebre e l’ombra si perse nelle profonde pupille.
«A cosa potrebbe giovarvi – continuò Limager – Sapere come e perché vostro marito sia morto? Potreste scoprire qualcosa di doloroso, qualcosa di infamante...»
«Infamante? – lo interruppe, stringendogli d’istinto la mano – Ditemi ciò che sapete, signore. Vi prego di parlare sul vostro onore di cavaliere e di confidare a un’afflitta tutto ciò che sapete»
Limager si liberò e indietreggiò di un passo. Rebecca, per un istante, si sentì cedere le ginocchia.
«Davvero volete sapere...?»
«Sì, ve ne prego»
Limager appariva molto imbarazzato. Si prese il mento tra le dita e abbassò lo sguardo. La sua persona non sembrava più imponente come prima.
«Vostro marito non è morto in battaglia, mia signora – confessò alla fine, con tono roco – E’ stato tradito... Accoltellato alle spalle mentre... Mentre si trovava nella tenda di una donna»
Rebecca si abbandonò a un forte capogiro; tese le braccia e Limager fu pronto ad afferrarle per tenerla in piedi. Le sue ginocchia si erano già piegate sotto il peso di quella rivelazione, senza che le parole avessero materializzato chiaramente davanti a lei l’immagine di ciò che fosse realmente avvenuto.
«Come?» bisbigliò mentre Limager la risollevava.
«Mi dispiace, mia signora. Se fosse stato per me, non ve l’avrei detto... Capisco che ora ne soffriate, se possibile, ancora di più...»
Rebecca si passò una mano sulla fronte: sentì il freddo contatto sulla pelle, il viso bruciato dalla vergogna e le dita ghiacciate dalla sorpresa. Non ebbe la forza di guardarlo di nuovo; cercò di ritrovare l’equilibrio, ma barcollava ancora sensibilmente. Limager le offrì il braccio.
«C’è altro, a questo punto, che devo sapere?» domandò ancora.
«Solo se vi sentite abbastanza in forza, mia signora. Io vi consiglierei di fermarvi qui»
«No, cavaliere. Se c’è altro, proseguite. Voglio mandar giù il veleno tutto insieme e morire d’un colpo, piuttosto che sorbire goccia per goccia e ricavarne una lunga sofferenza» ribatté.
Limager si prese ancora del tempo, forse per organizzare il discorso, quindi raccontò: «Immagino sappiate quanto sia penoso per un uomo rimanere lontano dalla propria donna per molto tempo. In guerra è facile cadere in tentazioni basse e disdegnate nel tempo della quiete. Vostro marito, in fondo, non era diverso dagli altri uomini e aveva scelto una giovane donna come sua compagna favorita. Con lei passava le notti in cui voleva scacciare lo spettro della solitudine»
Rebecca singhiozzò due o tre volte, stringendo la presa attorno al braccio del suo accompagnatore.
«Anche un altro uomo aveva messo gli occhi su quella femmina – continuò imperterrito Limager – Ma vostro marito rivendicava la priorità con il suo rango e la sua fama di grande cavaliere. Lei non faceva differenze e li accoglieva entrambi nel suo giaciglio, assicurandosi che nessuno dei due sospettasse di nulla. Se non che, quella notte, sia vostro marito sia il suo rivale desiderarono dormire con la loro amante. Ne seguì quanto vi ho detto, non appena il secondo cavaliere ebbe scoperto la tresca»
«E quel pugnale? Perché portare un pugnale a un incontro amoroso?» singhiozzò Rebecca, scuotendo la testa.
«In un campo di soldati non si gira mai disarmati, soprattutto di notte»
Ucciso da un commilitone per una questione di gelosia: fine terribilmente ironica per un uomo che diceva di aver rinnegato il proprio passato per amore di una rinnegata come lei. Era come se quel Bois-Guilbert che aveva imparato ad amare con il tempo e la frequentazione, che aveva poi aspettato incessantemente, non fosse mai esistito. Era una maschera sapientemente costruita, stratagemma con cui il normanno si era garantito una discendenza dalla donna che aveva desiderato. Nulla gli impediva di tornare alla sua vera natura quando era lontano.
«Riaccompagnatemi al castello, vi prego... Ho bisogno di stendermi...» balbettò, mentre sentiva tutta la sua vita crollare sotto i suoi piedi. Un velo nero avvolse i suoi occhi e le sue braccia, fredde come la morte, scivolarono dalla presa di Limager. Avvertì una fitta dolorosa alla fronte, poi più nulla.
   
 
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