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Autore: NPC_Stories    22/02/2018    1 recensioni
Dee Dee è una giovanissima elfa mezza-vampira. Quando si rende conto che nel mondo sembra non esserci posto per lei, decide di andare nel luogo che identifica come la patria dei reietti e dei mostri: la città sotterranea e multiculturale di Skullport.
Solo che per arrivarci dovrà affrontare numerose sfide che potrebbero affinare le sue abilità e rafforzare il suo carattere, ma potrebbero anche distruggere il suo spirito. Sulla sua strada incontrerà un riottoso compagno di avventure, un elfo scuro con un attaccamento morboso verso la città sotterranea.
Riuscirà la giovane dhampir a superare le sue prove, e soprattutto a dimostrare al suo nuovo compagno che è abbastanza forte per sopravvivere in una città di criminali? Riuscirà lui a mantenere la distanza che vorrebbe mantenere?
.
Spoiler: niente romance. La differenza di età la renderebbe una cosa creepy.
Nota: come al solito sono tutti personaggi originali, tendenzialmente la storia non tratta di personaggi famosi dei Forgotten Realms, anche se può capitare che vengano citati o che compaiano a spot in un capitolo o due.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Forgotten stories of the Forgotten Realms'
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1363 DR: Kalokagathìa (Parte 1)


Tuyy precedeva i suoi compagni, andando in avanscoperta. Fra i tre era certamente il meno furtivo e silenzioso, ma era anche il migliore a trovare tracce. E più andavano avanti, più tracce trovavano. Gli illithid evidentemente avevano imposto agli schiavi una marcia forzata; Tuyy stava trovando sempre più tracce di sangue a forma di orme di desmodu.
Ad un certo punto, le sue orecchie sensibili captarono un suono che non aveva mai udito prima. Incuriosito, girò la testa in quella direzione e si sforzó di ascoltare meglio: quel suono era troppo armonico per essere il verso di un animale, troppo anche per un richiamo di accoppiamento. Eppure Tuyy si sentì suo malgrado trascinato verso quel suono.

Lizy e Daren, che lo seguivano a distanza, lo videro scartare verso una galleria laterale e si scambiarono uno sguardo perplesso. 
“È quella la strada per Ch’Chitl?” Domandò sottovoce la donna.
Il drow scosse la testa, pensieroso. “Seguiamolo. Forse ha trovato qualcosa.”

Tuyy camminó nell'oscurità per alcuni minuti, guidato solo da quel suono celestiale. I desmodu non producono musica per diletto, anche se alcuni spontaneamente a volte intonano dei canti per pregare il loro Dio. Ad ogni modo Tuyy non aveva mai udito una melodia così complessa e ammaliante.
Non appena Daren riuscì a captare la musica a sua volta, velocizzó il passo per raggiungere il suo compagno di viaggio. 
“Tuyy, aspetta!” Cercò di afferrarlo per un polso, ma il desmodu semplicemente se lo trascinó dietro. “Dannato bestione testa di granito! Molte creature usano la musica per attirare le prede.” Cercò di far ragionare il desmodu, ma Tuyy non lo stava ascoltando. Daren consideró seriamente la possibilità di colpirlo alle caviglie con il piatto della lama, ma vista la determinazione del desmodu forse avrebbe dovuto spezzargliele per fermare la sua avanzata. Non era il caso. 
Daren stava pensando ad un altro modo per farsi ascoltare da Tuyy, ma si accorse che ormai era tardi: si erano appena lasciati alle spalle la galleria stretta dov'erano, per entrare in una cava molto più ampia e quasi perfettamente circolare. All'interno della grotta, che risplendeva di luce soffusa, una singola creatura stava suonando un'arpa di fattura superba. Ai suoi piedi, una moltitudine di altre creature simili a lei erano sedute sul pavimento e ascoltavano la musica con aria estasiata.
Tuyy si fermò di colpo: non aveva mai visto creature simili e questo aveva riacceso la sua naturale prudenza, anche se quegli omuncoli gli parevano mingherlini e poco pericolosi.
Nemmeno Daren sapeva cosa fossero quelle creature, ma aveva una maggiore esperienza del mondo e con un solo sguardo suppose correttamente che appartenessero ad una qualche razza fatata. Si concentrò sul folletto che suonava l'arpa, perché era il più visibile: era quasi sicuramente un maschio, per altezza e corporatura era simile ad un elfo e la sua pelle chiara rifletteva leggermente la luce, come se fosse argentea piuttosto che bianca. I capelli erano lunghi e fluenti, ma abbastanza incolti, e gli abiti della creatura erano semplici e chiaramente ricavati da tessuti vegetali. Considerato che i vegetali nel Buio Profondo erano solo licheni dalle fibre troppo corte oppure liane che cercavano di strangolare chiunque si avvicinasse, quella scelta di vestiario rivelava una presa di posizione coraggiosa e ponderata. Questo fatto da solo avrebbe spinto chiunque a pensare che la creatura potesse essere una fata, ma l'indizio più rivelatore erano le ali da falena che scendevano dalle scapole fin sotto al bacino.
Interessante, non ho mai visto folletti come questi. Chissà a quale razza appartengono e perché vivono quaggiù.

Il folletto terminò il suo assolo all'arpa e aprì gli occhi, beandosi dell'ammirazione dei suoi pari. Daren notó subito che i suoi occhi erano completamente neri, come pozzi di oscurità, eppure a loro modo riuscivano ad essere molto espressivi.
Quegli occhi catapultarono la sua mente indietro negli anni, costringendolo a rivivere ricordi dolorosi.

“Devi fare qualcosa riguardo a quel tuo marmocchio!”
“Oh, Daren, non essere così duro con lui. È solo un bambino.”
“Non sono arrabbiato per la mostarda nei miei stivali. È solo uno scherzo infantile, tra l'altro la sua natura fatata lo spinge a fare questo tipo di marachelle, lo so. Quello che mi preoccupa è che poi lui ti guarda con quegli occhioni neri grandi come laghi, ti fa quella tenera espressione dispiaciuta e tu credi davvero che sia pentito.”
“Stai dicendo che un bambino di sette anni mi sta volontariamente mentendo?”

“Sì! Sì, maledizione, non hai abbastanza figli da sapere che iniziano a mentire già a tre anni? Alcuni anche prima! Se non cominci ad educarlo diventerà un mascalzone convinto di poterla sempre fare franca grazie al suo bel faccino.” S’infervoró. Solitamente non avrebbe mai parlato così ad una femmina, ma questa volta la preoccupazione stava avendo la meglio sulla sua educazione. “E la cosa peggiore è che potrebbe essere vero. Potrebbe davvero riuscire a rigirarsi chiunque.”
La femmina distolse lo sguardo, ma Daren sapeva che avrebbe riflettuto seriamente sulle sue parole. Lei teneva conto della sua opinione, specialmente quando le parlava con tanta brutale sincerità.


Il drow si costrinse a tornare alla realtà, scuotendo la testa. Chissà come se la cava Luel ora che non è più il più piccolo della famiglia, si chiese con un sorrisetto scaltro. 
Ma ora una questione più pressante richiedeva la sua attenzione: le creature fatate si erano accorte dell'arrivo dei tre avventurieri. 
Lizy tirò una manica di Daren e si sporse a sussurrargli all'orecchio: “Che strano, non mi sembrano armati.”
Daren si accorse che l’aranea aveva ragione, ma la cosa non era nemmeno lontanamente rassicurante. I folletti però si stavano mostrando schivi e timorosi, alcuni si erano alzati in tutta fretta ed erano fuggiti attraverso gallerie minori. 
Ah, bene. A quanto pare la somiglianza con Luel è solamente fisica. Notó Daren, ricordando il carattere curioso e sfacciato del ragazzo.
Il folletto che suonava l'arpa si alzò con tutta calma e si avvicinò al gruppetto, mostrando più coraggio dei suoi compagni. “Benvenuti, stranieri.” Esordì nella lingua comune del Buio Profondo, sfoggiando un sorriso accomodante. “Se venite in pace, il popolo dei gloura vi accoglierà in pace.”
“Gloura… ho sentito parlare del vostro popolo.” Lizy si fece avanti, mostrando le mani aperte per far vedere che non era armata e non intendeva lanciare incantesimi. “I pacifici folletti delle profondità. Ho sentito dire che a volte prestate aiuto a chi ne ha bisogno.”
Il folletto si rivolse a lei direttamente, guardandola con dolcezza. “I gloura prestano aiuto a chiunque ne abbia bisogno, a patto di non correre pericoli nell’avvicinarci.” Nel frattempo gli altri folletti, vedendo che al loro compagno non stava succedendo nulla di male, cominciarono a uscire dai loro nascondigli ed a riempire nuovamente la caverna. Il gloura che sembrava essere il capo, quello che si era avvicinato agli avventurieri, si fece portavoce del gruppo: “Posso chiedervi, a nome dei miei fratelli, che razza di creature siete?”

I tre rimasero leggermente spiazzati. Fu Lizy la prima a recuperare la parola. “Io sono un’aranea. Il maschio dalla pelle scura è un elfo drow e il nostro compagno grosso è un desmodu.”
A Daren, quella domanda puzzava di menzogna. Le aranea erano più comuni in Superficie, i desmodu erano rari in generale, ma i drow... possibile che questo gruppo fosse talmente isolato da non aver mai sentito parlare del malvagio popolo degli elfi scuri?
A quanto pare sì; in fin dei conti non c'erano città drow nelle vicinanze. I gloura più intraprendenti si avvicinarono ai tre, soprattutto a Daren e Lizy.
“Sembri un essere umano!” Disse una femmina gloura, prendendo in mano una ciocca dei capelli biondi della donna. “Una volta mio padre ha conosciuto un umano e mi ha raccontato come sono.”
“Questo invece sembra un folletto.” Commentò un'altra, avvicinandosi a Daren. Si azzardò perfino ad accarezzargli una guancia. “Così affascinante… mi piacciono i tuoi capelli d'argento.”
Daren s'irrigidí. Non gli piaceva che la gente lo toccasse senza permesso, ma percepiva che da parte dei folletti c'era solo innocua curiosità.
“La leggenda vuole che un tempo gli elfi miei antenati fossero folletti.” Rispose stringatamente alla femmina. “Ma non so se sia vero.” La risposta gli uscì con voce assente, perché stava pensando ad altro; c'era qualcosa che non lo convinceva, nel gloura con l'arpa. Qualcosa nel suo sorriso gli sembrava semplicemente… fuori posto.
Decise di osservarlo bene, e la sua intuizione trovó conferma in un dettaglio quasi insignificante: il musicista aveva un ninnolo al collo. Si trattava di un ciondolo di pietra dura con inciso un simbolo arzigogolato, che ad un osservatore poco attento sarebbe sembrato solo un vezzo estetico. Probabilmente non sarebbe nemmeno apparso come magico se testato con un incantesimo di divinazione come Individuazione del Magico, comprese Daren; perché non lo era. Era un oggetto infuso di potere psionico, il potere soprannaturale che originava dalla mente e che era tipico degli illithid e di altre creature aliene. L'elfo scuro non avrebbe saputo riconoscere l'oggetto per quello che era, se non avesse visto simboli molto simili a quello nella città degli illithid.
“Vogliate scusarmi.” Disse con tono flautato, facendosi largo fra i gloura che gli si erano accalcati intorno. Si avvicinò all’arpista, che gli rivolse uno sguardo curioso e un sorriso leggermente tremante.
Daren rispose al sorriso, fingendo intenzioni amichevoli. Ma quando fu abbastanza vicino, con un gesto fulmineo della mano afferrò la pietra che il gloura portava al collo e tirò con forza, strappando la cordicella di fibre intrecciate. 
Si aspettava che il folletto fosse in realtà un illithid o un mostro di qualche tipo, ma scoprì che la realtà era ben peggiore: il gloura era esattamente un gloura. Solo che, a differenza di tutti i suoi compagni, la sua aura risplendeva di malvagità.

Non appena i suoi occhi si posarono sulla verità dell'anima corrotta del gloura, il drow ebbe una visione fulminante delle sue azioni future:
Un contingente illithid spadroneggiava in quella stessa grotta. L'arpista riscuoteva un compenso in gemme e oggetti incantati, ma i suoi compagni andavano incontro ad un destino ben diverso. I gloura erano stati catturati e ridotti in schiavitù, incatenati con manette di ferrofreddo; una crudeltà gratuita, il ferrofreddo era il materiale più nocivo per i folletti, perché scavava nelle loro natura magica provocando dolore a quelle creature indifese. Ma il dolore più grande si leggeva nei loro occhi, nei loro spiriti: era il dolore di essere stati traditi da un fratello.
Prima ancora di rendersene conto, il drow aveva sfoderato la spada bastarda e menato un fendente letale contro il gloura. Solitamente non uccideva qualcuno prima di averlo interrogato, ma l'orrore della scena che aveva appena visto gli aveva scatenato un senso d'urgenza: doveva a tutti i costi impedire che accadesse, e se quello scenario era destinato a verificarsi nel futuro, forse il folletto non aveva ancora dato segnale agli illithid di venire a raccogliere gli schiavi. Forse… 
Ma le sue speranze erano piuttosto sciocche. Se ci avesse pensato un momento, avrebbe capito che il traditore si era preso il rischio di avvicinarsi a loro solo perché non voleva che gli altri si disperdessero per timore degli estranei; no, doveva fare in modo che restassero dov’erano per essere catturati dagli illithid.

I gloura rimasero a guardare impotenti mentre quello strano ma amichevole elfo nero affondava la spada nel petto del loro compagno, caricando quel colpo di tutto il suo disprezzo. Non appena i loro occhi attoniti realizzarono che era successo per davvero, urla di orrore e di disperazione cominciarono ad alzarsi dai folletti che avevano assistito alla scena, diffondendosi presto in tutta la caverna.
Il drow lasciò che il caos montasse intorno a lui come un ciclone. Conosceva l'effetto del panico diffuso: i gloura erano creature pacifiche e non l'avrebbero attaccato. Piuttosto, avrebbero fatto il possibile per allontanarsi da lui in tutta fretta.
Ed infatti accadde proprio questo: terrorizzati, i folletti ricominciarono a sciamare di corsa verso le varie gallerie che confluivano nella grotta. Tutti tranne una: una femmina di gloura si gettò sul corpo dell’arpista, in lacrime. Il drow era ancora lì, con la spada macchiata del sangue del folletto, e la femmina sembrò accorgersene solo in quel momento. Alzò lo sguardo sull'elfo scuro, gli occhi neri erano due pozzi di paura, ma non accennó a fuggire; si strinse al petto la testa del suo compagno e chinò il capo come se si aspettasse di morire.
Daren si sentì gelare davanti a quella scena terribile, ma aveva vissuto troppo a lungo per lasciarsi destabilizzare dalla paura altrui.
No. Sono più forte di così. Si disse, facendosi animo. Se lei lo ama così tanto da volerlo seguire nella morte, quanto sarebbe più terribile scoprire che lui voleva venderla agli illithid? Io invece sono solo un estraneo, e il mondo è un posto crudele.
Lasciò la fata a piangere il suo compagno e cercò di capire se il suo intervento fosse stato tempestivo oppure no.
Altre urla terrorizzate cominciarono a risuonare dai cunicoli.
Evidentemente no.

           

   
 
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